Echoes

 

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Si sta

come d’autunno

sugli alberi

le foglie

 

“Soldati” G. Ungaretti

 

 

Io sono un soldato, e la morte è mia sorella... cammina al mio fianco, sicura e tranquilla... se perdo il passo mi aspetta; io non la cerco, né la temo, ma la rispetto. Vivere o morire, non è una sfida ma una scommessa... svegliarsi domani, un altro giorno rubato...

O forse la morte sarà il mio sollievo...

Allora la morte si sconta pian piano vivendo.[1]

 

COMPAGNIA A… AT… TENTI A DESTRA...

Piano, piano là fuori tenente.. abbassate quella voce da topo che avete… se urlate così, spaventerete i giovani di prima leva… entro stasera e ne saranno andati tutti…

Dunque, vediamo, dov’ero rimasta? ah, già…

“Ehm, comandante?!”

Povero Dagoût, penserà che sono ubriaca... va bene, va bene, ora continuo; maledizione, è la terza volta che perdo il filo durante l’appello, ma i nomi mi danzano davanti agli occhi che quasi non li distinguo… oh, beh, forse portandomi il foglio davanti al naso...

“Soisson…” Alzo le palpebre, pesanti come piombo... eccoti là, buongiorno Alain... che vuol dire quel ghigno beffardo, allora? Cos’hai da ridere, pensi che mi sentirò male come una donna qualunque, vero? Rispondi all’appello piuttosto, o ti metto in consegna per un mese…

“Eccolo…”

Alla buon’ora, sbruffone…

Poi, dunque, ”Lafitte” e ancora “Moreau”, forse ci riesco e.. .oh, no…

“Grandier…” mi costringo a piantare gli occhi nei tuoi, André, accidenti, li sento che mi frugano addosso, impietosi. Come un interrogatorio… peggio, una perquisizione… Se continui così tra un po’ non mi sentirò più nemmeno i vestiti… Avanti, ho solo la febbre, tranquillo che non morirò… riposo, soldato, riposo…

Certo, se la testa smettesse di girare così… potessi svenire come le dame a palazzo… una volta ho sentito dire che gli svenimenti sono la fuga più rapida in certi casi... una mano sulla fronte, lo sguardo sbarrato, e via... certo, per loro è facile... loro sono donne... ma io...

“COLONNELLO - oh, non volevo gridare - volete continuare voi, per favore...?“ Ecco fatto, un ordine è sempre un ordine. Secco, preciso, autoritario... io batto la ritirata verso il mio ufficio, imitando mio padre alla perfezione, lo sguardo altero, le mani raccolte dietro la schiena. Il colonnello batte i tacchi con un “Agli ordini!” da manuale.

Se mi sbrigo ce la faccio…

La maniglia, la porta, la chiudo sbattendola... e adesso? Decido di stendermi un po’... se il fisico mi obbedisse, potrei raggiungere il divano laggiù… certo, non sarà comodo, ma meglio del pavimento…

Il mio corpo fa cilecca, come una di quelle scatole musicali rotte... la febbre, la tosse, l’emicrania costante...

Venerdì scorso ho tossito sangue, un mattino, davanti alla sala dell’Assemblea... ho stretto i denti e gettato i guanti, però... però... forse è una laringite, niente di grave.. oppure i polmoni sono andati, e allora, caro il mio soldatino, dovrai snocciolare le tue preghiere, perché ben presto saluterai questo mondo.

È strano... il primo pensiero è stato per le lacrime di André... mio povero amore, davvero me ne andrò senza aver assaggiato niente di te che non sia la tua ombra silenziosa? Oh, morditi la lingua, comandante, tu con la febbre vaneggi da sempre.

Come scricchiola questo coso... a poter fare le cose due volte, stamattina non mi alzerei dal letto, me ne rimarrei a poltrire, e costringerei Nanny a farmi la cioccolata anche se è luglio, facendo le fusa al mondo come un gatto; lei mi toccherebbe la fronte con le labbra scuotendo il capo e riempiendomi di attenzioni, io mi godrei il suo affetto solo per me, perché lei mi vuol bene davvero… anche tu mi vuoi bene, André, e anche io te ne voglio tanto. Evviva, lo vedi, con la febbre dico anche la verità... tutta, e non solo metà come al solito, io che sono una donna a metà, e vivo una vita a metà, piena di frasi e di abbracci e di baci lasciati… a metà...

La verità, André, tutta intera...

Ho pensato al 14 aprile[2] di due o tre vite fa, quando ti trovai tra i miei soldati, e tu con gli occhi bassi ammettesti come una colpa che eri l’unico in grado di proteggermi… quanto ti odiai, allora... ma, ammissione per ammissione... avevi ragione tu.

Oh, potessi mollare tutto e andarmene a casa, André, non verresti da me per portarmi a casa? torniamocene a casa, stringimi forte tra le tue braccia, e portami a casa, a casa...

 

 

Sei una zuccona testarda... sei venuta in caserma ostentando baldanza quando a stento ti reggi in piedi… sei proprio una bambina. Ti odio, mi costringi a pensare a te anche quando stringendo i denti mi dico che è tutto passato… poi ti guardo, e siamo daccapo.

E dire che quando hai la febbre vaneggi, mi hai sempre fatto paura, non riconosci nessuno. Ricordo di quando eravamo bambini, con me che ti stavo attorno col cuore in gola, morendo davanti ai tuoi occhi chiusi; poi però allungavi la mano chiamando il mio nome, e allora era tutto diverso... ti adoravo, stavo con te giorno e notte a difenderti contro tutti, già allora... fino a che ti svegliavi, e conquistavo il mio premio, il tuo primo sorriso al mattino. Io ero un bambino orgoglioso convinto che il suo amore avrebbe cambiato le regole... e guardami ora, sono come spento, la coscienza e la dignità le ho immolate una sera quando la mia rabbia ci ha inghiottiti tutti e due e le nostre paure si sono confuse in un’unica grande macchia scura...

Avrei voluto seguirti subito, temevo che crollassi davanti a tutti, bianca come quel pezzo di stoffa strappata tra le mie mani. Ma sono un codardo, e sono rimasto lì fermo a tormentare con le dita nervose i bottoni dell’uniforme.

Alain no, lui non è un vigliacco… “… E valle dietro, no - mi ha detto serio - non vedi che non si regge? Seguila, e forse stavolta ci scapperà anche un grazie…”

Ti picchierò un giorno o l’altro, Alain, ma non oggi, non ora... mi scuserai, ma lei viene prima di tutti. E va bene, madamigella testarda, ora vengo da te.

Allungo il passo e mi faccio strada verso il tuo ufficio. Preparati perché stavolta non sento ragioni e se hai chiuso la porta la sfondo, ti legherò se necessario.

Eccomi, sono qui e non si sente nulla, nemmeno il pennino che graffia nervoso la carta.. ma che stai facendo... d’accordo.. ora conto fino a tre... busso... entro...

“Oscar.. ma tu stai male!”

 

 

Eccoti lì... lo sapevo, avrei potuto giurarlo, sei venuto da me.

Ciao André, non urlare così, ti sento benissimo... vorrei dirti che no, non sto male, ma l’aria che circola nei miei polmoni è scarsa e mi serve per vivere adesso, mi perdoni?... oh, se solo la testa smettesse di farmi così male io potrei...

 

 

Mi farai morire di paura... ti ho vista così, rannicchiata sul divano, il respiro affannoso e lo sguardo perso... senza volere ti ho stretta, scusami…

Sei un’incosciente, ecco cosa sei…

Cos’hai piccola, cos’hai... sei strana così, sei docile e persino arrendevole, ti lasci abbracciare da me, il tuo peggior nemico, l’uomo nero dei tuoi incubi; ma sei un po’ felice di vedermi, e che io sia qui  a tenerti la mano, amore?

O forse è solo il delirio... il mio...

“Oscar dimmi qualcosa, ti prego…“

 

 

“Io... sento freddo, ecco tutto…”

è buffo, un attimo fa eri sulla soglia e ora sei qui in ginocchio vicino a me, che mi abbracci… lo sai che è proprio bellissimo?

E questa coperta dove l’hai presa? è una di quelle dell’esercito, è grigia e ruvida, ma i tuoi capelli che mi sfiorano il viso mentre ti affanni attorno a me sono morbidi come li ricordavo, anche di più... stringimi un po’, forse il calore mi guarirà...

In un attimo mi ritrovo avvolta come in un bozzolo, ma così non riesco a muovermi, no… lo sai, tra poco di qui uscirà una farfalla, un’altra Oscar, diversa, che sorriderà e parlerà del mio amore per te senza arrossire, intreccerà le nostre due povere vite fino a farne una sola... ma in fretta perché il tempo sta per finire.

Oh Signore, sto delirando e forse morirò, ma non qui e non fra le tue braccia...

Abbracciami, abbracciami e portami via di qui, a casa o dove vuoi tu...

“Andiamocene di qui, ti prego…”

 

 

Certo che ce ne andiamo, e subito… Dio, come scotti..

Ti ho poggiato le labbra sulla fronte, ma solo per sentirti la febbre, come faceva mia nonna quando eravamo bambini, ricordi? Era persino divertente alla fine. Quando io stavo male tu ti accampavi in camera mia, presidiavi il mio letto con certi occhi cattivi, infuriata perché mi ero ammalato senza il tuo consenso... era un assedio senza regole il tuo, sfiancavi i miei malanni fino a quando sconfitti lasciavano il campo e mi restituivano a te.

Tu lo sapevi già che ti appartenevo.

Aspetta... ti passo la mano sotto le ginocchia, non aver paura, ma, vedi, da sola non arriveresti alla porta... brava, appoggia la testa sulla mia spalla, tranquilla che ora troviamo una carrozza e ce ne andiamo da qui.

“Colonnello Dagoût... posso entrare?”

 

 

Il comandante non sta troppo bene... da un po’ di tempo si è fatta pallida e affilata, non ha più il passo sicuro di una volta, cammina incerta come se temesse di sbagliare la direzione.

Questa mattina ha persino interrotto l’appello, non è da lei cedermi le consegne così, davvero... avrei dovuto dirle qualcosa, in fondo potrebbe essere mia figlia.

Ma lei è il mio comandante, mi intimidisce con quell’aria lontana e non sono stato capace...

Per fortuna c’è André. Lui e il comandante si conoscono da una vita, quando madamigella parla di lui sorride... è stato il suo attendente per anni, di fatto lo è ancora, la segue e la scorta dovunque, così non mi sono stupito quando prima ha bussato alla porta con lei tra le braccia, semisvenuta, chiedendomi di trovare una carrozza per riportarla a casa. Corretto, corretto soldato Grandier.

Anche se... prima la stringeva così… così tanto da farmi pensare che ci sia molto di poco onorevole nei suoi sentimenti per lei.

Ma no, non è possibile, se fosse così lei lo saprebbe e non lo vorrebbe accanto, non lo permetterebbe... avrei voluto che la scortasse un ufficiale ma il comandante ha rifiutato con un gesto secco della mano e poche parole: ”Fate come dice lui, colonnello” e poi ha chiuso gli occhi con un sospiro.

“Agli ordini, comandante.“ La carrozza dell’Esercito è vecchia e scomoda, ma è vostra, lo sapete... non l’avete mai usata...

Li ho accompagnati e aiutati a salire, e sono tornato alle mansioni di sempre.

Qualcosa non va, qualcosa non torna, in quello che ho visto…

Non capisco…

Penso… rivedo la scena, la smonto, li separo… ma non ci riesco...

Ecco cos’è! Il modo in cui lui la avvolge con le sue braccia... la forza con cui lei lo stringe febbrile, le mani intrecciate, il viso a cercarlo, gli occhi nei suoi: due esseri persi l’uno nell’altra, e il loro è un abbraccio... solo l’amore travolge così...

Ho avuto paura, distolto in fretta la mente, se qualcuno lo nota, quali conseguenze per lei, per loro... ma una sottile felicità si insinua nella mia mente, è così bello vederli, mi conforta quasi...

Portala via André, portala lontano da qui, dove il vostro amore non sia sbagliato e difendila, difendi il tesoro che hai.

Non gliel’ho detto... solo “Agli ordini “ rigido e impettito... e nient’altro.

Li ho guardati partire, ho assegnato il soldato Grandier al servizio di scorta e sono corso in ufficio anzi sono scappato... e adesso ho questo segreto quasi rubato che brucia nel petto come un tizzone.

Comandante, non penserete che io possa tradirvi? No, non lo farò... una cosa bella in tanta sporcizia vale bene il mio silenzio.

Sempre agli ordini, mio comandante...

 

 

Colonnello, colonnello, non vorrete mica piangere davanti a me? Vi ho visto, sapete, con quella smorfia tirata e le lacrime che vi pizzicavano i baffi…

Siete un brav’uomo, Dagoût, l’ho sempre pensato… chissà come vi sentite a prendere ordini da una che in fondo potrebbe chiamarvi padre... certo non deve essere facile, eppure mai una protesta, mai una mancanza… solo obbedienza e rispetto...

Voi lo sapete, vero? Avete capito, ho visto il vostro sguardo poco fa, ma non mi tradite, vi prego, non tradite il mio segreto... se voi sapeste, colonnello, che pena è stata per noi, e adesso che sento la felicità così vicina, se chiudo gli occhi la posso toccare con la punta delle mie dita, non dite nulla…

Non lo farete, lo so voi siete un uomo fedele... se solo mio padre capisse...

La carrozza si allontana piano dalla mia gabbia, verso un’altra... io sono in gabbia... ma, André, parlavi sul serio quando dicevi di volermi legare per stare più calda, mi hai detto...  così combinata non riesco a muovermi, ti prego liberami solo le mani, non scapperò, lo giuro... voglio solo stringermi a te…

Liberami, lasciami libera di dimostrarti quanto ti amo.

“André, avanti, slega la tua prigioniera.”

 

 

Non ci penso nemmeno a slegarti, mia cara. Ma, lo sai?, questa cosa ha il suo lato comico… così infagottata sei mia prigioniera, lo sai?, e vedrai che cosa vuol dire…

Tu lo sai che significa restare sospesi, galleggiare piano tra sentimenti incerti e vederli naufragare in un mare di indifferenza?

No che non lo sai... è un mare pieno di mostri, sapessi... hanno squame lucide e artigli adunchi, le loro vittime sono gli uomini persi d’amore, come me. Ghermiscono le loro anime, li affamano di desideri e li fanno ardere di passione, fino a quando di loro non resta che un pugno di sabbia che scivola via tra le dita e affonda..

No, che tu non conosca mai tanto dolore.. preferirei che mi odiassi o saperti di un altro piuttosto che vederti soffrire per me... perché, vedi, una volta imparato l’odio per l’amore non se ne ha mai abbastanza, si cade sempre più in basso.

Eppure ora siamo qui abbracciati, ed è così bello, potesse la strada durare per sempre, potesse la mente appannarsi a tal punto da farti scordare di tutto tranne di me… ma quanto sono stupido, a volte mi prenderei a schiaffi per quanto vaneggio.

Forse il malato tra noi sono io...

Va bene, sei libera… aspetta, allento la stretta, riapro la gabbia… lo vedi?

“Aspetta, ti aiuto.”

 

 

Zitto, oh zitto, smettila... i tuoi pensieri fanno rumore oggi... davvero non vuoi permettermi di essere felice nemmeno un momento? Sto male davvero, ma sono felice, grazie a Dio e grazie alla febbre, ora sono tra le tue braccia... dove avrei trovato il coraggio, io... e dove lo avresti trovato, tu, mio povero amore?

Dopo quella sera malefica avevi giurato che non mi avresti toccata mai più… hai mantenuto la tua promessa da bravo soldato… ma non è così che dev’essere....

Lo sai che quando mi sfiori anche per caso o per accidente trasali e ti ritrai come fossi un tizzone, brace viva, come fossi una cosa proibita per te?

Non sono proibita. No davvero.

Mi toccherai ancora dopo, se guarirò...

Possibile che io sia perduta a tal punto da non riuscire a spiegare, a farti capire...

Cerca di capire il mio amore, ti prego, non vedi che ti desidero, voglio i tuoi baci. E le tue carezze. Da così tanto tempo, ormai…

Se tremo non è per la febbre, sto solo cercando di dire… io ti amo, ne sono sicura.

Dovessi dirti da quando, non saprei fermare i pensieri che vanno a ritroso in cerca di te. La mia vita era con te, da sempre. Sapevo che alzando gli occhi e allungando le mani ti avrei trovato pronto ad accogliermi, amichevole, complice, e gli occhi nei miei, e le mani strette... tu a dare ed io a ricevere, in cambio solo poche parole sgraziate.

Sono davvero arrivata a pensare, piena di boria, che nella vita l’amore è scontato, dovuto...

In fondo la colpa è tua: la mia vita è sempre stata piena d’amore perché c’eri tu a sostenermi. Sei passato attraverso i maremoti del mio cuore impazzito e le mie mille paure... hai sostenuto il mio sguardo cattivo quando con tutto il fiato che avevo in gola ti urlavo che non avevo bisogno di niente e nessuno, men che meno di te. Non hai battuto ciglio, solo abbassato gli occhi per non farmi vedere quanto potevo farti soffrire. Non ti sei piegato all’evidenza, non ti sei spezzato davanti alla mia indifferenza testarda.

Io sarei scappata. Bel coraggio, madamigella...

Tu no.

Sei testardo anche tu... anche più di me. Semplicemente, sapevi che un giorno mi avresti avuta per te, ed hai atteso paziente… per non prendere niente che non fossi io a darti per prima.

Ed ora eccoci qui in questa carrozza traballante, ma è così bello farmi abbracciare da te...

Ti dirò che ti amo. Io sono un soldato, non so usare parole struggenti e morbide. Ti posso offrire solo la resa, completa e totale... ho lottato per anni contro me stessa e contro di te che vivevi riflesso a un passo da me, ma ora mi arrendo. Hai vinto tu, come sempre... io ti amo.

Ti scruto sotto le ciglia; quella smorfia che hai ti fa sembrare cattivo, lontano… dove sei adesso? Ti stai preoccupando per me, di cosa sarà di questa donna sbagliata che stringi come un tesoro? Non temere, io sono più forte di quello che credi.

Se solo potessi trovare il coraggio, adesso, per dirti che avevi ragione vent’anni fa e poi sempre, quando piano provavi ad opporti alla risacca violenta dei miei pensieri che ti ha travolto così tante volte...

Se allungassi la mano, adesso... se sapessi parlarti...

“André, senti...“

Guardami.. guardami..

 

 

Mi hai colto in fallo, perché ti stavo guardando... è così tanto tempo che non scruto il tuo volto, che quasi non lo ricordo. La linea affilata degli occhi, le labbra sottili a stirare il sorriso appena fa capolino… sorridi di rado, adesso... sei meravigliosa sempre, tutta la luce del mondo, e senza volere ti stringo più forte... potessi stringerti a me così per tutta la vita... sei viva e tra le mie braccia.

Non ti sottrai e mi abbracci di più.

Sei così vicina che potrei quasi baciarti, io, ladro, un’altra volta, altro che cavaliere nero... tu mi accusasti, e avevi ragione, è una vita che ti rubo anche i sospiri, li chiudo a chiave nel cuore, aspettando che tu mi tenda le mani per ridarteli uno ad uno... e mi sento avido, e sbagliato… ma non può essere sbagliato sentirmi così, e sentirti così... io ti amo da sempre

Forse se tremi non è per la febbre… sollevi il viso e sgrani i tuoi occhi, li getti dentro il mio sguardo che si consuma nella tua luce... cosa c’è, Oscar... cosa vuoi dirmi...

“Dimmi, Oscar.”

 

 

Le mie mani libere  a cancellare il dolore dal tuo viso, e quella smorfia buffa che ti rabbuia lo sguardo… sei stupito, davvero non credevi che sapessi accarezzarti così... amore, povero amore... eppure, se spostassi appena il tuo viso riuscirei persino a baciarti e sarebbe facile, e dolce…

Oggi non ho paura di niente, sarà che devo morire… ma non adesso, non qui tra le tue braccia.

Avvicinati, non temere… sento il tuo cuore che corre, e supera il mio, le tue dita contratte sulla mia spalla, la stretta decisa... ti ho fatto paura?

Ascoltami amore…

“Non mi daresti un bacio, adesso?“

 

 

No, perché fai così... non farlo, ti prego… mi odi davvero, perché mi torturi… non potrò più vivere, dopo. Una volta assaggiato il piacere, anche solo un’idea, come potrò continuare a guardarti?

Chi sei? Chi c’è nel tuo corpo? Forse una strega cattiva che si diverte a farsi beffe di me?

Eppure è me che volevi… è il mio nome che hai lasciato sfuggire alle tue labbra che un attimo dopo si sono schiuse dentro le mie... e sono le tue mani sul mio viso, le riconoscerei tra mille, perché ho immaginato mille volte le tue carezze.

è me che vuoi, amore? Adesso e per sempre...?

Non farmi morire di più, te ne prego... mi chiedi se voglio baciarti... se solo potessi… se solo potessi essere certo di riuscire a smettere, dopo.

Ma non so dire bugie.

No, amore. Non smetterei più.

“Sì che vorrei baciarti...“

 

 

Un bacio per tutti i baci che ti ho negato, uno per quelli che ti darò... un altro ancora per darmi il coraggio per dirti ti amo...

“Ti amo, ti amo…“

Non smettere ora, non smettere…

“Ti amo davvero, André.”

 

 

Ti sei addormentata col viso nascosto sulla mia spalla, senza parlare... mi hai stretto con tutte le forze e mi hai detto “ti amo” in un soffio, un filo di voce...

Mi basta...

è abbastanza per costruirci una vita intera. Amore, se tu sapessi quante volte ho pensato a questo momento… nella mia mente era perfetto e sublime, l’ho visto accadere migliaia di volte per farlo e disfarlo a mio piacimento.

E invece, guardaci un po’… siamo qui prigionieri di questo trabiccolo, io stanco e sudato e tu con indosso questa orribile coperta tetra come un paramento... è accaduto, contro ogni logica e ogni regola... ed è cento, mille volte di più che nei sogni… perché è vero.

Mi verrebbe da ridere, non ci fosse da piangere, ma è così bello sentirti abbandonata sul mio cuore. Adesso non tremi più, e ti lasci cullare come una bimba... sei bella... non voglio bagnare il tuo viso di lacrime, e allora distolgo lo sguardo e lo lascio vagare nel vuoto, seguo il ritmo dei colori estivi e violenti che si srotola piano lungo il viale che porta dal medico... Prima un brandello di cielo, azzurro come i tuoi occhi.. poi un raggio di sole, che allunga le mani sugli alberi alti… e l’ombra oblunga dei cipressi, dove la luce va a morire... si alternano pigri in questa mattina di luglio… la luce, e, poi, ancora l’ombra.

Luce, ombra.

Io e te.

Dimmi, amore... conoscono il fondersi, luce ed ombra... l’insieme, l’unisono, in una sola unica perfetta armonia... conosceremo l’amore io e te? Sarà così, vedrai.. deve esserlo.

Guarda, amore, siamo arrivati.

“Oscar, svegliati.“

 

 

Quando me li sono trovati davanti così ho rivisto una scena consunta di tanti anni fa.

Lei era riversa sul letto, pallida e priva di sensi da molto, troppo tempo... lui mi travolse con gli occhi pieni di lacrime e la paura folle che lei non si svegliasse mai più. Mi disse di salvarle la vita, a quella sciocca ragazza che aveva giocato a dadi con la sorte saltando da un cavallo in corsa.

Niente di nuovo a palazzo Jarjayes... come al solito, avevo pensato, al capezzale della contessina, sempre e solo André… ma quello era il suo posto, e dall’espressione feroce che aveva negli occhi l’avrebbe difeso ad ogni costo.

Stava lì a tenerle la mano e a parlarle sommesso, per richiamarla indietro dalla soglia del regno di Ade e Proserpina... come premio, il suo primo sorriso al risveglio. L’ho guardato crescere perso per lei, e ho pensato allo strazio della sua giovane vita sprecata, perché lei mi sembrava fatta di marmo, e che ogni cosa che avesse vita e calore le scivolasse addosso senza scalfirla.

Ma il tempo è un buon guaritore, migliore di me; fu il tempo a mostrarla ai miei occhi diversa, a svelare ciò che forse anche lei ignorava di sé... quando André fu ferito ad un occhio, dimenticò ogni cautela per andarla a riprendere al Palazzo reale ed io pronunciai per lui la sentenza peggiore… quando furono quasi linciati a Saint Antoine e fu André a rischiare la vita, allora  la vidi pallida come uno spettro, le labbra strette sulla soglia del pianto; non parlò, non mi fece domande; ma lo sguardo non mente, non si può mentire con gli occhi...

André può sperare, pensai...

Stamane li ho visti arrivare, lei stretta ad André con gli occhi nei suoi, lo sguardo confuso tra il riso e il pianto e ho pensato che avesse sconfitto per sempre il demone dell’infelicità.

Ma André non sbaglia, qualcosa non va.

è quasi svenuta - mi ha detto - la febbre, la tosse... “

è sempre lo stesso, un uomo che teme di perdere la donna che ha appena trovato.

Siete pallida, Madamigella, perché non avete rispetto della vostra povera vita? Ora vattene fuori André, e non temere... è malridotta, ma niente è perduto.

Madamigella sarò chiaro... ora scegliete... cambiate vita, e l’avrete salva, oppure scegliete il declino e la morte. Di tubercolosi non si muore, ma va rispettata e temuta... non è certo il nemico peggiore che avete sconfitto ma avete bisogno di quiete e giorni tranquilli, offritele in sacrificio l’esercito e taciterete la sua brama.

Cosa fate? Scuotete la testa come se stessi vendendo del fuoco fatuo; dite che non vi importa molto, che in fondo la morte è nel vostro cuore come la vita, che forse il vostro destino è segnato.

Ma io sono un medico, Oscar, aiuto la gente a vivere e non la incoraggio a morire.

Dite che non vi importa? Bene, io conosco qualcuno che tratta la vostra vita come un cristallo prezioso... e lì fuori, che passeggia nervoso con il volto tirato contando i minuti lontano da voi… affiderò a lui ciò che a voi non importa di perdere.

“André, ora ascoltami bene...”

 

 

Sono un’egoista, una stupida idiota.. ho parlato senza pensare, come se la mia vita non fosse che un gioco da chiudere in fretta.

Perdono, perdonami amore... dovrò abituarmi a pensare per noi.

Ma, vedi, ho sempre vissuto credendo che a niente e a nessuno importasse di me, e di poter sempre osare di più... un’intera esistenza portata al limite... più veloce, più forte, più in alto, tira forte la corda, che si spezzi una volta per tutte.

Ma ci sei tu ora e io non posso, non posso farti del male in questa maniera.

Sei entrato quasi correndo, il viso stravolto, sei scivolato in ginocchio davanti a me, le lacrime neglio occhi, come forse non ti ho mai visto, nemmeno bambino... “Oscar...” hai detto, la voce spezzata...

Perdonami, perdonami… ti stringo forte le mani, guardami ora, sono qui, mi vedi? Non piangere più, io non morirò, e farò come dici... lascerò l’uniforme e la vita malsana, ingoierò medicine e intrugli magici e anche il mio orgoglio... e non ti lascerò mai… mi credi, mi credi amore?

Quel sorriso che cerca di non naufragare tra le tue lacrime è per me, amor mio?

Sì, è per me.

Uno spettacolo edificante, davvero… noi due qui abbracciati sul pavimento duro a piangere come bambini...

Il dottore è sgusciato via piano... bella mossa la vostra, Lasonne, un gran colpo di mano. Però giurerei di aver visto una lacrima sul vostro volto...

Non addoloratevi per noi, dottore.

Le nostre anime sono unite.

Andiamo a casa, adesso.

 

 

Mi hai fatto paura.

Il dottore è venuto da me e mi ha detto “Non vuole curarsi, non vuole guarire”...

Mi sono sentito morire allora...

Cosa vuoi fare, Oscar, non ti amo abbastanza, non mi ami abbastanza?

Ma è stato solo un momento…

Riposi tranquilla tra le mie braccia. Il dottore ha sconfitto la febbre, per ora, ma la guerra è lunga e ci serve un piano... dimmi, amore, abbiamo un piano noi due…

Non ho mai avuto paura di niente… solo di te, qualche volta... ma adesso...

Ti stringo più forte, ho paura di perderti, ma non sarà così, vedrai... tu non morirai... respirerò io per te finché non saprai farlo di nuovo da sola, penserò a tutto e tu dovrai solo guarire e vivere e stare con me…

Lo vedi? Sei a casa tesoro... ora bisogna parlare a tuo padre.. dimenticavo di dirti, mia bella addormentata, che non ho paura nemmeno di lui.

 

 

André è diventato impudente.

Da un po’ di tempo non perde occasione per sfidarmi, mi parla senza rispetto, in casa mia.

Eppure è sempre stato un bambino assennato, più di mia figlia... merito della sue origini umili, credo… chi nasce in basso, impara da subito l’obbedienza, inghiotte l’orgoglio col cibo che mangia, e per il quale ringrazia qualcuno.

Ma da quella sera è cambiato... mi guarda con insolenza, con odio... che vuole da me, cosa vuoi dimostrare ragazzo?

Hai parlato da folle, portare via Oscar, sposarla. Non potresti mai, lei non vorrà, il mondo non lo permette.

Eppure non era follia, ora lo so. Tu vorresti davvero? Sei un pazzo, un pazzo... tu pensi che mia figlia ti appartenga, ma non è così! Pensi di averla salvata da me, ma sbagli, povero sciocco, io non avrei mai ucciso mia figlia, la ragione, la dignità avrebbero fermato la mia mano alzata su di lei... io non avrei ucciso mia figlia, ti dico!

La colpa che aveva commesso era gravissima. Il tradimento, l’onta peggiore per il soldato, che macchia l’onore per sempre, lei doveva capire... e io come padre e suo superiore non potevo esimermi dal farle sentire tutto il mio biasimo, la disapprovazione per quel gesto insensato che avrebbe potuto costarle molto di più dei gradi.

Ma lei è testarda, mi ha tenuto testa, sembrava incosciente.. preoccupata più dei suoi uomini che del buon nome della famiglia... figlia degenere, cosa dici? Ma no, la mia mano non ti colpirà, io non uccido mia figlia: versare il mio sangue non servirà a  riscattare il mio nome.

Tu non hai fatto niente André, tu non sai niente.

Solo un attimo... il vento ha soffiato via la luce delle candele, e le tenebre hanno invaso la stanza e la mia coscienza... tutto si è fatto nero, solo un pensiero guizzando ha illuminato la mia mente  sconvolta, trapassandola da parte a parte...

Il mio onore nel fango… il tribunale militare, il giudizio, il verdetto... è la fine, la fine di tutto... e le vostre misere vite nelle mie mani...

Uccidili…

Uccidili ora, i tuoi sbagli... questa figlia ribelle, questo servo impazzito…

Uccidili...

Ma è stato solo un pensiero, un lampo di luce sinistra e nient’altro.[3]

E se il messaggero avesse tardato, se non avessi udito la tua salvezza dalla sua voce?

Io non lo so, non sono sicuro... ma no, non mi si può accusare di niente, io amo mia figlia! La mia bambina, il militare che ho addestrato a mia immagine, la donna che tutti rispettano e temono... Dio o gli uomini, qualcuno mi dica: io amo mia figlia?

 

 

Siamo a casa, finalmente... ho sentito il profumo dei tigli nel viale, e il rumore del grosso cancello di ferro sbalzato... non ho voglia di aprire gli occhi adesso, mi fa di nuovo male la testa.

André mi riporta a casa... Che bello amore, sei tornato a casa con me, come un tempo…

Potessimo entrare abbracciati... potessi abbracciare mio padre... invece ho paura.

Stringimi forte adesso.

 

 

Ho dato ordini in casa tua, secchi, precisi. A dopo le spiegazioni, le lacrime. Ti ho portata in camera tra le braccia perché mi hai detto “non ce la faccio”, seguito da uno strano corteo di cameriere curiose e mia nonna che si torceva le mani in silenzio... non le ho detto niente, non c’è stato bisogno, per quanto ti ama, ha capito... ti lascio sola un attimo, ho una cosa da fare... ma tu non ti lasci lasciare così facilmente, ti riscuoti e sulle mie labbra bisbigli piano “resta qui” con gli occhi lucidi, io li guardo un secondo di più, e in un attimo senza pensare la mia bocca è sulla tua; non mi importa di tutte le paia di occhi di troppo... non mi importa di nessuno... è bene che sappiano, d’ora in poi niente ti sarà negato, ogni carezza, ogni gesto affettuoso saranno per te... hai bisogno di tutti ora...

Un secondo solo e sono da te, amore.

Vado ad assoldare alla causa il generale, tuo padre.

 

 

Sei entrato quasi correndo, quasi senza bussare e dici che vuoi parlarmi, ragazzo, ma non credere di poter dettare ordini in casa mia.

Cosa? Sei pazzo! Mia figlia malata, la tisi? Mia figlia non può avere la tisi, il mal sottile è il male della trascuratezza e dell’indigenza, di chi non si nutre e vive di stenti... ma non mia figlia... certo il nuovo incarico è faticoso, ore di guardie e ronde, e responsabilità e pensieri, io non volevo ma mia figlia è testarda e orgogliosa, e non tollera i fallimenti...

E mi chiedi se sono orgoglioso di lei… certo che lo sono, al diavolo André, se davvero è malata si curerà, tranquillizzati e smetti di urlare!

Ti avvicini con quello sguardo di accusa, ancora, e sibili che non basterà… che Oscar ha bisogno… del mio permesso per guarire? Che si sente in colpa per avermi deluso, che pensa che la sua vita sia mia, che non mi importi di lei…

Non è vero, ti sbagli, non sarà così... mi chiedi se amo mia figlia.. .cosa ne sai tu di mia figlia!?

Sei uscito senza lasciarmi capire, spiegare... te l’ho urlato dietro nel corridoio, io amo mia figlia!

 

 

Signor generale, io so che amate vostra figlia... a modo vostro, certo, ma so che l’amate...

Andate da lei, vi prego, ora lei ha bisogno di tutti perché il mio amore da solo non basta, non la salverà se voi non siete con noi... non vorrà vivere se non avrà il vostro appoggio! Ve ne prego, andate e parlatele… parlatele come non avete mai fatto... parlatele come un padre.

 

 

Avevo già capito che qualcosa non andava dal trambusto al piano di sotto e dal tono lamentoso di Nanny… questo isterismo collettivo non va, dovrò fare un discorso a tutti più tardi. André esagera sempre quando c’è di mezzo mia figlia, forse non è così grave come sembra... ma andrò da lei, certo che ci andrò, e le parlerò di persona, io e mia figlia ci intendiamo sempre.

 

Sei pallida, Oscar... il viso affilato, sei dimagrita dall’ultima volta che abbiamo parlato io e te… quando e’ stato? Ah, sì, da quella sera... sembri più piccola, forse perché nel letto enorme quasi scompari.

Appena mi vedi di scatto rialzi la testa e stiri le labbra, un minuto fa sorridevi; proprio come ti avevo insegnato - un soldato sta sull’attenti davanti al superiore, guarda diritto davanti a sé, serio ed attento, non parla se non è interrogato, non contesta gli ordini ma li esegue... ebbene, come ti senti?

Con voce incolore a fatica mi dici quello che già ho appreso dalle parole di André, con gli occhi bassi, quasi timorosa. Ti vergogni davanti a tuo padre, Oscar, hai paura di me?

Mi dici che ti dispiace  di avermi deluso, di non aver coronato il mio sogno... il mio? ... pensavo che anche tu lo desiderassi, che fosse anche il tuo sogno.

È terribile… l’ho creduto davvero e ho confuso la mia vita con la tua, cercando di modellare l’una sull’altra... ti ho rovinato a tal punto… e cosa ti ho fatto... tutto questo è anche colpa mia, dunque? Anche colpa mia?

Che donna saresti se non fosse stato per me… bellissima e ammirata, al culmine del tuo fulgore... e invece...

Dammi le mani, bambina, stringi forte le mie e vivi, ti prego, tu devi credere, devi combattere... non lasciare tuo padre a morire sommerso nel suo stesso egoismo, vivi come il tuo cuore ti suggerisce, io veglierò in silenzio, e pregherò per te... ma vivi!

Non temere, Oscar... vedi, il nemico fugge, si ritira... non vuole che tu lo veda piangere...

 

 

Mi sento un pacco... André mi ha lasciata a Nanny, che mi ha lasciata a mio padre... quando è entrato, prima, pensavo fossi tu André, mi hai lasciata sola per un tempo lunghissimo, meritavo un abbraccio, mi pare… ho spento subito il sorriso, il generale non apprezza certe smancerie.

è buffo, per un attimo ho visto riunita al mio capezzale la Santa Inquisizione al completo... perché mio padre non conversa, lui domanda, ispeziona, interroga, secco, preciso, diretto, e pretende risposte, ragguagli, dettagli... senza nemmeno chiudere gli occhi, ho vissuto il mio passato.

Era il mio primo incarico ufficiale come capitano delle Guardie reali, la scorta al corteo che conduceva la Delfina dal confine a Compiegne... ho rivisto la sfarzosa Remise, il Pont de Berne, quella ragazzina bionda e capricciosa davanti alla quale un’intera nazione si sarebbe inchinata... e ho rivisto me stessa davanti a mio padre. Prima che uscissi mi chiamò nel suo studio. Ricordo l’odore del tabacco bruciato nella pipa e le volute di fumo che seguivo con gli occhi, nervosa... mi chiese come intendevo procedere. come avrei schierato i miei uomini, quali ordini avrei impartito in caso di attacchi, vari dettagli... io avevo già in testa la mia strategia, e da quattordicenne impudente qual ero gliela esposi sicura, quasi sfacciata... ma ottenni il mio premio, la sua approvazione, un lieve cenno di assenso del capo. Quel gesto mi diede la baldanza che mi mancava, mi mise le ali ai piedi, perché avrei duellato con un drago pur di renderlo fiero di me.

Pur di farvi contento, padre.

E adesso, ditemi... cosa ne farete di questa figlia disgraziata, che per avere salva la vita dovrà rinunciare alla carriera che avevate pensato per lei, e che vi porta in dono l’amore per un uomo che reputate indegno di voi? Devo essere la vostra spina nel fianco, il vostro peggior fallimento, la vostra vergogna... perdonatemi padre.

Io lo amo, padre... forse avevate capito anche voi, prima di me... il regalo più bello che mi avete fatto un secolo fa, un bambino timido e assennato di un anno più grande, che mi tenesse lontana dai guai... lui ha assolto il suo compito meglio di quanto pensate, mi ha fatto scudo con il suo corpo contro tutti, persino contro di voi e voi non approverete, lo so, ma, sia chiaro, non vi chiederò il permesso di amare il mio André, questo mai! Non posso farlo, non lo farò... questo amore appartiene solo a noi. E anche se voi non lo credete possibile sono io indegna di lui, io che ho calpestato il suo amore per anni... pensavo di averlo perso, ma André è incline al perdono nei miei confronti, è tanto indulgente quanto voi siete stato severo.

Posso dire di essere felice, di esserlo immensamente

Posso anche morire, se voi riterrete inutile questa mia vita – voi, che me l’avete data a malincuore, potete anche riprendervela.

Siete uscito in fretta, quasi correndo... mi avete stretto forte le mani dicendomi di combattere con tutte le forze che ho in corpo, di seguire il mio cuore e vivere la mia vita come il cuore mi suggerirà... “vivi, vivi Oscar…“ [4]

Cosa gli hai detto, André? quale arringa hai ammannito al generale perché ci tendesse le mani così?

Mio padre... è meraviglioso quello che avete detto, padre...

E sia... non deluderò nessuno di voi, combatterò... e con un po’ di fortuna vivrò.

 

 

La guerra continua, giorno dopo giorno, settimane, mesi... se il nemico ci prende un metro, cambiamo strategia, mutiamo la disposizione delle forze in campo, ma non cediamo. Il nemico non ci sconfiggerà, la morte non avrà mia figlia.

La vita dell’intero palazzo è scandita da ritmi precisi: il dottor Lasonne è stato chiaro: “fate in modo che si nutra, che riposi, ma ricordate che non è un’inferma. Può uscire, se vuole, e distrarsi...“ e tutti sono rimasti stupiti, sgomenti...“ La contessina starà a casa per un po’“, lei che per vent’anni è stata un’ospite a casa sua.

Nanny ne ha fatto la sua ragione di vita, la sua battaglia personale; è affar suo, dice, spazzolarle i capelli quando le mani esangui di mia figlia non riescono nemmeno a tenere in mano una piuma, o accoccolarla in poltrona e vegliare che mangi tutto ciò che ha nel piatto... la ama infinitamente, piange solo di rado, e lascia la sua stanza solo per pochi istanti, e quando rientra André, per pudore, credo... perché lei, come me, per antico retaggio non comprende la loro unione; la nostra moralità distorta non ce lo permette, la nuova era non è per noi, cara Nanny, il nostro è un tempo che parla al passato ormai... lei non comprende, ma non c’è alterigia nei suoi pensieri... è solo felice per loro.

Io no, non posso.

Non troverei per mia figlia un uomo migliore in cento anni cercandolo in cento mondi diversi, ma il mio mondo è questo, e nel mio mondo il loro legame infrange le regole.

André è rimasto un soldato, per non creare problemi o destare sospetti... nella Guardia francese, quella che adesso si chiama Guardia nazionale. Ai figli del popolo tocca il compito più duro, sorvegliare la città che ogni giorno reclama il suo tributo di sangue... ed io non potevo permetterlo. La mia autorità è intatta, è bastato un cenno a Bouillé per farlo spostare per supposti “motivi d’ufficio“ ad un incarico interno, dove vedrà mille scartoffie ma almeno avrà salva la vita... non potevo non farlo, non avrei potuto più guardare mia figlia negli occhi... se ad André succede qualcosa, lei è perduta... e solo Dio può giudicare, alla fine.

Di quello che accade fuori le diciamo ben poco... lei si ciba avida di pochi particolari insulsi con cui condiamo le nostre bugie, non fa domande... e così non sa nulla dei cannoni della Bastiglia puntati su Parigi, di Lafayette e del suo potere... non sa nemmeno del trasferimento della Corte reale alle Tuileries... è terribile, mi domando quando ci toccherà una sorte peggiore.

Per lei deve essere durissima... se le forze le fossero amiche, ora sarebbe là fuori, da qualche parte - da quale parte? Ringrazio il cielo di non avermi costretto a scoprirlo nei fatti... lei sarebbe accanto ad André, dalla parte opposta alla mia.

Di rado mi reco in camera sua, lascio che riposi... solo ogni tanto, giochiamo a scacchi; sono distrazioni facili le mie, lei corruga la fronte e studia tranquilla la prossima mossa, senza parlare. Ma quando il sole comincia la sua parabola verso la notte, lo sguardo irrequieto vira lontano verso la vetrata...

Lei aspetta.

Aspetta che torni André...

Lui la venera... sì, è la parola esatta...

Quando ritorna sale in fretta da lei, e fa sparire il mondo attorno a loro; a volte sento ridere mia figlia come un tempo, li sento parlare. A volte è solo il silenzio, e allora distolgo i pensieri, perché il loro silenzio non mi appartiene.

Mi piace osservarli non visto, nel loro peregrinare nel parco. Ogni sera, fino in fondo al viale, dove gli alberi sono alti a toccare il cielo e il sole non morde la carne... per Oscar è una sfida quotidiana, un passo in più ogni giorno, senza vacillare... non conosco questa figlia che si lascia sorreggere, e guidare; la riscopro ogni sera, al tramonto.

Perché so che ci sono giorni buoni e giorni cattivi... giorni in cui la tisi è uno scherzo, un ricordo lontano, quando mia figlia risplende nella sua bellezza antica e il suo passo è sicuro e aggraziato... e sono le loro mani intrecciate a parlare al mondo del loro amore; ma ci sono i giorni in cui la febbre le invade la mente fino a toglierle il senno, e la tosse squassa il suo petto e richiama il sangue dai recessi più profondi del suo corpo martoriato fin su alle labbra pallide... e allora la vedo piegarsi a terra, il volto coperto dalle mani contratte, il fazzoletto macchiato tra le dita, a piangere sconfitta. Lui la abbraccia piano, fino a quando è passata... lei si abbandona tranquilla, e i suoi sono gesti nuovi ma imparati in fretta.

Pagherei per sapere cosa le dice André. Cosa le bisbiglia incessante, quali formule magiche quando il nemico la affossa, e lui scivola piano a terra con lei e le cinge le spalle... con quale nenia la incanta, quando Oscar rovescia la testa sulla sua spalla e si appoggia ansante al suo petto. Lui le carezza i capelli e la culla, come se fosse nato per farlo... ed è così, lui la ama dal loro primo sguardo, sono sicuro, e nessuno avrebbe potuto impedirlo... non io... io che non parlo la lingua cifrata degli innamorati, non ne conosco il codice, non avrei saputo comprendere... mia figlia, ora, sì.

A poco a poco il respiro ritorna normale, e lei riapre gli occhi, e sorride... è passata... come in un rito, André la riporterà a casa, la mia casa.

Ma io dietro il vetro mi sento un ladro di sogni e richiudo le tende...  cala il sipario sul giorno, e per noi tutti ricomincia l’attesa.

 

 

Dipendo da tutti per tutto... è terribile...

A volte mi sveglio al mattino spossata, come dopo una notte di guardia al freddo e la febbre è in agguato, la sento alle spalle, e la tosse non mi lascia un secondo... mi domando se davvero valga la pena di sopravvivere così.

Mi mordo le labbra, subito... stupida, stupida... mi pento... per espiare ho tutto il giorno...

Come ti permetti? come osi buttare al vento i mille sforzi fatti per te, che ne è del rispetto per le persone che vivono al ritmo del tuo cuore? Che ne è di tuo padre, di Nanny, di André?

Eppure non credevo... non credevo che a tutti importasse di me... che io viva o muoia, voglio dire...

Non conosco le cameriere di palazzo Jarjayes... ricordo appena i loro nomi.. ci siamo sfiorate per anni ignorandoci, pensavo di aver guadagnato solo la loro indifferenza, o peggio il disprezzo.

Invece no.

Mi danzano intorno leggere come lucciole, senza far rumore... sorridono lievi dietro i loro grembiuli inamidati, a volte intimidite dalla mia voce che ancora ricorda fin troppo bene di aver gridato solo ordini, per anni... le sento camminare avanti e indietro per il corridoio frusciando, portando su e giù le loro storie che nessuno conosce, perché nel mio mondo, nel mondo dei nobili, non hanno cittadinanza. Come io e te, André.

Pensavo che saremmo diventati il centro di mille chiacchiere di corridoio... che avrebbero disprezzato me, e deriso te...

Invece no…

Forse mi credono... credono alla forza dei miei abbracci, al modo in cui infischiandomene di tutto mi faccio abbracciare e baciare da te, al modo in cui cerco consolazione nel tuo sguardo.

Forse ti vogliono bene, André... forse hanno visto per anni la mia immagine riflessa nei tuoi occhi verdi, e ora sono felici per te.

È così facile volerti bene...

Obbedisco, obbedirò... faccio tutto quello che mi dicono di fare. Nanny mi spazzola i capelli piangendo, ma io fingo di non vedere... mio padre mi distrae giocando a scacchi con me... mi lascio distrarre, impegnandomi quel tanto che basta per non perdere rovinosamente alla terza mossa, lo sguardo che segue il moto perpetuo del sole dalla grande finestra che dà sul giardino... aspetto che André ritorni...

Sei ancora un soldato. Lasciare insieme la Guardia francese avrebbe causato fastidi a me, e problemi a te... ho accettato con la morte nel cuore, ma ti ho fatto giurare che non rischierai mai la tua vita.

mantieni la tua promessa, e torna ogni sera da me più presto che puoi

Ti sento per le scale, i gradini a due a due... vorrei tanto farmi trovare in piedi, ma a volte le gambe non mi sorreggono... e allora c’è la poltrona, o peggio il letto.

Entri e mi abbracci senza dir niente, a lungo; mi posi le labbra sulla fronte, e lo so che è per sentirmi la febbre, ma un bacio è sempre un bacio... non ho diritto di togliere appigli al tuo cuore.

Non mi racconti che pochi brandelli della tua giornata... quante volte Alain ha starnutito durante l’appello della mattina, quante volte i miei uomini hanno chiesto di me questa settimana... a volte mi manca il comando... come si cambia una vita come la mia? Non mi racconti cosa succede là fuori, ma io so che c’è il male.

Mangiamo insieme come una volta e sei il peggiore dei miei carcerieri... a te non posso rifiutare nulla, proprio no; e, per una volta, posso fare qualcosa per te... ricordi, amore, quante volte lo hai chiesto tu a me?

Quando il sole macchia di rosso il cielo, usciamo, usciamo a passeggio nel parco, è il mio premio... un passo più un altro e un altro ancora, percorro la strada verso una vita migliore.. con te sempre al mio fianco.

A volte mi basta tenerti la mano, sentirla chiudersi attorno alla mia... mi basta perché sono forte, penso, e forse sono guarita. Camminiamo insieme fino alla fine del giorno, lasciando parlare i nostri silenzi... mi godo l’aria scura della sera e i suoi profumi, mi godo il tuo viso disteso quando mi sento così... ce ne andiamo a zonzo senza pensieri, aspettiamo domani col fiato sospeso… come sarà domani e i giorni a venire? Avremo vinto?

No... perché vengono i giorni in cui non riesco a trovare abbastanza aria attorno a me, le mie gambe non mi obbediscono; tu respiri e cammini per me, mi sollevi tra le tue braccia, e mi porti a vedere il tramonto, quando il sole si abbassa, si piega scontroso verso il declino del giorno.

Arriva la tosse, il nemico peggiore... è sleale e infingarda, ti attacca alle spalle quando la guardia è debole... un colpo al petto, un altro più forte... non voglio cadere , mi oppongo con tutta la forza che ho… Dio, non ce la faccio... sento in bocca il sapore dolciastro del sangue che fugge dalle mie vene e mi lascio cadere, sconfitta.

Scivoli a terra con me. Mi cingi le spalle e accompagni il mio corpo che cede sfinito. E mi parli. Sussurri mille parole, una sola, “ti amo “, ancora ed ancora... inventi favole e rievochi storie, solo per me, per farmi scordare la morte che ho visto negli occhi un attimo fa... le tue labbra mi sfiorano, non voglio farti sentire il gusto amaro della mia malattia ma tu sei testardo, non ti lasci distrarre e mi baci piano, mi coccoli... mi offri il tuo petto per riposare e una spalla per piangere, ma non piango, lo vedi?, non potrei, perché sono con te. Il cuore smette di correre, il respiro ritorna normale… è passata. Un giorno in più rubato per noi. Ora, aspettiamo domani.

In guardia.

 

 

Il mio giorno inizia alla sera, con te... con la mente non ti lascio un istante, ma sono un soldato e il dovere è il dovere, tu lo sai bene.

Non ti ho detto niente, ma so che lo sai.. fuori è l’inferno in terra.

Nessuno ti ha dimenticata in caserma, io ti porto con me al sicuro nel cuore, ma pochi hanno il coraggio di chiedermi di te… solo Alain non si fa scrupoli, e pretende ogni giorno il bollettino di guerra... è un sollievo, gli racconto le nostre battaglie, trionfi e sconfitte; lui ascolta e non ride, mi batte una mano sulla spalla.. “Non mollare“ mi dice, ma io non mollo di certo.

E neanche tu.

Mi aspetti ogni sera e mi abbracci come se dovessi non vedermi mai più... io nascondo il viso nei tuoi capelli, non devi vedere le mie lacrime vigliacche, non voglio farti paura.

Ti interrogo, non dirmi bugie... è stato brutto, oggi, sei stata brava?

La notte è alle porte, e ti tendo la mano... ti porto fuori...

Camminiamo insieme, in silenzio... io con il fiato sospeso ti scruto cercando il coraggio di chiedere se oggi è meglio di ieri, e invece ti parlo del nulla, pago di quella normalità che quasi non ricordo più.

Ma a volte affoghiamo... tu nel tuo male, ed io nella mia impotenza… non chiedi mai aiuto, mi scosti quasi a proteggermi, accetti senza un lamento le tue torture e io mi sento morire... ti abbraccio, non posso far altro... ti cullo, convinco il tuo cuore a non correre più, tu appoggi la schiena al mio petto e rovesci la testa all’indietro… riposati amore, è passata... ma resta con me amore, resta con me.

… Ho mille cose da dirti, mille favole da farti ascoltare.

Una sola cosa da chiederti, una sola risposta che voglio sentire dalle tue labbra.

 

 

Mi viene da ridere, accoccolata sul divano che ci ha accolti sfiniti al nostro ritorno, ebbri del debole sole d’inverno, davanti  a lui ogni giorno osiamo un passo di più.

Ho fatto le scale da sola, stasera. Quasi di corsa, tutte d’un fiato, quasi senza pensare...

Come un tempo, ho pensato furtiva.

“Come una volta” mi hai detto quasi piangendo.

… Se fosse?

Chiudi gli occhi, e piano cominci a raccontare... come fai a ricordare tutto di noi? Io non ne sono capace… la tua mente ha imprigionato dettagli minuscoli come briciole, se mi volto le posso vedere, tracciano la strada che abbiamo percorso fin qui, tutta una vita.

Mi racconti, e mi domandi “Ricordi anche tu?“, la mente che pare  una stanza chiusa, scura… tu, con un colpo, spalanchi vetri e finestre, fai entrare la luce e i ricordi fluiscono piano e ne risvegliano altri corrosi dal tempo. Ma non è troppo tardi. Mi vedo, li vedo anch’io adesso… quei due ragazzini intenti a schizzarsi con l’acqua del fiume, a litigare per chi arriva prima alla fine del bosco, siamo noi?... quel sorriso timido che hai mentre mi osservi intenta a sfogliare una rosa, è per me?, mentre con noncuranza mi togli i fili d’erba dai capelli, perché da sempre ho il brutto vizio di sdraiarmi pigra a contare le nuvole. Tu mi amavi già allora, vero? Ma io cosa faccio, come sono io?

Che piccola aguzzina… io che entro ed esco dalla tua stanza senza bussare, che metto il naso tra le tue cose curiosa come una gatta, che ti tormento mentre anche tu conti le nuvole, perché odio quando qualcosa ti porta lontano da me, anche solo nei pensieri... riconosco da adulta in quella prepotenza bambina il mio modo acerbo di dirti ti amo.. ti ho amato così, nell’unico modo in cui ero capace, togliendoti il fiato.

Una volta ti ho morso, ricordi anche tu? Prendevamo lezioni di ballo e io non volevo fare la dama… ero un maschio, io... tu fosti cattivo, per farmi sentire piccola mi dicesti che ero un fuscello e senza darmi il tempo di protestare mi prendesti in braccio; non ti feci pensare, ma il mio morso sulla tua spalla fece male per giorni, giorni in cui l’orgoglio ferito di entrambi ci tenne lontani, offesi e cocciuti. Non ti chiesi mai scusa, né lo facesti tu.. solo non potevamo vivere che l’uno per l’altra, e la bufera così com’era venuta passò.

Rido, pensando che forse hai ancora il segno.

Le mie dita scivolano furtive sotto la tua camicia e sulla tua spalla, in cerca di quella traccia preziosa del nostro passato, tu hai gli occhi chiusi, ma la vena sul collo pulsa più forte... quante cicatrici sul tuo corpo per cui non ti ho mai chiesto scusa… e sul tuo cuore.

Sospiro.

In tutti questi mesi dopo quella mattina di luglio, ci siamo amati abbastanza per riempire due vite… ma tu non hai mai osato di più, anche se ci hai pensato, potrei giurarlo.

Perché?

Ho pensato che forse hai paura di farmi male.

Forse provi pena per me, o pensi che io non voglia.

Peggio, forse non vuoi tu.

E se dovessi morire?

Apri gli occhi e prenditi ora quel che resta di me, prima che sia troppo tardi.

Ti bacio con tutto il rimpianto che ho, come se volessi entrarti dentro di forza… almeno una volta.

Apri gli occhi.

Mi stringi quasi con rabbia, ricambi il mio bacio e con le mani mi afferri le spalle, scoprendole, senza fiatare. Solo mi osservi, guardingo. Hai ancora paura di me? Non mordo da tempo, lo sai... se il respiro si fa più affannoso non è perché voglio gridare.

Le tue labbra si spostano piano, languide e lente, lungo il mio collo... capisco che non ho mai capito niente, non ho mai desiderato qualcosa o qualcuno così… sospiro più forte, bisbiglio il tuo nome...

Ma tu… ti fermi... e mi stacchi da te.

Oh, André... perché?

Vorrei piangere…

Devi aver visto quell’ombra paurosa calare sinistra sui miei occhi... sorridi, mi scosti i capelli e sussurri piano sulla mia bocca:

“Sposami... sposami, Oscar, e fai l’amore con me.”

Dio mio, devi essere matto... non sai nemmeno se mi sveglierò domani.. ma forse se Dio mi restituisce alla vita è solo perché io sia tua.

Non so se domani sarai così matto da chiedermi ancora di esserlo. E ti dico di sì.

 

 

Tu non sai quanto vorrei, o forse sì...  ma ho giurato in un’altra vita che non avrei preso più niente da te, senza chiedere... dovevo chiedertelo… volevo sentirlo da te…

Ti ho stretta così forte come non facevo da tanto; da giorni la febbre è solo un ricordo, sali le scale di corsa come un tempo, come se non potessi aspettare... potesse essere vero, lo sarà, sono sicuro...

Avevo paura…

Avevo paura di pensare solo a me stesso e ai miei desideri più vili, di toglierti l’aria per vivere un giorno di più... ma tu non puoi credere che io non ti voglia, tu sai che non è cosi... se solo fossi sicuro che è tutto passato, solo un brutto ricordo, allora ti giuro che volterei le spalle al mondo per prenderti fra le mie braccia e sparire dentro di te.

Ma questa sera  hai gli occhi che brillano, e uno sguardo strano e mentre raccontavo a me stesso come eravamo, ad occhi chiusi per vederti bambina, ho sentito addosso quello sguardo che non sentivo da tempo... ho rivisto i tuoi occhi imperiosi, quelli di prima, ho sentito il tuo cuore gridare forte il mio nome. Ti ho trovata tra le mie braccia, e ho perso la testa.

Non posso farlo, ho pensato... dovevo chiedertelo...

Mi hai detto di sì... la mia donna mi ha detto di sì.

Sposiamoci, perché noi siamo una cosa sola... io voglio giurarlo davanti a Dio[5] che ti voglio per me, non mi importa del permesso degli uomini, ma del tuo. E tu mi hai detto di sì.

Ti prenderò tra le braccia e ti porterò nella chiesetta del giovedì, te la ricordi?, dove andavo io per sentirmi un uomo migliore, uguale tra gli eguali... dove ti portai perché non volevi credere che non fossi io ad assaltare le case dei nobili vestito di nero... ridi e mi dici che eri solo gelosa di quelle ore passate lontano da te. Non è vero, piccola strega adulatrice... ma ti bacio, perché stai ridendo di me ed è il regalo di nozze più bello.

Ti giurerò amore eterno col cuore leggero  e ti infilerò l’anello che fu di mia madre.[6] Mia nonna l’ha conservato per anni con tristezza, pensando al mio destino di innamorato senza speranza... e invece tu mi guardi con le lacrime agli occhi, confusa, e fai eco alle mie parole; mi dici che Dio è testimone del tuo amore per me, che bacerai l’anello che ti darò come sacro e che niente, neanche la morte, potrà separarci... la mia giudiziosa bambina ora parla come una donna. Ho tutto l’amore del mondo tra le mie braccia.

Mi vuoi sposare davvero? E se fosse “una grossa sciocchezza” come ci disse tuo padre?

Scuoti la testa piangendo, e mi baci con una forza che non ricordavo...

Lo vuoi davvero…? Allora nessuno ci può separare, Dio ci benedirà, e gli uomini ci invidieranno.

Fai l’amore con me e mi giuri che non mi lascerai mai.

Quel che ho preso di te stasera in questo tempo infinito te lo restituirò un poco per volta, ogni giorno... ho una vita intera per farlo, la nostra vita insieme.

Ogni sospiro e ogni gemito, le tue dita intrecciate alle mie, i tuoi baci e le parole rimaste a fiorire sulle tue labbra mentre ti ho amata... il tuo pudore e le tue paure, e l’ardore e la foga con cui mi hai amato tu, che pensavi di non saper fare altro che prendere... conserveremo tutto nello scrigno dei nostri ricordi, perché sono i nostri... siamo noi insieme, adesso davvero… il mio desiderio a colmare il tuo vuoto nel cuore, la tua voglia di vivere a risvegliare i miei sogni assopiti dal tempo.

Ho sempre pensato che saremmo stati perfetti, noi due.

Apri gli occhi. Come stai amore... ti ho fatto male, forse? Mi guardi e arrossisci... ti metti seduta, con le mani ti aggiusti i capelli arruffati e borbotti qualcosa sui vestiti gettati in fretta un po’ dappertutto... hai i pensieri ancora in disordine, comandante...

Mi scuserai se mi viene da ridere.... se ti scompiglio i capelli, se questa sera proprio non mi va di mangiare... se ti acchiappo mentre tenti di alzarti, e ti rimetto al tuo posto... il tuo posto è con me... scusa se soffoco le tue proteste a suon di baci, ma stasera sei mia... resta qui… resta con me... vuoi che il sole non sorga, domani?

… Resta con me… sempre…

 

 

Dimmelo ancora una volta… una volta sola, ti prego... dimmi che ci sposiamo.

Lascia che chiuda gli occhi e immagini tutto, una volta di più... che mi soffermi sui particolari, che mi delizi ricordando mille volte che tu me l’hai chiesto... l’hai chiesto a me, e ci sposiamo.

E dimmi quando…? domani, tra un’ora…? A volte penso di esserlo già, forse è stato un milione di anni or sono... da qualche parte nella mia mente sapevo di essere tua, in un modo o nell’altro e se ti aspettavo vegliando le sere d’inverno non era per caso, ma solo per raccogliere l’ultimo sguardo dai tuoi occhi verdi prima di chiudere i miei e andare a mangiarmi i miei dubbi nel letto... dove eri andato, stasera, e con chi???

È passata... mi ci hai portato in quella chiesetta, perché mi volevi vicina e complice mentre crescevi, e diventavi un uomo migliore ma io chiusi gli occhi, allora, una volta di troppo. Non potevi permettere che continuassi a vedere la vita attraverso gli specchi appannati dalla mia nobiltà... quasi scusandoti mi donasti il tuo occhio che io sciagurata accettai senza fiatare.

Torniamo in quella chiesetta, davvero?, io e te soli, perché non abbiamo bisogno di nulla... e come si dice, come ho sentito dire sempre, la sposa era bellissima, radiosa… lo sarò anch’io? Come le ho odiate certe frasi… quante volte ho visto estranei giurarsi di tutto davanti all’altare e avrei voluto trafiggerli… blasfemi, sacrileghi, mentite... cercherete consolazione tra le braccia di altri, e quel giuramento sarà poco più di una farsa, una goccia di miele nel mare di fiele dei vostri peccati.

Ma noi no.

Il nostro è un amore antico e filtrato dal tempo, è germogliato tra le asperità del mio cuore cocciuto, si è nutrito delle tue lacrime, dei miei se, forse dovrei, forse non posso...

Non abbiamo paura di nulla, il nostro nemico peggiore ero io, e tu mi hai sconfitta, alla fine.

Ma ho vinto io… e ti ho dato quel che volevo, il mio amore maldestro e inesperto a frangersi contro la tua tenerezza... ho chiuso gli occhi e aperto le braccia, e ti ho stretto forte per non trasalire e farti capire che anch’io ti volevo... lo vedi? tu mi accarezzi piano, e io ti lascio fare, non fuggo, ti chiedo soltanto di continuare, non smettere... forse morirò  perché ogni carezza mi sembra l’ultima che potrò sopportare senza gridare, e invece sussurro, mormoro  non smettere...

Io non sapevo com’era... non sapevo come sarei stata io... forse la mia paura era solo di deludere le tue aspettative, forse non sono come pensi, ti amo e non sono capace di dimostrartelo... te l’ho detto un attimo prima di sprofondare.

Ancora una volta, come sempre, hai ragione tu, che mi hai chiuso la bocca posandoci sopra le labbra, e mi hai trascinata con te, chiedendomi di guardarti... ho aperto gli occhi e ho pianto, mentre scivolavi piano, con mille premure, dentro di me...

Ora  ti tengo stretto, non voglio lasciarti mai più.

Il tempo... possiamo fermarlo?

… E stare così, insieme, per sempre?

Se penso al tempo sprecato ho di nuovo paura... forse Dio punirà i miei errori portandoti via, e non vorrà dare ascolto al mio pentimento.

Ma tu non mi lascerai mai, vero? Te l’ho chiesto con il pianto in gola, e tu mi hai sorriso e mi sei sembrato il bambino che eri, quando davanti ai miei pianti di rabbia facevi il buffone per farmi sorridere... dove vuoi che vada, mi hai detto, se il mio posto è con te?

Il tuo posto è con me... sull’altare, e al mio fianco, nel mio letto e dentro il mio cuore... il tuo posto è con me.

Se mi guardi così morirò di vergogna, però... mi scruti dicendo che sono bellissima, con i capelli anarchici e nulla di decoroso addosso... sorridi, mi allunghi un bacio tenero, sento il sangue che mi pizzica il viso... dimmelo ancora e ti crederò, e ti lascerò fare mentre giochi con i miei ricci ribelli. Mi verrebbe da gridare ORDINE, ORDINE… mi obbediresti? Provo a distrarti con l’idea del cibo e ribatti che mangerai solo me questa sera... cerco di ribellarmi ma sei più forte di me, lo sei sempre stato, anche se hai finto di non saperlo mai...

E va bene,  mi arrendo, sconfitta...

Sospiro fingendo rassegnazione... e spero che, ancora una volta, farai quello che vuoi... perché lo so quello che vuoi...

Fai come ti pare, André… [7]

Sorrido, e anche tu, con l’indice sulle mie labbra.

In guardia, bisbigli...

 

 

La sposa è radiosa... felice, bellissima... porta in dote la sua guarigione. L’ha detto il dottore, “è passata, madamigella“, ma lei già lo sapeva.. per questo ha detto di sì. Lo sposo è nervoso e innamorato, non smette un attimo di accarezzarla, la mangia di baci, è più ardito, adesso. Non ha più paura di rubarle l’aria per respirare.

Li ho sposati senza fare domande. Avrei dovuto indagare, forse, sulla bontà delle intenzioni, la radice dei sentimenti. Non ne ho avuto bisogno, non c’è tempo, ho pensato, e non è un capriccio, ne sono sicuro, solo amore.

Mi ricordo di lui, veniva alle riunioni del giovedì, quando ancora nell’aria c’era solo la voglia di capire e capirsi, e non l’odore del sangue... sedeva da solo, nell’ultima fila... ascoltava e annuiva, composto, con troppi pensieri a offuscargli la mente e a riunione finita usciva scusandosi, quasi scappando... “Ti aspetta qualcuno, ragazzo?“, gli chiesi una volta. Lui disse di no, ma solo a parole... il cuore sperava di sì... era lei, sono sicuro.

Chi dà in sposa questa donna? Dovrei chiederlo ora, ma sono venuti da soli.

Lei ha un cognome da nobile, l’ho guardata perplesso, lei ha mormorato qualcosa, contrita... non volevo farle paura, solo capire... lui ha lo sguardo orgoglioso degli uomini forti e onesti, ma forse questo in una famiglia di nobili non è abbastanza.

Sono venuti da soli...

Unite le mani, dovrei dirlo adesso... ma le mani sono già unite, non si sono lasciate un secondo... lui la sostiene, lei si lascia guidare.

Adesso promettete, promettete di essere degni del dono che Dio generoso vi ha fatto, ma la promessa è scritta nei loro destini, da sempre...

Forse Dio li ha già benedetti… di più, li ha uniti... ha messo l’una nel cuore dell’altro ancora prima che avesse vita... non osi l’uomo separarli mai.

Lo sposo baci la sposa... lasciami almeno il tempo di dirlo, ragazzo.

 

 

Ci siamo sposati[8] senza chiedere niente a nessuno, senza clamore, in punta di piedi... siamo usciti una sera al tramonto, poche parole e uno sguardo d’intesa... complici, come una volta... meglio la porta sul retro, se la nonna ci vede e ci scopre... ma non stiamo mica facendo niente di male, non è la lezione di storia che stiamo fuggendo... fuggiamo dai nostri anni tristi, dalla paura di vivere in due le nostre due vite invece che una... così deve essere, nessun dubbio.

Benediteci, padre, e niente e nessuno potrà separarci... per il male che ci siamo fatti noi poveri sciocchi, per paura o per troppo amore, abbiamo una vita per espiare.

Dio è buono e grande, ha già concesso il suo perdono... aveva il volto commosso del medico il giorno che ha detto “è passata, è passata“.

Ora siamo marito e moglie... chissà se si nota, sui nostri volti… si nota più amore, e il voler stare insieme, la gioia che rompe in abbracci improvvisi, e baci solenni… ma era così anche ieri. E lo sarà domani... perché siamo uniti da sempre, noi due. Noi non l’abbiamo capito all’inizio. Dio sì...

I nostri pensieri sono gli stessi di sempre, come un’eco lontana che da sempre alberga nel cuore di ognuno di noi... solo, adesso l’eco è più forte.

La senti anche tu?

La sento benissimo

Prometto di amarti per sempre…

.... E per sempre ti amerò anch’io.

Ti amerò senza riserve.

E io senza pietà.

Non ti lascerò mai.

Non vorrò mai che tu mi lasci.

E nemmeno la morte potrà separarci.

E nemmeno la morte ci separerà...

 

Forse la morte si sconta vivendo, ma l’amore non muore… come un’eco perenne aleggia nell’aria e si racconta... parla al mondo di noi, di come eravamo, di cosa siamo stati...

Di come siamo adesso.

Insieme.

 

Fine

 

Note – tributi e scuse

Partiamo dal titolo… Echoes perché la struttura della storia mi ricordava appunto l’eco, che rimbalza da una parete all’altra, perde qualcosa e guadagna qualcosa… qui gli interventi passano da un personaggio all’altro e ognuno offre la propria versione dei fatti.

Mentre i pochi richiami storici sono presi dalla biografia di Maria Antonietta di Carolly Erickson, i molti particolari frutto della mia fantasia ho cercato di renderli più verosimili possibile. Ho sempre pensato che Oscar potesse avere amore per gli scacchi (sempre di strategie si tratta) e che almeno le prime volte il padre le chiedesse conto dei propri piani d’azione.

Diversa è l’idea della “chiesetta del giovedì “ … un giorno scelto a caso.

Poi ci sono i contributi, volontari e non, ripresi da altre fanfiction… secondo me molto di quello che leggiamo con piacere rimane dentro di noi proprio come l’eco, per cui eventuali richiami sono proprio un omaggio alla bravura delle altre autrici, ad esempio, a me piace molto la Oscar di Sydreana che spesso morde e graffia (un vero felino)… la mia morde, e basta… - in  realtà sono una fan dell’opera omnia di Sydreana e lei lo sa!

Per tutto quello che non ho detto chiedo perdono ed “empatia” alle lettrici – ovvio che consigli e anche critiche saranno ben accette!! Così come le eventuali correzioni delle Redattrici.

 

Luana, 28/07/2005

 

pubblicazione sul sito Little Corner del settembre 2005

 

mail to: luly_thelilacat@yahoo.it

 

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[1] Adattamento da “Sono una creatura” sempre di G. Ungaretti

[2] Secondo il proclama di nomina Oscar prende servizio dal 15 aprile, ma come noto lei si presenta in caserma un giorno prima.

[3] Mi è sempre rimasto il dubbio: si sarebbe fermato il generale?

[4] Sono le parole del Generale di fronte al ritratto della figlia

[5] Nel doppiaggio originale giapponese Oscar dice ad André morente che vuole che giuri davanti a Dio di volerla come moglie, e allora l’ho accontentata…

[6] Questo particolare che ricordo anche in “Perditum Ducas” di Alessandra per me è tristemente autobiografico – io e mio marito portiamo al dito le fedi dei miei genitori che ho perso anni fa – ho fatto provare ad André il mio stesso desiderio di avere con sé i genitori in un giorno così…

[7] Immaginiamo che per una volta lo dicesse gentilmente!!!

[8] L’ultima eco è… a due voci… le stesse parole per tutti e due… sono una romanticona, si vede?