E se domani...

 

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Un altro giorno finisce… e anche oggi, niente di nuovo…

Da più di un mese ormai… da più di un mese torno a casa, le spalle curve, la testa bassa…

Non è stanchezza, ma umiliazione.

Non mi vogliono, non mi vogliono… ignorano i miei ordini, si prendono gioco delle punizioni, ridono ai miei rimproveri… non mi vogliono.

Il cavallo al passo quando esco dal cortile perché mi vedano, testa alta e spalle dritte… non devono accorgersi di niente, buzzurri maleducati, loro pensano di averla vinta, ma non mi conoscono! Alla Guardia reale non ci torno, piuttosto vado in Marina, o a fare il soldato semplice da qualche parte al confine… ma io non torno indietro, mai!

Il sole tramonta alle mie spalle, sento il calore degli ultimi raggi che mi accarezza… nonostante il sole, l’uniforme di panno blu, la camicia… nonostante tutto ho freddo, mi viene da piangere, ma chi se ne importa, palazzo Jarjayes è ancora lontano, se piango o grido e se mi dispero nessuno vedrà o sentirà.

Una volta ricordo piansi d’amore, altre volte piansi di rabbia… ma sempre di nascosto... di nascosto da lui che era sempre con me; allora chinavo la testa e mordevo le labbra, con le dita asciugavo le lacrime e scacciavo le nuvole; ora no, posso piangere in pace… sono sola.

Quando arrivo nessuno che apra il cancello... un ragazzotto che avrà neanche vent'anni allunga le mani verso le briglie e per quanto gli faccio paura nemmeno mi guarda negli occhi...

Povero César, ci penso io a te… ma tu invece mi guardi da sotto le ciglia, agiti la coda e scuoti la testa sconsolato... cosa c’è, mi odi anche tu oggi?

Lo so che ti manca André.

Lo so che è colpa mia se se ne è andato via, lo so bene, l’ho mandato via io.

Ma, credimi, pensavo di fare il suo bene, il mio bene, pensavo che lontano da me non avrebbe sofferto più, che avrebbe capito.

Che mi avrebbe perdonato come io ho perdonato.

E invece mi ha imbrogliata, come sempre, alla fine vuole sempre avere l’ultima parola. Ma al diavolo, che faccia quello che vuole, non siamo bambini.

Non siamo neanche adulti però…

Comunque può decidere della sua vita ora, se vuole buttarla peggio per lui, a me non importa.

Mmmh… forse un pochino mi importa, ecco, in fondo è pur sempre un amico.

E comunque caro César rassegnati, André non torna, ora è un soldato del Regno, la sua vita è a Parigi, lontano da qui.

Forse lui pensa che io non lo sappia cosa si fa nelle libere uscite ma si sbaglia di grosso. Io lo so cosa fanno, vanno in città come un branco di lupi in cerca di prede, nettare e ambrosia… vino scadente e giovani donne. A frequentare certe compagnie ti guasterai l’intelletto, diventerai zotico e volgare come loro, li ho sentiti certi discorsi dalla finestra del mio ufficio, e non stavo mica origliando.

Oh in fondo sono affari tuoi se decidi di guastarti la vita con una di quelle, fa’ come ti pare accidenti, io non voglio saperne niente!

Ma tu non mi dici più niente…

 

 

La mia casa, finalmente sono a casa.

Ho una voglia matta di mettere la testa sotto il cuscino e piangere, piangere fino a domani, lasciatemi in pace voi tutti…

Già... ma tutti chi?

A pensarci bene qui non c’è nessuno.

Mio padre col suo reggimento al confine, mia madre a Versailles a fare qualcosa di inutile.

Cara Nanny, la casa è tutta per noi, come una volta.

Ho fatto andar via tuo nipote, il tuo unico bene... davvero non sai, non sospetti? Allora anche tu non avevi capito che lui... che noi… insomma…

E ora sei sola, ed io con te... stasera si mangia nelle cucine, come una volta. Non ho fame, ma se tu insisterai anche solo un pochino potrei accontentarti e mandare giù qualche boccone, solo per farti contenta, povera balia, s’intende.

All’inizio quando eri solo per me pensavo sarebbe stato sempre così... ogni sorriso era mio, i complimenti e anche i rimbrotti; sono cresciuta con i tuoi consigli, dai miei genitori indifferenza e ordini.

Mi chiedevi “cosa preferisci mangiare, cosa indosserai oggi? Carote o zucchine, la giacca rossa o quella azzurra? Io corrugavo la fronte annaspando, decidere? Ma io non sono capace, io eseguo, non ho scelto niente io, nemmeno di nascere, nemmeno cosa essere… mio padre mi ha messa al mondo, mio padre ha deciso per me… Tu mi guardavi, le mani sui fianchi e quella buffa cuffietta inamidata e aspettavi, minuti e anche ore, fino a quando la mia mente si apriva e sceglieva... ecco, trionfante, piombavo addosso alle tue mille sottane… tu mi chiamavi madamigella, ma mi carezzavi i capelli con dolcezza, e io da quel tocco capivo, capivo che nel tuo cuore c’era un posto speciale tutto per me. Ero orgogliosa e gelosa di quel posto, non l’avrei diviso mai con nessuno.

Ricordo quel giorno… tu mi dicesti in lacrime che dovevi partire, “vado dalla mia bambina che è tanto malata”, dicesti, e io rimasi stupita... “ma sei troppo vecchia per avere bambini e poi tu hai me” risposi arrogante ma col pianto in gola, perché le tue mani e le tue labbra tremavano. Avevi paura, tu che eri il mio faro avevi paura.

Chiesi a mio padre perché piangevi, e lui mi rispose che gli uomini piangono per tante ragioni... dolore, paura ma anche gioia... mi disse che forse piangevi perché eri felice, “quando tornerà porterà con sé suo nipote, vivrà qui con noi”.

Come suo nipote... un altro bambino? Tornai in camera mia con i pugni chiusi e tremando di rabbia. Mi hai ingannato, mi avete ingannato tutti! Come un altro bambino? Non voglio altri bambini in questa casa, non lo permetterò!

Il bambino di questa casa ero io

Piansi lacrime amare minacciando tempesta quella notte, e mi preparai ad accoglierlo degnamente, il mio rivale.

Arrivasti dopo due giorni; ricordo che eri pallida e stanca, la cuffia ornata di nastri neri e il tuo sorriso spento come non mai, persino mio padre uscì ad accoglierti e ti mise una mano sul braccio mentre parlavi scuotendo la testa... la tua bambina era morta, e tu eri tornata con un dolore in più.

Mortificata dai cattivi pensieri non ebbi il coraggio di guardarti negli occhi, e scrutai curiosa dietro di te.

Era quello? Il mio nemico era quello?

Aveva il faccino smunto e teneva gli occhi arrossati rivolti a terra a guardarsi le scarpe… era più alto di me di quasi una spanna, ed era… diverso. Perlomeno, mi apparve diverso. Forse furono i capelli e gli occhi, così differenti dai miei, o forse i vestiti semplici e un po’ consumati, ma non era tanto l’aspetto quanto il suo modo timido di stare al mondo che mi colpì… con le mani dietro la schiena perché mi piaceva imitare mio padre mi avvicinai per guardarlo dal sotto in su, impertinente come una scimmia, e gli girai attorno aspettando che qualcosa in lui mi dicesse che era vivo. Ma lui non reagì, rimase immobile a farsi squadrare... solo spostò lievemente lo sguardo che incontrò il mio, e mi colpì come uno schiaffo. Perché era lo sguardo più triste che avessi mai visto nella mia breve vita. Non stava piangendo, no, ma il dolore attraversava ogni fibra di quell’esserino, e lo fece sembrare piccolo e bisognoso di protezione... per una volta, forse l’unica volta nella nostra vita.

Io ero altera e imperiosa, ma davvero non ero cattiva, e seduta stante decisi che aveva bisogno di me... in fondo potevo benissimo prendermi cura di lui, ero grande, avevo già cinque anni.

Gli tesi la mano ma lui non reagì... allora afferrai la sua presentandomi “Io sono Oscar” con la voce più gaia che avevo... lui cercò con lo sguardo Nanny, senza trovarla, e rimase nel dubbio per qualche secondo… poi strinse la mano attorno alla mia e con voce flebile compitò “Io… io mi chiamo André”…

Era André... eri tu il mio bambino. Ma fu solo per poco, perché in men che non si dica divenni io la tua bambina.

E adesso? Ormai da anni ci litighiamo il diritto di stabilire chi è di chi… gli stessi bambini un po’ più vecchi e un po’ più soli.

Per colpa mia?

Forse.

Nanny ti mostrò la tua camera, e io ti mostrai il mio regno… ti trascinai ovunque, divertita dalla tua espressione buffa di meraviglia, perché probabilmente avevi sempre vissuto in una casa grande quanto la mia stanza.

Volevo farti sorridere, vedere com’eri; ci riuscii portandoti nella stalla, dai miei cavalli. “Non avere paura” ti dissi, ma tu non ne avevi, ti avvicinasti e prima che io potessi parlare indovinasti come volevano essere vezzeggiati, con lunghe carezze morbide, sul muso e sulle orecchie… in pochi minuti si allungarono tutti intorno al bambino con i capelli scuri e gli occhi gentili, conquistasti loro e anche io.

Ero felice, avevo un amico!

Quella sera ottenni il permesso speciale di cenare in cucina, volevo che non ti sentissi solo, dissi serissima a mio padre. Che incredibilmente mi accontentò. Voleva che io frequentassi altri maschi e fu contento che io accettassi di buon grado di passare il mio tempo con te.

Per anni ho pensato che la mia famiglia foste voi due, tu e Nanny… scappavo dalla mia grande camera vuota e mi rifugiavo con voi davanti al camino, magari per stare ore in silenzio... il vostro silenzio era caldo e pieno di sorrisi, non come il mio, fatto di vuoto e paure infantili, fatto di niente.

Credevo che fossimo uguali, io e te... tu orfano per sfortuna, io orfana per ragione di stato... soli... ma in due non si è più soli, in due si fanno tante cose!

In due facevamo i compiti di aritmetica e gli esercizi di grammatica, in due inventavamo storie e fantasticavamo avventure, in due dicevamo le preghiere ed andavamo a dormire per alzarci al mattino con un’intera giornata da consumare in fretta… in due.

Eravamo uguali, così pensavo io; fu terribile scoprire che non era vero, che la vita aveva pesi e misure diverse per patrizi e plebei, per chi era nobile e chi non lo era… che non potevi sempre venire con me, che le mie sorelle potevano prenderti in giro senza che tu potessi difenderti! Piansi, piansi tutte le mie lacrime di bambina quando scoprii che eravamo nati sotto stelle diverse, quando scoprii l’ingiustizia. Mi consolasti tu. Come avresti fatto sempre, ogni volta. Tu subivi il torto, tu mi spiegavi che non era poi così grave, che in fondo non ti importava. Ma quella volta superasti te stesso, ti sedesti accanto a me che inghiottivo la rabbia e mi dicesti “sono contento che siamo amici noi due”, stringendomi la mano da quel piccolo gentiluomo che eri. Mi confondesti le idee a tal punto che rimasi allibita, indecisa tra il pianto e il riso, la rabbia e la felicità, tra l’abbracciarti ed il respingerti; irruente com’ero optai per la strada più facile... fuggii via, correndo forte per nasconderti la mia gratitudine... grazie perché mi avevi consolato, perché avevi detto che eravamo amici, e perché avevo sentito nella forza di quella stretta gentile qualcosa che non sapevo definire ma che aveva scaldato il mio cuore acerbo. Ora lo so cos’era. Tu mi volevi bene, ecco tutto.

Ma se eravamo amici potevamo anche litigare! E litigavamo, senza pietà, per cose stupide di bambini, per cui torto e ragione si scambiano spesso di posto più volte; non erano offese verbali le nostre, ma la ricerca del modo migliore per far male al corpo senza trafiggere il cuore. Il nostro era scontro fisico perché ero io a cercarlo, ed era una gara al silenzio perché eri tu ad imporlo; io cercavo il contatto, tu avvelenavi gli sguardi e tacevi, per ore o anche giorni; mi facevi malissimo e lo sapevi, perché avrei preferito un ceffone al tuo sguardo ferito.

Però facevamo la pace, sempre... quasi sempre... da soli, a volte obbligati dagli occhi miopi di tua nonna; lei era la mia confidente ed il tuo rifugio, sapeva bene quali tasti toccare, ambasciatrice di pace ed ammonimenti severi con cui colpiva nel segno ogni volta.

“Non andate mai a dormire arrabbiati bambini… se il buon Dio prendesse con sé uno di voi stanotte, non vi dispiacerebbe domani di non aver fatto la pace?” non inventava storie balzane di lupi mannari, ci somministrava la vita a piccole dosi, ci invitava a guardarla attraverso l’unica lente che oltre ogni cosa ci avrebbe resi uguali davvero, la verità; e allora la pace fatta aveva il profumo del cioccolato, il nostro premio per averla data vinta all’uno o all’altro. Alla fine nessuno usciva sconfitto, in fondo il tesoro più grande era tornare a guardarsi negli occhi.

Un giorno mia madre sentì e riprese la povera Nanny... non si doveva parlare di morte ai bambini, le disse, con il suo sguardo lontano. Lei non ebbe paura, “Io parlo ai bambini della vita, Madame, perché la morte è parte di essa” rispose tranquilla, senza abbassare gli occhi. Fu mia madre a nascondere il viso col grosso ventaglio istoriato, senza capire. Ma ancora una volta, la sua vita nella mia vita fu un breve battito d’ali, e l’indifferenza fu favorita alla figlia che forse sentiva di non aver mai generato davvero.

E adesso?... da tempo, ormai, non si litiga più... preziosa conquista di adulti maturi? No, magari lo fosse... soltanto l’epilogo ignobile che abbiamo scelto di dare alla storia non scritta della nostra vita a due voci e due facce.

Tu mi diresti che non hai scelto niente e come sempre ho scelto io... e allora sì che si litigherebbe… ma tanto tu non sei qui.

E’ vero, ho scelto io anche per te… alla tua rabbia disperata ho scelto di opporre la resa, perché ti saresti tradito e non avresti saputo perdonarti, poi, perché tu ed io siamo bravi a farci del male.

Io ti ho perdonato subito, ma ho capito col tempo che il mio perdono non ti sarebbe bastato.

Mi domando se è vivere questo? Con la nostalgia che mangia il cuore giorno per giorno, davvero io non capisco perché hai cercato qualcosa di più… avevamo così tanto io e te, ora non abbiamo che lacrime amare da nascondere in fretta al sole che sorge, e ricordi da sfogliare ogni tanto come i petali delle rose che ti piacciono tanto, e che piacciono anche a me anche se non l’ho mai ammesso. Ma forse tu lo sai, perché di me hai sempre saputo tutto, anche che io facevo finta di niente. Non era strano per gli altri, perché avrebbe dovuto esserlo per noi? Che tua nonna chiedesse a me cosa volevi tu, che mio padre chiedesse a te cosa pensavo io... anche gli altri ci consideravano parti di un tutto, perché hai voluto sfidare il destino? Sciocco ragazzo che sei, se tu fossi qui avrei tanta voglia di afferrarti le spalle e scuoterti, chiederti cosa volevi, cosa vuoi da me? Ho paura, paura di indovinare... indovino il tuo sguardo ferito e le labbra amare, perché lo so bene cosa volevi. Ma io non posso, non potrò mai essere quello che cerchi, la tua illusione non rende giustizia alla cruda realtà. Io non sono capace di amare nessuno, le mie mani gentili graffiano come artigli, la mia voce schiaffeggia, sui cuori degli altri cammino senza ritegno.

Dimentica, è meglio per te. E anche per me. Tu non soffrirai più. Io smetterò di chiedere al mio cuore malato come sarebbe stato se per una volta avessi lasciato scegliere te.

Che silenzio... trattengo il respiro, brusio insopportabile che rompe la quiete impagliata di questo palazzo... Nanny, dove sarai? Consolami e ti consolerò, ma solo per oggi non chiedermi niente... non farmi inventare fandonie per dirti che il mondo è ancora in ordine, o saranno i miei occhi arrossati a tradirmi e non voglio dirti bugie, da tempo non sono più brava a mentire.

Le voci mi guidano, con chi stai parlando? Qualcuna delle ragazze a mezzo servizio si attarda? Ti sentirai sola, povera balia, ora però manda via tutte, la sera è solo per noi.

"Nanny, sono tornata!"

Apro la porta della cucina... padelle e tegami sono al loro posto, ma uno, due, tanti particolari fuori posto... e per la prima volta sguardi e sorrisi non sono solo per me.

La guardo[1]... occhi neri, labbra rosse, e impertinenza... non vedo altro, offuscata come sono dalla sorpresa. Senza riguardo per l'educazione fisso la donna sconosciuta che sta seduta nella mia cucina, al mio posto, con la mia Nanny... vestita senza un briciolo di gusto, un'accozzaglia di pizzi e merletti sparsi alla rinfusa sopra un vestito che sa di campagna. La guardo e aspetto... che si alzi, che si presenti... non pretendo deferenza ma un po' di rispetto, però non ottengo né l'una né l'altra, solo uno sguardo pigro e indagatore che mi scruta senza pietà e senza benevolenza.

Non oggi, non è il giorno adatto per le sorprese... lentamente, perché mi costa fatica quanto ammettere un torto, sposto lo sguardo ed imperiosa come non sono da tanto con gli occhi interrogo Nanny... chi sarebbe costei?

"Bentornata cara - mi dici alla fine... e allora? - Oscar questa è - e additi la piccola zingara maleducata - una lontana cugina... la figlia di una cugina - attenta, ti stai imbrogliando, tra poco dirai che si tratta della Regina di Scozia - insomma lei è Jolie, una nipote. è arrivata oggi e rimarrà qualche giorno in visita - tentenni perché la foga ti ha fatto scordare parenti ed affini ma non la buona creanza - se tu permetti, naturalmente."

Permetto, permetto... a patto di ricevere almeno un grazie... mi domando se sappia camminare e parlare, e porti in dote una lingua... perché non accenna ad alzarsi ma rimane stolida in bilico su quella sedia come su un trono, decisa a difenderla a costo della vita nel caso qualcuno (io?) provasse ad ostracizzarla.

Sto perdendo la pazienza, per fortuna la perdi tu per prima "Jolie ossequia madamigella", ma io mi accontento di qualcosa di meno. Finalmente le labbra si schiudono ad arte, e lasciano uscire un "Buonasera" che proprio non vuole saperne di accomiatarsi da solo e porta con sé un mezzo sbadiglio neanche troppo celato.

Nanny, manda a dormire costei o saranno guai, lo sai che tu puoi tutto in questa casa ma sai anche che io ho un brutto carattere...

Risolvo che ho una fame terribile "Nanny, potremmo cenare? Forse mademoiselle è stanca del viaggio - come se mi avesse detto da dove viene, rifletto - e vuole riposare…" ti guardo con tutta l'urgenza che ho, mettila a letto o dove vorrà ma mandala via, lontano da me.

Ma tu hai deciso che oggi gli storpi camminano e i muti parlano, e niente andrà come dovrebbe: "Veramente- e non sai che dire - veramente io e Jolie abbiamo cenato da ore, pensavo che avresti gradito mangiare tranquilla in camera tua, è così tardi…"

Ora sono io che davvero non so che dire... se è uno scherzo non mi fa ridere, se è una congiura mi arrendo... ed è tardi, tardi davvero.

Ripensandoci il mio appetito era solo un'idea... credo che me ne andrò a dormire e per cena avrò da mangiarmi il mio povero fegato.

Senza indugi saluto e chiudo la porta; per un attimo mi par di sentirla ridere la piccola aspide invereconda... ma sono solo i miei nervi scordati come la vecchia spinetta che giace in soffitta.

L'ultima porta, per oggi... nella mia camera sono al sicuro.

Ci penso, la vedo, la odio... perché? Non ho mai dato peso alle buone maniere, cosa mi importa dei suoi modi villani, in fondo devo apparire ben strana a chi non sa niente di me... ma non è solo quello... è la sua bocca carnosa e sfrontata che schiusa sui denti bianchissimi sorridendo motteggia il malcapitato, e quei capelli corvini che sembrano serpi sgusciate tra i sassi bollenti di sole d'estate. è bellissima e la odio.

E questa sarebbe parente di Nanny e di André? Non vorrò crederlo mai, quale strano miscuglio di semi impazziti può aver generato rose e gramigna dalle stesse radici?

Ci sto pensando troppo, perché darsi tanta pena? Le visite hanno una fine, palazzo Jarjayes è grande abbastanza per sopportare di viverci, per sopportare anche lei.

Un fremito di dita accarezza la porta, entra Nanny, solo tu bussi così... "Avanti"... eccola la balia, su quel vassoio c'è la mia cena, allora mi vuoi un po' di bene? Abbi pazienza ma stasera sono lagnosa e facile al pianto, e cioccolato e biscotti da soli non leniranno le mie ferite.

"Ci ho messo del miele - mi guardi con preoccupazione - hai una brutta tosse ultimamente…"

Io mangio e non dico niente; tu ti torci le mani e ti appollai sul mio letto, riconosco i prodromi di discorsi lunghi ed intrisi di solennità.

Allora che c'è? ti basta il mio sguardo curioso, mentre avida stordisco i miei sensi di dolci, a darti il coraggio? Forza, non mordo, men che meno te... e va bene, che importa se parlo a bocca piena, nessuno vedrà e André non è qui a prendermi in giro "Nanny qualcosa non va?"

"Ecco... volevo chiederti... che ne pensi di Jolie?"

Mastica, Oscar, mastica... prendi tempo per deglutire e pensare... cosa dovrei dire? La verità? Che ha un che di borioso e volgare che la fa somigliare ad una di quelle... di quelle che la sera nelle taverne allietano gli ospiti, che la odio e la voglio fuori di qui in due giorni? C'è un che di accorato, invece, ed ansioso nella tua voce, che mi trattiene dal dirti quello che penso davvero... meglio una sana, buona e pietosa bugia... "Penso che sia... una graziosa signora, certo un po' taciturna ma forse è solo perché non conosce nessuno…" ecco, sono stata diplomatica, ho risposto e in realtà non ho detto alcunché.

Mi guardi perplessa... "Ma come, Oscar... una signora? Ha 22 anni, è una poco più che una bambina... comunque... ti piace davvero?"

Oh insomma ma adesso che importa se mi piace o no? Tanto è solo in visita, si tratta di pochi giorni e...

Oh... ma tu non mi hai detto per quanto si ferma, non è così? Ora capisco che c'è dell'altro: se tu fossi così gentile da parlare chiaro una volta per tutte... "E' così importante che un'ospite sconosciuta incontri il mio gradimento?" Lo dico guardando la tazza perché lo so che a volte so essere proprio cattiva con gli occhi e non voglio sembrare sgarbata con te... André lo diceva che con uno sguardo avrei potuto incendiare un fienile se solo ci avessi provato... oh, André...ora che ho pensato a lui sono sicura che il mio sguardo non ti brucerà...

"Ecco bambina, la verità è che... - avanti, coraggio... fai un bel respiro e buttala fuori tutta d'un fiato, non può essere peggio del peggio - vedi Oscar, io sto invecchiando, e non ce la faccio più a seguire tutta la casa come vorrei... se Jolie potesse fermarsi a vivere qui, sarebbe un aiuto prezioso per me e non sarei più così sola."

Per un attimo non vedo e non sento più nulla... mia povera balia, cosa ti abbiamo fatto? Noi persi nel nostro egoismo ti abbiamo lasciata da sola a contare i tuoi anni, e adesso ti sembrano troppi... troppi i compiti e le preoccupazioni, troppa la solitudine che ti relega nel vuoto di questo maniero... mi mordo le labbra perché d'improvviso mi sento oppressa dai sensi di colpa, ma non sono quelli di sempre con cui ormai mercanteggio ogni giorno i miei pochi momenti di requie... per quelli ho da offrire la mia sofferenza, perché se André sta male per causa mia, sto male anch'io. Siamo pari alla fine, non c'é vinto né vincitore.

Ma con te come farò? Tu mi hai cresciuta ed amata senza riserve ed io ti ripago così? Sarà il mio destino di far soffrire quelli che tentano di volermi un po' di bene, mio padre, André, e anche tu... d'impulso vorrei tanto chiederti scusa di essere nata, ma non capiresti e non voglio crearti imbarazzo... però posso prendere le tue mani rugose che tante volte mi hanno lasciato carezze tenere sul viso e spazzolato i capelli e stringerle forte nelle mie, posso sorriderti come non faccio da anni, e rassicurarti... Un esercito di Jolie saranno le benvenute se tu potrai stare bene, ed io forse un po' meno male.

"Ma si chiama davvero Jolie?" Una domanda per un'altra, per smorzare il mio groppo alla gola.

"Jocelyne - borbotti tu -, la madre deve averlo sentito in qualche negozio di stoffe o che so... di questi tempi se ne sentono di tutti i colori... e Jolie è solo un diminutivo, insomma, solo per far prima, anche se non è molto rispettabile."

Chini il capo come se la sventurata ti avesse fatto un torto... ora ti riconosco... va meglio? La cioccolata fumante dimenticata nella tazza è fredda e rappresa, e mai così buona e dolce... respiro un po' meglio. Anche tu?

Mi guardi con gli occhi vivaci, protesa verso di me, come ci fosse qualche segreto che preme per fuggire dal chiuso delle tue labbra... allora c'è qualcos’altro? qualcosa di bello?

"Dovrei chiederti un grosso favore."

"Mmh, quanto grosso?" Lo dico scherzando e tu te ne accorgi perché mi sorridi e il coraggio ti anima il viso in mille fossette... a volte mi sembri una bimba, lo sai?

"Potresti permettere ad André di tornare a casa per qualche giorno?"

"Tutto qui? Ma questo non è un grosso favore, la mia spada e i miei gradi sono al vostro servizio Madame..." celio un pochino ma tu prosegui, ormai vedi la meta e d'improvviso la tua fantasia mette le ali ai piedi.

"Sai - lo dici ad occhi socchiusi, è un sogno il tuo? -, vorrei che André conoscesse Jolie" vuoi proprio fargli questo regalo? E sia, forse potremo riderne un po' , senza offesa s'intende! Ma tu sei già oltre e quello che aggiungi rimbalza dalle mie orecchie al mio cervello e poi giù al mio cuore in una mostruosa cacofonia. "Io pensavo che se potesse conoscerla bene magari alla fine... potrebbe sposarla... è bella, l'hai detto anche tu..."

Non è un sogno, ma un incubo... mi alzo di scatto ma le gambe non reggono, il respiro si tronca in gola che quasi mi strozza e tu mi sorridi tutta orgogliosa del piano che hai architettato... e aspetti.

Non vorrai la mia approvazione? Peggio, tu vuoi una complice.

Ma come hai potuto pensarlo? L’amore non si dà né si offre a comando, è un’erba che nasce spontanea non una pianta da serra[2]… Nanny ho vergogna per te!

Credevo che certe brutture vigliacche allietassero solo le culle dei nobili, ogni maschio un traguardo, ogni figlia un problema, per ogni vagito un matrimonio in più da combinare in fretta  saldando alleanze di nome, casato e lignaggio e possibilmente salvando la faccia.

E' stato così anche per noi, non ricordi? Le mie sorelle sparse qua e là come petali al vento, e io non ho avuto sorte diversa... io ho sposato l'esercito.

Ma per le persone normali pensavo all'amore, e amore soltanto, a sguardi rapiti e rossori e ciglia pudiche abbassate in fretta, perché troppa felicità non arrivi fino alle stanze dove i padroni consumano senza pensieri passioni mai nate.

E invece... ma che combini, che vuoi combinare? Hai così poco rispetto per tuo nipote? Non vorresti concedergli, almeno tu, di scegliere con chi dividere la propria vita? Almeno tu? Forse lo credi ancora un bambino, ma non lo è, davvero... è un uomo come ce ne sono pochi, è fiero e orgoglioso, e testardo e dolcissimo e tante altre cose... e ama me, e me soltanto. Ma tu non lo sai, certo.

E io che non voglio il suo amore... non posso volerlo.

Ormai hai il coltello ben stretto, e continui l'affondo... fin giù dove l'ultimo palpito di umana ragione cerca di non soccombere agli assalti del tuo affetto feroce. "Sai, Oscar, ormai avevo perso ogni speranza... se André avesse continuato a vivere qui, con te... ma ora è diverso, lui è un soldato... non voglio che resti da solo, lui ha solo me ed io non vivrò per sempre... quando io morirò cosa sarà di lui? Una moglie, forse dei figli - e ti illumini tutta -, potrebbe avere una casa sua, una vita sua... finalmente".

Come faccio a spiegarti che non può essere, non sarà mai? Conosco André e so che ha una sola parola; se mi ha detto "Ti amo" amerà solo me... e nel suo cuore c'è posto solo per me. Mentre lo penso arrossisco e provo sgomento per il piacere di cui sono intrisi questi pensieri... è bellissimo essere amati anche se da lontano ed in punta di piedi...

"Nanny, ascolta... non devi pensare così... André non è solo e mai lo sarà, avrà sempre me, e questa casa per tornarci se lo vorrà e quando vorrà... andrà tutto benissimo” Lo dico per rassicurarti e rassicurarmi, perché sento che sono vicina al confine tra ciò che non è e ciò che non voglio ammettere, e se continuo così finirò col tradirmi.

Un guizzo ti oscura gli occhi, le labbra si increspano come se volessero trattenere un fiume in piena... e poi le parole sgorgano, zampillano senza controllo... e mi travolgono…

"Lascialo libero, Oscar, ti prego... lascialo andare... finché tu nutrirai anche solo di sguardi il suo amore insensato non ci sarà posto per altro nella sua vita... libera il suo cuore dalle catene con cui l'hai avvinto, lascia che viva una vita migliore lontano da te…"

Mi sento svenire.

Come? Lo sai, e mi incolpi anche tu? è colpa mia se mi ama, è colpa mia se non posso amarlo come merita?

E' troppo anche per me... dolore e vergogna soverchiano ogni contegno, e piango, piango tutte le lacrime che ho, mi nascondo, ora non ho più nessuno.

Ma tu che sei il mio carnefice mi offri sollievo... come facevi una volta mi asciughi le lacrime, ravvii i miei capelli col gesto materno che ancora ricordo, e mi sorridi... "Bambina, bambina non piangere... sono io che ho sbagliato... avrei dovuto spiegargli che ci sono tra gli uomini differenze che l'occhio non nota, ma rendono vano ogni sforzo, perché nulla le può cancellare. è naturale che tu non potevi, non avresti potuto nemmeno se tu... se tu sentissi ciò che lui sente per te... perché tu sei nobile, lui no..."

Lo dici come se fosse logico, inappuntabile... tu pensi questo di me? è orribile, invece, una cosa orribile... non è questo il motivo, non lo è mai stato... se potessi dargli una briciola di ciò che chiede, al diavolo il titolo, i nobili, il re, sarei fiera di gettare tutto al rogo e gettarmi tra le sue braccia... e ora tu mi dici che André sarà infelice perché io non ho voluto spezzare questa logica. Non è vero, non posso crederlo... io gli ho offerto le chiavi della prigione e lui le ha gettate lontano, sprezzante. Io non posso più nulla e lui è libero... libero di guardarmi negli occhi e ricordarmi ogni giorno che forse quello che ho non è ciò che vorrei, di fare come gli pare... da tempo ormai è lui che in silenzio decide per sé - e in qualche modo anche per me. Glielo lascio credere, glielo lascio fare... ci trasciniamo stanchi, ma insieme...

"Forse, se tu gli parlassi... potresti convincerlo che sta sbagliando, a te darà retta, ne sono sicura…"

Non mi lasci nemmeno il tempo di protestare che no, non lo farò mai, nemmeno se me lo chiedi tu, perché André viene prima dei tuoi stupidi piani. Raccogli in fretta le tazze e ti chiudi la porta alle spalle lasciando nell'aria uno strano sentore di intesa raggiunta. Se credi davvero che aprirò bocca sei pazza, dimentichi che io e tuo nipote siamo complici da una vita intera, non lo tradirò. La tua coscienza è sporca come la mia, ma non sarò io a procurarti l'assoluzione ingannando l'amico più caro che ho.

 

 

Incubi... incubi di labbra rosse e occhi verdi, di dita puntate ad accusa e mani giunte in preghiera...

Mi rigiro nel letto da ore senza dormire. Il sonno, mio unico bene, non è che un ricordo sbiadito. Solo pensieri privi di forma, privi di senso... i dubbi e l'angoscia mi mangiano il cuore e la mente, domande che a quanto pare non se ne andranno dalla mia testa senza risposte.

Ma io non le ho le risposte, non voglio cercarle...

Se cerco di chiudere gli occhi all'improvviso riappare Jolie, ogni volta più provocante e sfrontata... se André non fosse André ma un uomo qualunque, sverrebbe ai suoi piedi... è giovane e bella, è una donna... la sola idea mi infastidisce e allora lo elimino, la cancello dai pensieri, i miei e quelli di André.

Rido di me, pensando all'alterigia che mi concedo... dal mio trono algida e lontana mi credo capace perfino di conoscere i desideri degli altri, di conoscere i tuoi André... ma dentro di me un demone ulula, urla più forte del silenzio della mia stanza... mi dice che ciò che un uomo desidera è una donna, alla fine.

Bisbiglia impietoso al mio cuore che lei è ciò che non io sarò mai.

Sussurra maligno che sono gelosa.

 

 

La notte e l'insonnia tracciano solchi sul viso e linee scure sotto i miei occhi, sono spenta e svogliata, esco prestissimo perché non voglio vedere nessuno.

La caserma che dorme mi accoglie che non è ancora giorno, le sentinelle all'ingresso penseranno che sono un fantasma... ammirevole senso del dovere, comandante; ammirevoli sensi di colpa, Oscar, sei fuggita dai muri della tua camera che bisbigliavano eco sommesse tenendoti sveglia e dal tarlo che ti morde il cuore.

Se il demone dicesse il vero? E Nanny avesse ragione?

Ripenso a quello che ha detto prima di scomparire nelle cucine... "Diglielo, Oscar... digli che non può essere e non sarà mai che tu lo ami... diglielo, a te crederà…"

Se io lo stessi tenendo stretto, se io non volessi lasciarlo scappare lontano da me?

Ma lui non vuole scappare, non ha mai voluto. André non fugge davanti a niente, ha il coraggio di vivere e di sbagliare che a me manca da tanto, e allora?

Sono io prigioniera di un compromesso, semmai.

Cerco i suoi sguardi quando lui non mi vede, parlo con lui quando so che non sentirà, e frugo tra i miei pensieri per dare un nome a... questo...

Non è amicizia, allora cos’è?

Vorrei chiederlo a lui... come sai dare un nome a quello che provi per me? Mi hai sussurrato "Ti amo" con voce sicura, senza tremare. Come sai che mi ami, quali sono i segni e le tracce?

Il mio non è amore, ne sono sicura... lo conosco l'amore, che ti tronca il fiato e fa perdere il senno come la febbre, che ti abbaglia la mente, ti toglie la fame, piega le gambe e affanna il cuore fino a spezzarlo. Era così l'amore per Fersen.

Non è amore quello per te, non può essere; vicino a te non sono mai stata infelice, e respiravo l'aria come se profumasse di fiori... quando ero con te correvo veloce perché tu non potessi raggiungermi e riderne insieme era il mio premio... com'è stare bene con una persona, così era con te.

Oh io non ti amo davvero.

Un brivido scuote i ricordi, un gemito sfugge dalle mie labbra in un suono cupo e strozzato... Oddio..

A te non l'ho detto... non ti amo, non ti amo, non ti amo…

Gli occhi chiusi, i pugni alle tempie... lettere e ordini aspetteranno per questa mattina, io devo capire.

Se sono sicura perché non l'ho detto? Se da te non cerco niente perché non potrei ricambiare, perché non ti ho confinato lontano dagli occhi, lontano dal cuore, in esilio, in un angolo buio?

La Guardia francese non conta i soldati, ma io lo faccio ogni giorno... e ti cerco e mi lascio cercare, aspetto e ti lascio aspettare ad un passo soltanto da me. Non ti ho chiuso la porta in faccia, l'ho lasciata socchiusa... pensavo di farlo per te, e invece lo faccio per me... perché ti ho gridato che non ti voglio con me, ma senza di te non so camminare.

Mi è sempre piaciuto pensare che avremmo vissuto così... una farsa credibile è pur sempre una vita, e avremmo potuto dividere il peso dei nostri errori trascinandoci piano verso la fine.

Ma come posso permetterlo, come potrò cambiare?

Parlerò, fosse l'ultima cosa che faccio..

Avrò tutto il coraggio che serve e senza lasciarti il tempo di capire la mia paura parlerà. Dirà "Non ti amo" all'uomo che sei mentendo alla donna che non sarò mai, la donna amata da te. Protesterai ma non avrò pena per te, né per me, e mi odierai perché ancora una volta decido per te.

Sarà la nostra fine per il tuo inizio, sarà la tua vita contro la nostra. Sarai libero e io disperata. Ma per una volta avrò fatto qualcosa per te.

Odiami e vai via, lontano da me. Ama e lasciati amare, lontano da me.

Lo vedi? Ho le mani bagnate di lacrime, stanotte ero gelosa e ora sto davvero piangendo per te... il ruolino dei turni del mese è macchiato, e adesso chi lo dirà al quartier generale? Saresti contento se mi vedessi? No, tu non hai mai cercato vendette o vuote rivalse... cercavi solo di amarmi... che uomo sai essere, che uomo sei André... e lei, la tua, che donna sarà?

Non voglio saperlo, non voglio pensarci, non voglio pensare che a te…

Più tardi, ti vedrò più tardi... adesso davvero non riuscirei a governare i pensieri, che sciamano come impazziti in turbini privi di logica nella mia mente. Farò così, e sarà finita.

 

 

"Oscar... mi volevi parlare?"

"Sì... ieri sono andata casa e... tu e Nanny avete ospiti lo sapevi?" Mi guardi sorpreso, che domanda idiota... logico che non lo sai, tu eri qui. "Comunque ti mando in licenza due giorni, ho fatto un patto con Nanny, puoi andare oggi stesso."

Non ho altro da dire, ma tu non commenti e rimani a guardarmi fisso, le mani sui fianchi. Ti odio quando mi frughi negli occhi così: ma cosa vuoi? "è tutto, puoi andare... pensavo lo avessi capito, soldato." Lo dico e sorrido anche se non vorrei... sembra un gioco, non pare anche a te? Al prossimo turno ti tocca il comando, e io obbedirò…

"Tu non vieni?" Me lo chiedi come se fosse normale... come sarebbe? Io sono il capo qui dentro, ricordi? Ritrovo un po' dell'antica baldanza e di scatto rialzo il capo sventolandoti davanti al naso un foglio fitto di nomi, date, ordini... ordini…

"Cos'è, la ricetta della torta di mele?" Ridi e dimentico che il mondo lo vedi a metà... ma quest'aria sorniona non è da te, quell'Alain ti fa male... "Stupido, è la riunione mensile al cospetto del comandante supremo generale Bouillé: discussioni, piani, strategie... - sbuffo- Il mio impegno mondano con tanto di invito e carnet... - appallottolo il foglietto, appallottolo i pensieri... - Verrei volentieri... forse più tardi" concilio.

"L'ultima volta il generale vi ha congedati all'una passata, non vorrai uscire da sola di sera e farti la strada di notte? Non è meglio che io venga con te?" Lo dici con aria apprensiva ed il viso cambia espressione... tutto questo, da anni, solo per me. Sospiro, saprò rinunciarci? "Che vuoi che mi si porti via il lupo? - scherzo perché tu non ti accorga che la voce trema. - Non preoccuparti, posso andare da sola."

Ma tu non capisci e contrito chini il capo- "se non vuoi me porta qualcuno degli ufficiali, ma non tornare  da sola.."

Sciocco che sei... preferirei te a mille di quegli allocchi bardati a parata... lo sai che è così, non farmelo dire... ma stasera non posso, ho promesso... ho promesso a tua nonna di aprire la gabbia in cui ti sei chiuso... ti sbatterò fuori, anche se non vuoi... "Non preoccuparti per me, starò bene... davvero!" Accompagno con le parole il gesto di stringerti forte la mano... le mie mani, la tua... ti ho convinto? Le tue mani, le mie... e stringi forte, in silenzio, stai trattenendo il respiro perché temi i miei scatti di rabbia... ti ho convinto e hai paura di me... ma oggi è diverso, oggi mi posso godere ciò che domani offrirò a chi vorrai tu...

"Ora vai, Nanny ha fatto la torta" ti lascio per prima. è così difficile... "Mangerò la tua fetta" scherzi, ma il tuo viso è serio mentre mi guardi prima di uscire, e anche il mio... mi tengo il tuo sguardo negli occhi, ancora per qualche minuto, ancora per oggi.

 

 

Un'altra giornata inutile che trascino con noncuranza fino alla fine... non volete obbedirmi? Peggio per voi, che mi importa? A me non importa di voi, ma sono un osso molto duro, e lo imparerete col tempo... perché domani sarò diversa, domani sarò sola davvero... provate a sfidarmi e darò a tutti il peggio di me, che sia un colpo di spada o un ceffone a me non importa... sarà il mio inferno, ma non voglio andarci da sola... in marcia, soldati, disobbedite e verrete con me.

Chissà tu cosa fai... e Nanny come ti ha accolto. Sono due mesi che non ti fai vivo... per sapere dov'eri lei ha chiesto a me. Per sapere perché abbandonavo la reggia mio padre chiese a te. Per convincerti a sposarti lei ha chiesto a me. Chissà se hai visto Jolie? Voglio sapere cosa ne pensi. Mi rendo conto che in trent'anni non mi hai mai parlato di donne, mai, nemmeno una volta. Eppure sono un tuo amico, no? Avrei dovuto capire da sola che qualcosa mancava... ma in queste cose sono solo agli inizi, la mia brillante carriera è finita affogata in una fontana a Versailles.

Se questa serata finisse... il pendolo nel salone batte l’una e noi ancora qui a parlare di nulla... solite facce, soliti incontri... e niente, niente che valga la pena... Generale Bouillé, mi avete chiesto con aria severa come va il nuovo comando: vedo che le chiacchiere viaggiano in fretta. "Benissimo" ho risposto pensando che se favoriste venire con me ogni mattina a Parigi capireste che c'è molto da piangere, perché quello che accade là fuori sconvolge piani e progetti, quello è l'inferno... Alain l'altro ieri ha detto una cosa che mi ha fatto pensare al futuro... ha detto che il popolo sta per scoppiare, che ci sarà una Rivoluzione e per i nobili rimarranno due scelte: la fuga o la morte. L'ha detto ridendo, ma poi si è scusato con me, e si vedeva che era sincero... non è cattivo, ma la vita l'ha reso duro e ruvido, come la barba malfatta che gli sporca il viso...

In fondo ognuno di questi ufficiali non vale una mano dei miei soldati... forse domani li guarderò in modo diverso... da domani si ricomincia, da domani cambia tutto.

Girodel, voi invece non cambierete mai... ancora mi chiamate "comandante" e mi fate il saluto, e il comandante siete voi. Penso che forse dovrei ricambiare, ma non vorrei scoppiarvi a ridere in faccia, non lo meritate, mi siete stato fedele negli anni come il migliore dei mariti, mai un accenno di ribellione, mai un ordine non rispettato... mai niente.

E voi, colonnello Fersen, quel sorriso maliardo che state sfoggiando mi dice che la vostra serata a Versailles non finirà qui... tipica intuizione femminile, direbbe André... se tu fossi qui mio caro impiccione ti direi, in confidenza, che è solo umanissima invidia... "Madamigella Oscar, che volto scuro che avete... dov'è il vostro sorriso?" Mi chiede compito il bel conte svedese... "Se vi dicessi che l'ha mangiato il gatto?" Rispondo senza colore. Fersen mi guarda sorpreso e si sente in dovere di ridere al mio sfoggio maldestro di fine umorismo... penserete che sono ubriaca o che ce l'ho ancora con voi... non è niente, solo un po' di disperazione, ma passerà tutto domani... non dite a Sua Maestà quando andrete da lei stanotte che mi avete vista così, non voglio che provi pena per me... io sto benissimo. "Perdonate, Fersen, la frase infelice, ma sono stanca e gradirei tornarmene a casa, se il generale ci congedasse." Increspate le labbra con disapprovazione. "Non tornerete a casa da sola? Non è possibile, è troppo tardi e troppo buio... - lo sguardo che cerca alle mie spalle - Ma André non è con voi?"

Avvampo... l'avete detto con naturalezza come se fosse una regola... no, André non è qui... non è mica di mia proprietà, è un soldato e non il mio fantasma... ma vi capisco, conte, ormai anche per me è naturale pensare di averlo al mio fianco. Ma ora è tutto cambiato, non è più possibile... in qualche modo ne verrò fuori, ma ci penserò da domani, adesso invento una scusa ed esco fuori di qui, mi manca l'aria tra questi incapaci in divisa, sono pronta a fingere un mal di testa pur di andarmene via: "Addio, Fersen, e buona fortuna." Vi stringo la mano e vi guardo negli occhi perché non provo dolore, oramai, sono libera dal vostro incantesimo... è stato semplice in fondo, un soffio di vento e voi eravate soltanto una scia di pensieri da lasciarsi alle spalle senza rimpianti... non mi avete concesso mai di sperare, e di questo vi sarò grata per tutta la mia misera vita.

Io con te non l'ho fatto, André, e per questo dovresti odiarmi... io ti ho lasciato sperare... non ti sono stata amica, ma rimedierò.

 

 

Avevo scommesso che avresti aspettato il mio arrivo senza andare a dormire... ho vinto, naturalmente... "Potevi trovare una scusa migliore per ubriacarti" lo dico perché sei buffo seduto per terra al buio, illuminato solo dal fuoco, la schiena appoggiata al camino dove il muro è più caldo. Accidenti è tardissimo, almeno potevi accendere una candela; slaccio la giubba e la lancio per terra con gli stivali, sfibbio la spada e la butto da qualche parte facendo un frastuono infernale ma chi se ne importa, siamo da soli... o quasi...

"Sei tornata da sola?" Mi chiedi tranquillo mentre il pendolo batte le due...

"Naturalmente" rispondo io prima di venire a farti compagnia per scaldarmi le ossa affrante da questa serata campale…

"Naturalmente - motteggi tu imitandomi. - Sei proprio una stupida…" sbuffi e bevi un sorso dal bicchiere che tieni tra le mani, alzando gli occhi al cielo, sei così comico che finirò col ridere. Ti rendo subito il pari "Fersen avrebbe voluto accompagnarmi - butto lì e ti studio e lo vedo che le mani stringono il bicchiere più forte... ma è cristallo, se fai così andrà in mille pezzi e poi chi la sente tua nonna. - Naturalmente ho rifiutato, e lui non ha insistito.- E mentre parlo ti sfilo il bicchiere dalle dita, con noncuranza studiata. - Aveva un appuntamento credo…" Impercettibile, il tuo respiro riprende normale...

"Naturalmente avresti dovuto accettare" bofonchi, ma lo so che sei fiero di me, è buio ma ti vedo, imbroglione...

Per stasera hai bevuto abbastanza, d'un fiato mi bevo il resto di questa roba... una scia infuocata mi brucia la gola e scende dritta allo stomaco, tossisco e ti guardo con gli occhi sbarrati. "Cosa ci hai messo, tizzoni?" domando cercando di non scompormi troppo...

"Veleno" ribatti tranquillo... ti guardo meglio, stavi scherzando? Mi guardi meglio e riprendi il bicchiere, è rimasta una goccia sul fondo, te lo porti alle labbra con un sospiro... stavi scherzando.

"Gaudeamus igitur…" lo penso e intanto lo dico con voce stentorea... che razza  di intruglio, mi sto ubriacando...

"… iuvenes dum sumus - termini, perfetto… sei sempre stato più bravo di me col latino... poi mi guardi perplesso- Iuvenes?"

Eh già... meglio cambiare discorso... e Jolie?

"Allora hai conosciuto la cugina Jolie?"

"Sì"... un sì senza entusiasmo, solo un sì.

"E allora?"

"Cosa?"

"Cosa ne pensi?"

"Non ne penso..."

"Bugiardo... qualcosa ne devi pensare.." trattengo il respiro e aspetto.

Mi guardi un po' stralunato... "Ma che avete stasera, mi sembri mia nonna... anche lei mi ha fatto una sorta di interrogatorio, cosa ne pensi, ti piace, non ti piace... insomma che me ne importa, deve fare la cameriera, mica devo sposarla…"

Ora sono io fiera di te! Esulto, avevo ragione! Non ti piace, ora posso respirare tranquilla e appoggiare la testa perché gira un pochino; senza far caso all’ora comincio a ridere... la congiura è saltata, Nanny maldestra sei stata scoperta, il colpevole alla gogna... mi giro verso di te che forse non sei abbastanza ubriaco... cominci a capire? Sì... sei sbalordito, sembri offeso.

"Tu lo sapevi… - mi accusi indispettito - tu lo sapevi che c'era sotto qualcosa…"

"Confesso di sì" ho la voce un po' strascicata e un po’ stridula e proprio non so smettere di ridere perché è tutto buffissimo.

"E mi hai mandato a casa... per questo?" sei incredulo e un po' alterato, sei arrabbiato?

Ora basta con la commedia. Adesso è il mio turno, preparo il colpo e affondo perché hai la guardia bassa...

"No, ti ho mandato a casa perché me l'ha chiesto Nanny - sono calma e molto lucida adesso. - E poi cosa ci sarebbe di strano? Lei vuole che tu abbia una vita, un futuro, una moglie e dei figli..."

"Non ho mai detto di non volerlo - rispondi truce. - Proprio tu mi vieni a parlare di questo?"

Sei sleale ma lo capisco... capisco e non paro, rimango in silenzio a guardare le ombre sul muro...

"André non riaprire vecchie ferite, ti prego…"

"Le mie?" Anche tu guardi le ombre adesso...

"Le nostre..."

Forse tu pensi che io non soffra ma non è così... e pensi che non mi importi nulla ma non è così...

Non posso lasciartelo credere, no.

Insorgo, col cuore e col corpo... scatto in ginocchio e ti guardo dall’alto, ti afferro le spalle, febbrile. Ora vedrai! “Ascolta, André”, la voce secca e imperiosa è quella di quando eravamo bambini...

Ma poi... un legno sul fuoco esplode in mille scintille, regala alla fiamma un guizzo improvviso che illumina il buio, e vedo il tuo sguardo... mi puntella le spalle come una morsa, come tanti anni fa nel tuo sguardo c’è tutto il dolore del mondo... “Ascolta, André…” la voce diventa suadente e più dolce, le mani sulle tue mani a stringerle in una carezza... ma tu sei lontano, i pensieri avvitati in un gorgo nero, la voce rotta “A te non importa” mi accusi, come un fendente mi laceri l’anima.

Le mie mani al tuo viso, e bisbiglio perché sia un segreto, perché di queste parole nemmeno un’eco sottile rimanga a vagare, è troppo prezioso ed è nostro “No, ascoltami, ascoltami... tu sei importante per me, più di tutti... e non voglio vederti soffrire mai più... voglio che tu sia felice, puoi esserlo solo lontano da me… - e sto parlando per te e per me - da me che non sono capace di amare e ti ho fatto star male... io non voglio più, non voglio più…”

Cedo... le lacrime hanno rotto da sole gli argini e ormai mi rigano il viso. “Tua nonna ha soltanto paura per te, e io… io voglio che tu abbia l’amore che meriti... Perché dobbiamo essere in due a soffrire, tu puoi uscirne ed essere libero…”

Le tue mani costringono, forzano le mie... mi stringi i polsi ma non mi fai male, e ti liberi dalla mia presa... sei triste e arrabbiato, e scuoti la testa. “A te non importa... sei tu che stai male, e vuoi solo che la tua coscienza smetta di urlare la notte... credi che non lo sappia? Da quella sera... – sospiri e mi lasci le mani come scottato - da quella sera pensavo che non avrei più avuto il coraggio di guardarti negli occhi per la vergogna, ma non è stato così... e tu non mi hai allontanato: ti sei mai domandata perché? – Mi sollevi il viso con due dita. – Ti sei mai domandata perché non lo hai fatto?- Insisti, ora la tua voce è più lieve e quasi accorata... – Io posso andar via, ma non potrò mai essere di nessun’altra perché ti appartengo... e nessuna donna potrà mai appartenermi, perché per me ci sei solo tu...“

Sei bravo a parlare... col cuore in gola sento che sto perdendo… non è così che deve andare... cerco in fretta il bandolo dei miei pensieri, ma li hai aggrovigliati per bene, impostore che sei, non trovo più capo né coda... so solamente che ho promesso a tua nonna ed al mondo che ti farò ragionare, fosse l’ultima cosa che faccio...

“Perché non vuoi darmi ascolto? Ti sembra una vita la tua, la nostra? Io sono perduta da sempre, ma tu ne puoi uscire, se solo tu fossi meno testardo... – provo a blandirti - davvero vuoi consumare i tuoi giorni a raccogliere i cocci dei miei fallimenti?”

Reagisci e non me l’aspetto... sorridi, ti sto divertendo? “Ma certo cara -risolvi tranquillo - perché essere infelici in due se si può esserlo in tre, vero? Ma certo, hai ragione... mi sposerò e tutto andrà a posto, il mondo è pieno di giovani donne in età da marito... Jolie oppure la piccola Diane, Alain sarà certo orgoglioso di concederla a me... – mi guardi significativo... hai ancora sul viso i segni dell’ultima rissa, gli altri soldati ti guardano male... l’ho sedata io con due colpi sparati nel vuoto, e tu stavi perdendo… - oppure la prima che passa per strada, vuoi sceglierla tu? La cosa importante è che io sia di qualcun'altra, non è forse così? Così non potrai reclamarmi nemmeno se tu lo volessi, ma tu non mi vuoi…”

No... sì... non lo so, non so più niente... tu scherzi e invece è affar serio mio caro, tu sembri allegro e io sono tristissima...

Sei troppo vicino adesso, hai uno sguardo che non mi piace... “Dillo che non mi vuoi, dimmelo ora e farò come desideri" bisbigli nelle mie orecchie con voce suadente come quando fai finta di darmi ragione. Non provare a sfidarmi, non sei spiritoso. Lentamente con gli occhi fissi nei miei, mi scosti i capelli e mi attiri tra le tue spire... cominci a baciarmi le labbra, il viso, mi sfiori e poi scappi, lasciandomi appesa al filo sottile dei miei desideri. Devo fermarti, fermati subito, ma il mio corpo è impazzito e si muove da solo, le mani, le labbra... ai tuoi baci rispondono i miei, i tuoi sono teneri, i miei disperati, tu mi accarezzi, io ti ghermisco... mi baci e il tempo è infinito, non ha più misura, domani mi sembra lontano, mi sembra impossibile... mi sfugge un lamento quando ti stacchi da me, e mormori: “Di’ che non mi ami e io me ne andrò”. Non c’è superbia né rivalsa nella tua voce, solo speranza... se cedo ora sarò dannata per sempre e tu con me... “Io... – stringo i denti - è così, è proprio così...“ Ma tu sorridi e scuoti il capo “Ma certo cara, sarà così...“ e senza scomporti mi baci di nuovo trascinandomi piano sul pavimento gelato; schiudi le labbra, le tue, le mie, e sono dolcissimi assalti d'amore.

Dio... non so cosa fare... sento solo che io voglio che accada qualcosa, lo voglio con tutta me stessa, non voglio ascoltare nessuno ma solo abbracciarti e perdermi... lo voglio il tuo amore, e voglio anche te…

In fondo che importa... se cedo anche solo una volta nessuno vedrà.

Il domani è un viaggio da fare da soli ma stanotte è solo per noi e tu sei mio, per l’ultima volta, per tutte le volte in cui ho provato a stare lontana da te... vorrei dirti la verità che forse conosci, perché tu lo sai che da tempo ho imparato che non sono niente senza di te... ma non posso e non voglio saperti infelice, e domani mi obbedirai . Ma ora no.

 

 

Le scale, la porta, il buio, io che profano il silenzio con voce insistente.

“Farai come dico?” Chiedo con gli occhi socchiusi mentre le tue mani gentili violano i miei vestiti e le tue labbra svelano i pochi segreti che ho. Fermati o griderò, assolvimi e dimmi di sì... “Domani amore, domani” bisbigli senza fermarti...

Il fuoco continua a bruciare, a bruciare... brucia i miei errori e il dolore che avevi negli occhi, brucia i miei buoni propositi e le promesse non mantenute... getto nel fuoco il mio demone che smette di urlare e sono libera, stanotte... libera dai compromessi e dalla mia tortura, sono solo felice...

Ti sfioro i capelli... desidero farlo da sempre, e non lo sapevo... quante cose non so... prima volevo abbracciarti, e invece tenevo le mani contratte appoggiate al tuo petto, quasi a respingerti... mi hai guardata negli occhi e mi hai chiesto senza tremare "Hai paura? Lo vuoi veramente?"

Ho risposto tremando che sì, lo volevo, e che avevo paura... "Ho paura di quello che provo e non conoscevo, ho paura di quello che voglio…"

Il tuo sorriso mi ha guidato, ancora una volta... hai sorriso e mi hai detto "Fai così", con una carezza lunghissima mi hai preso le mani e le hai allacciate attorno al tuo collo... tu sai sempre cosa fare, l'hai sempre saputo, e le mie braccia ti hanno obbedito, e anche le mie gambe e tutto il mio corpo. Non mi hai chiesto nulla, non mi hai ordinato nulla... mi hai solo detto che mi amavi, tante volte da stordirmi... e siamo stati per un momento lunghissimo una persona sola davanti a cui il cielo e la terra si inchinerebbero, se così potesse essere sempre.

La mia anima ha detto "Ti amo", io l’ho sentita. E le parole, come le lacrime sgorgano piano ed io non le trattengo, sfuggono rapide e si combinano come non avrei saputo... cento volte il mio cuore ha detto ti amo... chissà se anche tu hai potuto ascoltarlo, mentre asciugavi le mie lacrime con i tuoi baci guardandomi pieno di promesse, perché hai detto che era già scritto che andasse così, che il mio destino fosse con te.

Mi volto e ora nella penombra ti guardo dormire; mi sembri indifeso, ti devo proteggere dai miei pensieri che cupi e cattivi volteggiano sopra il tuo cuore come avvoltoi...

Come farò? Come vivrò domani? Saprò rinunciarci senza morire all’amore che ha cambiato per sempre il mio corpo e il mio cuore stanotte?

Penso che non potrò cercarti mai più, e non dovrò rivederti... ti perderò per donarti a colei che non abbia paura di amarti e di essere amata, e lei ti terrà lontano da me...

Se tu fossi mio non ti spartirei con nessuna, terrei gli occhi nei tuoi e le mani strette alle tue... e vivresti per me e di me, perché dal mio amore avresti tutto ciò che ti serve, e saresti felice. Ma tu non puoi essere mio, io non posso avere nessuno per me.

Domani sarà tutto diverso... non più il battito del tuo cuore, ma la sofferenza a darmi il ritmo per respirare.

Eppure io non ti amo! E non soffrirò, sarà solo un altro giorno e poi un’altra stagione, e i mesi e gli anni a venire saranno uguali, solo senza di te.

Ma io soffro già adesso... sto male e mi sento morire al solo pensarmi lontana da te, a pensarti di un’altra.

Soffoco a stento il grido che sale dal cuore alla mia bocca… e se lo volessi anche tu, se veramente stanotte fosse l’epilogo di ogni speranza? Se tu aprendo gli occhi scegliessi la libertà lontano da me... te l’ho chiesto io, io sono causa della mia stessa agonia... ti ho implorato e sferzato, ho indicato la strada al tuo cuore e spalancato le porte… l’amore è là fuori, ti ho detto, non hai che da prenderlo.

Se stanotte fosse un addio, se aver fatto l’amore non fosse che un breve momento?

Mi manca il respiro… e penso che forse hai fatto l’amore con me per riempire lo spazio tra ieri e domani, che i tuoi desideri reali potrebbero avere forme e colori diversi da me e presto mi lascerai con le mani ed il cuore vuoto a guardarmi dentro per ritrovare qualcosa di quello che avevo... mi perderò senza speranza, perché ormai sono dentro di te.

Mi ribello... non voglio perderti, non posso… non voglio lasciarti a nessuno perché tu sei mio, ora sei carne della mia carne e ti voglio solo per me; quale regola assurda può separarci, che non sia la mia sciocca follia?

In fondo io che ne so dell'amore? Qual è il metro e la forma che assume migrando di anima in cuore? I pensieri nutrono i sensi, ma nella penombra come capire che cosa è davvero e cosa è parvenza? Ti amo, credo di amarti? Ti desidero per quanto il mio corpo stanotte ha cercato di te?

Forse di più... questa cosa insicura e insensata che non trova confini ed è solo per te... non è amore? è amore anche questo egoismo, e volerti solo per me? Se lo sai devi dirmelo subito, tra poco è domani, il mio tempo scadrà e io devo saperlo...

Se ti svegliassi...

Ma tu sei sveglio, e mi guardi... da quanto? Sei assorto dai miei pensieri, potrei scommetterlo, sei sempre stato bravo ad indovinare cosa turbinava nella mia testa... e ridevi al mio stupore, quando rispondevi a domande non fatte e chiarivi i miei dubbi inespressi... anche adesso?

Mi ami davvero? Come sai che non è solo un gioco di specchi?

è l'alba e non ho mai avuto tanta paura del sole che sorge... "Amore vieni qui - sussurri, e con la mano mi attiri vicino. - Sei così bella, così bella…" mi carezzi piano i capelli e le tue labbra mi sfiorano… io tremo più forte perché la tua voce in un attimo spazza le nuvole nere dai miei pensieri… Ma non so offrire altro all'uomo che amo che tremiti e occhi sbarrati e il mio silenzio acuminato che graffia la pelle? "André ascolta - ricomincio daccap o- io…"

"Tu mi ami... come te la caverai adesso? - Con le dita disegni il contorno delle mie labbra e sorridi... - Ho sconvolto i tuoi piani, rassegnati... io non ti lascio e nemmeno tu lo farai... perché mi ami, ed è meraviglioso".

Quando ridi così sei tu meraviglioso, e non te l'ho mai detto... ancora una volta mi salvi la vita, e forse non ho mai detto grazie... e ti amo, dici? Sei sicuro, è questo l'amore? E' questo quello che chiedi, che vuoi dalla donna che ami? Perché io non saprei darti altro, lo sai... e certo non è ciò che meriti...

Com'è stato che un giorno il tuo cuore ha capito il silenzio bugiardo del mio come fosse un lamento? Spiegami, dimmi, aiutami... se solo fossi sicura di me…

"André, dimmi, come si riconosce l'amore, come lo sai che ti amo? - E lo dico con voce serrata come se stessi stendendo un rapporto... io devo capire, capire - Come sapevi che io lo volevo, questo?" Alludo e intreccio la mano alla tua, perché per miracolo o diavoleria tu sai esattamente come baciarmi e dove sfiorarmi, e ti muovi sopra di me come se non avessimo pensato ad altro o fatto altro per tutta la vita.

Sorridi, e sei la cosa più bella che abbia mai visto, mi viene da piangere ancora... sorridi di noi e mi abbracci. "Io lo so che ti amo da prima di nascere... ricordo le volte in cui ti ho visto piangere quando credevi nessuno facesse caso a te; tu che cercavi di far finta di niente e dicevi che stavi bene, e invece io lo sapevo che piangevi... e ti ho odiata perché piangevi per lui, e ho creduto che l'avrei ammazzato perché non capiva che ti stava facendo del male... ma poi ho pensato che, anche se tu facevi la dura e dicevi che non era niente, stavi morendo perché eri convinta che non ci sarebbe mai stata per te nemmeno una briciola di quell'amore che vedevi riflesso negli occhi di lui. Allora dimenticavo il resto, e avrei tanto voluto tenerti stretta, stretta tra le mie braccia fino a farti svenire e soffocarti di baci e farti sentire che non era vero, che per te c'era tutto l'amore del mondo, ed era il mio, solo per te... ho pensato che sarei morto pur di vederti sorridere ancora... ho creduto che era valsa la pena vivere una vita per donartela, se necessario..."

Prendi fiato e chiudi gli occhi, ma io no, perché sono avida del tuo viso e di tutti i segni che il tempo e il dolore hanno cesellato, come un ricamo; la tua voce mi parla e il tuo viso racconta il tuo amore per me...

"E un giorno non molto lontano, non saprei dire quando – continui - ho sentito un bisbiglio, ed era il tuo cuore... mi ha guidato verso di te, sussurrandomi il modo più dolce per abbracciarti forte e baciarti le labbra come se volessi assaggiarti ogni volta, e sfiorarti la pelle per farti sentire la vita che scorre da sempre dentro il tuo corpo... tu sei viva e non lo sapevi... il tuo cuore mi ha raccontato una lunga storia d'amore, ed era la nostra, eravamo noi due... non potrei non amarti nemmeno se lo volessi, per me è come un istinto, come nascere o respirare, o vivere... e tu mi hai risposto allo stesso modo, per istinto, perché lo volevi... per questo so che mi ami, è stato il tuo cuore a dirmelo: anche se tu non puoi crederlo io so che è così."

Prego, imploro nel silenzio... io voglio che sia così, fa’ che sia così. Ti credo, non credo a me stessa ma a te posso credere... tu non hai mai avuto paura dei sentimenti, io sì.

"Promettimi… - ti costringo a guardarmi, suggella il tuo patto col diavolo e anche con me... - che non lascerai che ti renda infelice, promettilo."

La mia voce lamentosa per un attimo spegne la luce dal tuo volto...

"Sciocca... tu non sei nata per farmi soffrire anche se è questo che credi... sei nata per me... per farmi felice, vuoi credermi almeno una volta?"

"Promettilo - io insisto, il sole è alle porte - perché se sceglierai me sarò il tuo nemico peggiore... sarai mio e di nessun'altra, e mangerai e berrai dalle mie labbra perché io vorrò le tue labbra solo per me... ti amo e sarò terribile, il più grosso errore che avrai mai fatto... non ti lascerò mai nemmeno se sarai tu a chiedermelo, perché io non so vivere senza di te" ti guardo e ti sfido... ma sono io davvero a parlarti così? Io che dovrei salvarti ti propongo la perdizione insieme a me...

"Te lo prometto... ti prometto di amarti così tanto che smetterai di dire pazzie... non ti lascerò il tempo di respirare, e mi chiederai di smettere, e io non lo farò... ti chiederò di sposarmi, invece, e tu dovrai dirmi di sì" intrecci le dita alle ciocche dei miei capelli e intanto sussurri sinuoso al mio orecchio che accetti le regole...

E sia.

Il patto è scritto, ora sei mio.

All'improvviso il coraggio mi invade come una piena... proprio io che ho sempre pensato che amare rendesse indifesi come cerbiatti... scambiavo l'amore per la debolezza, l'insana passione per la pazzia e desiderarti faceva paura...

Ma ora è diverso, ora è domani...

Ti provoco, costringendoti ad una battaglia che so già persa in partenza - "E io ti dirò di sì ma non ti chiederò mai di smettere…"

Con un bacio mi chiudi la bocca "Attenta bambina" minacci, ma la tua arma peggiore sono carezze lasciate in disordine un po' dappertutto... mi si annebbia la mente, ricordo soltanto il bagliore del sole... o era il camino?

E' l'alba? O forse il tramonto?

Non saprei... mi basta stare con te fino alla fine... la fine…

 

 

Mi sveglio, e amo il mondo...

Mi fa male un po' dappertutto ma il dolore mi è grato ed amico, stamani... mi racconta sommesso il nostro segreto, che la vita è un abbraccio dolcissimo pieno d'amore.

Vorrei gridarlo dalla finestra ma tu mi ammonisci... sono solo le cinque e nemmeno i cavalli saranno svegli...

Mi graffia l'idea che avrebbe potuto essere così tutta la nostra vita passata e mi viene da piangere... la certezza che sarà così la nostra vita futura mi asciuga le lacrime...

Hai voluto guardare sorgere il sole con me, il nostro rito segreto, come una volta.

Lo facevamo da piccoli ed era come un gioco, prima che il nostro gioco diventasse il farci del male senza un perché. Tu mi strizzavi l'occhio a cena e io capivo, quello era il segnale; e non te l'avevo mai detto che quelle notti io non andavo nemmeno a dormire, aspettavo i tuoi passi furtivi vestita nel letto per aprire la porta ancora prima che tu potessi bussare... per non fare rumore, spiegavo, e allora ne ero convinta... perché non vedevo l'ora, e mi emozionava che del segreto prezioso di quello spettacolo d'oro e di petali rosa sparsi nel cielo tu avessi voluto far parte anche me, che non lo sapevo che era così che il giorno iniziava ogni giorno...

Te l'ho raccontato e ti ho fatto ridere, prima... e tu mi hai stupito, una volta di più, dicendomi che tu non guardavi l'alba ma di nascosto spiavi le mie smorfie di meraviglia, quando schiudevo le labbra quasi volessi assaggiare un pezzo di cielo perché gli occhi da soli non potevano prendere tutto.

Anche quello era amore... ci siamo amati tanto, noi due... ci siamo amati sempre, e tu l'hai sempre saputo...

"Dalla torre si vedrà benissimo" hai detto, ma io mi ribello, e ti dico che ho fame... "Sono a digiuno da ieri mattina, che ne diresti della cucina? Sono sicura che la torta è avanzata, si potrebbe fare il the e poi…"

Sei molto saggio tu... mi dici serissimo "Tu non lo sai fare il the..." e mi sollevi come fossi una piuma;  mi sento leggera, come non fossi io, come fossi solo anima e cuore tra le tue braccia.

In un attimo siamo in cima, con la schiena appoggiata al tuo petto e le tue mani attorno alla vita lascio vagare lo sguardo lontano... oltre l'alba e il tramonto, c'è il domani e poi un altro domani...

Domani si torna in caserma, ma non mi importa perché non sono più sola e non sento più freddo. e domani i miei occhi ti cercheranno, e i tuoi cercheranno me, anche se uno solo può vedermi davvero... e come sempre, da sempre, basterà uno sguardo per capirci.

E poi verrà un altro domani, e un altro ancora, quando con una mano stretta alla tua tenderò l'altra a mio padre... e lui capirà, non vorrò niente di meno... da una vita guardo il mondo con i suoi occhi, ma il domani è mio... è nostro soltanto.

Chiudo gli occhi, e posso vederlo meglio... in fondo forse sto solo immaginandolo, il domani... ma non l'ho mai fatto, ho sempre vissuto un giorno alla volta, ogni giorno come se fosse l'ultimo... e invece ora rivorrei indietro ogni minuto, per passarlo con te... è questo l'amore, ora lo so.

Non è tardi, non lo è.

"E' tardissimo, tua nonna sarà infuriata, tra poco è ora di colazione e non vorrà sentire ragioni... scendiamo…"

Ti convinco a seguirmi avvinghiandomi a te come un tralcio di vite; mi convinci a fermarmi più volte perché ancora non ho capito come fare a baciarti e a reggermi in piedi... quella strana magia che mi toglie la forza e il respiro ogni volta deve ancora trovare il suo posto nella mia mente, e allora vuol dire che per l'ultimo tratto le tue braccia mi dovranno soccorrere... è come essere tornati bambini, solo che adesso è più bello... perché se mi sfiori io non mi ritraggo, e se ti abbraccio tu mi stringi di più.

Ho fame ma per ora sto mangiando solo te... se continui a baciarmi così, non ci sarà rimasto molto da spiegare, tra qualche minuto avremo l'intero palazzo al nostro cospetto.

Dovremo davvero spiegare qualcosa a qualcuno? Dovremo scusarci? Da una vita mi scuso col mondo, ora basta..

Fai di no con la testa, ma non è così semplice... dobbiamo qualcosa a qualcuno io e te, e quel qualcuno ci sta osservando con gli occhi sbarrati e le mani nervose da qualche minuto... è lì sulla porta che trema, e ancora sta decidendo se urlare o svenire o entrambe le cose...

Di’ qualcosa a tua nonna, io ho rotto il patto che avevo con lei... ma la guardo negli occhi, voglio che legga la verità nel mio sguardo, ne è sempre stata capace, lei come te…

Tu sei magnifico, perché mi stringi e mi baci come se fosse stata sempre così la vita con me... e la tua voce è tranquilla, serena, mentre con garbo le tendi la mano e la inviti verso di te.

Nanny non mi hai perdonata... vieni verso di me e lo vedo che piangi, con gli occhi spenti e infelici.

"Perché gli fai questo bambina? - Mi chiedi senza misericordia. - Perché vuoi obbligarlo ad essere solo per sempre, senza un futuro? Mi avevi promesso, l'avevi promesso…"

Le sue parole mi mordono il cuore e per un attimo annaspo e vacillo...

Ma come può essere così terribile amarlo, amarsi? "Nanny - inizio con voce malferma la mia difesa, ma subito sento la tua mano stringere forte la mia, amore, e so che ancora una volta sarai con me; non abbasso gli occhi perché la mia non è certo una colpa. - Non posso farlo... posso amarlo, lo amo sopra ogni cosa, oltre ogni regola... nessuna donna potrà mai amarlo così, nessuno lo amerà mai più di me... non lo credevo possibile, ma ora lo so che il mio amore è più forte di tutto, anche di me, e nessuno potrà mai spezzarlo - abbozzo un sorriso- nemmeno io, nemmeno tu... credimi Nanny, non voglio far soffrire nessuno, non devi soffrire per questo... se non vuoi capire almeno accettalo."

Tu sei più pratico, ma le tue parole vanno diritte a dissetare il cuore di noi povere donne che ci contendiamo il diritto di fare di te un uomo felice. "è davvero così terribile nonna? Che lei ed io proviamo ad essere felici, è davvero così terribile? Insieme o distanti non cambierà niente, perché io non vorrei nessun'altra e i miei desideri hanno il suo nome… non c'è niente di sbagliato nel voler essere felici, è solo amore, nonna... io l'ho amata sempre, ed è incredibile ma lei ama me... abbiamo preso solo ciò che ognuno voleva donare all'altro".

Nanny trema tanto che ho paura che svenga. Ma tu continui e intanto le prendi la mano. "Ricordi? Siamo sempre i tuoi bambini, solo un po' più grandi... e vogliamo solo stare insieme ... non aggiungere alle colpe che dovremo espiare il tormento di saperti infelice per causa nostra... non potrei sopportarlo, e lei con me.- E mi guardi con lo sguardo fermo e sicuro che stavolta ricambio senza timore. - Ma non rinuncerò mai a quello che ho, per nessuno, neanche per te... non chiederlo, ma ti prego, sii soltanto felice per noi... non ti chiedo di capirci, ma di accettare la realtà per quella che è, anche se è diversa da come l'hai immaginata o da quello che credi sia giusto per noi."

Lo vedo che cominci a far breccia nella sua rabbia che è solo paura. Il suo sguardo si ammorbidisce, e passa veloce da te a me, come per rendersi conto che non sono le mani strette a mostrarci uniti, ma gli occhi ed i cuori. "Mi vorrai meno bene perché ne voglio a lei? - chiedi con un po' di malizia - oppure lei sarà meno bella ai tuoi occhi perché ama me?"

"No - finalmente cede, cede al pianto ed all'affetto infinito per noi - ma sarete sicuri, sarete forti abbastanza da superare…?" la frase lasciata a metà conduce con sé minacce inespresse e per questo più fosche... ma noi non abbiamo paura di niente se tu ci vuoi bene.

E tu ci vuoi bene...

Stringi le mani alle nostre e abbracciami come facevi una volta, come quando era André l'oggetto dei tuoi strali. Ti volti e cerchi conforto tra le tue pentole ed i tuoi arnesi, ma ogni tanto sotto le ciglia ci guardi con meraviglia, indecisa tra il sogno e l'incubo, e in fondo la cosa più strana che vedi è soltanto la vita di sempre.

Capisco ciò che ti turba, so cosa pensi ora... che non avevi compreso, che forse avresti potuto e dovuto impedirlo... l'ho pensato anch'io, ma sbagliavo e anche tu... a piccole dosi o tutta d'un fiato la realtà è una sola e non la cambieremo, lo sai, come sai che siamo cresciuti testardi come pochi e non cederemo.

 

 

La normalità si affaccia come un colpo di vento alla porta quando appare Jolie... la guardo e non credo ai miei occhi, perché mi stupisco di quello che vedo. Ora, alla luce del giorno, la vedo davvero. E vedo una fanciulla acerba che ancora sta germogliando, con le guance rosse per l'emozione e i capelli ribelli ora costretti in due trecce pesanti incatenate alla nuca. Che stavolta ricorda l'educazione, accenna persino un inchino bizzarro "Scusatemi io... ho fatto tardi perché mi sono persa e..."

"E' successo tante volte anche a me" André non metterti a ridere o lo farò anch'io, ma io mi vergogno di me. Jolie è scusata, in fondo le devo qualcosa. Le devo il morso della serpe gelosa che mi si è annidata in petto e per una notte ha spadroneggiato nella mia mente. Lo devo anche a lei se ho capito. "Non preoccuparti, Jolie, con il tempo imparerai..." la metto al sicuro da Nanny che sta riprendendo colore ed il piglio di sempre.

"Mi ha accompagnata Pierre - Jolie arrossisce di più - e mi ha promesso che nel mio giorno libero mi insegnerà a cavalcare… - mi guarda pentita - se per voi va bene.."

Questa poi... a fatica cerco nella mia mente, chi sarebbe Pierre? Se non sbaglio è quel ragazzo allampanato col viso pieno di efelidi cui la sorte maligna ha riservato il compito ignobile di sostituirti alle scuderie, André.

"Non sono sicuro che Pierre li sappia nemmeno sellare i cavalli - mormori dubbioso, come un principe spodestato non sai rinunciare ai tuoi riti di sempre. – Vieni, Jocelyne, vediamo cosa sa fare.." incurante di tutto, anche dei soprannomi, soffi un bacio sulle mie labbra e la prendi sottobraccio, con un gesto che ieri mi avrebbe fatto sanguinare il cuore. Ma oggi no, ora conosco la carezza delle tue mani sui miei fianchi e la stretta possessiva delle tue braccia, e so che c'è posto solo per me. Povera piccola, per starti dietro quasi corre, ma il fiore che è in lei e ancora deve sbocciare, forse sarà fortunato e troverà presto la luce del sole. Nanny trasecola e io me la rido, perché Pierre ha di che essere allegro, stamane e negli anni a venire.

Ti volti un attimo prima di uscire e mi guardi... "Rimani a casa, oggi?"

Ti lascio sospeso solo un secondo e mi godo quel tremito speranzoso che hai nella voce... "Sì, oggi è il mio giorno libero, non ricordi?"

"Allora va bene se sello i cavalli? Che ne dici di fare due passi?"

Va bene... non fosse per tua nonna che sospira in modo teatrale potrei dimostrarti nei fatti che non chiedo altro che andarmene ovunque, con te... mordo il freno, accontentati di un lieve cenno del capo, e capisci da solo che il resto lo avrai più tardi.

Rimango da sola in cucina, a raccogliere i pezzi per ricomporre il mosaico ed enumero i fatti, in questa mattina assolata di un giorno e di un mese qualsiasi della mia vita... io che rigiro il cucchiaio da almeno dieci minuti, la mia vecchia balia che adesso persino canticchia mentre riordina cose e persone dirigendo il suo piccolo esercito... io che tra un secondo scenderò giocando con il frustino tra le dita com'è mia abitudine, tu che fingerai di far scegliere a me la destinazione del nostro pellegrinaggio, facendomi dubitare ogni volta della mia scelta fino a quando sbuffando dirò "Allora andiamo dove vuoi tu…"

Come al solito... le stesse cose di sempre, le stesse parole, le stesse occhiate... la tua pazienza, la mia irruenza, che frangono come le onde del mare sulla terraferma in un moto perpetuo, mai uguale ma sempre armonioso e perfetto, si cercano e si completano, perché da sole non hanno davvero ragione di esistere.

Penso che ti odio tantissimo quando fai così... ma forse questo era ieri…

Socchiudo gli occhi, e penso che invece ti amo tantissimo quando fai così... ieri, oggi, e poi domani e domani e ancora domani..

Sospiro... è meraviglioso, ti amo tantissimo... ti amo da sempre.

In fondo anche oggi, niente di nuovo.

 

Fine

 

Nota

Questa divagazione è frutto di un quesito che mi è nato riguardando per l’ennesima volta l’episodio “La sfida di Oscar” là dove André si trova a dover fare i conti con l’ipotesi del matrimonio di Oscar... per lui che la ama da sempre l’ennesimo colpo, l’idea di perderla definitivamente per un altro… ho immaginato penando per lui la voragine che deve essersi aperta nel suo cuore, così mentre domandavo mentalmente a Dezaki se era effettivamente il caso di accanirsi a tal punto, ho pensato che forse un’esperienza simile sarebbe piuttosto servita ad aprire gli occhi di lei, indecisa tra i se ed i forse, e avrebbe contribuito ad accelerare la sua presa di coscienza; in fondo Oscar vive nella consapevolezza che comunque andranno le cose non avrà rivali... e siccome la gelosia non è una cura ma a volte aiuta, è nata Jolie.

Ho provato a scandire il percorso come fosse il riflesso della storia vera lasciando Oscar per una notte ed un giorno alla mercè del dubbio… e se domani ci fosse un’altra nel suo cuore?

Buona lettura (spero) !

 

Luana, 23/09/2005

 

pubblicazione sul sito Little Corner del settembre 2005

 

mail to: luly_thelilacat@yahoo.it

 

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[1] Onestamente quando l’ho immaginata volevo una figura che contrastasse con Oscar… in tutto, soprattutto nei colori e non so perché mi e’ balzata alla mente l’immagine di Angelina Jolie… da lì il nome!

[2]“L’amore è un’erba spontanea, non una pianta da giardino ”I. Nievo”.