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Oblivion's Garden

1

Warning!!!

 

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Questa fanfic nasce con una colonna sonora ben precisa: China Girl – David Bowie, Dark light- H.I.M, Without you I’m nothing – Placebo, Stay (faraway so close) – U2;  lo stesso titolo riprende un verso di “Dark light”. L’ascolto ripetuto di queste quattro bellissime canzoni mi ha aiutato a strutturare sia l’atmosfera complessiva, malinconica e un po’ “onirica”, del racconto, sia le riflessioni dei due protagonisti: nel brano sono quindi presenti diverse citazioni e adattamenti dei testi. Spero quindi che questa fanfic, oltre a piacervi, possa essere lo stimolo per scoprire quattro piccoli capolavori.

C’era stata confusione, tanta; c’erano stati movimenti concitati, c’erano stati comandi urlati e risposte frettolose; c’erano stati la rabbia, la voglia di rivalsa, l’odore di polvere da sparo nell’aria. C’era stata lei che gridava tra i boati, la voce ferma, la spada levata, una vera eroina della Rivoluzione; poi c’erano stati i colpi, e il dolore improvviso, feroce, bruciante come fuoco. E dietro quei ricordi confusi c’era qualcos’altro, qualcosa di più importante, una sofferenza più straziante, più insanabile di quella che le aveva tolto il respiro. C’erano state le braccia di Alain a sorreggerla, a portarla via; c’era stata la voce di Rosalie che cercava di tranquillizzarla, che chiamava aiuto. E poi c’era stato il volto di André, bello come sempre, più splendido di quanto l’avesse mai visto, con entrambi gli occhi sani, luminosi come smeraldi, che la fissavano con infinita dolcezza. Mentre il resto del mondo diventava un insieme indistinto di profili sfocati e suoni lontani, André era assolutamente reale; Oscar sentiva la sua voce che la chiamava, vedeva la sua mano tesa verso di lei: era lì con lei e per lei, era venuto a prenderla per portarla con sé, per amarla di nuovo. 

Aveva saltato, decisa a raggiungerlo e a perdersi nel suo abbraccio, ma non ce l’aveva fatta; era caduta: qualcosa aveva fermato il suo volo, l’aveva trattenuta con lacci invisibili, aveva di nuovo reso pesante il suo corpo. Si era agitata con  forza, aveva tentavo di divincolarsi, di sfuggire, protesa verso André, ma non era servito a nulla. Avrebbe voluto gridare di essere lasciata in pace, che lei era già salva, al sicuro; che era con il suo André, e voleva andare via con lui, lontana dal dolore e dalle miserie della vita. Forse era riuscita davvero a dire qualcosa, ma non era stata ascoltata. Le dita di André erano scivolate lentamente dalla sua presa, e i contorni del suo viso erano diventati sempre più vaghi, mentre Oscar cercava disperatamente di richiamarlo, di toccarlo. Era sceso su di lei un buio soffocante, un’oscurità fatta di assenza che le aveva riportato alla mente un’altra mancanza, che aveva strappato via il velo dal volto di ciò che aveva cercato con tutte le sue forze di negare: André era morto, irrimediabilmente e ineluttabilmente morto; aveva dato la sua vita per proteggerla, e lei non aveva neppure riuscita a dirgli addio prima che spirasse. Oscar rivisse tutto ciò che aveva provato: il rimorso lancinante per non essere stata in grado di salvarlo, per tutto il tempo che aveva sprecato negando i suoi sentimenti per lui; lo spaventoso senso di abbandono all’idea che il suo compagno di vita non sarebbe stato più al suo fianco; il dolore, l’atroce disperazione di aver perso tutto ciò per cui sarebbe valso la pena vivere; l’assurda speranza di impazzire e l’assoluta certezza che non sarebbe accaduto, che la sua mente si sarebbe consumata nello strazio piuttosto che concederle la misericordia della follia. Ricordò ciò che aveva fatto, la risoluzione di unirsi ai ribelli e guidarli nella presa della Bastiglia; una decisione che era stata solo un pretesto per morire, perché lei aveva troppo onore, o forse troppo poco coraggio, per uccidersi. Aveva combattuto in prima linea con ferocia inaspettata, mossa solo dal desiderio di vendetta e di annientamento, diventando un bersaglio facile, prontamente riconosciuto e messo a tacere: le avevano sparato in pieno petto, più e più volte, fino a lasciarla esangue e felice di aver raggiunto il suo scopo. Stava morendo, sentiva la vita fluire attraverso il suo corpo sostituita dalla presenza di André, ritornato dalla morte per facilitarle il passaggio, per non farle avere paura[1]. In fondo è dolce la fine, aveva pensato, e si era librata verso André; ma non era riuscita a raggiungerlo, e lui si era dissolto come nebbia nel sole. Un lampo di comprensione le attraversò la mente torturata: inspiegabilmente, era di nuovo viva, ed era il peso della vita che l’aveva trattenuta, che l’aveva trascinata via dalla luce e da André per ripiombarla nel buio dell’esistenza; in qualche modo era stata strappata alla morte per essere costretta a una vita che aveva scelto di abbandonare. Non avrebbe più rivisto André, lui non sarebbe più venuto a tenderle la mano, perché la distanza tra loro non era mai stata così incolmabile, perché mai come adesso appartenevano a due universi troppo lontani: il mondo dei vivi e quello dei morti, e la morte dell’anima non era sufficiente a valicare quel confine.

 

Era stato solo grazie a un caso fortuito che si era salvato, che non era andato incontro al destino che, secondo il pensiero comune, meritavano quelli come lui. La sua squadra era stata mandata nuovamente in città nella vana speranza di sedare i tumulti e catturare i facinorosi, e anche se era un’impresa disperata lui e i suoi soldati avevano obbedito, fedeli al loro onore e al loro dovere. Ovviamente avevano fallito, e lui non ne era rimasto affatto sorpreso, perché lo sapeva dall’inizio che era una missione suicida, che un manipolo di damerini vestiti da soldati non era in grado di gestire lo sconvolgimento in atto, ma non si era tirato indietro, perché lui era il conte Victor Clement de Girodel, maggiore della Guardia reale, e avrebbe combattuto per difendere ciò in cui credeva, a cui si era votato tanti anni prima: non solo perché lui manteneva sempre le sue promesse, ma anche perché quel sistema era l’unico che conosceva, e l’unico in cui pensava di poter vivere.

Si erano ritrovati, lui e i suoi soldati, circondati da un gruppo di ribelli che appena aveva riconosciuto le loro uniformi era esploso in un impeto di furore soddisfatto: in fondo il suo contingente era proprio quello che i rivoltosi cercavano, nobilastri da eliminare sbrigativamente senza porsi troppe domande. Nonostante i soldati avessero spade e pistole, la forza numerica dei rivoluzionari era stata schiacciante, e presto l’intero reparto della Guardia reale era stato tirato giù da cavallo e trucidato con le sue stesse armi, in un’orgia di sangue e follia omicida che aveva infiammato ancora di più lo spirito dei rivoltosi. Lui, Victor, era sì stato pestato a sangue, ma i ribelli avevano deciso di risparmiarlo momentaneamente perché, visti i gradi che decoravano la sua uniforme, doveva essere un comandante dell’esercito, e la sua esecuzione sarebbe stata un monito eccellente verso tutti coloro che ancora si ostinavano a voler fermare la Rivoluzione; così lo avevano legato e avevano stabilito di consegnarlo ai loro capi affinché decidessero come meglio mandare a morte una simile preda.

Era stato proprio tra i vicoli di Parigi che la fortuna, nelle vesti di un imponente soldato della Guardia permanente, aveva incrociato la strada di Victor de Girodel. A causa delle tumefazioni sul volto che gli chiudevano quasi completamente gli occhi, Victor non riusciva a distinguerne i tratti del volto, e tuttavia quella corporatura massiccia gli sembrava familiare, come se lo avesse già visto. Il soldato fermò il gruppo. “Ehi, gente, che succede qui? Mi sembrate un po’ troppo agitati; dite un po’, che state combinando?”

“Abbiamo un regalino per Robespierre!” Victor venne rudemente sospinto in avanti. “È una delle Guardie della Regina, un pezzo grosso a giudicare dall’uniforme! Lo avevano spedito in città per ammazzarci tutti, ma siamo stati noi a fargli la festa! Ben gli sta, a questo schifoso oppressore del popolo!” Fu colpito da un calcio.

Intervenne un altro uomo. “Sicuramente Robespierre riuscirà a cavargli fuori qualche informazione sul Re e la Regina. E se questo galoppino non collaborerà con le buone, Saint-Just saprà come farlo cantare! O lo farà fucilare come un cane! In ogni caso avrà quello che si merita!”

Victor sollevò lo sguardo, a fatica mise a fuoco il soldato che gli stava di fronte e lo riconobbe: era arruolato nella prima squadra della Guardia permanente, quella che era passata dalla parte dei rivoluzionari; lo aveva visto per la prima volta quando ancora corteggiava Oscar e andava a trovarla ogni tanto in caserma, quando ancora pensava di poter conquistare l’unica donna di cui si fosse mai innamorato. E ora quella donna era morta durante la presa della Bastiglia, così gli avevano riferito, e lui avrebbe probabilmente fatto la stessa fine, fucilato in qualche piazza: se lui, Victor, era stato capace di ricordare il volto di quel soldato, certamente quest’ultimo avrebbe riconosciuto il suo, e avrebbe confermato le teorie dei ribelli. Difatti l’uomo lo fissò a lungo, senza parlare; poi lo afferrò per un braccio. “Bene, bene, complimenti ai nostri eroi! Ora però, cari signori, col vostro permesso questo bel damerino lo prendiamo in consegna io e i miei uomini, e voi ve ne tornate a casa vostra.”

“E perché dovremmo lasciare a voi soldati il merito della cattura?”

“Oh beh, per me potete fare quello che vi pare, la pellaccia in fondo è la vostra, mica la mia.”

“Che vuoi dire?”

“Che la città pullula di soldati mandati a uccidere i rivoltosi, e parlo di soldati veri, non delle femminucce della Guardia reale. Se vi notano, e con i vestiti sporchi di sangue vi noteranno sicuramente, vorranno sapere cosa vi è successo; e se si accorgono del nostro amico qui”, disse indicando Victor, “e della sua bella divisa da ufficiale, non ci metteranno molto a capire cosa avete combinato. Ora, se questi soldati eseguiranno il loro dovere vi fucileranno.” I ribelli si scambiarono sguardi perplessi, il soldato della Guardia continuò. “Se invece sarete fortunati, saranno magnanimi, si riprenderanno il loro comandante e vi lasceranno andare; il problema è che se Saint-Just viene a sapere che vi siete fatti sfuggire un alto ufficiale perché giocavate a fare gli eroi, ho l’impressione che passerete un brutto quarto d’ora.”

L’accenno alle possibili ritorsioni di Saint-Just li persuase definitivamente: borbottando, lasciarono la presa su Victor e tornarono da dove erano venuti. Alain tirò un sospiro di sollievo, il bluff gli era riuscito: non c’era nessun altro soldato con lui, era da solo, e soprattutto non avrebbe portato il prigioniero da Robespierre. Perché lui sapeva chi era quell’uomo: era un amico del comandante Jarjayes, lo aveva visto tante volte in sua compagnia, e Alain sapeva che era una persona leale, che aveva avuto abbastanza fegato da opporsi agli ordini di sparare sugli inermi rappresentanti del Terzo Stato[2]. Forse non era esattamente un eroe, ma certamente era un uomo d’onore, e in ogni caso non meritava di finire tra le grinfie di uno psicopatico come Saint-Just[3].

Alain si rivolse a Victor, che si reggeva in piedi a malapena. “Per la miseria, compare, ti hanno ridotto parecchio male! Su, appoggiati a me, che ora ti porto in un posto dove ti rimetteranno in sesto.” Si passò un braccio di Victor intorno alle spalle, strappandogli un gemito di dolore. “Eh, lo so, amico mio, stare abbracciato a me non è proprio il massimo della vita, ma considerando quello che stava per capitarti, e visto che probabilmente vivrai abbastanza da raccontare questa nostra liaison e riderci sopra, io per ora cercherei di prenderla con filosofia.”

 

Fu così che Victor de Girodel sfuggì a una morte pressoché certa e giunse in una specie di ospedale da campo allestito in un vecchio palazzo abbandonato, in cui venivano curate le persone che riportavano ferite gravi in seguito ai tumulti che ormai scoppiavano quotidianamente. E da questo punto di vista quel luogo faceva proprio al caso suo, visto che aveva riportato tre fratture più un numero imprecisato di contusioni e lacerazioni variamente distribuite. Fu accuratamente visitato da un medico del popolo che gli ordinò un mese di riposo assoluto per far sì che le ossa si risaldassero correttamente; e per tutto il periodo venne accudito da diverse donne volenterose che si prestavano a fare da infermiere nei confronti di persone che neppure conoscevano. Una in particolare sembrava avere per lui una speciale premura, e la cosa strana era che a Victor il suo volto e la sua voce sembravano familiari, come se la conoscesse da tempo; la sua memoria però non riusciva ad andare oltre, troppo annebbiata dal laudano che gli somministravano per non fargli sentire il dolore.

Le cure avevano sortito il loro effetto: Victor si era ripreso e, finalmente lucido, poteva alzarsi dal letto e concedersi qualche breve passeggiata nei lunghi corridoi di quel palazzo, disseminati di letti e barelle. Si muoveva adagio, osservando i volti degli altri degenti, volti che probabilmente somigliavano al suo, tutti pallidi, tutti egualmente sofferenti, tutti segnati dalla paura della morte. Un ospedale da campo, come lui ne aveva visti tanti nella sua vita, perché tante erano le battaglie a cui aveva partecipato. E anche questa Rivoluzione altro non era che una guerra. Poteva essere diverso il motivo per cui si combatteva, potevano essere diversi gli schieramenti, ma alla fine anche la Rivoluzione sfociava nelle conseguenze comune a tutti i conflitti: nel sangue, nella brutalità, nel lamento dei moribondi e nel senso di colpa dei sopravvissuti. Tutto cambiava e tutto rimaneva uguale[4], perché era la natura dell’uomo a non mutare mai, rifletteva Victor con amarezza; eppure, forse, qualcosa stava accadendo davvero, qualcosa stava realmente cambiando: in fin dei conti quelle persone lo avevano curato con perizia, si erano prodigate per uno che non aveva mai fatto nulla per loro e che anzi era un loro nemico, un rappresentante di quello stato sociale contro cui stavano combattendo.

Una mattina, mentre rimuginava su simili considerazioni, non si accorse della persona che veniva verso di lui, e l’urto lo riportò prepotentemente alla realtà; barcollò, ma venne prontamente sorretto dalla donna con cui si era scontrato: era l’infermiera bionda che si era occupata spesso di lui, quella che gli sembrava di aver già visto. Lei gli rivolse un sorriso. “Come vi sentite oggi, monsieur Girodel? Vi fanno ancora molto male le ferite?”

“No, non molto in realtà, ma…” Sapeva il suo nome? “Noi ci conosciamo?”

“Sì monsieur, e da molto tempo, anche se immagino che voi non vi ricordiate di me: sono Rosalie Lamorielle”, disse tendendogli la mano, “ci hanno presentati a Versailles molti anni fa, quando vivevo presso il comandante Oscar.”

“Sì, mi rammento di voi.” Oscar ogni tanto l’aveva portata con sé a Corte, e all’epoca Rosalie era una ragazzina timida e impacciata, niente a che vedere con la donna decisa e capace che ora gli stava davanti. “E ditemi, madamoiselle, come siete finita a fare l’infermiera?”

“Ho sposato un rivoluzionario, e con lui i suoi ideali; cerco semplicemente di dare una mano alla causa. Ora scusatemi, monsieur, ma non posso più trattenermi a chiacchierare con voi, devo occuparmi di un paziente grave. Verrò più tardi a controllare le vostre medicazioni.” Rosalie si mosse rapida fra le file di pazienti e si infilò dietro una tenda tirata attorno a un letto; nonostante l’attenzione che pose nell’aprire e chiudere il telo, lo spiraglio fu sufficiente affinché Victor potesse scorgere il viso di colei che mai avrebbe potuto confondere con un’altra donna.

Malgrado le fitte di dolore procurategli dalle ferite, Victor raggiunse rapidamente Rosalie e si fermò basito accanto a lei, al capezzale del letto in cui giaceva Oscar. Oscar, che lui riteneva ormai morta e che invece era ancora viva ed era lì davanti a lui, bellissima nonostante il pallore della sofferenza.

Si rivolse a Rosalie, senza però guardarla. “Perché non me lo avete detto?”

“A che scopo? Per infliggervi altro dolore? Le condizioni di madamigella Oscar sono disperate, monsieur Girodel; continuiamo a prenderci cura di lei perché tutti qui la amiamo, ma disperiamo di poterla salvare.”

“Come è successo?”

“È stata ferita durante la presa della Bastiglia: ha guidato i suoi soldati nell’attacco con un coraggio e uno sprezzo del pericolo straordinari, persino per una persona come lei. Un cecchino le ha sparato al petto da una feritoia della Bastiglia; pensavamo che non sarebbe sopravvissuta, aveva perso tantissimo sangue, ma le ferite si sono rivelate meno gravi del previsto, le abbiamo curate abbastanza facilmente. E tuttavia non riusciamo a farle riprendere conoscenza.”

“Volete dire che da allora non si è più svegliata?”

“Sì, è così, ma non si capisce per quale motivo. All’inizio pensavamo fosse sopraggiunta un’infezione, ma le ferite erano tutte pulite. Poi il dottore, in una delle varie visite, ha scoperto che è malata di tisi: a quanto pare madamigella Oscar covava questo male da molto tempo, ma non si era mai voluta far curare. Abbiamo quindi creduto che il torpore fosse dovuto alla tubercolosi, ma in realtà madamigella Oscar risponde abbastanza bene alle cure, e la malattia sta pian piano regredendo. L’impressione che abbiamo tutti è che lei in qualche modo non voglia guarire, che la sua mente abbia smesso di lottare e che il corpo la stia lentamente seguendo.” Gli occhi di Rosalie divennero lucidi.

Victor non riusciva a parlare, a formulare un pensiero coerente: era davvero possibile che l’avesse ritrovata solo per perderla nuovamente, e in modo ancora più amaro? Era davvero così beffardo il destino? Possibile che non ci fosse il modo di salvarla?

Si accasciò contro il letto, insensibile al dolore che il movimento infliggeva alle sue membra malconce. Strinse le lenzuola con forza rabbiosa, fino a che le nocche non gli divennero bianche e le unghie non gli si conficcarono nei palmi delle mani. No, Oscar non rinunciava mai a combattere, Oscar non avrebbe accettato di morire in maniera così meschina, pianta soltanto da lui e da Rosalie. Quella riflessione ne portò un’altra, ben più inquietante: se la situazione era così drammatica, come era possibile che lui non fosse lì accanto a lei?

“Rosalie, dov’è André?”

“È morto, si è sacrificato per salvare lei.” Glielo aveva raccontato Alain. “Da ciò che mi hanno detto sembra che madamigella Oscar, durante l’attacco alla Bastiglia, si sia messa appositamente in vista, nel tentativo di farsi uccidere. E anche se non le è riuscito, temo che morirà comunque. Se André fosse stato ancora vivo, forse avrebbe potuto guarirla, ma ormai non può più fare nulla.”

Lui no, pensò Victor, ma io sì. 

 

[1] Questa scena è presa fedelmente dall’episodio del manga

[2] L’episodio è presente nel manga

[3] Saint-Just venne soprannominato “l’angelo della morte” proprio perché incaricato di occuparsi dei nemici della Rivoluzione

[4] Citazione da “Il Gattopardo”

 

pubblicazione sul sito Little Corner giugno 2012

Vietati la pubblicazione e l'uso senza il consenso dell'autore

 

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Mail to Costanza costanzamariacristiani@yahoo.it

 

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