Recensione di "Otaku - i giovani perduti del Sol levante", di M. Griner e R. I. Fùrneri
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Otaku
- I giovani perduti del Sol Levante, di Massimiliano Griner e Rosa Isabella Fùrnari,
ed. Castelvecchi.
155
pp., L 18.000
"Non
tutti i giapponesi sono otaku, come ha scritto qualcuno, ma non è nemmeno
possibile pensare il Giappone contemporaneo, opulento e privo di una direzione
collettiva, senza gli otaku."
C'è
forse un po' di confusione attorno al significato della parola "otaku",
e questo saggio si propone di fare chiarezza, entro i limiti del possibile,
visto che quello degli otaku è un fenomeno ricco di sfaccettature e comunque
strettamente legato a tutta la cultura del Giappone contemporaneo. Infatti gli
autori dedicano i capitoli introduttivi ad un'analisi (mai noiosa) della realtà
sociale ed economica in Giappone negli utlimi vent'anni, quelli che appunto
hanno visto nascere il fenomeno otaku, che viene qui esaminato nelle sue
espressioni più caratteristiche: otaku dei manga, dell'informatica, delle
aidoru (idol)… Gli otaku sono visti come, appunto, fenomeno e non prodotto
della società giapponese, anche se apparentemente se ne distaccano; al pari
delle liceali che si prostituiscono (enjo kosai) ne costituiscono una delle
manifestazioni più estreme e, in alcuni casi, degenerate. Si parla anche, in
questo caso, del "serial killer otaku" Tsutomu Miyazaki (e di come, in
definitva, il suo immaginario e il suo disagio fossero gli stessi non solo di
tanti altri oatku, ma anche di molti giapponesi "normali") e di altri
casi - meno cruenti ma forse altrettanto inquietanti - di volontaria alienazione
dal mondo esterno, e del sottile processo di autodistruzione che va ad
innescarsi di conseguenza. A questo "lato oscuro" gli autori
contrappongono un evento come il Komiketto (comic market), la grande fiera del
fumetto che si tiene nei dintorni di Tokyo, che diventa luogo di socializzazione
e di scambio, oltre che - date le dimensioni che ha raggiunto negli ultimi anni
- una specie di simbolo che identifica il "popolo otaku" e lo rende
visibile al resto del mondo.
I
manga in Otaku
Potenzialmente,
si può essere otaku di qualsiasi cosa, ma il sopraccitato fenomeno del
Komiketto e la produzione delle dojinshi hanno dato modo agli autori di
avvicinarsi maggiormente a quello che è l'immaginario degli otaku. Infatti,
tramite la rielaborazione dei manga più amati a proprio piacimento nelle
dojinshi, gli otaku palesano la propria mentalità e i propri desideri. Viene
portato l'esempio degli yaoi, la cui origine può essere ricercata in una
stanchezza nei confronti dello shojo "classico " (quando ancora gli
shojo erano per la maggior parte di autori maschi) le cui eroine aspiravano alla
famiglia, alla maternità, secondo i valori tradizionali. In questo caso viene
citato anche Lady Oscar come uno dei primi esempi di reazione a questo
cliché; in parte però sarebbe un tentativo fallito perché Oscar vive una vita
fuori dagli schemi al prezzo della propria femminilità.
Gli yaoi rappresenterebbero dunque il principale antagonista dello shojo,
dove una relazione omosessuale sarebbe vista, rispetto a quella eterosessuale,
come più libera, fuori degli schemi convenzionali e
priva di inconvenienti come la maternità. Altrettanto spazio è dedicato
alle dojinshi per un pubblico maschile, e alla loro diversa valenza,
nell'immaginario erotico specie dei dojinka stessi, rispetto a quelle destinate
a un pubblico femminile.
Conclusione
Il
maggior pregio di questo libro, a mio parere, è il suo essere al di sopra delle
parti: escludendo cioè sia il moralismo, sia la condiscendenza nei confronti
degli otaku. Anche quando si può intuire, tra le righe, un giudizio da parte
degli autori, lo si percepisce come l'opinone di chi studia un fenomeno senza
esserne direttamente coinvolto. E questo a mio parere è un bene, perché evita
a Otaku di apparire fazioso e permette ai lettori (che paradossalmente è
lecito supporre siano in gran parte "otaku" - a questo punto le
virgolette sono doverose) di riflettere e giungere a delle conclusioni
personali. Non starò invece a sintetizzare le conclusioni cui arrivano Griner e
Fùrnari: vale la pena di leggere il libro per intero, per conoscere non solo
gli otaku ma anche il Giappone di oggi.
Stralci
dal libro
"Possiamo
quindi affermare che il termine otaku non ha a che vedere con una materia
specifica di interesse da parte del soggetto, quanto piuttosto con una peculiare
modalità d'essere." (Una definizione provvisoria di otaku)
"L'aidoru
deve essere normale, assolutamente normale per raggiungere il successo presso
una massa indifferenziata di ragazzini e ragazzine normalissime. <<Il
fascino di un aidoru non risiede nel talento ma nella sua esplicita mancanza
[…]>>" (Aidoru e aidorian)
"Attualmente
il Komiketto ha assunto la forma del matsuri, cioè della festa popolare la cui
durata, spesso, oltrepassa i limiti di un solo giorno. L'evento del Komiketto
[…] ha finito con l'assumere un'importanza e un'attrattività maggiore dello
scopo per cui è stato istituito, l'incontro dei club dojinshi." (Komiketto)
"<<Molti
disegnatori porno, dopo che hanno avuto un rapporto con una donna si congedano
dal mondo dei manga, dicendo che la realtà è meglio. Anch'io temevo di fare la
stessa fine, ma per me è stato diverso. Non so cosa ci sia di interessante nel
sesso vero. Devi accontentare la tua partner. Piuttosto scocciante. I manga sono
decisamente meglio>>" (Testimonianza di Moria Neko, dojinka, nel
capitolo Komiketto - I fumetti rorikon bishojo, o la sindrome bidimensionale)
Gli
autori
Massimiliano
Griner (Milano, 1970) vive e lavora a Milano, dove si è laureato in filosofia
della scienza con una tesi sui limiti della modellizzazione dei processi
cognitivi. Il suo romanzo Nel baco del calo del malo è edito da
Fernandel Editore.
Rosa
Isabella Fùrnari (Catania, 1967), laureata a Ca' Foscari con una tesi sul
fenomeno otaku, vive e lavora tra Milano e Tokyo. Ha risieduto in Giappone tra
il 1993 e il 1995 insegnando lingua italiana.
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