La potenza delle immagini

 

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Solo pochi fotogrammi.

Chi se li aspettava quei pochi fotogrammi sotto il diluvio, in tutto quel buio, in tutto quel dolore?

 

L’episodio 20 comincia a stritolarci il cuore già dall’inizio perché tutto quello che fino ad allora abbiamo sospettato, intuito, dedotto da vari indizi più o meno espliciti, si trasforma in parole: i pensieri dolorosi di André.

André che è costretto a guardare Oscar che si consuma per Fersen; che è costretto ad essere educato ed accomodante con Fersen, a darla vinta a Fersen per veder sorridere Oscar. André che, da solo in un angolo, mangia un cesto di mele.

Ma oltre alle scene abbiamo sentito le sue parole e crediamo che ormai bastino a spiegare tutto, perché è facile credere  che nulla possa rendere più chiara una cosa delle parole.

Ma come ci si sbaglia a volte!

 

Dal dolore di André si passa al dolore di Oscar, che deve portare all’uomo di cui è innamorata il messaggio di un’altra.

Quando si arriva a questo punto la sensazione è che il dolore diventi assoluto, che allaghi veramente tutto e che sommerga ogni speranza.

Nel tramonto davanti agli occhi di Oscar, più sola che mai, ogni speranza è sparita dietro l’orizzonte, come il sole; nel buio in cui corre sotto la pioggia per obbedire alla sua regina, nonostante non sia tenuta in quanto colonnello a fare da messaggero, ormai c’è solo disperazione.

Tutte le volte provo una pena infinita, la provo anche per Maria Antonietta e Fersen. Forse non per la loro storia, ma perché non capiscono, non possono capire, che l’amore che considerano gioia e tormento solo per se stessi silenziosamente sta distruggendo due altre vite.

 

Chi ha dimestichezza con gli anime a questo punto potrebbe pensare che ogni sensazione è di una potenza devastante è vero, ma che tutto sommato rientra nel cliché del dramma nipponico.

Ma succede qualcosa di imprevisto.

Tentando un piccolo rewind con la memoria, mi sono ricordata di aver immaginato la scena seguente alla disperata corsa via dal palazzo di Fersen.

E’ una cosa che faccio ancora, ogni volta che guardo un film: se riesco a prevedere quello che succederà e soprattutto il finale, decido che è scontato e che non mi piace granché, perché amo essere sorpresa; e mi sono chiesta se questo mio originale metro critico non abbia le sue radici in Lady Oscar e forse proprio nell’episodio 20.

Mentre Oscar fuggiva via nel diluvio, mi ricordo di aver pensato: “Secondo la tradizione giapponese ora non può che peggiorare”. Probabilmente avevo in mente delle eroine e delle storie ben diverse. Ebbi l’assoluta convinzione che Oscar si sarebbe potuta ribaltare giù dal cavallo per rimanere a piangere in qualche pozzanghera. Forse avevo lo shock da Ape Magà… chi se lo ricorda!

Invece no, l’imprevisto è André che appare al galoppo in tutto quel dolore, incurante del proprio. André che corre a cavallo verso di lei, sotto la pioggia battente, col un mantello in mano: un gesto semplice, di una tenerezza infinita; un po’ come quello di una mamma che si preoccupa che la piccola non prenda freddo.

Ed a questo punto non è più la sorpresa di per sé quello che fa grande questa scena: sono pochi fotogrammi, a rallentatore peraltro, il che potrebbe farci pensare alla reale fulmineità del gesto, che inaspettatamente riescono ad esprimere soprattutto quella che è l’essenza di André.

Un capolavoro: un paio di pennellate descrivono la personalità di André, il suo istinto di protezione nei confronti di Oscar e la forza di un amore, tanto profondo da consentirgli di raggiungerla ovunque e nonostante tutto. È più che mai chiaro ora che André è veramente capace di sacrificare  qualsiasi cosa per Oscar, che sarebbe capace di dare la vita per lei come aveva giurato anni prima.

Tutte cose che grazie a pochi fotogrammi divengono più chiare di quanto non risultassero dal monologo iniziale, e che sono come un lampo nel buio, non solo perché André squarcia le tenebre di quel dolore, ma anche perché portano la mente a pensare a quanto succederà in seguito.

Nel semplice gesto di André e nello sguardo carezzevole che si scambiano si può capire che veramente sono tutto l’uno per l’altro, famiglia, amicizia ed anche amore: e non è che una fulminea percezione di quello che sarà.

 

Ho sempre pensato che l’amore di Oscar per Fersen fosse più debole della sofferenza che provava.

“Fomentare” l’amore per un uomo era in parte un modo per riappropriarsi di una femminilità negata.

È guarda caso però una figura di uomo scontata, una sorta di stereotipo maschile a cui fare riferimento. Colto ed ammirato. Bello ed impossibile perché si consuma d’amore. Certo si consuma d’amore per un’altra, ma per Oscar forse questo è un indizio del fatto che il biondino abbia un cuore, non dimentichiamo che ha una strana idea degli uomini: crede che non possano provare sentimenti. Tormentato come il giovane Werther, e questo scatena il suo istinto da crocerossina in fondo. Generoso: ma non ci vuole nulla a far bella figura offrendo la propria vita per salvare uno sconosciuto, quando è ormai chiaro che verrà graziato.

Oscar non ha le malizie del suo sesso e della sua età: è ingenua, e questo André lo sa.

Sotto la pioggia vediamo il primo vero sorriso di Oscar, sorride ad André con gli occhi e col cuore in una frazione di secondo, e mai un sorriso come questo sarà per Fersen.

Un altro sorriso sarà ancora più bello di questo, ma ancora una volta sarà per André, il giorno che finalmente Oscar si deciderà a non ignorare i propri sentimenti; il giorno in cui gli stringerà la mano e gli chiederà di accompagnarla a casa perché ha paura di attraversare Parigi da sola.

Tutti i suoi sorrisi più dolci sono per André.

Per questo la sera nel boschetto André  le dirà di aver sempre conosciuto i suoi veri sentimenti.

 

Credo che la scena del mantello sotto la pioggia sia più importante di quanto si pensi per la stessa Oscar. Sono convinta che c’è un momento preciso della storia in cui quel gesto di André le torna in mente grazie ad un gesto nuovo.

Saint Just ha ferito il generale che è grave nel letto. Oscar disperata varca la porta della camera del padre e crolla in ginocchio piangendo.

È più sola che mai: l’amato padre despota è nel letto e lei teme che muoia, la madre è assente, le sorelle ignote, ogni giorno lotta contro il mondo per farsi accettare e la storia sta per travolgere tutto. Oscar è in ginocchio sul tappeto, ma è come se fosse sola in un deserto, non si aspetta aiuto da nessuno, è come quando si trovava sola nel buio sotto il diluvio col cuore spezzato.

E si sbaglia. Se ne accorge subito di quanto si sbaglia!

André le tende come sempre la sua mano, un altro gesto semplice come quello di tanti anni prima, identico a quel gesto. Le offre un fazzoletto con cui asciugare le lacrime. Buio e disperazione, ma ancora una volta un gesto di André le porta la speranza e la forza.

Ancora una volta pochi fotogrammi per spiegare un fiume di sensazioni, la profondità di un sentimento e la natura di un legame.

 

Rovistando nella memoria non ricordo un film in cui l’introspezione psicologica sia così profonda ed incalzante; e se qualche titolo mi viene in mente noto che la descrizione del profilo psicologico dei personaggi è frutto di parole, di discorsi costruiti ad arte, non di sequenze di poche immagini.

Non ricordo pochi fotogrammi che siano in grado di spiegare pezzi di una storia.

Non è detto che non ci siano, io non li ricordo. Anzi magari datemi una mano a ricordarli, ve ne sarei grata. Probabilmente quando il mio cervello ha fatto una cernita ha trovato che nulla si potesse equiparare alla potenza di queste due brevi scene, alla forza di poche pennellate.

Mi viene il sospetto che nel caso dell’opera di Osamu Dezaki si possa parlare di anime impressionista… ma, è meglio che mi fermo, da questo punto in poi il percorso si fa troppo complicato e rischio di sragionare, ed è meglio che mi faccia un caffettino!

Anzi una bella tazza di cioccolata davanti alla vetrata assolata del salotto sarebbe l’ideale… Ok! Va be’, la pianto! Alla prossima.

 

PS:  W la potenza delle immagini!

 

Fine

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