Il coraggio di tradire
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Raccolgo qui gli appunti nati da riflessioni scaturite da letture e scambi in occasione dell’invio di un testo di A.
Oscar cresce da figlio maschio. In casa, dopo suo padre, è lei il "master". Questo ha un peso.
Inoltre, Oscar è, già adolescente, un personaggio pensoso, molto maturo. Figuriamoci da adulta.
E’ un personaggio problematizzante.
Una che ci mette anni ad ammettere di poter provare un sentimento di amore. Che, poi, impiega anni ad ammettere che André l'ama. E, ancora, impiega anni, prima a capire che lo ama, poi a comunicarglielo. Si ha a che fare con questo personaggio.
Oscar, tra l'altro, è un personaggio difficile e variamente rappresentato. Nel manga la vediamo prendere a sculaccioni la nipote, urlarle e non indulgere con lei, anzi, spazientirsi, spedirla in collegio senza tanti sensi di colpa. Mentre di Maria Antonietta si sa che amava i bambini, anche se coi figli fu un fallimento, soprattutto con la maggiore. La Ikeda stessa quando parla di come lei vede Oscar, cita il divo trans Kamijo. E, se lo dice lei…
Oscar, da una fase molto precoce della sua giovinezza, comincia a porre in discussione alcune cose - se vogliamo, il percorso è più lento, presentato molto bene in questo, nel film di Demy dove ci sono momenti di ottusità totale che infastidiscono, certo, ma rendono bene l'idea -.
Lo fa lentamente, soffrendo, ma non dando niente per scontato. E, su più piani, da quello politico, a quello sociale, a quello di lavoro, a quello, più strettamente personale dei sentimenti, cambia. Osa. Tenta, si interroga. Attenzione, il suo non è un interrogarsi entro binari certi. Tanto è vero che la Ikeda le mette in mano tomi di un certo peso politico - e il padre, con l’aerea leggiadria che gli è propria, glieli sventaglia via dalla scrivania.
Per di più, Oscar si interroga in maniera profonda. Non va dal suo team di precettori e si fa raccontare le headlines dei concetti (come, che so, si va su Wiki e ci si informa su qualcosa), no. Oscar si sporca le mani fino in fondo, per volere della Ikeda, si procura le opere dei philosohes, e se le legge. C'è una bella differenza tra il sunto di un concetto e leggere direttamente il concetto - e il ragionamento che porta ad esso - e il tipo di approccio e di comprensione e di profondità di sapere che danno. Uno è più superficiale, veloce, l'altro, ragionato. C'è già una bella differenza tra la Storia della filosofia, la materia che sorbiamo a scuola, e la filosofia ex se...
Per tornare al personaggio, Oscar dice addio a tutto. In modo barocco e ampolloso nel manga (saluta pure Fersen), in modo simbolico nel cartone (si strappa l'emblema).
Oscar rovescia il suo orizzonte politico e personale. Saluta il padre. E se ne va.
Ha accanto un compagno, che non sta granché bene, sa di non stare bene lei stessa, fa le sue scelte politiche, e via. E' una rottura radicale. Sofferta, soffertissima, ma che non nasce lì, in quella manciata di episodi convulsi. Nasce da prima. Oscar prende a contestare da prima.
E’ una contestatrice, è autonoma, ma non è un caso.
Non è stata cresciuta come si sarebbe cresciuta una figlia femmina, ma come l’erede del casato, buoni studi, precettori, e, non ultimo, un compagno maschio, un esempio maschile coetaneo, accanto.
E, però, tutto questo creare il figlio maschio, dà i suoi frutti.
Talvolta, insperati.
Oscar non solo assorbe gli studi, certamente più curati che per le sue numerose sorelle, Oscar matura. Cresce. E, intanto, viene maturando anche idee proprie. Non idee da salotto e da conversazione – certo, anche quelle, vediamo praticarle brillantemente -, ma idee personali. Il rischio di una educazione mondana…
E, infatti, il padre la prende a schiaffoni e cerca di incardinarla anche attraverso André. Oscar non vorrebbe l'uniforme che il padre le appioppa. Si incazza quando il padre le manda André per farla ragionare, poi, dopo un po', vede la miseria e le prevaricazioni feudali legalizzate (Guemenée, Pierre, Arras, Robespierre, che, non a caso, ricorre nella storyline e nella scelta di Arras). Il padre le ha messo accanto André, ma non considera che quello, dall’ottica di Oscar, che con André passa parecchio tempo e vita, è un punto di contatto continuo con la condizione borghese, o, peggio, popolare.
Oscar, forse, per questo vive con un senso di colpa latente nei confronti di chi è in posizione deteriore.
Oscar definisce Maria Antonietta una bambina viziata e guarda con occhio critico le sue tante distrazioni, ne ha però rispetto nel momento della batosta du Barry e per una certa sua integrità e innocenza interiore; in seguito mostra una dolorosa comprensione per la du Barry nel momento della sconfitta e della solitudine, accoglie Rosalie e cerca di darle un'educazione, ha un certo rispetto per Jeanne, che si è fatta da sé. Oscar è integra, integerrima, non è persona da compromessi, ma capisce chi i compromessi, per necessità della vita, è costretto ad affrontarli.
Fatto sta che questo, ad un certo punto, esplode. La via è Bernard nel manga, mentre invece, nell'anime, sono Bernard, André che la provoca con le sue scelte e le sue parole, e anche ad Alain che è una spina nel fianco perenne. Questo sommato, da parte di Dezaki, alla scelta di fornire allo spettatore un più ampio spaccato sulla condizione di degrado sociale.
Si parla, quindi, di una rottura radicale e totalmente fuori dal binario in cui si supponeva dovesse scorrere la vita di questo personaggio.
Ecco, quindi, bisogna cercare di comprendere anche questo lato, immedesimarsi in cosa si prova, a vivere un "deragliamento" di anni. Così lungo.
Altra cosa. Oscar attacca a bere più pesantemente proprio in concomitanza con il farsi più forti i suoi dubbi socio-politici e con la scoperta del proprio amore verso André, e la cosa peggiora quanto più la sua rivelazione di questo sentimento si avvicina, inevitabile. Oscar beve e annega il conflitto che sta vivendo nell’oblio dell’alcool. Sta già con André e la vediamo ancor più intensamente armata di alcool.
Non credo sia un caso. La Ikeda sceglie questo simbolo per rappresentare un cammino interiore irto di ostacoli, di freni, di vincoli.
Oscar beve, infelice, cerca rifugio nell'alcool, proprio nel momento in cui potrebbe osare essere felice. Invece, ha talmente tante costrizioni, addosso, dalle quali fatica a liberarsi, non ultimo il senso di colpa verso quello che suo padre (e la società) vorrebbe lei fosse, che ha bisogno dell'alcool per sostenersi.
Io non credo sia un caso. Credo che la Ikeda sia stata straordinaria, in questo, come in altre piccole scelte. Lei, verbosa, in quel bicchiere, capolavoro di non detto, ci racconta il dramma dei figli che escono dal seminato.
Dei figli che si sentono in colpa a tradire i genitori nelle scelte attese, nell’ammettere di poter amare qualcuno diverso dai genitori e, peggio, qualcuno che i genitori non vorrebbero mai. Dei figli che osano crescere e diventare adulti e dire no.
Non solo, il dramma del coraggio di tradire i propri genitori, le proprie radici.
Il dramma di cercare (a volte, non trovando neppure,) se stessi.
Ulteriore escalation.
Oscar si ammala del tradimento al suo mondo, al casato, al padre, alle scelte impostele. Oscar, letteralmente vittima di se stessa e della propria scelta di libertà, ne muore. Prima si ammala, poi si espone al punto di far ammazzare André e, dopo, se stessa.
Se non è riuscito il padre, ad ammazzarla, complice André, sta a lei provvedere. In un modo o nell’altro.
La perfetta metafora del dramma del figlio. Che o convive col senso di colpa, o si libera, morendo, o ne esce.
P.S. Ovviamente, tutti speriamo che trovi il modo di liberarsene, quindi, stiamo lì a ravanare, a scrivere racconti e continuare a vivere.
Laura, 2-3 dicembre 2009
pubblicazione sul sito Little Corner del dicembre 2009 e
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