Blu notte
Soliloquio a due "di sguardi e di polsi"
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Luana
Fermati, lasciala stare. Non toccarla, non la toccare, nessuno deve toccarla. Lei è mia... Lei è la mia Oscar...
Nessuno si affanni a cercare queste parole nell'anime, nel manga. Non le troverete perché nessuno le ha mai pronunciate. Quando qualcuno dice "mio" in Versailles no Bara, si tratta quasi sempre di frasi declinate al femminile... "il mio Fersen, il mio André..." Oh già, poi c'è anche l'eccezione, "la tua Oscar, così pallida..."
Già.
Che Oscar "appartenga" per una serie di diritti non scritti ad André e viceversa, sembra lo pensino in tanti. Per usare un'espressione che è magia ed essenzialità insieme, appare "evidente a qualunque altra persona che non sia uno di loro due[1]". Certo, il mondo attorno a loro non interviene mai apertamente, escludendo Alain. Spetta ai protagonisti fare il passo e mettere le cose in chiaro. Penseremmo ad André, i suoi sentimenti non li ha mai nascosti a nessuno. Invece è Oscar che in una sera di rabbia e follia lo grida in faccia a Fersen, quasi senza accorgersene. André è suo... André è suo e nessuno lo deve toccare. Una rivelazione che scuote l'anime come una scossa elettrica
André per una volta, non si fa avanti. In fondo non ce n'è bisogno... ci sono tanti modi per dire o non dire una cosa. E più si procede verso l'epilogo più la figura di André evolve verso un personaggio che a scapito di lunghi e pensierosi silenzi, agisce sempre in modo inequivocabile e ci regala momenti di tensione incredibile in cui ogni fibra del suo corpo urla, grida al mondo e a chiunque voglia starlo a sentire la verità... "Lei è mia... lei è mia".
Lo devo al forum de "La rosa di Versailles"[2] se una sera mi sono ritrovata a scrivere furiosamente quasi un romanzo partendo da una manciata di fotogrammi. Poche immagini, apparentemente neutre. Ma ormai lo sappiamo tutti, in Versailles no Bara nulla è neutro. Nulla è "per caso".
Siamo nell'episodio 28. L'abbiamo visto tante volte e sappiamo cosa ci aspetta... Sappiamo che dietro il ritmo apparentemente blando che la puntata pare assumere a tratti, difficilmente ci ritroveremo a vivere di nuovo momenti così incredibilmente drammatici, durante l'anime. Perché sarà proprio la falsa staticità a travolgerci e trovarci impreparate, ogni volta, quando gli eventi precipitano.
E' sera, forse notte. L'obbiettivo ideale è fisso su Fersen e Oscar, intenti a scaldare il brandy di fronte al camino. Poche chiacchiere insulse e senza senso, un quadro quasi noioso. Poi il gesto che non ti aspetti. Lui che si alza e le afferra il polso. Tira verso di sé quanto basta per farle perdere il controllo e chiederle attenzione perché quello che sta per dire cambierà il loro rapporto per sempre. Una scena apparentemente concentrata su due protagonisti, la coppia "sbagliata". Solo per un abbaglio di pochi istanti ci accorgiamo, noi prima di loro che André è lì e ha visto quanto bastava. Lo sguardo appannato e il cuore in gola, l'ha visto afferrarla, li ha visti interagire in quel modo insensato prima che lei scappi via, sfiorandolo appena, ignorandolo.
Che c'è in quello sguardo... Disperazione, cos'altro? André rimane immobile mentre il mondo attorno esplode e va in pezzi, schegge di vetro e l'idea che mai nulla potrà più essere come prima. E che questa sarà la prima di tante, troppe notti infernali.
Ma di questo nella scena non c'è nulla. La regia, nemmeno lei si occupa di André. Fersen e Oscar a poco a poco si prendono tutto il palcoscenico, la trama sembra imboccare il senso unico dell'addio e noi ingenue pensiamo di essere all'acme assoluto del dramma mentre piangiamo insieme a lei e soffriamo con lui. Per un istante riusciamo a dimenticare che è stato André ad aprire l'episodio. E' stato il suo dramma a riempire lo schermo di tristezza, all'inizio. E sarà lui, tristemente a finire.
Prodromi a parte, le prime scene "conviviali" sembrano inizialmente tutte a favore di André. Lo vediamo all'opera in un duello ad armi impari con madamigella, tutta presa ad angariarlo e a dedicargli qualche attenzione "fuori ordinanza", ma subito all'apparizione di Fersen il povero attendente viene fagocitato dal buio. Che paura deve mordergli il cuore, in quei momenti. Certo, per una volta gli viene risparmiata la dolorosa cerimonia del "ti servo il brandy e sparisco". Sparisce e basta. Ma non credo vada molto lontano. André "sa"... "Sa molto più di Oscar, la sua mente corre veloce... Fersen e Oscar ufficialmente non si rivedono dall'affare Cavaliere Nero. Ufficiosamente, dalla sera del ballo. André probabilmente capisce che Fersen è vicinissimo alla verità appena lo vede apparire. André è un uomo, esattamente come Fersen. Di più, André è un uomo innamorato, proprio come Fersen. Non sono innamorati della stessa donna, certo. Ma André vuole disperatamente esserne sicuro.
Invece no. Bandito dal caminetto e dalla compagnia di Madamigella, che deve rendere omaggio all'ospite. Un colloquio tra vecchi amici, che puzza di bugia lontano un chilometro. E André aspetta, mi par di vederlo fuori dalla porta come un animale in gabbia. Aspetta... Un segno, un cenno, una parola. Chissà magari una richiesta di aiuto... E se Fersen volesse andare al sodo, per convincere Madamigella del suo errore? Che diavolo vuole Fersen da lei, da loro?
Col facile senno del poi le paure di André sembrano prive di senso. Fersen prova nei confronti di Oscar una sorta di soggezione che non gli permetterebbe mai di giocare con i suoi sentimenti. Le vuole bene, la rispetta. Teme il suo giudizio e cerca i suoi consigli. Ma in questa serata gli tocca il compito peggiore di tutti. Spezzarle il cuore, per non rovinarle la vita.
Se André fosse più lucido forse riuscirebbe a capire e a chiudere il cerchio. Fersen è venuto a riparare, a chiarire, Ma André NON è lucido. E' disperato, impaurito. Ha un occhio che non gli funziona ed uno che fa brutti scherzi. Ha un bisogno incredibile di lei, di sentirla vicina, di sentire il suo affetto e sperare in qualcosa di più. E invece la vede languida, sfuggente, feroce come una tigre ferita che sfugge il suo persecutore. Il dolore che la opprime al punto di renderla vulnerabile. Ho sempre sostenuto che André diventa geloso proporzionalmente alle attenzioni che Oscar rivolge all'"altro". E in questa serata Oscar è dolorosamente "tutta", dell'altro.
Dietro quella porta, sembra esserci il nulla. Un bisbiglio incomprensibile, parole di circostanza. Poi un rumore improvviso, André non può rimanere oltre dietro quel pezzo di legno freddo. E vede Fersen che afferra e sovrasta Oscar, fattasi piccola e indifesa. Il terrore che le dilata gli occhi, la fuga scomposta di fronte alla colpa. La colpa di essersi innamorata di un amore sbagliato.
"Non toccarla, non la toccare... Lasciala, lei è mia!" sembra dire a Fersen. "Non piangere... oh non piangere... E' solo un momento, passerà subito... Se solo tu ti fermassi un secondo, capiresti che c'è così tanto amore per te..." Ma lei non si ferma. In quel momento Oscar è cieca e sorda. Cerca un posto in cui seppellirsi, e sfuggire alla vergogna. Soffre troppo per accorgersi di André che soffre per lei. Lo allontana come un cane rabbioso, "chi rompe paga e i cocci li raccolgo da sola... Vai via André, vattene e lasciami sola..." E lo lascia a quella struggente e dolorosa via crucis in cui lo osserviamo impotenti cadere e rialzarsi più volte e poi, vinto, fuggire verso l'oblio della notte. Sono per entrambi, i primi scalini verso l'inferno. L'abisso in cui cadranno è alle porte, e inizia forse lì, lei che scappa e lui che per una volta non prova nemmeno a riprenderla. Un taglio netto che prepara la tragedia privata dello "strappo". Il momento in cui torneranno, per un istante, a guardarsi negli occhi e che ne sono convinta è il primo passo verso la risalita.
"Non toccarla... lasciala stare e vai via, lontano da noi e da tutti... vai via... lei è mia..."
Tutto per colpa di Fersen. Fersen, sempre Fersen, l'odiato e vituperato Fersen.
Io faccio parte del club "rescuing Fersen", lo ammetto; troppo spesso mi sono spinta sino a difenderlo, continuo a pensare che per il “bene” dell’opera ne valga la pena. E di certo non mi faccio sfuggire questa ghiotta occasione per ritornare sull'argomento.
In quella "danza macabra" che è l'episodio 28, Fersen ha un comportamento che denota diverse sfaccettature. Si presenta in punta di piedi per trasformarsi nell'elemento di rottura, piovuto apposta dal cielo per far soffrire tutti. Come sempre, da quando lo conosciamo.
Ma lui in fondo, si limita ad essere se stesso. Forse un po' antipatico, di certo non fesso. Una sera, ad un ballo, ha notato una dama misteriosa, sconosciuta e bellissima. Spinto dalla galanteria e dalla curiosità l'ha invitata a danzare, subito ben accetto. Ne ha ammirato i lineamenti perfetti, il portamento aggraziato e a tratti irresistibilmente incerto, lo sguardo timido. Ha tentato di fare conversazione raccogliendo solo occhiate a tratti sfuggenti a tratti velate da una sorta di commossa incredulità, quasi per quella donna fosse il primo ballo, tra le braccia di un uomo. Ma quale fanciulla arriva al debutto "donna fatta"? Nessuna... Tranne, forse, una. E quasi senza accorgersene Fersen inizia a pensare a Oscar... Prima nei pensieri, poi a voce alta inizia a decantarne le doti, a ricamare la sua ammirazione nei confronti di una donna soldato al cospetto della dama senza nome, senza volto.
E Oscar? Lei di certo non rimane se stessa al cospetto di Fersen, a volte appare lontana anni luce dalla personcina ragionevole che amiamo tanto. La sera del ballo è più che significativa. Quasi indossasse una maschera, proprio come Maria Antonietta, Oscar è trasfigurata, vive per qualche minuto la vita di un'altra, vive la vita di una donna come lei creda debba essere, crinoline e capelli acconciati, l'unico modo forse per attirare le attenzioni e l'amore di un uomo. Si ascolta raccontare dalla voce calda e suadente del conte, musica per le sue orecchie... Cosa potrà dire alla fine, come chiuderà quella sequela di lodi il conte? Una dichiarazione di amore, forse, chissà... Invece no, povera piccola Oscar innamorata... Le ultime parole di Fersen rompono l'incanto e la maschera si incrina sino ad andare in pezzi. Nessuna donna può rimanere impassibile quando l'uomo che ama (o crede di amare) le giura eterna amicizia. E' peggio di una coltellata, una dichiarazione del genere. Lo sguardo dolente che Oscar rovescia addosso a Fersen vale molto di più di una confessione. "Non si può mentire con gli occhi", dirà qualcosa di simile nella versione originale, afferrandola per un braccio davanti al camino. Fersen capisce, anche se non può crederci.
Nei giorni successivi il Conte inizia a riflettere,
a ripensare ad ogni passaggio di quella scena malinconica. Aspetta. Forse il
caso gli farà incontrare Oscar e potrà chiarire. Ma la sorte non lo aiuta, il
bel Fersen non può più aspettare. Immagina la sofferenza di lei, quella stessa
sofferenza è stata sua in tanti momenti... anche lui ama una persona che non può
avere. Vuole bene ad Oscar, decide di non lasciarla soffrire insensatamente un
momento di più. Decide di andare a stanarla.
La studia, poche chiacchiere senza sostanza. Un approccio indiretto alla
questione, "pensate un po' cosa mi è capitato l'altra sera..." Attende che sia
lei a liberarsi del peso che le opprime il cuore. Ma sa che Oscar, per pudore e
vergogna non lo farà mai. Quanto debba costargli usare le maniere forti, nessuno
può saperlo. Deve farlo, non c'è altro modo. La obbliga per pochi secondi al
contatto fisico, un'esperienza così strana e nuova per lei. La mette davanti al
fatto. "Io so madamigella. Non fuggite più..." Ma per lei è troppo. Di nuovo,
troppo. Una bruciatura ancora viva e di nuovo il fuoco a farla sanguinare.
Meglio una poco onorevole fuga. Oscar non sa darsi pace... Scappa a nascondersi
e finisce per rifugiarsi nelle scuderie che tante volte l'hanno accolta. Se
potesse, si trasformerebbe in legno, pietra. Una cosa inanimata che non ama e
non soffre. Come una bambina scoperta si autoconfina in castigo, "faccia contro
la porta e occhi bassi..." Ed inizia la flagellazione. Che vergogna, che
dolore... Si è innamorata dell'uomo sbagliato, anzi si è innamorata... Si è
concessa una piccola divagazione ed ecco il risultato. Un fallimento completo.
Si è resa ridicola (questo pensa lei...) di fronte a Fersen, al mondo. E la cosa
peggiore, è servito solo a farla star male.
Cosa può esserci di peggio del peggio? Quale la pena da scontare? Essere compatita... oh no, tutto ma non quello. E allora, "cartoline dall'inferno", firmate OFdJ... Che piange a dirotto ma lo fa quasi di nascosto e millanta sicurezza, tranquillità.
"Ho già rimosso... ho fatto piazza pulita, sono la regina del "perdona e dimentica..." Perdonerò al mondo ma non a me stessa. Andate in pace Fersen, non è successo nulla... Cosa credete, che basti così poco a distruggermi? No, ho imparato la lezione... l'amore può essere tante cose... Andate Fersen, buona fortuna e tanta felicità..."
"Ho già rimosso... preferisco dimenticare..."
Ci proverà ancora, a cimentarsi nell'arte della rimozione. Ci proverà con André.
Senza riuscirci, per nostra fortuna.
Alessandra
È vero, quanto è vero e ben detto. Leggere cose come queste consola il cuore. Eppure, secondo me, c’è anche dell’altro. La situazione si fa ancora più complessa, se la analizziamo sul piano dell'inconscio; se, diciamo così, tentiamo di psicanalizzare Fersen. Cosa solo apparentemente semplice, in verità (il vecchio soprannome di Otty[3] datogli qui Italia gli ha nociuto, poverino, ma lui è un tipo meno lineare di quanto sembra...). Perché effettivamente è vero che Fersen nutre per Oscar autentici sentimenti di amicizia, ed è vero che quando va lì finisce per "stanarla", a fin di bene. L'ho sempre pensato anch'io, ed è una cosa nobile, come negarlo. Però non c’è solo questo. Non dimentichiamo come è costruita la puntata. È un fatto che la parte narrativa dell’episodio si apra con la regina che invoca perdono a Dio per la sua relazione con Fersen, e che lui la senta. Inizi cioè con una profonda e dolorosissima frustrazione per Hans. Il quale viene ripreso nell'atto di andarsene mestamente. E dove va? Dove va, di fatto? Va da Oscar.
Perché non c'è andato subito, da Oscar, subito dopo il ballo, animato da quei suoi buoni sentimenti d'amicizia? Perché ci va soltanto in un momento in cui si sente, lui, solo e pieno di dolore? Se fosse stato animato solo da sentimenti di purissima amicizia sarebbe andato subito a chiarire le cose con Oscar, sinceramente preoccupato per lei. Sì, è vero, poteva forse temere che l'amicizia finisse, ma non è solo questo... è un fatto che l'amore di qualcuno che non amiamo provochi in noi prima di tutto un senso di rifiuto, di fastidio, di fuga; la paura un po' vigliacca anche se umana di essere chiamati in causa e trovarci nella spiacevole posizione di chi deve render conto di sentimenti che non prova: ed è purtroppo un fatto generalmente verificabile che questo desiderio di fuga prevalga sul, pur autentico e presente, desiderio di aiutare, di star vicino all'amico che soffre a causa nostra. È terribilmente e sublimemente realistico anche per quanto è inconsciamente ingiusto quello che Fersen fa, perché è nella complessità delle motivazioni psicologiche che sono alla base di tutte le azioni il segreto della straordinaria profondità di quest'opera. Fersen è animato da buoni sentimenti, è vero. È amico di Oscar, è vero. Vuole il suo bene, è vero. Però Fersen non è del tutto inconsapevole di quello che Oscar prova per lui. Lo ha percepito e, in fondo, questo sentimento negato e non espresso, finché resta negato e non espresso e può garantirgli il confortevole alibi dell'"Io non ne avevo idea", costituisce per lui un rifugio piacevole e senza rischi in cui coccolarsi nei momenti di tristezza. Quando Fersen agisce nei confronti di Oscar è sempre a partire da motivazioni che non sono soltanto le motivazioni altruistiche di un sentimento puro d'amicizia. Forse non è possibile che sia così: forse non è possibile che tra uomo e donna sia mai completamente così, così limpido, lineare, puro, ingenuo, un sentimento d'amicizia. Non c'è niente d'ingenuo nell'amicizia tra uomo e donna, perfino quando la donna è una donna come Oscar, che si comporta da uomo. Anzi, l'amicizia tra uomo e donna non esiste in realtà, perché "amico" viene come "amore" dal verbo "amare", e l'unica differenza tra le due cose è l'attrazione che nasce naturalmente tra i due sessi diversi. Un sentimento profondo d'amicizia da una donna a un uomo o viceversa che non si trasformi in un'attrazione, spesso in un amore profondo e struggente almeno da parte di uno dei due, è pressoché impossibile. La differenza di sesso lo rende impossibile, perché è naturale che uomo e donna siano attratti l'uno dall'altra. E Fersen lo sa benissimo, fin dall'inizio, che lei è una donna, seppure una donna che, formalmente, rifiuta la sua femminilità. Lo sa da anni, e questo cambia le cose. Eccome se le cambia. Questo fatto, lungi dal risolvere la questione dei loro rapporti, la rende semmai ancora più complessa, fornendo a lui, da un certo punto di vista, un alibi ancora più grande per rimanere nel limbo del non detto, e nello stesso tempo un desiderio maggiore di interrogarsi su di lei e scoprirla, metterla a nudo, da una posizione poco rischiosa. Non lo fa con crudeltà o pensando di farle male. Non pensa a quanto le farà male perché fondamentalmente non si pone il problema. La cosa non lo coinvolge in modo doloroso e intimo; la predilezione di Oscar per lui gratifica il suo amor proprio e il suo disperato bisogno d'affetto e può godersela senza paure perché sa che non rischia nulla. Non si pone il problema dell'amore di Oscar semplicemente perché, istintivamente, non gli interessa: è ben difeso nel suo non amarla e sicuro di non soffrire, cioè agisce più o meno inconsciamente da una posizione di superiorità e di naturale insensibilità al sentire di lei, che gli dà la capacità di osare, di provocarla, di farle perdere l'equilibrio.
Quando invece si trova alle strette, se la trova davanti in abiti femminili e la riconosce, e capisce quanto lei lo ami, si tira indietro. Fa finta di niente, non la va a cercare, fa passare del tempo. Se lei lo avesse affrontato a viso aperto, quella sera, in quel momento del ballo, probabilmente le avrebbe dato perfino la classica risposta rozza e un po' vile dell'uomo messo alle strette: "Hai capito male, io non ti ho mai corteggiato, io non ti ho mai fatto promesse". Non mi sentirei di escluderlo. Come se non fosse stato evidente che tra loro due c'era un legame particolare. Come se quelle frasi con cui la "stuzzicava" da sempre ("Voi non vi sentite mai sola?", "Un uomo sposa una donna solo quando è innamorato di lei?", "Non vi angustiate, Oscar, in fondo sbagliare... è umano...", "Non ci crederete ma spesso mi chiedo perché Dio vi abbia fatto nascere donna" - ma son cose da dire a una donna, queste? Anche il più rozzo villano di questo mondo sa che una frase come questa può ferire nel profondo una donna, tanto più una donna che è attratta da lui -: e crediamo che Fersen sia così rozzo da non saperlo? Più probabilmente spinto un po' dalla curiosità, un po' dal desiderio di metterla a nudo, un po' dall'insensibilità regalatagli dai tanti anni di lontananza in guerra, Fersen sta, ancora, giocando con lei e mettendo alla prova se stesso. Così come si è messo alla prova non presentandosi alla regina al ritorno dalle Americhe); come se quelle frasi, dicevo, non fossero una forma di corteggiamento: quel particolarissimo e crudele corteggiamento che nasce (in fondo come tutti i corteggiamenti, all'inizio) non dall'amore ma dal desiderio di conquista. Che non ha come scopo il possesso effettivo dell'altro ma solo la gratificante consapevolezza di averlo conquistato, senza alcuna intenzione di riconoscergli l’onore di un’ammissione, e il diritto ad essere definito almeno per quel che è stato, l'oggetto di un corteggiamento. E che dunque comporta un duplice dolore per la persona che soffre: quello di essere rifiutata non solo come persona ma anche come donna, o come uomo. E' terribile ma succede, e a farlo non sono dei mostri di cattiveria ma delle persone normalissime; solo, troppo prese da se stesse e dal proprio mondo interiore per preoccuparsi del mondo interiore delle altre. È terribilmente ingiusto ma accade, continuamente. Fersen non lo fa con crudeltà, ma indubbiamente difetta di sensibilità verso Oscar. Non vuole intenzionalmente farle del male e per questo gliene fa tanto, per ben 15 anni. Infatti Fersen fin dall'inizio, non con cattiveria ma spinto da questa "curiosità", da questo desiderio di scoprirla, di conoscerla, la stuzzica. La stimola. Dice cose che la fanno vacillare, e la osserva. Nessun uomo è così stupido da non accorgersi che una donna con cui ha un rapporto di una certa profondità ha un debole per lui. Lo capisce perfettamente, anzi, tanto più quanto meno è coinvolto. Come nel caso di Fersen, che appunto osserva Oscar da un punto di vista privilegiato. È vero che per lungo tempo non elabora a livello cosciente, razionale, questa percezione: infatti la prima cosa che le dice quella sera è: "Se avessi saputo che donna siete..." Però è anche vero che, se non lo elabora, è perché in fondo gli va bene così, gli fa "comodo" non doversi porre il problema (con tutti i problemi che ha): preferisce avere in Oscar un rifugio e un conforto nei momenti di sofferenza piuttosto che un termine di confronto problematico che lo costringa a guardare anche a lei come a "una donna", "una questione da risolvere": un tipo di questione per cui peraltro non ha nessun posto nel suo cuore. Si sa che, purtroppo, nelle questioni amorose agisce un naturale egoismo. E' questo che rende il cartone così terribilmente veritiero e complesso. Poi Hans si pente, sì. E si assume le sue responsabilità. Ma non subito. Solo quando anche lui soffre per un rifiuto, in fondo, e si trova davanti una Oscar che soffre come e più di lui, e non è più capace di portare avanti il gioco.
Io apprezzo il personaggio di Fersen, ma non posso fare a meno di pensare che, fin dall'inizio, nel suo rapporto con Oscar egli non abbia un atteggiamento del tutto ingenuo e lineare. Non gliene faccio una colpa: è umano. Nessun uomo, per quanto innamorato senza rimedio di un'altra donna, potrebbe mai restare indifferente, non essere incuriosito, "intrigato", da un rapporto profondo che più o meno volontariamente viene a stabilirsi con un'altra donna (soprattutto se una donna speciale come Oscar: speciale per quello che lei è, per quello che lei vale come persona, a prescindere dalla divisa). Sono tante le cose che il rapporto con una donna come Oscar può dare a un uomo: è bella, profonda, intelligente, leale, colta, sensibile, forte, capace di sentimenti purissimi e di farne dono con la grazia di un angelo. Quale uomo non sarebbe felice di aver a che fare con lei, di averla come amica? Quale uomo non si sentirebbe onorato e gratificato dall'essere oggetto delle sue attenzioni? Dal percepire di essere da lei prediletto? Quale uomo, purtroppo, avrebbe l'onestà necessaria per evitare di abbeverarsi a questa preziosa fonte di dolcezza, di stimoli, di eccitazione, di tenerezza, di condivisione intellettuale, di conforto sempre presente al di là di qualsiasi altro problema si crei nei rapporti effettivi e reali con la propria donna? Finché non costituisce un pericolo e non si è chiamati a pagare il conto, nessun uomo (questa adorabile categoria di creature ha un egoismo di fondo che la protegge naturalmente) rinuncerebbe a essere "amico" di una donna come Oscar. C'è tutto da guadagnare e niente da perdere, e al limite è sempre una risorsa che può venire buona un domani. Cinico, forse, ma qualcuno direbbe che non è vero?
Al fondo temo che sia così, più o meno inconsciamente, perfino per il nostro Fersen che, pure, non è affatto una cattiva persona.
E insomma, a pensarci bene, io credo che Fersen si rechi, sì, da Oscar, quella sera, perché le è amico e le vuol bene; ma in prima istanza si rechi da lei per lo stesso motivo per cui si è sempre recato da lei in tutta la sua vita, per esserne consolato e rassicurato, per averne conforto dalla propria tristezza. Perché forse, anche, quella sera, percepisce nella tristezza e nel dolore di lei uno specchio del proprio, e si sente disposto a condividerla.
Io non sono del tutto
sicura che, quando le prende la mano all'improvviso, egli abbia solo intenzione
di metterla con le spalle al muro e farle confessare ciò che prova, ciò che è
stato e non può essere tra loro. C'è anche questo, sì. Ma più che come
intenzione razionale e lucidamente posta in essere, questo forse è presente come
pulsione mossa in modo più complesso dalla disperazione, dall'affetto per lei,
dal desiderio di averla, ancora una volta, solidale col suo dolore e affettuosa
e amica. Ciò che in quel momento non è. È apparentemente più distante, più
fredda, parla a monosillabi. Si nasconde. Non ti nascondere, Oscar, egli pensa.
Non è più tempo di nascondere niente, ormai. Io vedo quanto sei disperata, e tu
non vedi quanto sono disperato io? Perché mi parli a monosillabi, perché non mi
consoli, perché ti sei vestita da donna per ballare con me e mi hai fatto
vedere il tuo amore, e ora fai finta di niente?
Amica. E donna. E amante, forse? Questo non lo so, ma non credo che, nella sua
disperazione, Fersen non cederebbe neanche un istante, se lei gli si gettasse
addosso. Non so cosa potrebbe fare, ma non sono sicura che non si lascerebbe
andare, in quel momento. C'è qualcosa in Oscar che lo attrae molto, comunque, e
questo da sempre. Tu trovi che sarebbe più ammirevole e nobile se la rifiutasse
ancora, per l'ennesima volta, in un momento come quello? Pensi che Oscar
soffrirebbe di più se lui l'abbracciasse e la baciasse - testimoniandole così
che è almeno attratto da lei come donna, pur non essendone innamorato - oppure
se la respingesse adducendo nobilissime motivazioni che lei non sarebbe affatto
in grado di comprendere in quel momento, dimostrandole così che non solo non
l'ama ma che non gli piace nemmeno come donna, che mai e poi mai gli verrebbe in
mente di considerarla una donna e baciarla? In quale dei due casi Oscar sarebbe
più ferita? E perché mai Fersen dovrebbe afferrarle il polso in quel modo
sconvolgente, se la sua intenzione fosse quella di tenerla lontana e di
dichiararsi suo amico? Gli uomini si guardano bene dal toccare una donna che non
vogliono. Io credo che le cose siano più complesse di come sembrano, nel momento
in cui lui d'istinto le afferra il polso. D'istinto: ma abbastanza padrone di
sé, comunque, per dare corso consapevolmente a quell'impulso. Più padrone di sé
di quanto non lo sia lei, e più esperto. Le afferra il polso e la guarda fisso
negli occhi: adesso smettiamola di giocare a rimpiattino, Oscar, eccoci qua,
succeda quel che succeda. Io sono stanco e disperato e tu pure, ed è una vita
che tutti e due viviamo nella menzogna. Che raccontiamo menzogne l'uno all'altra
e che viviamo nella menzogna di fronte al mondo. Non so perché egli le prenda la
mano, in quel momento. Non credo che in quel momento sia animato da
un'intenzione coerente e lucida. Ma non sono sicura che, se Oscar non fosse
fuggita in preda alla paura, lui l'avrebbe solo fatta confessare che lo amava,
restando impassibile a vedere quella confessione e chiamandosene fuori. Perché
svegliare il can che dorme, allora? C'è qualcosa di erotico in quella stretta.
Non è affatto il gesto di un amico e basta. Non è la stretta del conte che
stringe la mano al comandante della Guardia. È la stretta di un uomo che afferra
il polso di una donna, che è più forte di lei. Che la sovrasta, come benissimo
hai detto. La stringe in modo molto simile a come la stringerà tra poco André,
ai polsi anche lui. Così mi fai male, André, lei risponderà.
Così mi fai male,
Fersen, gli dice con negli occhi tutto lo smarrimento del mondo. Donna,
indifesa, piena di dolore. E fugge. Fugge via, perché sa che è stata scoperta, e
ne ha paura. Perché la sta stringendo come un uomo, perché ha rotto la finzione
dell'amicizia e lei ne ha una paura folle. Non so cosa avrebbe fatto lui se
Oscar non fosse fuggita per lo smarrimento e la paura di essere stata scoperta
(lei non è affatto pronta ad affrontare questo problema, al contrario di Fersen).
Ma non credo che l'avrebbe semplicemente messa con rispetto al suo posto
turbandola di più, risvegliando tormenti e dolori per lo meno sopiti e ribadendo
un concetto che invece era già chiarissimo da tempo, senza bisogno di andare a
casa sua a ripeterlo. C'è qualcosa di erotico in quella stretta. Non c'è amore,
ma c'è tanta sofferenza, e c'è una domanda. Fatta da un uomo a una donna. Questo
è chiarissimo, secondo me.
Ed è questo ciò che vede André quando entra nella stanza e li vede in
quell'atto: infatti ne è enormemente sconvolto.
E non dimentichiamo
che la prima frase di Fersen rivolto a Oscar, dopo che lei è fuggita, di fronte
alle scuderie, la frase da lei interrotta, è "Oscar, se io avessi saputo prima
che donna siete, forse allora noi..." (quel "noi" in verità è appena accennato,
ma mi è sempre riecheggiato nelle orecchie sommessamente).
Tuttavia, forse questo è il momento in cui, paradossalmente, apprezzo di più
Fersen: perché questa è la prima volta che va da Oscar e consapevolmente,
qualunque sia la sua intenzione profonda, la tratta come una donna. Accetta e
riconosce il suo essere donna, anche se non la donna che lui può amare. Per lui
sarà anche un'amica, ma riconosce di averla vista e finalmente capita, che è una
donna che può amare e soffrire per amore di un uomo. Fersen si trova in questa
situazione più che averla programmata deliberatamente, ma finalmente ne è
all'altezza. Non le dice più: "Mi chiedo perché siate nata donna", né le chiede
se si sente sola allo scopo di pungolarla. Certo che si sente sola: lui
comprende questa solitudine perché è come la sua, e finalmente la rispetta.
Per questo, alla fine, questo chiarimento ha anche il carattere di una liberazione, per Oscar. E' un conto che doveva essere regolato, in un modo o nell'altro. E finalmente è stato regolato. Da questo momento in poi gli eventi precipitano, e saranno molti altri i conti da regolare, i nodi che verranno al pettine di questa colossale rimozione durata trent'anni. Un processo inarrestabile, di cui l'amore e la fedeltà implacabile di André saranno il motore, lo strumento.
Luana
Sì, verissimo. Ho scelto a bella posta il ruolo dell'avvocato del diavolo partendo con l'idea fissa di difendere Fersen, che gira gira alla fine si ritrova sempre sulla graticola. E ci si ritrova per un fattucolo del quale io "incolpo" a pari merito sia lui che madamigella. Sì. E' vero. Lui è quello che per un po' (per un BEL po') distoglie le attenzioni della gentil fanciulla da colui che noi tutte dal secondo minuto di anime designamo come "promesso". Lui si intromette, fa il bello sulle spalle degli altri. Ma lei glielo lascia fare. Anche lei, nei confronti di Fersen, sospende l'incredulità. Sceglie (forse inconsapevolmente, intendiamoci) di vedere solo il bello in lui. E di questo, alla fine è dolorosamente chiamata a rispondere.
Ma, colpe e colpevoli a parte, sottoscrivo ogni cosa che hai scritto, che rappresenta - se me la passi - il livello più profondo e vero della mia "superficie": quando ho scritto che secondo me Andrè pensa "non toccarla... non la toccare..." volevo significare proprio il forte afflato erotico che c'è in quella stretta. Non è un pallido baciamano, non un fazzolettino di pizzo lasciato cadere e subito raccolto. E non è un caso, che Fersen le afferri il polso e che pochi minuti dopo una scena molto simile si replichi, con lo stesso André al posto di Fersen. Quella stretta blocca, imprigiona. E Oscar si fa piccola e fragile, prigioniera di un amore che non la vuole o che non vuole, con le catene ai polsi.
Diciamo che io ho imbastito tutto il mio discorso da un presupposto che non ho palesato. Quello per cui Fersen è fondamentalmente un po' egocentrico, ed egoista. Estremizzando potremmo dire che in questo è "molto uomo". E non parlo dell'egoismo in amore, ma di quello "punto e basta". Ci viene presentato come un valido studente sì, ma il meglio si sé lo offre quando, al centro dell'attenzione, si destreggia tra uno stuolo di damigelle adoranti che pendono dalle sue labbra. Se fosse una donna la chiameremmo "civetta". Per un uomo, "gufo o allocco" proprio non rendono. Fersen si offre ai nostri occhi come colui che osa, che va oltre... Le donne lo idolatrano, gli uomini lo invidiano. Tutti in un modo o nell'altro parlano di lui. Maria Antonietta al famoso ballo in cui tutto ha inizio danza con altri che ne ammirano la bellezza ma non osano violarne l'intimità. Fersen no. Fersen si guarda bene dal trattenersi, forse forte della sua stessa avvenenza, conscio del magnetismo che si sta scatenando tra lui e la dama mascherata. Fersen si spinge al limite, per poi farsi rimettere al posto solo dall'intervento di un burbero capitano delle guardie che lo lascia senza fiato. A quel soldatino biondo del magnetismo non frega una cippa. "Mani a posto". E spada alla gola, alla faccia della diplomazia.
Quello che intendo con questa breve (ehm) prolusioncina è che Fersen è egoista per forza... quando tutti e tutte ti mettono al centro di ogni situazione, viene quasi naturale cavalcare l'onda e prendere tutto quello che c'è. Lui stesso si ritrova ad ammettere che no, "non dovrebbe approfittare così tanto della benevolenza della regina..." e non dovrebbe esporla al ludibrio della corte. Ma lo fa. E la danneggia, finisce col farle molto male, se pure inconsciamente. Non riesce a resisterle, quindi mette da parte il poco buon senso per seguire il cuore e lasciare che le cose seguano il loro corso. Alla fine, che deve andarsene, se lo farà dire ancora dal baldanzoso soldatino. Che nel frattempo, è diventato una donna.
Fersen non si accorge da solo che Oscar è una fanciulla... forse perché Oscar non ha nulla delle donne, fersenescamente parlando. E anche quando scopre la verità, Fersen non compie l'upgrade collocando Oscar al posto che le spetta tra i ranghi delle belle donne da concupire... in quel momento la bellezza di Oscar deve sembrargli palese, ma la curiosità e la possibilità di indagare senza "essere indagato" su quel mondo femminile tutto alternativo devono apparirgli troppo allettanti per farsi distrarre. Oscar è diversa, in tutti i sensi. Non un ninnoletto fragile a cui porgere le rose e pronta a svenire alla bisogna... Oscar è forte, indomita, apparentemente un idolo senza crepe... Sagace e sicura di sé, porto franco per ogni dubbio, impercettibilmente Fersen inizia a fare di lei un punto di riferimento. Il loro rapporto inizia con lei che gli "ordina" cosa fare... Si esaurirà alla fine con lui che quasi la invoca, chiedendo "cosa fare".
Oscar ispira ammirazione e rispetto. E razionalità asciutta e apparentemente scevra da ogni sentimentalismo laddove per Fersen la vita si fa sempre più difficile. A poco a poco Oscar diventa la coperta di Linus di Fersen che probabilmente sente di poterle dire tutto, certo che i mille debiti che sta contraendo non verranno escussi. Ho sempre avuto un dubbio.. che in quel fare cameratesco di Fersen, in quelle sue battute assurde (perché Dio vi ha fatta donna e cazzate varie indegne persino di un film di Banfi) fosse nascosto il sospetto che la vita "da caserma" di Oscar potesse sottendere anche una certa "allegria" sul piano diciamo "sentimentale". Insomma, siamo sicuri sicuri che Fersen fosse perfettamente conscio dell'ingenuità di Oscar su certi argomenti... ? Oscar è riservata certo, ma non è da tutti aprire il proprio cuore su certe cose. C'è anche chi non ne ha bisogno.. chi ama o comunque "pratica" l'arte del sentimento e la notte non sospira, ma dorme benissimo. Che Fersen di "donne" che non indossino la crinolina capisca poco, è assodato. Che lo faccia - parlando di Oscar - perché gli fa molto comodo - anche.
Ma poi succede una cosa. Succede l'incredibile, l'irreparabile. Fersen deve aver infranto molti cuori sulla sua strada. Ma quello di Oscar, pensava proprio fosse d'acciaio.
Invece un giorno, mentre parla di lei con una dama bella e misteriosa... gli capita di incrociarne lo sguardo e di morire, per qualche istante, nell'abisso che si dilata in fondo a quegli occhi. Quando capisce, forse riesce finalmente a soppesare quanto poco "sappia" Oscar d'amore. E credo in quel momento, comprenda tragicamente l'irreparabilità del danno di cui è attore. Hai perfettamente ragione quando descrivi il senso di "malessere" che agita il cuore di chi è "vittima" di un amore non desiderato, non corrisposto... E' un problema da risolvere, se dell'altro non frega nulla... sono scuse da inventare e alla fine, un dolore sicuro da infliggere se dall'altra parte c'è una persona a cui si tiene. Perché si finirà irrimediabilmente lontani.
Alla fine, io credo davvero che Fersen voglia ricomporre lo strappo che si è aperto la sera del ballo... ma che lo faccia, come sempre, da egoista. Che lo faccia per rispondere ad un suo bisogno, forse prima che a quello di Oscar di essere disillusa del tutto. Sta perdendo l'unica vera amica che riconosce a se stesso, la sua confidente, la sua balia. Colei con la quale non teme di mostrarsi imperfetto. Al suo cospetto Fersen piange, delira... Si lascia sfamare, ospitare, vezzeggiare e intrattenere come un bambino. E non sembra provare nemmeno un po' dì vergogna... Oscar è "il suo migliore amico" in fondo, manca solo che le chieda di fare a gara a chi sputa più lontano. La sera della confessione inizialmente è rispondendo ad un suo malessere, alla sua sofferenza che la va a cercare. Solo, di fronte a quella donna così disperata, per una volta anche il suo egoismo cede il passo.
La farebbe soffrire di più se cercasse di abbracciarla e baciarla, dopo averle afferrato il polso in quella strana carezza ruvida che suona peggio di uno schiaffo?
Sì, ti confesso io penso di sì... perché non si può mentire con gli occhi... E Fersen ha già detto ad una Oscar vestita di bianco, quello che pensa di Oscar... che sono amici, tanto amici. In quel momento, egoismo a parte, lui parla con il cuore. Se anche ora, davanti a quel camino, lui tentasse di rimediare mostrandole "che donna è..." Come potrebbe Oscar non avvertire la menzogna triste insita in un gesto comunque dolce e sconvolgente e tanto desiderato, per lei? Come potrebbe credere a quel gesto... Potrebbe rischiare di leggervi addirittura compassione, una sorta di ammenda da ricevere per il torto subito... Penso ad una ragazza che non conosce certe dinamiche, che non conosce malizia e che non decifra ancora la forza dell'attrazione, della passione pura. Quella che muoverà lei e André l'una verso l'altro. Lei non sa immaginare di aver fatto "effetto" su Fersen, fasciata stretta in una nuvola di stoffa morbida, il seno offerto ai suoi occhi, i capelli acconciati per mettere in risalto il viso... Lei si è offerta a lui e si è sentita decantare per quella che, per una sera, ha cercato di lasciare a casa. Una divisa, una manciata di coraggio, e tanto, troppo buon senso.
In fondo anche la frase "se avessi saputo..." sa un po' di latte versato e ormai rancido. Un ammirevole ma vuoto tentativo di imbastire un favoloso "periodo ipotetico dell’irrealtà..."
Se avessi saputo prima...
Ma non l'hai saputo mai... Non l'hai mai voluto scoprire, che donna ero... Perché ti facevo comodo così. Perché venivi a farti consolare da me, per essere poi magnifico per lei.
Però, lo ammetto, se non altro le riconosce l'onore delle armi... Solo non sono sicura che Oscar riesca a percepire questa ammissione tardiva. E' troppo sconvolta, in quel momento. Troppo sola.
Un'ultima cosa, prima di raccogliere i pomodori che so di meritarmi per questa specie di difesa ad oltranza. E' vero, lo sguardo che Oscar lascia negli occhi di Fersen è disperazione allo stato puro. Disperazione "passiva" di chi vuol solo fuggire. Non c'è traccia di paura. Fersen in fondo non è un uomo che riservi sorprese. Se Oscar volesse, avrebbe tutto il tempo di realizzare, attualizzare, piangere e farsi pure consolare da lui. Fersen glielo permetterebbe. Le offrirebbe il petto per un pianto e forse le riserverebbe altre parole tenere. Perché fa parte del suo ruolo vagamente "marpionesco", anche nella tragedia. Lo sguardo che pochi eterni istanti dopo sgranerà in faccia ad André, invece... Oh in quello sguardo c'è un misto di attesa, paura, meraviglia. Incredulità... Non c'è sospensione, non c'è tempo per attualizzare nulla. Mentre lei si chiede "che fai", lui lo sta già facendo... Perché alle pochissime parole André fa seguire fatti. Tanti e subito, e potrebbero essere molti di più se lei non insorgesse, o meglio non provasse ad insorgere. La "cosa" con Fersen finisce come è cominciata. Oscar da sola che piange per quel qualcosa che non sa cos'è ma la fa soffrire tantissimo. La reazione chimica con André è immediata. Lui le risponde a tono, lei lo schiaffeggia. Lui la afferra e lei prova a divincolarsi. Lui la sbatte spalle al muro. E solo allora lei realizza e piange. Ma almeno, non sta piangendo per se stessa. Non solo. Oscar al contrario di Fersen non riesce nemmeno ad essere egoista.
Oscar e André piangono l'uno il dolore dell'altra. La lunga notte sta per finire.
Luana & Alessandra, divagazioni “notturne” a più tempi, rielaborate in tandem (a riprova che la follia può essere lucida e condivisa) e congedate in forma definitiva il 12 aprile 2010.
pubblicazione sul sito Little Corner del settembre 2010
Mail to luly_thelilacat@yahoo.it and alessandra1755@yahoo.it
[1] Cito da “D'amore e d'ombra” di Alessandra - pubblicata sul Little Corner Valentine's Day Magazine -
San Valentino 2010 con fanart di Laura
[2] http://www.larosadiversailles.it/olympus/viewtopic.php?f=10&t=2163, in questo topic è possibile trovare la prima parte di questo intervento
[3] Dall’Ottusangolo del primo “Grande fratello”, nomignolo con cui la perfida Gialappa’s Band ribattezzò il surfista Sergio Volpini, attribuendogli scherzosamente un modesto Q.I. Il nome e il suo diminutivo Otty, come si sa, si debbono a Sonia Flydreamer, che li appioppò a Fersen dal luglio 2001 e, da lì, ebbero fortuna nel fandom italiano di “Lady Oscar.