Intervista a Sydreana

di Tania

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"Dopo un certo tempo toccherà anche agli amici, e dopo di loro ai lettori e poi agli esperti di letteratura, ai professori ai critici e agli squadroni della morte. Ma ora che arrivi quel momento, io non sono più nei paraggi"

 

Amos OZ, Una storia di amore e di tenebra, Milano, Feltrinelli, 2003, p. 607

 

 

 

Ciao Sydreana,

 

grazie della disponibilità, prometto di essere discreta e di rubarti il minor tempo possibile.

In virtù di ciò, ho pensato che - invece di tediarti con mail e mail - sarebbe stato carino preparare questo foglio, della serie: “quello che mi piacerebbe chiedere a Syd e che presuntuosamente penso possa essere interessante”.

Quindi in queste righe segnerò tutto quello che mi passerà per la mente dopo aver riletto i tuoi racconti, o meglio le tue storie.

 

La prima considerazione che faccio è questa:

 

- 9 racconti, di cui 3 “a puntate”

- 16 tavole d’illustrazione, di cui una dedicata a Histoire Noire di Luana, e un’altra ad un personaggio molto amato da Laura

- 2 presenze nei saggi, 1 tutto tuo dedicato alla potenza delle immagini e l’altro con Laura

 

Da cosa sei partita? Come sei arrivata a questo “pazzo” mondo?

(…) Da un disegno… da un racconto…

 

 

 

Sono partita da un fattore “ipnotico”.. Questa è una sintesi becera di tutto quello che dovrei spiegare, per cui lascio da parte le mie soluzioni sibilline e ti spiego cosa è successo, sia rispetto al rapporto con Lady Oscar, che nei miei istinti. Quando nel 2002 hanno ritrasmesso la serie ho realizzato una cosa: quel che contava non era semplicemente il fatto che la storia continuasse a piacermi, era troppo semplice questa spiegazione. Quella storia, quei personaggi, quell’atmosfera mi ipnotizzavano. Il fatto che l’anime fosse in onda era quanto bastava a far sì che io dovessi mollare ogni cosa. Ogni sfumatura vista dopo tanto tempo era diversa. Lady Oscar l’ho visto in vari periodi della mia vita ed ogni volta si aggiungeva un nuovo tassello e l’impossibilità di non pensarci: la voglia di scavare, interpretare. Interpretare e dare un senso anche all’impossibile. Riplasmare qualcosa che sentivo come mio. Immaginare parole dove ci sono solo sguardi e silenzi, omissioni volute o imposte dalla travagliata storia della realizzazione dell’anime. Voler dare a tutti i costi un senso, un contributo. Insomma tutto quello che è alla base di una sana fantasticheria. Sicuramente non mi sarei messa a scriver nulla se la molla non fosse stata questa: quel qualcosa che bolle in una pentola che rischia di essere scoperchiata.

Questo, unito al fatto che improvvisamente scopro che esiste il mondo delle fanfiction, cambia qualcosa. Se ho voglia di raccontare perché non farlo? Perché non ci ho pensato prima?

 

(…)

 È stato un po’ “l’uovo di colombo”, come un: ma allora si può…

 

Allora mi sono messa a scrivere, incerta di giungere alla fine. Da selvaggia e passiva lettrice ho sempre ammirato la sola semplice capacità dei veri scrittori di iniziare una storia, darle un senso e una conclusione. Banale, ma mica tanto. In molta roba che è in giro questo non c’è, fra libri ed opere pluricitate spesso non c’è. Questo è un mio parere ovviamente. Chi mi conosce, come Laura, sa che non sono tenera

 

Qual è stato il primo segno sul bianco intonso del foglio?

 

 

Ho deciso di accontentarmi di iniziare una storia che fosse dotata almeno di inizio e fine: era già tanto, un’intima soddisfazione! Il resto è seguito da sé. Da cosa in particolare abbia iniziato è difficile a dirsi. Il primo racconto è “Strange days”. Lì mi bastava che fra l’inizio e la fine ci fossero delle elucubrazioni. M’era venuto in mente solo quello e andava bene allora. Il titolo veniva da una canzone di Battiato che amo molto, e solo il furto di quel titolo mi nobilitava il tutto. Forse ho iniziato a capire bene quello che mi interessava fare con “Il tempo delle anime azzurre”: lì fra inizio e fine c’era una trama, non elucubrazioni, e allora, se non le gambe, almeno avevo un bastone con cui camminare. Mistral, un personaggio di quel racconto, è saltata fuori da un mio schizzo che si chiamava “I’m the wind”. Io amo le ventate, ho un rapporto d’amore odio con le tramontane. Mi fanno sentire a casa. Bisognerebbe sempre avere un po’ di vento nei capelli.

Su come abbia iniziato a disegnare non so risponderti però... si perde nella notte dei tempi...è come avere bisogno di bere un bicchier d’acqua, anche se magari trattasi di semplice e veloce schizzo che mai diverrà nobile disegno.

 

Quindi c’è stato un crescendo di confidenza verso la scrittura e verso la possibilità di esprimerti con tale mezzo.

Ti faccio una domanda di “modus operandi”, quando realizzi un racconto come lo costruisci?

Nel senso che – metti caso per una puntata unica, one shot – lo butti giù a grandi linee e poi aggiungi, cambi, ma in linea di massima la struttura ha una sua completezza. Così come per un racconto più lungo, lavori prima su un blocco che sgrossi successivamente in tanti pezzi o realizzi prima le singole parti, che andranno a comporre l’insieme e che fino all’ultimo rimane per lo più un progetto chiaro solo a nella tua testa?

 

Al 90% quando inizio a scrivere conosco già tutta la storia, sia nel coso di un one shot che di un racconto a puntate, altrimenti difficilmente apro un file. Di De Insania mi era chiara tutta l’architettura dall’inizio, posso aver aggiunto o modificato alcune scene, ma c’erano tutti gli step e la conclusione in una scaletta bene precisa. Forse l’unico caso di livelli sovrapposti che all’inizio non sapevo bene dove mi avessero portata è “Storia di Nebbia e di occhi chiusi”: in questo caso sì, ho realizzato molte cose molto tempo dopo aver iniziato a scrivere. Ed è stato un bene aver temporeggiato tanto. Anche se ai miei occhi saltano tutti i diversi livelli di memoria che lo compongono. Livelli di memoria miei che il lettore ovviamente non immagina. Per questo quel racconto secondo me è “un diverso”. Per il resto seguo in sequenza, tranne piccole eccezioni.

 

Come sei arrivata al “little corner”?

 

Concedimi la prosaicità: ci sono arrivata per una questione di culo. Sono una di quelle convinte che le parole sono fatte per essere usate. Finché non uccidono, si intende. Perché uccidono eccome. Se in un dato periodo della mia vita non fossi stata su internet a drogarmi di racconti, felice del fatto che anche altri cercano e immaginano, non ci sarei arrivata.

Sì certo... anche altri cercano e immaginano lo sappiamo... perché non dovrebbero? È un sapere astratto. Ma è un conto saperlo, un altro sentirlo con forza, perché succede, le prove sono queste, ce le ho! Mi sono imbattuta nei racconti di un’autrice che aveva un nome che mi ispirava: Fiammetta. Ho iniziato e non mi sono scollata più, ho letto tutto quello che c’era sul sito.

Me ne sono stata buona per un po’, poi ho trovato il coraggio di chiedere a Laura di pubblicarmi “De Insania” (che si chiamava così soprattutto perché pensavo che per una storia come quella mi avrebbe dato della demente :-P).

Laura mi aveva già dato dei bei pareri sui racconti precedenti. Avere il suo incondizionato appoggio per ogni cosa mi saltasse in testa, anzi essere veramente “istigata alla delinquenza”, mi ha aiutato a tirare fuori l’impensabile.

 

Bella questa parte di “incoraggiamento alla delinquenza”, credo che il suo supporto sia fondamentale (…) come stimolo a procedere.

(…) L’aver conosciuto Laura senza il filtro del pc è stato importante? Sempre dal pdv di autrice/editore.

Il contatto diretto, il vedersi cosa ha significato per te?

Ti faccio questa domanda per la caratteristica (…) dello scambio virtuale che di solito s’instaura sul sito.


Per quello che riguarda la scrittura non ha cambiato nulla devo dire. Ha sicuramente cambiato solo il rapporto di amicizia.

I contatti epistolari con argomento la scrittura sono sempre stati oltremodo densi, per cui nel momento in cui frequenti la persona forse è più normale e spontaneo parlare d’altro: di sé, della vita. Anche della scrittura certo, ma quello è un argomento più semplice da toccare a sangue freddo, sulla carta, dopo aver riflettuto su quel che magari ci si è detto di persona.

 

(…) Cosa spinge Syd ad illustrare una storia non sua?

 

Il fatto che è infinitamente più semplice che illustrare una storia mia! Quando lavoro per me stessa niente va mai bene, perché niente ha esattissimamete la forma che ha nella mie testa. E non è un dettaglio...

 

(…)

Da dove vengono le storie di Syd?

 

Vengono da me e dalle mie giornate. Quello che mi frulla per la testa: cattiveria e bontà. Quello che vivo portato su un altro piano. Quello che vedo vivere a chi mi sta vicino o mi sfiora. Quello che trascuro sul momento e che rivaluto in ritardo. Un colore, un sapore, un’immagine. Tutto ti cresce nella mente se hai lo slancio per fare. Se hai la molla che ti consente di filtrare tutto e farlo diversamente tuo. A volte c’è il desiderio di scrivere per essere ironici, altre per pensare e lasciar pensare, altre ancora per essere crudeli. Per motivi infiniti come le sfumature di stati d’animo e sentimenti.

 

Diviene mai una prova? Una prova a cui sottoporsi del tipo “vediamo se ci salto fuori”, una sorta di traguardo personale.

 

Non mi è mai capitato. Almeno nella scrittura. Nella vita sempre.

 

Che rapporto hai con le tue storie? O meglio con le tue storie concluse, una volta che metti l’ultimo punto.

 

Alcune mi mancano tremendamente.

 

Con quelle in corso? Unsafe, per esempio.

 

È nella mia testa tutta quanta. Aspetta solo che un germe di follia mi spinga con più forza.

 

Ti capita mai d’innamorarti e poi disamorarti, arrabbiarti con una storia, farci a schiaffoni e poi la pace?

 

Mi accanisco con gran foga su quel che scrivo. Ripasso di lima e macete in continuazione, è una costante, rileggo allo sfinimento, cambio finché non sento che quello deve essere il senso, quello il suono, quella la parola. Vedo cambiare il testo sotto le mie mani in continuazione. E credo che sia uno dei motivi per cui Laura, saggiamente, sa che non sono adatta come proof reader delle altre ragazze ;)

 

 

C’è un legame molto forte tra due racconti che si inseguono l’un l’altro, tra Storia di nebbia e Rumore d’ali (de insania)… cosa che spieghi ampliamente nell’epistola e alla fine di Storia.

A me ricorda, nell’assurdo dell’accadimento e del confronto, un film… dove lui, che viene dal futuro, arriva a lei, nel presente, per salvarla da un terzo, che la vuole eliminare per evitare che nasca chi nel futuro sarà temuto. Il figlio è del primo lui e di lei… e dopo varie peripezie e concepimento, lui morirà lasciando a lei “quel figlio”.

 

Detto così sembra un altro film, in realtà è una cosa molto anni ’80, tutta azione ed effetti speciali: Terminator.

Da fanciullina che ero, non m’impressionò tutto lo sfoggio tecnico ma l’impossibilità dell’incontro.

 

Non ci avevo proprio pensato...

 

Insomma, una storia circolare.

 

Il fattore temporale e la nemesi possono coincidere. Non credo che siano un elemento di originalità nella narrazione. Sono stati ampiamente sfruttati sia nel cinema che nella letteratura. E le teorie sulla reincarnazione, che uno ci creda o no, esistono e sono antiche quanto il mondo.

Sicuramente “Il ritorno” di Daniela è la base di tutto. Un racconto che mi era piaciuto subito e che mi attirava, perché mi attirava il concetto base: il tempo rendeva giustizia. Una bella utopia.

 

(…) Trovo “originale” l’incontro e il legame tra due separate storie, ed il fatto che nonostante tutta la spiegazione del perché rimanga il “non sense”, l’assurdità della possibilità. Che ci sia un cammino ed una maturazione (…), senza creare una parte 1 e una parte 2, Storia di nebbia è autonomo e completo, e De insania si può leggere in autonomia senza nulla togliere alla pienezza del testo.

 

Le utopie sono il sale del pensiero. Anche se qualche illustre (…) ha tacciato di improbabile banalità i viaggi nel tempo miei e di altre scrittrici. E allora forse una bella fetta della letteratura e del cinema possono andarsi a far benedire e tremare a causa di questa delicatezza nell’esprimere giudizi di merito sul lavoro di persone, come me ed altre, che si fanno i fatti propri. Io non mi sono mai permessa di esprimere giudizi gratuiti sul lavoro degli altri. Tanto meno di presentare un mio lavoro dicendo “Vista tutta la merda che c’è in giro ora vi faccio vedere io come si scrive”. Ora però colgo l’occasione di esprimere il mio disappunto.

 

Trovo molto antipatico (oltre che maleducato) questo tipo di atteggiamento, sprt in un luogo – che per virtuale che sia – dovrebbe essere legato allo “svago” in libertà e non alla competizione.

 

Saggia osservazione. Ma per tanti la saggezza sopraggiunge quando ormai non ha più senso usarla...

 

Tornando al racconto l’ambientazione è la Seconda Guerra mondiale, perché nella sua stupidità mi attira. È un periodo di cambio e devastazione, in cui la Francia sprofonda in una situazione al limite, come poteva essere nel periodo della Rivoluzione. In modo diverso e per motivi diversi è una polveriera. È un paese spaccato e sofferente, in cui personaggi come quelli che conosciamo, spinti dalla loro coscienza sociale, possono tentare di reagire e reggere le redini di un gioco.

Parigi perché la Parigi della prima metà del secolo per possibilità e fermento culturale mi rapisce... potrebbero esserci mille motivi per cui ho fatto quelle scelte. E sono scelte e personaggi a cui nella scrittura mi sono legata molto.

 

Per il resto, l’insieme dei testi affronta sempre il medesimo secolo, intervallando possibili paralleli alla storia nota e finali diversi.

….

Per te cosa sono… sono aspetti diversi in situazioni diverse, o sono proprio personaggi autonomi, con caratteristiche a volte simili, ma svincolati l’uno dall’altro.

 

Per me sono sempre gli stessi. È il movente che è diverso. È quello che voglio dare io che cambia di volta in volta e forse li uso come burattini. Spero sempre che non si allontanino troppo dagli originali. In fondo Oscar non è mai troppo aperta e gioviale né André mai troppo stronzo ed isterico. Forse tengo presente quello che per me “non sono” per capire in quanti modi potrebbero essere.

 

Ma il tuo è il legame con l’anime… con quei personaggi, con quei caratteri.

Del manga c’è qualcosa?

 

No. Non credo che ci sia nulla del manga. Sento più umani e veri i personaggi dell’anime.

 

Sei una cultrice del VNB, e raccogli fumetti, film, dvd, speciali….  figurine, ecc.

O ti basta avere l’anime (oltre che nella testa), con tutte le puntate?

Leggi, scrivi e collezioni? O leggi e scrivi?

 

Ho i dvd in italiano e francese. E il fumetto. Per vocazione non colleziono nulla: richiede una pazienza che purtroppo spreco altrove.

Riguardo al fandom: leggo, scrivo e disegno. Ultimamente sono bloccata da fattori esterni. Ma passerà.

 

(…)

Il fatto di essere pubblicata su “Little corner” ha cambiato qualcosa nel modo di affrontare la scrittura?

 

Per nulla perché prima non ho mai scritto. Nulla che non fossero temi relazioni e tesi, si intende.

 

Ne sei certa? (…)

Forse bisognerebbe parlare di abitudine alla scrittura, di esercizio… e credo che le tue siano delle ottime performances.

 

Sicuramente con la pratica si prende più confidenza con l’atto e con le parole. Questo sì. Io ero abituata a scrivere ma non racconti. Ma il laccio di cui parli tu io ho sentito molto nettamente di essermelo tolto tanti anni fa, proprio sui banchi del ginnasio. Non è interessante l’episodio ma un giorno nella mia testa c’è stato un clic e sono cambiate un sacco di cose. Lì c’è una simbolica linea rossa, il resto è venuto da sé nonostante la mia inerzia. Continuo a fare quello che mi hanno insegnato su un banco di scuola, e mi rende orgogliosa dirlo specie in questi tempi bui di anarchia ortografica e grammaticale. Ora però mi muovo in un ambito in cui non ho vincoli e decido tutto io. Non ho la rigida ed asettica traccia di un tema davanti. Ho sempre trovato i temi scolastici delle occasioni sprecate per quelli che amano scrivere...

 

La pubblicazione ha cambiato qualcosa di piccolo o grande nel tuo quotidiano?

Non molto, tranne che la fantasia finisce su carta. Magari sono diventata più sensibile e più suscettibile ai dettegli delle cose. Non che prima non li considerassi: li considero sotto un altro aspetto.

 

Quante persone pensi ti abbiano letto? E da quante sei certa di essere stata letta?

 

Buona parte di quelle che hanno frequentato il fandom credo. Non ho mai tenuto il conto anche se sono felice quando ricevo una mail su quello che ho scritto.

 

Pensavi succedesse una cosa del genere? Ci sono mai stati dei contatti, via e- mail, con tuoi lettori particolarmente significativi... dal pdv delle possibili interpretazioni del testo?

 

Sì, leggere le interpretazioni altrui riesce a staccarti da quello a cui ti radichi, per cui non sei obiettivo. C’è chi ha sottolineato aspetti che io avevo trascurato o ritenuto minori e allora ho potuto vedere altro. Ho avuto scambi bellissimi con altre ragazze del sito. Con Laura è stato spesso divertente trovare “soluzioni”  per proseguire. A volte ti si aprono di fronte più strade.

Ma che ve lo dico a fare! Laura è il mio punto di riferimento per  tutte le mie minchiate: scribacchine e non! 

Con Elisa, con Alessandra, Assunta, Oak, Luana che hanno una capacità di analisi che mi lascia rapita ho avuto degli scambi lunghissimi e che mi hanno lasciato materiale su cui riflettere. Con altre persone che non scrivono sul sito e che non cito per privacy è accaduto lo stesso e sono nate amicizie o si sono creati contatti al di là del fandom.

Ti dà tanto anche la semplice mail che dice mi piace quel che hai scritto o quello che hai disegnato.

(…)

A questo si aggiungono episodi esilaranti. A volte ci sono rimasta di sasso  perché qualcuno mi chiedeva se e quando i personaggi si sarebbero uniti in un convegno carnale... che pare veramente essere fondamentale alla lettura. Altrimenti c’è pure chi manco ti legge. Una volta mi ha scritto pure un maniaco... so’ soddisfazioni!

 

(…)

 

Io non ho mai frequentato molto il fandom. Diciamo che mi sono legata a doppio filo a chi mi ha dato qualcosa umanamente e a chi ha pensato di “prendere” qualcosa da me. Qualcosa che non fossero i file...ovviamente....non fossero le mie frasi e le mie parole. È successo anche questo ...

 

Se tu dovessi definire la tua scrittura, il modo in cui ordini le parole per creare le situazioni, cosa sceglieresti” tra scrittura di”:

·        testa

·        orecchio

·        gusto

·        pelle

·        pancia

 

De Panza. Da buona epicurea convinta! Dal centro di tutti gli istinti animali.

 

Posso aggiungere che la tua scrittura ha proprio il bello ed il buono di un gusto rotondo, pieno, che si lascia assaporare con piacere.

 

Complimenti, complimenti e complimenti ancora, ti assicuro che partire con te è stato come guidare una Ferrari il giorno della patente…

 

Molto obbligata madamigella 

 

Grazie

 

Tania, ottobre 2008, Pubblicazione sul sito Little Corner dell'ottobre 2008.

Vietati la pubblicazione e l'uso senza il consenso dell'autore

 

mail to: tania.t@inwind.it

also mail to: sydreana@supereva.it

 

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