La religione dell'Antico Egitto
La religione egiziana si configura come un corpo di credenza estremamente articolato ma essenzialmente organico, nonostante la molteplicità degli elementi in esso confluenti e la singolarità di alcune delle sue forme possano in un primo momento disorientare.
Fin dall'inizio l'interesse religioso degli Egiziani si rivolse in due direzioni, quella strettamente divina e quella funeraria.
Il culto funerario aveva senza alcun dubbio una straordinaria importanza che, per altro, ci è ampiamente testimoniata dalla grandiosità delle sepolture, e si fondava sulla fede incrollabile in una sopravvivenza ultraterrena dell'anima (l'anima era immaginata come composta di un ba, un ka e un akh). Fin dalle epoche arcaiche comunque, molte furono le dottrine che si mescolarono nel calderone della religione funeraria egizia, a cominciare dalla credenza preistorica relativa alla sopravvivenza materiale dell'anima oltre la tomba. La dottrina che prevalse nel Medio Regno, scaturita da un complesso insieme di teorie funerarie interagenti, fu quella popolare della vita del defunto nell'Amenti o nei campi di Ialu, dottrina consolidatasi attraverso la volgarizzazione di precedenti concezioni osiriane e che andrà ad intrecciarsi col tempo alla concezione più strettamente teologica del destino solare del re, che procedeva dalla teoria dell'essenza divina della monarchia.
Si è tentato di spiegare con il totenismo - presunta filiazione mistica dei membri di un clan da un antenato divino incarnato in un animale o in una pianta - l'origine della religione egiziana e, seppure questa ipostesi manca di rigore scientifico, i culti di animali sacri caratteristici delle manifestazioni religiose egiziane non ci parrebbero poter essere giustificati in altro modo. In questi animali si incarnava la forza immanente della divinità, forza che precedentemente si era manifestata come frazionata in molteplici aspetti appartenenti ciascuno ad uno degli dèi primitivi dei clan, divenuti poi dèi tutelari delle città quando le sparute tribù di un tempo diedero vita ad assembramenti umani di dimensioni più cospicue. Il carattere stesso di questi protettori di città favorì la nascita di concezioni tendenzialmente monolatriche (non certo comunque monoteistiche); ciò nonostante, sotto questa apparente monolatria locale covava un autentico panteismo che faceva da sfondo all'intero panorama della religione egiziana e che aveva rapporti con il sincretismo. Secondo questo orientamento mistico, la forza divina, immanente all'universo, si rende sensibile agli uomini incarnandosi in un oggetto (idolo, emblema divino), che i fedeli caricano di un simbolismo che esprime un determinato aspetto dei fenomeni che costituiscono l'universo accessibile al pensiero umano: così, quando si fa di Hathor la dea dell'amore, di Ra il dio del Sole, di Sekhmet la dea della Guerra, non si fa altro che fissare in maniera piuttosto grossolana nozioni complesse ed estremamente dense di sfumature che si collegano a quelle entità divine, e questo in modo talmente semplicistico che si è giunti a parlare in termini molto poco lusinghieri del politeismo degli antichi Egizi.
Parallelamente, la teologia sviluppò una religione sacerdotale il cui fine era la conservazione dell'universo e di quei fenomeni (sorgere e tramontare del sole, avvicendamento delle stagioni, piene del Nilo) il cui rinnovamento è la condizione necessaria alla perennità della vita. A questa religione intimamente connessa alla concezione panteistica dell'universo, appartengono le concezioni spirituali e materiali che costituiscono il fondamento sensibile di ogni religione religione evoluta: templi e culto divino (l'unità della struttura dei templi e dei riti di culto, a qualsiasi divinità essi siano consacrati, è la conseguenza dell'unità dell'idea di dio attraverso le sue espressioni molteplici), sacrifici e offerte, cosmogonie, concezioni teologiche di enneadi, di ogdoadi, di triadi (famiglie divine prototipi di famiglie umane), oracoli attraverso i quali gli dei fanno conoscere agli uomini la loro volontà, e, naturalmente, formazione di un clero che, dall'Antico al Nuovo Regno, passerà da uno stato sacerdotale transitorio ad un altro permanente. Su un altro versante, il carattere magico del culto primitivo si affermerà con sempre maggior vigore, sino ad investire, in epoca bassa, tutte le manifestazioni religiose.
La natura divina del sovrano faceva di lui il solo officiante accreditato: dunque, in questo senso, tutta la religione egiziana era religione di stato, il che favorì il predominio di divinità ufficiali, la cui ascesa dipendeva dalla città da cui era provenuta la dinastia. Questi dei di Stato si moltiplicarono via via, senza però sostituirsi completamente l'uno con l'altro; in epoca predinastica, essi erano Osiride, Seth, Horo, Ra (che trionfò sotto l'Antico Regno), Mont e soprattutto Ammone e Ptah, che resterà il protettore della monarchia.
Accanto a questa religione di stato, si sviluppò tutto un corpo culturale popolare che divise le proprie feste con essa, popolò la terra di demoni e di "eroi" e cercò efficaci protezioni nella magia e negli amuleti. Un altro frutto della mentalità religiosa degli Egiziani furono i "misteri", ripetizioni rituali di atti primordiali come la creazione e la nascita degli dei.
Inoltre, al di sopra di tutte queste manifestazioni collettive, si sviluppò una religione personale le cui massime di saggezza, che perverranno ad un'alta concezione morale e filosofica della divinità, furono la più ambiziosa e la più nobile espressione.