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Salomon Resnik
Parla alla Conferenza
"Parola e Numeri"
Padova, Novembre 1999
PATARNELLO
Parola-Numeri, all'inizio era una contrapposizione, poi per ragioni di diplomazia si è resa necessaria un'assunzione più compromissoria, quindi un confronto senza un presupposto di scontro e conflitto.
L'idea del confronto fra due questioni, espressione di una contrapposizione nel campo e nella realtà dell'agire sul versante di una conoscenza garantita dalla quantità e di una conoscenza che si fonda su qualità e singolarità. L'esclusione della parola dai numeri è necessaria perché la psicologia nei numeri è secondaria.
RESNIK
Risponderò sul "dire"; il bambino che piange quando nasce non ha parola, ma dice, per chi è sensibile a questo linguaggio che è in status nascendi. E' un linguaggio che appare già alla nascita ed è un "dire" fonetico (il pianto) e in più c'è il gesto.
La parola è tardiva, appare quando il gesto, vocale o fonetico, riesce a diventare simbolo, ossia quando c'è una decisione implicita, spontanea o inconscia, per la quale il bambino si sente capace di separarsi dalla superficie del proprio corpo, come unica possibile espressione.
Un gesto è sempre legato al corpo, È un dire senza separarsi dal corpo, la parola è già una proiezione, un getto verso il mondo e ciò significa già entrare in rischio, dentro uno spazio infinito, eterno, per il quale l'io non è ancora condizionato per concepire la sua finitudine.
A proposito di numeri, anni fa Matte Blanco (che la nostra generazione ha conosciuto in Italia), alchimista come lui stesso si è definito, m'invitò ad un incontro a Roma sull'origine della geometria e il numero.
Gli chiesi perché avesse invitato me e lui rispose che io nel mio libro "Persona e Psicosi" parlavo dei numeri, dicendo che il primo numero era il "tre" (...che coincide con la traduzione indiana).
Voi che siete psicologi e conoscete la psiche più che noi medici e psichiatri, partendo dal concetto di Relazione Sincretica o piuttosto dal sincretismo di H.Valon (primo stadio indifferenziato nel quale non c'è tra madre e bambino), il primo taglio di quest'esperienza sincretica introduce l'idea di spazio, abisso, e l'idea di pausa dal punto di vista temporale.
Abbiamo già all'inizio il passaggio dal sincretismo all'idea di (triangolarità) lineare; c'è "uno" - il precipizio - e l'Altro, per questo il ponte è il primo elemento fenomenologico primordiale.
Heidegger in "Costruire" dice: "Quando contemplo il paesaggio e vedo un ponte, ho la sensazione che il ponte sia ciò che da vita e senso al paesaggio, perché il ponte riunisce l'ambiguità sia di legare oltre l'abisso una parte all'altra e sia, in più ,introduce l'idea di separazione". Ossia il principio di relazione.
Dalla cultura indiana il primo numero è il tre (1-spazio-2); dalla differenziazione appare poi la consapevolezza del due (ossia c'è l'uno e l'altro).
E successivamente, a partire dalla relazione, si arriva alla consapevolezza dell'uno; Quindi tre-due-uno.
Il fondamento dell'esperienza umana È relazionale, in tal senso la psicoanalisi si fonda sulle vicissitudini della relazione e la fenomenologia sull'apparire della relazione.
A proposito del segno, nella relazione che si struttura sulla con-prensione della psicosi se noi consideriamo un segno, un sintomo del malessere della nostra cultura, raggiungere il suo senso e comprendere la sua cultura ci permetterà di arricchire la nostra conoscenza dell'essere umano.
"Comprendere" così come la usa Jaspers dev'essere differenziato da spiegare; voglio usare in quest'occasione il termine "comprendere", sia nel senso di prendere insieme (a cui tanto teneva Barison e Maldinee in Francia) un qualche cosa che nasce dall'esperienza e sia nel senso di comprendere come abbracciare e includere in uno stesso spazio-tempo la Psichiatra, la Psicoanalisi, e il sociale o istituzionale. E ancora comprendere significa abbracciare con la mente la polisemia del paesaggio contemplato e vissuto.
Con tale intervento si vuol far riferimento a ciò che Jaspers chiama "relazione di comprensione col paziente" nel senso di afferrare, contenere e riflettere su ciò che si trasferisce spontaneamente e inconsciamente, sia dalla parte del paziente che dello psichiatra.
Ciò corrisponde al concetto di transfert in psicoanalisi, per come si manifesta nello spazio dell'incontro terapeutico.
Il senso della comprensione si da così con una prospettiva globale, anche per come la concepisce Merleau-Ponty quando parla di scienze dell'uomo.
A proposito di medicina e psichiatra negli ultimi anni nel campo farmacologico ci sono fatti notevoli non solo in relazione ai medicinali ma anche in relazione alla riduzione delle tecniche secondarie.
Ho osservato molti psicotici che prendono da noi i farmaci, molto più lucidi e non confusi, e sono loro stessi che richiedono la presenza di un interlocutore capace di andare all'incontro con loro.
Tutto ciò non può essere improvvisato e richiede un'adeguata formazione.
Per adeguata intendo non solo la formazione ma anche la personalità che dev'essere sensibile, umana, ricettiva, poiché il contatto con la persona malata è una relazione che esige cura e disponibilità rispetto all'incontro con l'ansia intollerabile dello psicotico.
L'idea di istituzione psichiatrica secondo la mia esperienza è quella di creare uno spazio terapeutico flessibile e rigoroso allo stesso tempo, dove per rigoroso s'intende un setting capace di contenere il massimo delle incertezze, ansietà, sia da parte del paziente che da parte di chi lo prende in cura.
Creare le condizioni a che il terapeuta si confronti con la difficoltà del malato ad assumere e imparare il mestiere di paziente.
L'ospedale "Ideale" è quello in cui il paziente non solo deve essere contenuto e prendere i farmaci per evitare la crisi, ma anche il luogo dove si può "Fare la crisi" per ricevere poi aiuto e comprensione.
Stanton e Swartz hanno pubblicato negli anni '50 il libro"The Mental Hospital"; tale libro contiene uno studio sulla dinamica istituzionale in un ospedale di Washington dove si inizia negli Stati Uniti l'approccio psicoanalitico alla psicosi.
Tale approccio si fonda qui, sull'esperienza interdisciplinare svolta da Sullivan, Reichmann, Parson e Mead, che facevano parte di un gruppo psico-socio-antropologico.
Il loro denominatore comune era l'interesse per l'approccio socio-antropologico che poggia sui fondamenti della "psicobiologia" di Maier, il quale introduce tale termine, sia per indicare la biologia della psiche, che per descrivere la relazione dell'individuo con il suo medico.
Cambiando un'attimo strada, si parlava proprio di quanto sia bello parlare in un'aula di biologia, anche perché il termine biologia non deve essere costretto in un concetto meccanicistico e anatomico-fisiologico; biologia è il Logos della vita e la psicologia fa parte del Logos della vita, della biologia.
Stanton e Swartz introducono nel loro libro il concetto di come osservare, nella vita quotidiana dell'istituzione, la vita del paziente e la sua relazione con l'equipe di cura.
Tutto ciò parlando del Parteciped-Observer: infermieri,medici, che partecipano a questa esperienza e la osservano.
Qui si pone il problema di trasferire da una parte all'altra del fiume, del trasferire da una persona all'altra in questa triangolazione lineare dell'uno-spazio-altro, e di ciò che uno risponde rispetto al trasferire dell'altro che noi chiamiamo controtransfert, ma che io preferisco denominare transfert reciproco o doppio transfert, poiché il mestiere di analista si impara imparando il mestiere di paziente, quindi da paziente a paziente.
Dall'approccio della dialettica tra le due parti nell'atto di relazionarsi, s'imprime un'apertura nel campo del transfert detto controtransfert istituzionale; non tutte le persone che praticano la psichiatria o la psicoanalisi, quanto il personale infermieristico, sono in grado di tollerare l'ansietà psicotica del paziente.
Il grado di tolleranza e intolleranza dell'ansietà ha effetti sul quantum e sulla qualità della prestazione medica e psicoterapeutica.
In un ospedale vicino a Londra dove lavorai dal 1959 al 1963, tutti gli psichiatri avevano formazione psicoanalitica, qui, sotto la direzione del prof.T.Main,si è fatta una ricerca sulla prescrizione farmacologica in funzione della relazione medico-paziente e infermiere-paziente.
Main dopo aver pubblicato i risultati della ricerca, segnala che quando un paziente va meglio e riduce i suoi deliri e allucinazioni, gratifica il suo medico e gli infermieri.
Ma quando il paziente è fonte di ansietà, si pone il problema della capacità di contenere e tollerare l'ansia che la sua angoscia scatena.
Se il medico di turno, soprattutto di notte, non tollera l'ansia psicotica del paziente, avrà la tendenza ad aumentare il numero e le dosi del farmaco somministrato o a contenerlo con altri mezzi.
Qui risiede la differenza fra malattia o sindrome e interesse per il sintomo, sul quale agisce in generale il farmaco; la comprensione della malattia richiede una relazione psicoterapeutica-umana e una consapevolezza del grado di tolleranza che agirà sulla prescrizione.
Alcuni pazienti per fobia ipocondriaca e per principio, si oppongono al farmaco, cosa che crea grandi problemi giuridici, soprattutto in certi paesi come gli Stati Uniti.
Darò l'esempio di un caso accaduto anni fa ed emerso durante una conferenza cui venni invitato dalla Columbia University.
Il fatto, avvenuto in un servizio ospedaliero, vedeva da una parte l'istituzione e dall'altra un paziente non trattato farmalogicamente che rifiutava le cure.
L'istituzione, prevedendo che il paziente potesse accusarla di non andare meglio, decise di portare l'uomo in giudizio per non aver preso il farmaco.
Tale situazione mi ha colpito profondamente e successivamente ho capito che negli USA il ruolo dell'avvocato rappresenta idealmente un dominatore persecutorio; in quell'occasione tutti avevano dimenticato la psicoanalisi ed erano preoccupati per l'accusa dell'accusa.
Quindi sono stato testimone di una lotta di forze sul campo istituzionale, sia dalla parte del soggetto-paziente che del soggetto istituzione, che cadono in un transfert persecutorio a vicenda.
Siamo qui in piena psicopatologia istituzionale e sociale dove la comprensione della relazione di transfert medico-paziente viene sottostimata, perché laddove dovrebbe formarsi un campo fenomenico di osservazione, si crea una drammatizzazione dello stato di guerra della relazione, si crea una dissociazione che si pone accanto alla dissociazione stessa del paziente.
Non dimentichiamo infatti che il paziente dissociato è in movimento in uno stato bellico tra conflitti e affetti discordanti della sua personalità, che emblematicamente in casi come quello descritto si ritrovano in un conflitto discordante con l'istituzione stessa, che continua con la sua ideologia dissociativa.
Tale situazione invita ad un confronto tra problematiche intrapsichiche e interpersonali o transpersonali.
In una conferenza alla "Società Psicoanalitica",a Parigi nel '57, ho segnalato che se lo schizofrenico trova nel mondo esterno o tra i membri dell'équipe le stesse discordanze tra istituzione psichiatrica e società, coincidenti con le sue stesse discordanze, non c'è futuro!
Ciò si può evitare solo se nasce la possibilità di un vero spirito di lavoro di gruppo capace di tollerare i disaccordi che gli inevitabili sentimenti di concorrenza, gelosia, invidia, caratterizzanti ogni istituzione, creano.
Si tratta poi di capire come portare la relazione alla comprensione tra i membri dell'équipe nel contesto terapeutico col paziente.
Ritornando al nostro campo, ciò che succede nell'istituzione corrisponde microsocialmente ai problemi di amore-odio, affetto-gelosia che esistono nella società in generale.
Uno dei primi psichiatri con approccio psicoanalitico, l'olandese Augusto Schna propose un lavoro sulla relazione Psichiatria e Psicoanalisi, studiando la relazione paziente-equipe di cura nell'ambito ospedaliero; parla della vita d'asilo e delle sue angosce.
Gli psichiatri e gli analisti, dice S., sono diversi nella natura dell'oggetto investito, nei metodi, benché abbiano la stessa massa di sintomi come materiale.
La differenza perciò qui risiede nel modo di concepire i sintomi, poiché lo psichiatra ha la tendenza a rimuovere ciò che è interdetto nella nostra società.
Ecco perché in un simile contesto l'analisi personale è fondamentale per concepire inoltre come i gesti del paziente, le sue fantasie deliranti e il linguaggio confuso siano espressioni aventi un significato.
Ritornando ad ora, vorrei parlare della mia esperienza nella clinica Santa Giuliana di Verona dove ho lavorato come consulente esterno, con il prof. Ferlini e dove ho potuto continuare la mia ricerca sul campo istituzionale in diverse culture: Argentina, Inghilterra, Francia e Italia.
A proposito del paziente psicotico nelle diverse culture posso affermare che vi è molta meno differenza per quanto riguarda i sintomi che nei pazienti nevrotici, i quali dipendono molto di più dall'ambiente culturale.
Lo psicotico vive una sua propria cultura e crea una nuova realtà nella sua concezione delirante del mondo.
A Santa Giuliana mi venne chiesto aiuto per il caso di un paziente, che chiamerò L., poiché quest'uomo angosciava sia il personale infermieristico che i pazienti.
Il giovane L. era stato ricoverato tre anni prima a seguito di un processo dissociativo schizofrenico ed era implicita nella richiesta del mio intervento la necessità di un'altra opinione, rispetto ad un clima quasi irrespirabile creato dal paziente che non mangiava e non cooperava con la funzione di cura.
Tutto ciò creava un'insostenibile condizione di transfert e controtransfert istituzionale.
La capacità espansiva dell'ansia di L. agiva sul personale scatenando o inducendo un'enorme ansia.
La condizione di possibile minaccia di morte del paziente che non mangiava, agisce con efficacia patologica sul transfert e controtransfert istituzionale; il paziente è alimentato a flebo e rifiuta il nutrimento.
La mia impressione era che L. avesse una grande capacità di essere fondatore e creatore di ansia;
in più tendeva a dominare lo spazio, per la sua incertezza e insicurezza esistenziale.
La difficoltà della situazione crea una situazione critica nel servizio, per la quale si chiede l'aiuto esterno, fuori dal clima contaminato.
Si tratta di imparare dall'esperienza ed entrare in contatto con i fondamenti nascosti del transfert istituzionale patogeno, l'aspetto delirante depressivo e persecutorio del paziente che inevitabilmente produce una reazione speculare o di controtransfert dei membri dell'équipe.
Nel nostro lavoro e nella vita, ci facciamo cose tra di noi e l'uno all'altro senza saperlo, tutto ciò è prima della parola, è un dire implicito, un'induzione reciproca o doppio transfert, sia il paziente che l'équipe hanno bisogno di essere aiutati e aiutarsi a vicenda.
Il fatto per me di essere un consulente esterno, mi ha permesso, nella situazione descritta, di introdurre una dimensione meno contaminata apparentemente e dove il personale poteva proiettare l'aspetto
meno contaminato e più sano dell'istituzione.
In questo caso ho suggerito di intervenire col modello del “Crazy Center”; tutto ciò mette in evidenza l'idea di ospedale psichiatrico in crisi, sono convinto che ci voglia un luogo in grado di ospitare il paziente che ha bisogno di esprimersi, vivere le vicissitudini di un'esperienza catastrofica, eventualmente contenuta e compresa.
Per L. dovevo creare uno spazio di tempo e le condizioni per una catarsi, come nell'antica tragedia greca, anche con la presenza di un coro personificato dall'équipe.
Allora assistiamo alla trasmissione di quanto è successo nel centro di crisi improvvisata.
Nel primo incontro c'erano il paziente, il suo dottore e l'équipe; dopo una pausa il signor L. dice di essere posseduto da una strega che lo dirigeva con un telecomando, simulando coi tale gesti l'azione.
Questo è strettamente connesso alla storia personale di L., poiché i suoi genitori l'avevano portato, durante una crisi di ipocondria delirante, in cui si rifiutava di cibarsi, da una guaritrice del quartiere.
Secondo quanto afferma la famiglia, la guaritrice suggerì che L. rimanesse ad abitare lì da lei senza avere contatti con la famiglia.
Le fantastiche persecuzioni di L. erano tragicamente di tipo sessuale delirante, alimentate da una relazione apparentemente o evidentemente incestuosa paziente-guaritrice.
Dopo questo periodo la famiglia decide di consultare un prete esorcista, onesto, che accetta i suoi limiti e propone il ricovero a Santa Giuliana.
L. viene preso in carico dalla clinica con progressi, seguiti però da una regressione negativistica e rifiuto di alimentarsi. Il suo grado di apprensione era qui tale da mettere in pericolo la sua vita, creando inoltre angoscia nel personale, preoccupato per il paziente.
Il servizio in questa situazione acquista il ruolo di madre angosciata, molto preoccupata per il paziente; ma così facendo si mostra negligente verso gli altri pazienti.
Lo stesso la figura paterna era personificata dal medico e dal personale, preoccupati si per il destino del paziente ma anche per il prestigio della clinica.
La patologia di L. acquista un carattere perverso nel senso che crea alterazione e seduzione da parte dell'équipe, stimolando un transfert erotico, con erotizzazione della pulsione di morte perché c'era paura si della morte ma anche attrazione erotizzata verso di essa.
In più l'egocentrismo seduttivo di L. crea gelosia negli altri pazienti, sviluppando inoltre nel personale un trattamento privilegiato che fortifica ancor di più il suo narcisismo di morte.
Nella psichiatria francese si conosce da tempo il concetto di “Erotizzation de la penseè” e anche Herbert Rosenfield, allievo della Klein, studia l'erotizzazione del transfert nella psicosi, nella sfera cognitiva e affettiva.
Tutto in L. diventa elemento di eccitazione, egli durante i suoi deliri accusa i genitori di eccitarlo anche nel claustro materno, poiché la strega l'avrebbe reso consapevole di essere stato testimone della violenza sessuale del padre verso la madre.
Anche l'alimentazione per L. acquista il carattere di violenza sessuale, anche il cibo aveva per L. odore di seme.
Dunque tutta la sua interiorità somato-psichica veniva invasa da quella che lui chiamava ( ? )
Quello che mi colpisce è che quando il paziente racconta di essere telecomandato dalla strega, lui stesso muove la mano come se tenesse lui un telecomando in mano, posso scorgere che così telecomandava con l'angoscia anche gli infermieri e i medici.
Non essendo L. consapevole di questo perché inconscio, cioè che la sua mano avesse tale potere, ho l'impressione che il potere della strega fosse ancora lì presente nella mano del paziente, quindi eravamo noi ad essere telecomandati da lui.
Ciò è confermato dal controtransfert istituzionale dove il personale si sente comandato dall'ansietà che L. provoca.
La situazione di “Crazy Center” mi fa improvvisamente pensare ad esperienze precedenti.
Ho suggerito quindi alla famiglia di poter rivedere L. fuori dalla situazione contaminata, cominciando così a Venezia un gruppo di pazienti schizofrenici, con osservatori Ferlini e Sperotti.
L., così invitato, ha deciso di venire a Venezia al gruppo dove comincia a raccontare di aver sognato di essere nella vecchia casa dei genitori, che era un negozio di scarpe; nel sogno egli regalava un paio di scarpe al suo dottore di Santa Giuliana.
Dopo aver indossato le scarpe il dottore, secondo il racconto di L., si trasformava nella strega dimostrando così che il paziente stesso induce e personifica la strega per identificazione proiettiva nel corpo del dottore.
Nella trasformazione si indica che la mano del paziente rappresenta la strega che telecomanda il personale, o meglio la strega era il medico col quale L. aveva una relazione forse a livello fantastico amorosa-erotica.
Il paziente comunica attraverso il sogno la capacità di proiettare diabolicamente nel medico il potere della sua strega interiorizzata, che si confonde col suo proprio potere seminale.
Si tratta per lo psicotico di trasformare il principio di realtà dell'intorno nella sua propria realtà, ciò appare come un inconveniente, ma è un aiuto a volte per il personale se esso ha la capacità di usare il transfert delirante-erotico in transfert terapeutico o infantile per il quale L. e l'équipe prendono contatto con il bambino in loro che ha dimenticato di giocare e giocarsi, di rischiare giocando.
La drammatizzazione del transfert acquista un significato ludico e sinistro che invita il personale ad entrare in gioco; ciò comporta giocare, rischiare o essere in possesso di una buona formazione costruita da auto-analisi personale che permette di usufruire del materiale vissuto durante la relazione terapeutica.
Nell'istituzione deve instaurarsi un sistema simile alla trasformazione con la strega, L. stesso introduceva la regola della strega non permettendo ai genitori di venirlo a trovare, l'unico legame era il fratello che a volte lo accompagnava al gruppo.
L. entra però di nuovo in crisi, non vuole perdere il suo potere patogeno, non si alimenta più.
L'autorità clinica invece di alimentare con flebo il paziente, decide di mandarlo in un ospedale generale dove L. fa progressi fuori dall'atmosfera già contaminata e continua a farne nel nuovo servizio psichiatrico più vicino a casa dove L. viene mandato.
Il cambiamento del servizio opera beneficio come se il transfert patologico, grazie al lavoro realizzato, si fosse interrotto.
Sembrava cioè che L. avesse nuovamente ripreso contatto con le parti sane della sua personalità.
Ho così tentato di trasferirvi un'esperienza viva sulla vicissitudine di un incontro con un esperienza nella quale uno partecipa e solo in condizione di esplorare la sua psicopatologia nella vita quotidiana con l'istituzione, talvolta riesce ad aiutare ed essere aiutato dal paziente.
PATARNELLO:
Tra le tante domande poniamo la questione relativa al rapporto fra fenomenologia e psicoanalisi a Resnik, il quale in modo creativo e non conflittuale possiede queste due modalità di approccio con la clinica.
Tenendo conto che la storia di questi due approcci in passato non è stata caratterizzata da amore, bensì da passione conflittuale.
Cioè c'è l'elemento di raccolta dei dati rispetto ai quali la validità risiede nella loro capacità di adattarsi all'hard-disk del computer e alla validazione statistica, dove la verità è più verità se era più oggettivabile e numerabile.
Forse su ciò ha anche agito una certa tendenza a lasciarsi egemonizzare dalla cultura anglosassone che propone la comprensione di ciò che è passato tra una persona e l'altra come molto meno interessante che il resoconto su uno studio di cinquemila persone.
Estraendo da ciò una verità più attendibile che l'esperienza di incontro con un'altra persona nella quale però si avvertono elementi di singolare emblematicità rispetto al dato clinico.
Tutto ciò per delineare quello con qui ci si sta confrontando; la patologia dei numeri con la sua pressione sopravanzante alla quale si contrappone una testa di ponte minoritaria e disorganizzata come elemento creativo.
Si ringraziano i convenuti che, a vario titolo, sono responsabili di una clinica che noi pensiamo sia più vicina alla “parola”: Resnik, Galimberti, Di Petta, Stanghellini.
RESNIK
Quando Einaudi volle la mia collaborazione per completare la voce "inconscio", mi colpì in Freud la sua preoccupazione per il corpo.
Ricordiamo ad es. il sogno di Irma sulla gol, che rimanda in status nascendi alla malattia per cui morì Freud, cancro alla gola, quasi nella paziente vi fosse una percezione delle ansie orali di Freud, percezione a livelli che non conosciamo ma che esistono.
Nei primi lavori di Freud, si sente una forte presenza del corpo; noi infatti ci potremmo immaginare, grazie alle sue descrizioni, le pazienti che Freud seguiva, ad esempio Emy e Lucy; ma quando Freud comincia a lavorare con la tecnica psicoanalitica, con il divano eccetera., nessuno potrà dirmi che aspetto avesse ad es. L'uomo dei Lupi o Dora.
Freud si sposta verso l'uso del dire che è già in realtà nel corpo, il corpo che è prima della parola, che accompagna la parola e che se manca la parola può ancora comunicare.
Quindi l'interesse della Fenomenologia definita Leib Phenomenologie, quello che appare è il confronto con il corpo e la realtà corporea a livello dell'inconscio...... per collegare Fenomenologia e Psicoanalisi.
Nell'articolo comincio col dire che io non ho mai capito cosa Freud scrive con una assenza del corpo, come se l'inconscio fosse una presenza a-corporea.
Io ritorno ai predecessori di Freud poiché l'idea di inconscio è nella storia già "presenza" in Hobbes, Von Kaltmann "La Filosofia dell'Inconscio", Karus anatomista-etologo parla nel settecento di inconscio.
Tutto ciò per dire che per me la Fenomenologia o Psicologia dell'Apparire, reintroduce la presenza del KORPER che di fatto è LEIB; già Husserl fa la differenza fra corpo anatomico e corpo vissuto.
Nel 1970 quando era ancora vivo Minkowsky, allievo di Bleuler eHusserl, ho avuto l'occasione di incontrarlo a Parigi e durante la nostra discussione gli ho chiesto quali erano i due libri che l'avevano più ispirato. Minkowsky mi rispose: un libro di Husserl, "Idee per una Fenomenologia" e Bergson;
Bergson che mette l'accento sull'importanza del "temp vecù", vissuto cioè nei sentimenti, delle passioni e del corpo.
L'integrazione Psicoanalisi e Fenomenologia potrebbe essere paragonata alle due facce della stessa medaglia, della luna.
Così come anche Spinoza dice nella migliore definizione per me della Relazione Corpo-Mente: "Sono due aspetti della stessa materia, corpo e anima".
PATARNELLO
E' possibile porre la questione nell'avvicinamento Psicoanalisi e Fenomenologia fra le persone concrete ma anche fuori della teoria. Poiché l'avvicinamento verso il corpo come Sé-Persona, ha permesso la presa di contatto con l'interezza della persona.
Il terreno di incontro Psicoanalisi-Fenomenologia è stato quello della psicosi, gli analisti anche fenomenologi sono gli analisti delle psicosi ; questo cammino è di convergenza più che di assimilazione, è quasi un'evoluzione naturale della concettualità, della teoria e le difficoltà sono superate.
RESNIK
Storicamente questo è vero perché ad es. Binswanger e Minkowsky occupano il posto che lasciano Abhramm e Jung.
E Jung quando parla di corpo.......
.....ad esempio nel caso di una paziente che aveva un particolare manierismo che riproduceva i movimenti di un calzolaio ma che nessuno capiva, scoprì, alla morte di questa paziente che questa povera signora si era ammalata dopo che un calzolaio l'aveva abbandonata.
Qui é chiara la presenza del corpo nel lutto.
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