Ecco venire il tempo che vibrando sullo stelo ogni fiore
svapora come un incensiere; i suoni e i profumi volteggiano
nell'aria della sera; valzer malinconico e languida vertigine.
Ogni fiore svapora come un incensiere; il violino freme
come un cuore straziato; valzer malinconico, languida
vertigine! Il cielo è triste e bello come un grande altare.
Il violino freme come un cuore straziato, un cuore tenero
che odia il nulla vasto e nero! Il cielo è triste e bello come
un grande altare; il sole annega nel suo sangue che si raggruma.
Un cuore tenero che odia il nulla vasto e nero raccoglie
ogni vestigio del luminoso passato! Il sole s'è annegato
nel suo sangue che si raggruma, il tuo ricordo in me riluce come un ostensorio.
Tu sei un bel cielo d'autunno, chiaro e rosa! Ma la tristezza
monta in me come il mare e lascia, rifluendo, sul mio
labbro corrucciato, il ricordo cocente del suo fango amaro.
La tua mano scivola invano sul mio petto che si strugge;
ciò che cerca, amica, è un luogo devastato dall'unghia
e dal dente feroce della donna. Non cercare più il mio cuore: le belve l'hanno divorato.
Il mio cuore è un palazzo lordato dalla folla: ci si ubriaca,
ci si ammazza, ci si tira per i capelli. Un profumo
ondeggia attorno al tuo seno nudo.
Beltà, dura frusta delle anime, tu lo vuoi! Con i tuoi
occhi di fuoco, splendenti come feste, tu bruci i brandelli
che le belve han risparmiato.
Imploro pietà da Te, l'unica che io ami,
dal fondo dell'anima in cui è caduto il mio cuore.
È un universo tristissimo, dall'orizzonte plumbeo,
e vi si muovono, la notte, l'orrore e la bestemmia;
un sole privo di calore si libra sopra per sei mesi,
gli altri se la notte copre la terra;
è un paese più nudo della terra polare:
né bestie, né ruscelli, né verde di boschi!
Non v'è orrore al mondo che sorpassi
la fredda crudeltà di questo sole di ghiaccio
e di questa immensa notte simile al vecchio Caos;
io invidio la sorte dei più vili animali,
che possono inabissarsi in uno stupido sonno,
tanto lentamente si dipana la matassa del tempo.
Infelice forse l'uomo, ma felice l'artista che è dilaniato dal desiderio!
Io ardo dal desiderio di dipingere colei che mi è apparsa così raramente
e che così presto è fuggita come una cosa bella da rimpiangere
che nella notte il viaggiatore perde dietro di sè.
Quanto tempo è passato, ormai da quando è scomparsa!
È bella, e più che bella è sorprendente.
In lei abbonda il nero: e tutto ciò che ispira è notturno e profondo.
I suoi occhi sono due antri in cui lampeggia e vaga il mistero.
Il suo sguardo illumina come il lampo:
è una esplosione nelle tenebre.
Potrei paragonarla a un sole nero,
se si potesse concepire un astro buio che riversa la luce e felicità...
Ma ancora di più fa pensare alla luna,
che certo l'ha segnata con il suo temibile influsso.
Non la bianca luna degli idilli, che sembra una fredda sposa,
ma la luna sinistra e inebriante nel fondo di una notte,
tempestosa, sospinta dalle nuvole in corsa;
non la luna placida e discreta che visita il sonno dei puri,
ma la luna strappata dal cielo, vinta e ribelle,
che le Streghe della Tessaglia costringono senza pietà
a danzare sull'erba atterrita.
Nella sua piccola fronte abitano la volontà tenace e l'amore di preda.
E tuttavia, in fondo a questo viso inquietante,
splende con una grazia inesprimibile il riso di una grande bocca,
rossa e bianca, e deliziosa, che ci fa sognare il miracolo
di uno splendido fiore sbocciato in un terreno vulcanico.
Ci sono donne che ispirano la voglia di vincerle e di goderle.
Questa dà il desiderio di morire lentamente sotto il suo sguardo...
Oh, quanto è bello il sole che sorge allegro e forte
e il suo buondì ci lancia come uno scoppio rosso!
felice che ne può con animo commosso
salutare, gloriosa più d'un sogno, la morte!
Ricordo!... Ho visto tutto, la fonte, il solco, il fiore,
anelar come vivido cuore sotto i suoi sguardi.
Corriamo all'orizzonte, presto, corriamo, è tardi,
che non ci sfugga almeno l'ultimo obliquo ardore!
Ma io rincorro invano il Dio che s'allontana;
stende l'ineluttabile Notte su noi, sovrana,
le abbrividenti ali, funeste, umide, opache.
Un lezzo di sepolcro nelle tenebre vagola,
e il mio timido piede ai margini del brago
schiaccia rospi imprevisti e lubriche lumache.
Sovente, per diletto, i marinai catturano degli albatri,
grandi uccelli marini che seguono,
indolenti compagni di viaggio,
il bastimento scivolante sopra gli abissi amari.
Appena li hanno deposti sulle tavole,
questi re dell'azzurro, goffi e vergognosi,
miseramente trascinano ai loro fianchi le grandi,
candide ali, quasi fossero remi.
Com'è intrigato, incapace, questo viaggiatore alato!
Lui, poco addietro così bello, com'è brutto e ridicolo.
Qualcuno irrita il suo becco con una pipa mentre un altro,
zoppicando, mima l'infermo che prima volava.
E il Poeta, che è avvezzo alle tempeste e ride dell'arciere,
assomiglia in tutto al principe delle nubi:
esiliato in Terra, fra gli scherni,
non può per le sue ali di gigante avanzare di un passo.
Uomo libero, sempre tu amerai il mare!
Il mare è il tuo specchio; tu miri,
nello svolgersi infinito delle sue onde, la tua anima.
Il tuo spirito non è abisso meno amaro.
Ti compiaci a tuffarti entro la tua propria immagine;
tu l'abbracci con gli occhi e con le braccia,
e il tuo cuore si distrae alle volte dal suo battito
al rumore di questo lamento indomabile e selvaggio.
Siete entrambi a un tempo tenebrosi e discreti:
uomo, nessuno ha mai misurato la profondità dei tuoi abissi;
mare, nessuno conosce le tue ricchezze segrete,
tanto siete gelosi di conservare il vostro mistero.
E tuttavia sono innumerevoli secoli
che vi combattete senza pietà né rimorsi,
talmente amate la carneficina
e la morte, eterni lottatori, fratelli.
Quando, a occhi chiusi, una calda sera d'autunno,
respiro il profumo del tuo seno ardente,
vedo scorrere rive felici che abbagliano i fuochi di un sole monotono;
una pigra isola in cui la natura esprime alberi bizzarri e frutti saporosi,
uomini dal corpo snello e vigoroso e donne
che meravigliano per la franchezza degli occhi.
Guidato dal tuo profumo verso climi che incantano,
vedo un porto pieno d'alberi e di vele
ancora affaticati dall'onda marina,
mentre il profumo dei verdi tamarindi
che circola nell'aria e mi gonfia le narici,
si mescola nella mia anima al canto dei marinai.
T'adoro al pari della volta notturna,
o vaso di tristezza,
o grande taciturna!
E tanto più t'amo quanto più mi fuggi,
o bella, e sembri, ornamento delle mie notti,
ironicamente accumulare la distanza
che separa le mie braccia dalle azzurrità infinite.
Mi porto all'attacco, m'arrampico all'assalto
come fa una fila di vermi presso un cadavere e amo,
fiera implacabile e cruda,
sino la freddezza che ti fa più bella ai miei occhi.
Ti dono questi versi, perché se un giorno
il mio nome approderà felicemente alle epoche lontane
e farà sognare qualche sera i cervelli degli uomini,
vascello assecondato da un gran vento,
il ricordo di te, pari alle vaghe favole,
affatichi il lettore come un timpano,
e resti appeso come un fraterno
e mistico anello alle mie rime altere;
essere maledetto cui, dagli abissi profondi sino al più alto dei cieli,
nulla all'infuori di me risponde! O tu,
che come un'ombra dall'effimera orma,
calpesti con piede leggero e sguardo sereno
gli stupidi mortali che t'hanno giudicato amara,
statua dagli occhi metallici, grande angelo dalla bronzea fronte!