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APPELLO PER I
PARCHI ITALIANI
Al
Presidente della Repubblica Italiana
Dott. Carlo Azeglio Ciampi
Signor
Presidente,
il
21 marzo scorso un convegno nazionale promosso da Italia Nostra in
collaborazione con il WWF Italia e con il FAI ha tracciato un
bilancio dei primi dieci anni di applicazione della legge 6
dicembre 1991 n. 394 sui Parchi nazionali e le altre aree naturali
protette che Lei ha recentemente definito con felice sintesi "laboratori
a cielo aperto, ecosistemi essenziali per la salvaguardia
dell'ambiente e della salute dell'uomo, modelli di integrazione
delle varietà naturalistiche con il contesto storico e culturale
del nostro territorio, legato ad antiche tradizioni".
Concetti
che hanno animato l'azione di Italia Nostra sorta per tutelare il
volto della penisola pochi anni dopo l'entrata in vigore della
Costituzione e del suo art. 9 che tra i principi fondamentali
assegnava alla giovane Repubblica (come assegna tuttora)
l'irrinunciabile compito di tutelare il paesaggio e il patrimonio
storico e artistico della Nazione.
Abbiamo
esultato per il conseguimento dell'obiettivo del 10% di territorio
protetto entro la fine del secondo millennio. Il nostro Paese ha
saputo vincere l'ambiziosa sfida lanciata a Camerino, nel 1980, in
occasione di uno storico convegno: con la legge 394/1991 l'Italia
si è collocata, per la conservazione del suo patrimonio naturale,
al livello degli altri Stati, ma rischia, ora, di regredire a
causa di iniziative improvvide.
Prima
di ogni altra, la proposta di legge in discussione attualmente
alla Camera dei deputati con la quale si vorrebbero aprire i
Parchi e le altre aree naturali protette all'attività venatoria,
in palese insanabile contrasto con i principi fondanti e le
finalità, in ogni parte del mondo, di un territorio destinato
alla conservazione della natura. Nei "laboratori a cielo
aperto" si è finora operato con successo per stabilire un
rapporto di fiducia tra uomo e animali, consentendo esperienze
uniche che attirano la visita di crescenti quantità di turisti:
in nome di quale valore superiore lo Stato dovrebbe indietreggiare
sulla strada della tutela e del rispetto della natura intrapresa
dieci anni fa?
Proprio perché, al di fuori dei Parchi, esistono ambiti nei quali
è possibile esercitare la caccia, l'accennato progetto
legislativo -insieme ad altri che tendono a indebolire la tutela
degli ecosistemi- non trova alcuna giustificazione e rivela una
incolmabile distanza culturale dai principi e dalla lettera della
legge 394 del 1991.
Così
altre recenti misure in tema di aree naturali protette suscitano
fondate preoccupazioni al pari di annosi e irrisolti problemi:
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la
riduzione delle risorse stanziate dalla legge di bilancio
2002;
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la
minore attenzione alla tutela del patrimonio naturale e
culturale oggi salvaguardato dal Sistema delle aree naturali
protette: una minore tutela che si vorrebbe compensare, o
peggio premiare, attraverso una maggiore attribuzione di
risorse finanziarie per discutibili interventi di un non
meglio precisato "sviluppo";
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il
prevalere di interessi particolaristici, testimoniato
emblematicamente dalla riduzione territoriale dello storico
Parco naturale regionale del Monte di Portofino, è
responsabile anche delle difficoltà in cui si dibattono
alcune aree protette e del ritardo nell'individuazione di
parchi in siti di eccezionale rilievo come quelli del Monte
Bianco, delle Alpi Tarvisiane e delle Bocche di Bonifacio;
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la
mancata attuazione dei Parchi nazionali del Gennargentu, del
Delta Padano, della Val d'Agri, della Sila, territori esposti
al pericolo di pesanti aggressioni;
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l'insufficiente
attenzione alla tutela del mare e delle coste -ancor più
grave in un Paese come l'Italia- testimoniata dall'estensione
assai ridotta delle riserve marine esistenti e dalla gestione
insoddisfacente di buona parte di esse; nonché la
soppressione dell'Istituto Centrale per la Ricerca Applicata
al Mare, un arretramento dalla posizione di guida conseguita
dall'Italia in campo europeo e mediterraneo sul piano
scientifico, gestionale e formativo;
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Il
tentativo di annullare i vincoli paesaggistici all’interno
dei parchi nazionali: un’area protetta potrebbe divenire così
– paradossalmente - una sorta di “zona franca”, in cui
le aggressioni ai beni culturali, aree archeologiche e beni
ambientali sarebbero incoraggiate rispetto alle aree esterne
al parco;
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la
mancata adozione di adeguati provvedimenti di tutela delle
aree già individuate nell'ambito della rete Natura 2000 in
attuazione delle direttive dell'Unione Europea sulla
conservazione degli habitat naturali e della fauna selvatica.
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Le
aree naturali protette sono una ricchezza per il nostro Paese ed
un impegno verso l'Europa ed il mondo intero. La conservazione del
patrimonio naturale e storico, non costituisce soltanto un
imperativo morale di ogni paese avanzato, ma è anche una
insostituibile opportunità per una nuova e qualificata
occupazione di numerosi giovani, per l'economia turistica per la
ricerca scientifica.
Signor
Presidente, Le chiediamo che, nell'esercizio delle funzioni che la
Costituzione assegna alla più alta magistratura della Repubblica,
Ella voglia rendersi costantemente interprete della volontà della
Nazione di preservare le conquiste raggiunte con la legge n. 394
del 1991 vigilando sul rispetto di quei valori ambientali e
culturali che, per ripetere la celebre definizione di uno statista
del secolo scorso, rappresentano la misura della civiltà di un
popolo.
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