Gatto
Felice
Nero
e piccolino, Felice non riesce a vedere oltre l'erba alta del prato.
Si
sente molto teso e con tutti i nervi a fior di pelle, ad ogni minimo rumore
si acquatta immediatamente, per potersi nascondere.
La
luna piena sparge i suoi tenui raggi dorati, ma Felice sa che nella notte
il suo manto nero lo aiuta a non farsi vedere: deve stare solo molto fermo,
immobile, anche la coda immobile, per evitare che qualche mangiatore di
gattini se lo possa sbafare.
Un
albero !
Le
grandi radici formano un bell'anfratto in cui ci si puo' nascondere.
Lentamente
e con grande prudenza, Felice si avvicina.
Annusa
l'aria sentendo odori di animali sconosciuti, ma odori vecchi, leggeri,
adesso la piccola grotta tra le radici è vuota, ed è vuota
da tempo.
Le
sue vibrisse, i baffoni che lunghi gli sono nati sulle guance, lo aiutano
ad evitare rametti e spine, mentre si avvicina ventre a terra.
Dentro
la terra e' fresca, profumata, e Felice si appallottola stanchissimo dopo
una giornata passata a camminare senza riuscire a ritrovare la sua casa,
la sua mamma. Ha fame.
La
mattina aveva mangiato con gusto quelle strane cose croccanti che la bambina,
Martina, gli aveva portato.
Gli
piaceva farsi accarezzare, e strusciava il musetto sulle sue caviglie per
lasciarle addosso il suo odore e poterla sempre riconoscere.
Poi
e' arrivata la mamma della bambina, dolce anche lei, e l'aveva messo in
una scatola, poi sono entrati in uno spaventoso affare rombante.
Che
paura, ma sentiva l'odore di Martina, e si e' tranquillizzato addormentandosi
nella scatola.
Si
e' svegliato sentendo che la scatola veniva sollevata, poi appoggiata a
terra, si e' affacciato sul bordo e ha visto solo tanta erba alta.
Roammm.
Il rumore della macchina che ripartiva.
Da
quel momento aveva incominciato l'esplorazione di quel posto, prima divertendosi,
anche se sempre intimorito, poi cercando la strada di casa, ma senza riuscire
a trovarla.
Tutto
e' silenzioso attorno, e Felice si addormenta, stanco e affamato.
La
notte e' tiepida e i grilli suonano la loro lunga serenata, mentre le lucciole
si rincorrono sull'erba giocando a nascondino con le loro piccole lanterne.
Il
sole illumina il prato e Felice apre gli occhi.
Che
fame! FRRRR .. FRRR... Un rumore sconosciuto lo fa destare completamente,
si affaccia all'ingresso del buco tra le radici dove aveva dormito per
vedere e annusare cosa succede.
Uno
strano animale, poco piu' grande di lui, sta rovistando nell'erba.
Felice
si appiattisce al suolo, l'animale non da segno di interessarsi a lui.
Felice decide di avvicinarsi, con passo lento, silenziosamente, si mette
dietro a quello strano animale.
Si
avvicina.
Ancora
piu' vicino, non si accorge di lui.
L'odore
e' forte.
Adesso
gli e' molto vicino e con la zampetta Felice lo tocca, per capire le sue
reazioni.
AHI!
Si allontana subito, punge!
-
Beh, gattino sciocco, che ti salta in mente? - Gli dice quell'animale girandosi
e avvicinandosi.
Non
ti permettere di avvicinarti ancora, adesso ti faccio vedere chi sono,
pensa Felice.
Si
ingobbisce al massimo, alza alta la coda mentre tutto il pelo si drizza.
E
con tutto il fiato che ha urla "FFFFFFFFFFFFFF - Stai lontano che e' meglio
per te! -
-
Va bene, come sei permaloso. Guarda che sei stato tu a venirmi vicino -
Risponde lo strano animale pungente girandosi e ricominciando a rovistare
tra le foglie.
Felice,
lo osserva diffidente, poi si avvicina nuovamente e alza la zampetta.
E
no, questo punge, allora gli gira attorno per vederlo meglio.
Alla
fine si decide - Chi sei? -
-
Io ? Chi sono io ? Tu chi sei, e cosa ci fai nel mio giardino ? Comunque
io sono Riccio Rita. -
-
Io sono Gatto Felice, e ho una fame terribile - Risponde Felice contento
di poter scambiare qualche miagolio con qualcuno, finalmente.
-
Allora datti da fare e cerca da mangiare, come faccio io - Risponde Rita
un po' irritata per essere stata distratta dal suo cercare.
-
Ma non ho da mangiare, Martina non e' venuta a portarmi la ciotola, non
so dove sono, la mia mamma non c'e', ho dormito da solo e ho avuto un sacco
di paura. Ho fame! - Felice per la prima volta in vita sua sentiva uno
strano peso al cuore, e aveva una voglia irresistibile di miagolare triste.
-
Piantala di frignare, intanto bisogna riempirsi lo stomaco, poi si vedra'
per il resto. Seguimi e ti insegno come cercare da mangiare - Risponde
severa Rita, poi si addolcisce un poco - Dai seguimi che ti vedo davvero
poco scaltro, prima che tu possa metterti nei guai. -
-
Mi dai da mangiare? - Chiede speranzoso Felice.
-
Certo che no! -
-
Allora? - Cominciava a pensare che Rita lo volesse prendere in giro.
-
Ti insegno a trovarlo, solo cosi' potrai sempre mangiare, e non solo quando
ti portano una ciotola di latte caldo, che anche io adoro - Felice si mise
cosi' dietro Rita, che rovistando trovo' un bel vermetto marroncino grasso
grasso.
Lo
fece vedere a Felice che si rifiuto' assolutamente di mangiarlo, indignato
e disgustato.
Rita
lo mangio' con gusto e ricomincio' la ricerca, trovando un grosso calabrone
che ronzava vicino ad un fungo.
Con
inaspettata rapidita' lo catturo' e lo gusto', mentre Felice osservava
perplesso. - Eccone un altro, prendilo Felice! -
Non
se lo fece ripetere due volte, e con un balzo lo agguanto' tenendolo sotto
una zampa. - Bravissimo! Adesso puoi mangiare! -
Ma
Felice lo assaggio, era molto amaro, poi ci gioco' e alla fine il calabrone
scappo via.
Felice
aveva proprio fame.
-
Non posso mangiare queste cose, sono disgustose! -
-
Se le mangio io lo puoi fare anche tu - Rispose Rita, bofonchiando tra
se su quanto erano diventati sciocchi i gattini di oggi, una volta si che
erano svegli e in gamba.
Oggi
alla prima difficolta' non sapevano piu' come cavarsela, non conoscevano
i rischi e i disagi, ma era inutile parlarne, lo sapeva bene, aveva allevato
tante nidiate di riccetti che erano tutti diventati svegli e in gamba.
I
cuccioli devono imparare a cavarsela imparando dal buon esempio, non servono
a niente mille consigli.
Alla
sera Felice aveva una fame terribile, non aveva mangiato niente e pensava
che aveva perso un giornata a seguire quella stupida di Rita invece di
cercare la sua casa, ma non sapeva proprio in che direzione andare.
Rita
lo saluto', dicendo che sarebbe tornata il giorno dopo a prenderlo.
-
Portami con te, non hai detto che ti danno del latte? - Implora Felice.
-
Assolutamente no ! C'e' il cane Bruto che non vede l'ora di papparsi un
gattino come te. Dormi e ci vediamo domani, ti passero' a prendere alla
stessa ora - e Rita si allontana.
Felice
ha una gran voglia di miagolare ma... magari lo sente Bruto e passa per
papparselo, meglio di no.
Ma
la fame e' tanta, come fare?
Non
puo' prendere sonno.
Si
mette a smuovere le foglie disperato, cercando qualcosa.
Dopo
un'ora torna al suo buco leccandosi i baffi.
In
fondo bastava abituarsi al sapore, aveva preso tre vermi belli grassottelli,
due cavallette mezze addormentate, aveva trovato anche un pezzetto di pane
abbandonato da chissa' chi, e alla fine era riuscito a trovare anche un
piccolo nido di lucertola sotto la corteccia dell'albero riuscendo a mangiarsi
sette uova gustosissime.
Ma
quello che piu' gli aveva dato soddisfazione era catturare un piccolo serpentello,
di cui aveva mangiato solo un poco la coda, ormai era sazio.
Lo
aveva disteso davanti alla sua tana, un regalo per Rita, adesso cominciava
a capire quanto paziente era stata con lui.
Adesso
ricordava quante volte la mamma gli aveva detto di seguirla nella caccia,
ma lui si divertiva a giocare con Martina, a correre dietro ai fratelli,
a mangiare le buone cose che gli portavano ogni giorno, ad appisolarsi
sul divano quando riusciva ad intrufolarsi in casa.
Il
giorno dopo Rita arrivo' puntuale, si divisero quanto rimaneva del serpentello
e ripresero la ricerca del cibo, aiutandosi a vicenda.
Felice
si sentiva piu' sicuro adesso, almeno aveva imparato a trovare da mangiare.
Rita
lo porto' vicino alla casa e gli fece vedere come evitare il cane Bruto,
assieme cercarono un buon rifugio per dormire, in alto, nascosto sul pollaio,
dove Bruto non si poteva avvicinare.
Poi
lo porto' alla ciotola del latte, e con un piacere mai provato felice tuffo'
la lingua nello splendido liquido bianco, schizzandosi fino alle orecchie.
-
Perche' ieri non mi hai portato qui Rita ? Sei un'egoista! - Soffio' arrabbiato
Felice
-
Avresti mai mangiato i vermicelli se avessi avuto il latte a disposizione
? -
-
Assolutamente no! Anche se adesso posso dire che sono gustosi anche loro.
- Disse Felice leccandosi i baffi imbrattati di latte.
Aveva
imparato qualcosa di importante, adesso lo capiva.
Aveva
imparato che miagolare quando si aveva fame serviva solo se c'era Martina
nei paraggi, e adesso lei non c'era!
Passo'
una settimana intensa in cui imparo' tantissime cose, e gli sembrava di
averne imparate piu' che in tutta la sua vita.
Imparo'
come si attraversa la strada, che le tartarughe mordono e le galline beccano,
meglio non irritarle.
Che
dal gallo poi e' proprio meglio girare alla larga, come da Bruto.
Divento'
amico con i padroni della casa che gli portavano una ciotola di latte ogni
sera tutta per lui, a fianco di quella di Rita.
Diede
la caccia agli uccellini, senza successo pero', per loro fortuna, mentre
meglio gli andava con i serpentelli e le lucertole.
Quella
mattina senti' la voce di Martina che lo chiamava, e corse al cancello
miagolando.
Quante
carezze, baci, stropicciate gli dava Martina, mentre felice ronfava a piu'
non posso.
Martina
lo mise nella cesta della bicicletta, ma Felice scappo' giu', doveva salutare
e ringraziare Rita.
E
cosi' fece, prima di tornare dalla bimba.
Osservo'
bene la strada tornando a casa.
Fu
una gioia immensa incontrare la sua mamma che lo lecco' tutto dalla testa
alla coda, aveva voglia di sentire di nuovo il suo affetto.
Mangio'
con gusto i biscottini e il latte, ma non si ingozzo, voleva catturare
qualche insetto per non perdere mai piu' le buone abitudini.
Si
accuccio' sulla finestra della cucina per ascoltare la voce di Martina
che tanto gli era mancata.
-
Mamma ho ritrovato Felice! -
-
Martina, lo sai che non possiamo tenerlo qui, il babbo e' allergico al
pelo e non vuole -
-
Stara' fuori, come Milli, la sua mamma. -
-
Va bene, ma come hai fatto? -
-
Ho capito che lo avevi portato via tu, sapevo che lo avresti portato in
un posto dove se la sarebbe potuta cavare, cosi' quando sei tornata ho
guardato quanto tempo ci hai messo e i km della macchina.
Con
una cartina ho cercato tutte le case raggiungibili e in bicicletta, ogni
giorno, ne visitavo una o due.
In
una settimana sono riuscita a ritrovare la casa giusta, ed infatti Felice
mi e' corso subito incontro.-
-
Mi dispiace averlo fatto Martina, ti prometto che non succedera' piu' -
La mamma abbraccio' la piccola, felice di capire quanto era sveglia, testarda
e intelligente.
Non
aveva pianto, non gli aveva chiesto niente ne si era disperata quando non
aveva trovato Felice, si era data da fare !
Felice
si leccava contento una zampa, adesso sarebbe andato a caccia.
Era
contento di avere una amica come Martina, sveglia come era diventato lui,
non come tanti gattini e padroncini di oggi solo capaci di piangere e di
dimenticarsi in fretta degli amici.
Felix