LETTERA AI COLLEGIALI

Milano, 14/07/1998.

 

Prima di tirar sassi...

 

Cari ragazzi,

questo scritto è per voi. Raccoglie tutto quello che, il vero Palazzo, vuole dirvi. Il Noi è riferito a chi, in questi anni, mi è stato accanto, criticandomi anche, com'era giusto, ma con parole e atteggiamenti chiari, gli altri, il rimprovero, se lo sentano addosso.

 

Non accettiamo d'essere considerati, noi, i corruttori del collegio, perché non è vero.

 

Certo, in tanti anni, si realizza una trasformazione che ha, necessariamente, delle scorie, determina contraccolpi, genera squilibri. Rispettando, tragicamente, gli altri, desideravamo essere rispettati, a nostra volta, in qualsiasi momento. Noi rappresentiamo idee, ricchezza umana e stabilità amicale, della quale, il Collegio, ha bisogno e non può farne a meno. Sotto il falso perbenismo e neoilluminismo d'alcuni, si nasconde, invece, il vero volto, fatto d'esistenze opache.

 

Analisi della vita collegiale

 

Dovrò fare un amaro e lungo sfogo, perché sento il dovere di togliermi qualche peso dalle spalle.

La mia avventura era iniziata con tanti sogni, tanta voglia di fare e, soprattutto, con la mia vita da costruire. Milano m'affascinava e volevo respirarla fino in fondo. L'università tanto sognata sui banchi del liceo, mi s'apriva ed io, ragazzo pieno di speranze, desideravo entrarci. Ora, senza perdermi in inutili ricordi, ho vissuto senza più stimoli, ne affetto, il Collegio. Peccato mi dico, perché pensavo di poter cambiare, in meglio, il posto in cui ho alloggiato. Alloggio è usato a proposito. Questo sta diventando! Le colpe sono delle persone che ci vivono, che fanno il Collegio, che vi creano la vita. E’, forse, fare il Collegio stare sempre a giocare nei cucinini? Piacerà, sicuramente al direttore, che ha meno gente pensante cui badare! Si va verso il lassismo, che sta portando lentamente alla decomposizione il corpo collegiale.

Il Collegio è morto.

 

Me l'hanno ammazzato le istituzioni ottuse, ma finte benpensanti, le Spie succedutesi negli anni, la Signorina Ghezzi, prima a rispondere nelle liturgie e ultima a darsi da fare per gli studenti. Lei è stata senza cuore, quando si parlava di me, e, delle tante azioni negative, che ha accumulato nella sua malsana carriera di fustigatrice dei vizi altrui, voglio ricordare quando, con passione, ti sgridava in malo modo, dimenticandosi, che era pagata da noi, per altri fini. Tanti erano gli sgarbi subiti da lei! Tu cosa dovevi fare? Subire e per carità non insultarla, o contraddirla, è vecchia e certe parole, vedi Terrone, lei le può dire.

La vita mi ha riservato tante esperienze ed io accetto questo mio passaggio, nel collegio, in modo corretto. Di sbagli ne ho, anche, commessi, ed ogni volta ho cercato di rialzarmi, come meglio potevo. E' stato tanto il tempo perso, tanto il lavoro svolto, senza mai essere ricompensato, con un gesto o un sorriso! No, non ne avevo bisogno, ma come si dice, il sorriso fa risparmiare più attività ai muscoli, che una sfuriata.

Di ragazzi passati negli anni ne ho visti tanti! Le storie, i loro problemi li ho vissuti anch'io. Di tutti conserverò qualche ricordo bello o brutto, nonostante tanti dispiaceri e malefatte alle mie spalle. E' proprio vero, le cose fatte alle spalle, fanno più male! All'esperienza mia, e d'altri ragazzi, piena di progetti e di speranze, si è voluto sostituire, un non progetto, di pura continuità e durata. A chiunque ha voluto e voglia, travolgere e distruggere, globalmente, la nostra esperienza collegiale, a chiunque voglia fare un processo morale, dico di scagliare per primo la pietra! Noi non l'accettiamo e non meritiamo, un giudizio negativo, che marchia la nostra esperienza con l'infamante sospetto, in questa sorta di cattivo gusto collettivo. Intorno al rifiuto dell'accusa che in noi, tutto e tutti, siano da condannare, noi facciamo quadrato, davvero.

Ogni nostra azione, ha trovato nella maggior parte di voi, dibattiti collegiali grigi e privi di vibrazioni umane, come non mai. E' stato facile, per molti, chiudere il mercato delle opinioni, riducendole a poche e malfondate. Non avete avuto né opinioni, né notizie fondate!

Abbiamo dimostrato quanto, negli anni, s'acquisisca in efficienza e capacità di tenuta, contro il disordine sociale e morale che avanza.

Ogni volta, bastava far balenare un sospetto, o una frase di troppo a favore di qualcuno, per far spostare, immediatamente, l'opinione comune, dall'altra parte: << Non puoi mica essere con Palazzo e i suoi stupidi amici! >>. C'è stato un relativo compattamento e un'omogeneizzazione dei collegiali, l'appiattirsi su sterili posizioni e un crescente predominio, dell'affarismo, sulla civiltà. L'intero collegio appariva, allo stesso tempo, paralizzato e sovreccitato, dall'evento della nostra, Cacciata.

La fretta d'alcuni, semplificatoria ed irrigidente, non porta a nessun risultato, come accade con una politica più silenziosa, di tempi lunghi. La glaciale freddezza, di molti collegiali, è preoccupante. Il coraggio d'essere se stessi, d'essere coerenti, anche se diversi dal contesto sociale, l'avete? Noi il nostro vivere l'abbiamo pagato e, a caro prezzo!

Del resto, credo che mancheremmo di rispetto verso gli altri, se pretendessimo che essi, si riconoscessero nelle nostre azioni. Diamo in futuro una totale espansione e piene funzioni alla dignità umana delle persone. L'anima l'avete ancora, quella sì, tant'è che è sempre in vendita, per una misera riammissione o per barattare posti di comando, non capendo che le riammissioni, gli sconti, le falsità, i quaderni, non ci faranno Vivere. Bisogna ritornare ad umanizzare l'uomo, ad essere sassi dello stagno, con cristiano criterio.

Rivoluzionario, non è chi rompe, abbatte, non è chi elimina, non è chi va contro qualche cosa. Rivoluzionario è chi è tragicamente in contrasto con l'ordinamento vigente. Il Collegio lo si deve inverare, elevare e rendere migliore. Se si devono amare gli altri, quando vengono da noi stessi contestati, si produce nell'animo umano una tragedia, una sofferenza tremenda. Dovere del cristiano è essere contro l'ordinamento falso, proprio perché l'ama, ma lo vuole conforme a giustizia. O si crea l'uomo, o, non si crea il cristiano.

Bisogna dimenticare i nostri personalismi, le nostre preoccupazioni per il domani e darsi da fare per risolvere i problemi collegiali. Il futuro non lo s'aspetta o lo si subisce, lo si deve costruire.

Io sto con quelli che hanno sbagliato, che fanno nuove promesse, con coloro che hanno un cuore che batte, sul serio, sto con quelli che si sono persi, sono caduti, ma alla fine, rialzano il capo e agiscono, fuori, dalla torbida fiumana del Regime autoritario direttoriale, smorto, come chi lo crea o l'alimenta. La sua conseguenza è scontata, e s'esprime nell'asservimento della gran parte dei collegiali, ai detentori di qualche potere, o alla critica nelle camere, e non, davanti alle persone, come, alcuni, hanno avuto il coraggio di fare e per questo, li rispetto, ancor di più!

Ricreiamo le condizioni perché l'uomo sia se stesso! Non fatevi mancare la prospettiva di un futuro da ricreare con unità d'intenti e in cui arrischiarsi per rimediare alle ingiustizie. Nel collegio, fatto di gruppi, di centri di potere mascherato, di solitari, di finti mediatori, io, sono stato, soltanto, me stesso. Nell'intero arco della mia vita collegiale, per questa posizione, espressa con fermezza, sono andato incontro a diffidenze e ostacoli. La libertà d'andare a testa alta, non cala dall'alto, ma è da conseguire con sforzo continuo e duraturo. Conviene, dunque, trarre esperienza dalla storia d'ieri, non distruggerla, esperienza che raccolga, quanto di buono si è fatto, e, con scrupolosa osservazione, scorga difetti ed errori, compromessi vergognosi e piccole ambizioni, di chi vi ha preceduti, e cerchi d'evitarli al nascente nuovo collegio.

Altrimenti? Altrimenti non aspettatevi dalla storia un benevolo giudizio o, la vostra crescita. Infatti, a coloro che si sono limitati a guardare nel silenzio e nell'apatia, il lento svolgersi di questa catastrofe, chiedo, in quale pagina della storia meritate d'essere inseriti? Spero che, nelle vostra vita, seguiate sempre gli insegnamenti cristiani e non siate, servili, con nessuno, dopo aver capito che, per possedere la libertà, bisogna essere degni di questo tesoro incomparabile, offertoci da altri. Diritti e non privilegi occorre avere!

Mi hanno spiegato, che ho commesso molte ingenuità ed errori. Dove sono, dove sono mai esistiti uomini, che non abbiano commesso ingenuità ed errori? Io penso che, le mie riflessioni, il mio agire, nato da situazioni concrete, debbano lasciarvi qualcosa. A noi preme oggi, d'aprire un fronte che, riteniamo centrale e strategico, proprio per il collegio. Ci sembra che un direttore troppo preoccupato di sé e della propria sopravvivenza, piuttosto che, dei programmi, dei progetti, dei valori di fondo e della ricerca dei mezzi idonei per realizzarli e renderli cosa vissuta, troppo attento alle mosse, piuttosto che, alle proposte, troppo chiuso nei propri circoli, piuttosto che, capace d'andare nelle camere, in alcune camere, un direttore così, non è capace di coinvolgere, in tutto, la gente. Ci sembra, altresì che la cultura collegiale corrente, così corriva con l'egoismo e il privato, salvo sbottare di tanto in tanto in manifestazioni rischiose e senz'anima, di giustizialismo esasperato o di rifiuto insensato e talvolta disfattista, non aiuti certo a far capire che fare il direttore, lo studente, non può non essere un servizio e non tanto il puro esercizio di un potere, su un territorio immoto. Sarà il collegio a svegliare il direttore o non vale la pena di credere, ancora, che egli possa fare qualcosa per svegliare il collegio? E a quali condizioni? Con quali contenuti?

Chi si è radicato sotto le spalle del direttore o nel solitario mutismo, dovrebbe, se non vuole, squallidamente, finire, rendere concreto, quello che, altri hanno annunciato, visto che si trovano all'interno del potere. Io, mi sono presentato come profezia, un molto anticipato segno dei tempi che passano. I momenti per riaprire gli occhi ci sono, li ho, li abbiamo dati, ma quegli occhi, tranne brevi sussulti, si sono richiusi, in modo grave e drammatico. Il lurido egoismo, l'orgoglio sconfinato, la mania di preponderanza e di primato, il timore di cadere o di finire, se non si è ossequiosi: ecco gli incentivi della politica collegiale vigente.

Se si rimane in porto, non si conoscerà, mai, il mare infinito! Finché l'élite è piena di forza e di vigore le divagazioni dalla retta via, non sono accolte che, in una piccola cerchia d'intellettuali, letterati, di poeti, di dilettanti, ma quando l'élite è in decadenza, divengono patrimonio della maggior parte delle persone che la compongono. Non bisogna confondere la benevolenza del forte, con la viltà del debole. Essere in grado di difendere i propri interessi e il proprio diritto, avere sufficiente padronanza di se stesso e benevolenza per i propri simili, da arrestarsi giusto al punto in cui si comincerebbero ad invadere, gli interessi e il diritto altrui, è caratteristica del forte. Al contrario, mancare di coraggio necessario per difendersi, rinunciare ad ogni resistenza, rimettersi alla generosità del vincitore, addirittura spingere la viltà, fino ad aiutarlo e facilitargli la vittoria, è la caratteristica dell'uomo debole e degenerato. Il resto è corollario. Molti, si sappiano ritrovare in queste parole, anche gli insospettabili. C'è bisogno di un nuovo soffio vitale per evitare l'arcipelago di piccoli atolli, fatalmente gravitanti nell'orbita del direttore, che ha conservato con tattica gramsciana, la pseudo-maggioranza dei numeri e del consenso.

Il patrimonio che abbiamo nelle mani ricordatevi, può essere deturpato dai prestiti ad un futuro nebbioso e scuro, un futuro, che molti hanno cercato di dipingere per altri. La camicia di Nesso, allargata dalla pertica persiana verso gli amici, in cui il direttore s'avvia a tenere il corpo collegiale, va strappata e sostituita da nuovi progetti, valori, idee, da una nuova morale, forse, guarda caso, la Cattolica, così tanto sbandierata, e da cui siamo tanto lontani. Ma vedilo, proprio lui parla, lui che... Non saranno, spero, questi i commenti, perché io, avrò anche sbagliato, ma ho fatto molta autocritica, ho ritrovato la forza di criticarmi e criticare il collegio, i suoi presunti pregi e d'indicare una Via, proprio perché, la gente cambia!

Certo, non è per la prima volta, che sentirò mugugni e scorgerò comportamenti poco coerenti! V'affannate tanto a chiedere l'abrogazione dell'ergastolo, e poi ci condannate senza appello, senza prove, senza una seria riflessione: meritiamo un mese e più di sospensione, questa, è una delle affermazioni, meno infamanti, che ho sentito.

C'è stato, sempre, un caos informativo e deformativo, che, fatalmente, ha dato il risultato di un collegiale che perde fiducia, non si raccapezza e, alla fine, prenderà le distanze dalle istituzioni, se ne servirà per avere favori, o comincerà a disprezzarle, collocandole in un'uniforme inaffidabilità. Tutto, ha un sapore amaro, che lentamente crea assuefazione e trasforma le persone, in automi, in meccanismi protesi solo a muoversi, mangiare, godere. E' duro da capire che spezzando i legami d'amicizia, coltivando i disaccordi, il vuoto, avvolge il collegiale e diventa semplice assenza. E' il nulla che risucchia l'essere, è l'inconsistenza della coscienza e della vita. La nostra esistenza, non può diventare un corteo d'illusioni perdute.

Il risveglio della coscienza collegiale ci vuole, più forte di qualsiasi istituto fazioso. Fuori i finti mediatori, fautori del conciliare l'inconciliabile, dei compromessi al ribasso, purché ci sia io a comandare, ai quali, non va bene che ci sia un estremista, poco si concilia, poco si media.

Quando non si vede bene cosa c'è davanti, viene spontaneo chiedersi, che cosa c'è dietro, e dietro tutto, c'è sempre Palazzo! La realtà può essere odiosa quanto si vuole, ma con l'evaderla, con l'addossare colpe presunte su un gruppo, non s'afferma certo la dignità dell'uomo. Al contrario, questa dignità consiste proprio nel vedere la realtà com'è, e nel reagire ad essa, in modo responsabile. Sotto questo aspetto, il collegio, somiglia più ad un canneto, che non, ad una selva di querce. Non siate canne al vento! Quanto adescamento bugiardo, quanta mancanza di verità, d'onestà, per conseguenza, quanto degrado generale, non voluto, eppure acconsentito, per necessità di una qualche vita. Diamo testimonianza di carattere quando si tratta della verità e dell'onestà: <<..sta come torre ferma che non crolla / giammai la cima per soffiar di venti...>> dice Dante! Solo il coraggio di testimoniare picchiando il non licet in faccia ad Erode, questo ci deve guidare. Ognuno, ha questa responsabilità, dinanzi alla nostra coscienza umana, perché la legge che ci sostiene è universale, ancor più, dinanzi alla nostra coscienza cristiana, informata e sostenuta dalla fede e dalla morale di Cristo, che male fa, il non saperla sempre vivere.

Il potere tende ad accumularsi in coloro che sono astuti, privi di scrupoli, avidi, arrivisti, privi di comprensione e di compassione, naturalmente servili verso l'autorità e pronti ad abbandonare i principi morali per i guadagni materiali. No, io voglio distruggere il sogno Ludovico. Esiste un gruppo che ha avuto il compito di nascondere l'evidenza, di travisare il funzionamento del potere, di tessere una ragnatela mistificatoria, con la quale s'esaltano gli scopi trascendenti e totalmente benefici che guiderebbero la politica direttoriale, o peggio, si sfrutta ogni occasione, per seminare zizzania, sposando alcune cause pseudo giuste, in una sorte di crociata dei puri e, sentendosi investiti, da chissà quale compito. Ci sono poi, gli opportunisti, i vani aspiranti a poltrone, gli impreparati alla bisogna pubblica, che fanno nascere pseudo misteri, altro gruppo bello compatto! I soldati di queste crociate erano e sono, sempre molti. Dai falchi e dalle colombe ci s'aspetterebbe di più, visto che erano pronti a salire sulle barricate, per cartelli, frasi non dette, sospetti a mezz'aria, pronti a stracciarsi le vesti per magliette, provoloni, ecc., pronti a chiudere ogni cosa col Silenzio, eloquente, e solo apparente. C'è tutto un sistema d'illusioni e autoinganni, una conventio ad tacendum, che forma l'intelaiatura, entro la quale, si svolgono discussioni e dibattiti. Se uno non è all'interno di quel sistema, d'illusioni e autoinganni, ciò che dice, resta del tutto incomprensibile agli interlocutori. Subito, si diventa disfattisti, polemici, provocatori, pieni di sé, isolati, esauriti. Peggio se quel qualcuno non allineato, ha la sfortuna di chiamarsi Palazzo! L'allusione a lui, diviene scontata: <<... non merita il collegio... chi ha dimostrato di non condividere la proposta educativa del collegio (proprio quella e non un'altra che magari si è creata a sua immagine e somiglianza) >> e ancora:<< ...sono già da qualche tempo un problema per la tranquillità di tutto il collegio >>. Chi è stato sospeso? Chi incarna il Male, in collegio? Facciamo quattro conti e il totale darà sempre: Palazzo! Bene, bravo direttore, DIMETTITI, che fai meglio! E' chiaro, a coloro che assumono funzioni di guida, che diventano tutor o hanno altre etichette consimili, ai compagni di merende, agli "amici del direttore", insomma, non va a genio la presenza di Palazzo e del suo Branco. A questa mala gente dico: nessuno è superiore alla condizione umana e alle sue contraddizioni, neanche i Titani. Accelerare lo sfascio, per propiziare la rinascita, è compito degli dei. Non confondiamo storia e metastoria! Agli uomini spetta fare la propria parte con onore. Il doppiopesismo, spacciato per sensibilità degli educatori, ha coinvolto tutto il collegio. Allora, se si scrive negli ascensori: Direttore Suka e altre cose consimili e condannabili, apriti cielo. Compaiono le scritte contro Palazzo, Renna e compagni, Silenzio, non ci s'indigna più, di colpo, solo, ogni tanto, qualche mano benevola cancella qualcosa. Anzi, credo che ognuno, vorrebbe aggiungere del suo a quelle epigrafi e, col Silenzio, lo fa. Si scrivono comunicati di fuoco per dire sempre le stesse cose, riproporre, sempre, le stesse false accuse, poi m'arrivano abbonamenti, pacchi, ecc., ma sono sempre io che me li mando, non è vero? Gavettone d'acqua e si è sospesi, allagamenti, litri e litri d'acqua al 3° piano o altrove: NULLA, anzi, si vede, ma non s'agisce. Se provi a far notare qualcosa, devi guardare al tuo caso personale, perché qui non siamo alle elementari, e poi, non preoccupatevi, giustizia sarà fatta, tanto i recidivi ci sono! Si fanno urla e schiamazzi, si festeggia, si sporca tutto, e non succede NIENTE. La lista di comportamenti, così coerenti, è lunga, non continuo, per non infierire! Questa è la stanca passerella della vita.

Lo dicono le cifre, non le opinioni, che quest'anno si è fatto poco in alcuni campi, in Collegio. In mancanza di un progetto che passi, dai tanti documenti d'archivio sui collegi, alla vita reale della comunità, continueranno solo, l'arretramento perdente della ricerca del minor male, la rassegnazione alle strategie dei poteri egemoni e la sfilata delle piccole comparse, con le piccole polemiche, di piccoli uomini del paese di Lilliput. Certo, per rendersene conto, occorrerebbe scendere sulla terra, aprire finalmente gli occhi, sturarsi il naso e incassare, magari, anche un'altra sconfitta, quella di chi, in collegio, vedendosi per incanto riammesso, con lusinghe e carezze dal direttore e Palazzo con i suoi sospeso ingiustamente, ha creduto d'aver trionfato.

Essere o non essere con Palazzo? Lui è un taglio netto sulla pelle o si sta da una parte, o dall'altra: più di mezzo collegio gioisce, quando l'altra parte s'arrabbia per le ingiustizie, protesta, ecc., ma cosa importa, sono loro che sono meschini! I limiti della decenza e dei toni, imponevano un confine raramente rispettato, pieno di molte deroghe, come solo il buon cuore del direttore, sa fare. E' sempre stata così, per salvare l'orgoglio della differenza e dei campanili, occorre fare un'autodifesa contro il comunismo mentale e l'appiattimento dei sentimenti. La maggior parte dei collegiali inneggianti o silenziosi per una mia qualsiasi sconfitta, sono lo specchio di un sistema che, difficilmente appoggia qualcuno o qualcosa, prima d'aver demonizzato chi la pensa diversamente. Si delegittima in modo direttoriale, il nemico, facendo balenare piccole debolezze, creando il mostro, facendolo ispiratore di trame occulte e voci infondate, ecc. S'urla contro, quando non si è capace di fare niente per. Così va il mondo, anzi il Paese dei santi, poeti e navigatori, capaci d'affondare felici con la loro zattera, a patto che, ci sia un Titanic qualunque, che va a picco, con la sua orchestrina che suona e suonerà sempre, il controcanto.

Solo i più insensibili possono sottrarsi a queste riflessioni! Ma, non vi siete mai chiesti, voi, parte sana del collegio, se in 6 sbagliano, noi facciamo le cose giuste? Se sbagliano in 6 è condannabile, ma se, per caso, sbagliano in 20 o 30? Possibile, tutto il male da una parte? Ciò che le persone pensano non conta, non è troppo importante, conta molto di più quello che fanno: devono obbedire e la loro obbedienza è garantita, anche, con lo spettro delle non-riammissioni.

E' necessario, è vero caro direttore, creare una cornice che delimiti un pensiero accettabile, racchiuso entro i principi della religione del Regime. Ma se i fatti sono lì a dimostrare eventi discordanti dalla tua storia? Non importa, inizia subito la controinformazione tua e degli strilloni di regime, e tu godi. Tali principi non devono necessariamente essere affermati, anzi, sarebbe meglio darli per scontati, viste le persone, come semplice e implicita cornice del pensiero pensabile. I servi del regime accettano questa cornice del pensiero pensabile, senza discussione, limitando le proprie critiche alle questioni tattiche, alle piccole vendette incrociate, al rinfacciarsi i torti. Non contenti i servi, purtroppo, per le belle opinioni fatte circolare in collegio, iniziano la propaganda nefasta negli altri collegi, soprattutto femminili, dov'è facile che i pettegolezzi circolino, in Università, ecc. Una ridda di voci, insomma, che mi viene riferita da gente insospettabile, mai vista o sentita. Io so e, non dimentico! Una piccola guerra psicologica, per uomini troppo cretini, troppo -ini. Se i ragazzi perbene, vogliono ottenere il rispetto, ed essere ammessi al dibattito, devono accettare, senza fare domande, la dottrina fondamentale, secondo cui, il direttore, è di per sé buono e guidato dalle più nobili intenzioni, cerca solo di difendersi, e non si presenta come soggetto attivo nelle questioni, ma semplicemente reagisce, come non farlo, di fronte ai crimini altrui, talvolta incautamente, a causa della propria ingenuità, della complessità della storia o dell'incapacità di comprendere la malvagità dei suoi nemici, ma guai a biasimarlo, questo sant'uomo. Verrebbe voglia di raccomandarlo, per farlo andare via da questo posto, e troviamola, questa raccomandazione! Se molti adottano queste premesse, tra i collegiali e finanche i preti, senza discuterle, sentendo solo una campana, ben sapendo che le campane sono più d'una, schierandosi sempre in sua difesa e mai, discutendo con tutti, allora l'uomo comune si chiede, chi sono io per dissentire, se s'adottano dei provvedimenti duri, un motivo ci sarà! Ecco, il gioco è fatto, è chiuso il mercato delle opinioni. Quest'atteggiamento è dilagante, persistente e incredibilmente efficace nel creare una cornice di pensiero pensabile. La propaganda rappresenta nel collegio, quello che la violenza costituisce per il totalitarismo. Tale affermazione risulta molto oscura, apocalittica, in un sistema di lavaggio del cervello sotto l'egida della pseudo libertà, cui, siete sottoposti e di cui, troppo spesso, fungete da strumenti in/consapevoli. Dice F. Cassano: << Se c'è nella storia qualcosa di profondamente volgare è il suo ossequio servile per i vincitori, la tendenza irresistibile a passare dalla loro parte, a condividerne le ragioni >>. La storia è come il ricordo delle feste collegiali, rimane il nome del cantante, di chi suona, di chi organizza la discoteca, si ricordano, insomma, i vincitori. << Lo spessore umano, l'intero pulsare delle anime, le mille ragioni d'ogni cuore, scompaiono di fronte al ricordo finale. Nel suo desiderio di senso e di certezza, la storia, ha bisogno di semplificazioni, di miti unilaterali, di correre in aiuto dei vincitori. Proprio in questo desiderio di certezza, trova il suo fondamento l'ossequio del mondo a chi ha trionfato: gli uomini hanno bisogno sia di princìpi sia di principi. Sia gli uni sia gli altri, sottraggono la vita all'incertezza, al dubbio, alla molteplicità di possibilità che assedia da ogni lato la realtà. Tutto ciò non riesce a cancellare il vero pensiero, quello che si sente a disagio nell'ordine esistente e rifiuta di ripetere le ovvietà dominanti, di funzionare come lubrificante dell'ordine sociale. Il suo compito, invece, è dilatare la maglia stretta della realtà, renderla multipla, offrire più universi simbolici. Esso deve fare campo sulla linea di confine, laddove s'incrociano sempre i suoni d'almeno due lingue, in un mondo che ha più versi. Chi vince e domina tenta continuamente di far scomparire questa pluralità, di sottrarre al pensiero la capacità di scavalcare i fili spinati dell'ovvio, cerca di chiudere la porta in faccia ad ogni possibilità, vuol sigillare tutte le frontiere. Il nostro difficile, Dio, è proprio qui: non è chiuso in un tempio e prigioniero di un rito, ma viaggia in quell'instancabile equilibrio, che permette la coesistenza di più mondi, che non ha paura delle molte possibilità, ma cerca di smorzare quell'egoismo, che sospinge a vivere mettendo al bando gli altri >>. Scusatemi, ma io, con pochi altri, mi sento il superstite di un'altra stagione. Capitemi, non basta solo guardare, bisognerebbe anche vedere il periodo buio, in cui sarete trascinati. Con noi finisce un'epoca! La vita, non può essere una manifestazione per il nostro disimpegno sociale!

 

Conclusioni

 

V. Messori - M. Brambilla, Qualche ragione per credere: "Siamo portati ad una desacralizzazione dell’esistenza, un'obliterazione di qualsiasi trascendenza, che ci ha fatto ritornare indietro. Sembra banale e, invece, il calcolo e la ragione scientifica non hanno possibilità d’accesso alla totalità dell’uomo, intesa come realtà riproducente bisogni, impulsi, desideri, modi d'essere. Gettati sulla strada lunga una vita, lo siamo già, cerchiamo di renderla, il meno tortuosa possibile! Proprio riscoprire il gusto dell’esistenza, questa breve parentesi tra due insondabili enigmi, e non ridurla ad un gioco drammatico con l’infinito, può essere il nostro scopo. Sforziamoci, allora, di godere un futuro senza tramonto. Non far mai prevalere il secondo me o il secondo il mio gruppo, aiuta l’allenarsi alla riscoperta del noi tutti. Bisogna lasciare spazio ad un io che s'apre ad un tu per fare un noi. Mai presi dalla presenza di forze oscure, parlare d'argomenti, che seppur sembrassero altisonanti, sono insignificanti, ma parlare di ciò che davvero conta. La parola è come il fuoco o il gelo, può accendere un emozione o gelarla. Seguite la verità, ma preparatevi alle sofferenze che vi propone: Veritas odium parit, la verità genera l’odio. Ricordatevi sempre che lo studio va bene, ma che: initium sapientiae, timor Domini. Non dimenticate di tener a bada la snobismo degli acculturati che, hanno la necessità d'adeguarsi al personaggio dell’intellettuale, lontano dal mondo, pieno solo d'ignoranti che non possono capire, il cinema, la letteratura, la filosofia ecc., per avere un ruolo nell’attuale commedia dell’arte, dove sei scritturato solo se reciti una parte. Maledetto l’uomo che confida sull’uomo! Ce ne accorgeremo, quando dalle falle della vita, saremo inondati di sconforto".

Pensate in positivo e sforzatevi di capire che avete fatto la Rivoluzione senza di noi e contro di noi, ma alla fine, l’avete fatta per noi. E adesso, date inizio ai festeggiamenti!

 

Gianpaolo Palazzo

 

 

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