i corti di fiction di

Gianfranco Mingozzi






Il nemico
(1958)
Regia: Gianfranco Mingozzi; sceneggiatura: G. Mingozzi, José Luis Font; fotografia: Luigi Vettore; montaggio: Walaa Salah El Din; interprete: Giacomo Rossi Stuart, Paola Petrini, Corrado Zingaro, Paolo Cabrera; origine: Italia; produzione: Csc; durata: 25’. (ispirato al romanzo di Cesare Pavese "Il diavolo sulla collina" .

Ciack d’oro del CSC.
 

Saggio di diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia. «Una coppia divisa dalla propensione di lui verso le altre donne si riunisce in occasione del ferimento dell’uomo ad opera di una sua conquista. […] Mingozzi prova i temi della dissoluzione dell’individuo borghese, destinati successivamente all’ottimo esito di Trio, che cos

tituisce il suo esordio in campo narrativo dopo l’apprendistato da documentarista» (De Benedictis).

Il nemico




 
 




 


Le finestre
(1963)


Regia: Gianfranco Mingozzi; soggetto e sceneggiatura: G. Mingozzi; fotografia: Ugo Piccone; musica: Egisto Macchi; montaggio: Giuliana Bettoia; interpreti: Antonio Silvestri; origine: Italia; produzione: Documento film; durata: 10’



Finestre 1  Finestre 2
 
Tribunale dei minorenni: un giovane ladro aspetta la sentenza. Presentato al Festival di Venezia ’63.


 

 
 
 


Al nostro sonno inquieto
(1964)

Regia: Gianfranco Mingozzi; soggetto e sceneggiatura: G. Mingozzi; fotografia: Ugo Piccone; montaggio: Domenico Gorgolini; interpreti: Piera Degli Esposti; origine: Italia; produzione: IDI Cinematografica; 10’ minuti.
Menzione d’onore al Festival di Mannheim ’64.

Piera 1   Piera 2
 

Una donna lascia la casa dov’è finita un’intesa d’amore... «Le Finestre (1962) e Al nostro sonno inquieto (1964) sono dei cortometraggi “a soggetto” su delle tematiche molto differenti: il primo, il processo e l’attesa di un giovane ladro; il secondo, la descrizione della nevrosi di una giovane d’oggi. La maturità del regista è indiscutibile, ma certe influenze da “nouvelle vague” sono ancora troppo forti e talvolta fastidiosi. Ciò che colpisce, al di là delle differenze esteriori, è ciò che accomuna tra “La vedova bianca”, sketch de “Le italiane e l’amore”, e la nevrosi amorosa di una giovane di una società urbana, settentrionale, intellettuale, di “Al nostro sonno inquieto”: in modo differente, con delle espressioni diverse, si trova la stessa penetrazione, la stessa interiorità per l’animo femminile. E il volto della protagonista nella sua furia di distruzione (e di autodistruzione) è indimenticabile» (Fofi).