Foto Brunetta  Gian Piero Brunetta


 Dizionario dei registi del cinema mondiale (G-O)

Mingozzi, Gianfranco



…È uno dei pochi autori di cui si può dire sia stato nutrito e svezzato dal cinema: una sala cinematografica gestita dal padre a Molinella diventa il suo rifugio, il luogo magico dei giochi e delle avventure infantili. Compie tutti gli studi, dalle medie all'università, a Bologna dove si laurea in Legge nel 1956. Dopo la laurea si trasferisce a Roma per seguire un corso da notaio, ma partecipa, superandola, alla prova d'ammissione ai corsi di regia del Centro sperimentale. Inizia a lavorare come sesto assistente alla regia di  “La dolce vita” di Fellini, con il quale lavora ancora nel '61 e '62 prima di tentare l'esordio, con l'aiuto di Zavattini, in un film sulla mafia dal titolo “La violenza”. Il documentario non viene portato a termine, ma il materiale girato gli serve per la realizzazione di “Con il cuore fermo, Sicilia” con cui ottiene a Venezia 1965 il Leone d'oro per il documentario. Esordisce nel lungometraggio nel 1967 e da quel momento lavora ininterrottamente alternando film di finzione e documentari. Un cinema che si sviluppa in molte direzioni per la sua curiosità, la carica di passione per il lavoro di regista e anche per la capacità di affrontare temi di vasta portata, e raccordare e orchestrare, in uno stesso spazio, realtà molto distanti e difformi.
Lungo 1'attività documentaristica sceglie guide o mentori, e gode dell'aiuto di personalità come Danilo Dolci, Ernesto De Martino, Leonardo Sciascia, Salvatore Quasimodo, Cesare Zavattini, Luciano Berio: con il loro aiuto può affrontare di petto argomenti di grande impegno civile, sociale, culturale e antropologico: dalla sopravvivenza dei riti magici nel Salento (La Taranta, 1962), al racconto dell'abbandono del proprio habitat da parte d'una comunità indiana in Canada (Il sole che muore, 1964), al poema sinfonico sulla terra siciliana e sulla mafia del 1965 che lo consacra sul piano internazionale (Con il cuore fermo, Sicilia), ai temi dell'emigrazione e della storia del cinema ... La molteplicità delle esperienze, la deambulazione picaresca dalla Sicilia al Canada, dall' America delle Pantere Nere al continente della musica contemporanea (C'è musica e musica, 1970-72), al Sud di De Martino (Sud e magia, 1978) a quello del potere mafioso denunciato da Sciascia, alla cosmologia del primo divismo cinematografico italiano (L'ultima diva, 1982), ai rapporti tra cinema italiano e americano nel corso del secolo (Storie di cinema e di emigranti, 1986), si sviluppa in base a grandi motivi chiave ricorrenti, che determinano la poetica dell'autore e ne uniscono l'intero percorso registico.
Si tratta di tracce che conducono in apparenza in direzioni plurime e antitetiche, in realtà si dispongono entro un tracciato coerente, mai abbandonato anche nella fase in cui prende il sopravvento l’attività di regista di film di finzione. Sia nell' attività di documentarista che di autore di film a soggetto, Mingozzi sa metabolizzare la lezione di molti maestri, riuscendo a trovare una propria strada e una propria cifra in cui le doti narrative si uniscono a quelle del vedere e dell' ascoltare. Se Fellini è presente per la capacità di dare a ogni figura evocata un valore epifanico e da lui riceve lo stimolo a spingere lo sguardo oltre il visibile, da Antonioni assimila il rigore nella scelta delle inquadrature, il senso di necessità del punto di vista, gli equilibri dei rapporti spaziali, il senso delle cromie, l'importanza del vuoto e del pieno nei rapporti spaziali. Dalla poetica zavattiniana trae la capacità di promuovere chiunque rientri nel raggio del suo sguardo a protagonista di storia, e la tensione a stringere la vita in uno sguardo; dai cantastorie prende la scansione metrica e la mutevolezza dei registri, oltre alla capacità di accordare i ritmi verbali ; con quelli del racconto visivo. E uno degli  autori del folto gruppo degli esordienti degli anni sessanta che piu cerca di esplorare, attraverso storie individuali, anche appena marcate da tracce autobiografiche, svariati decenni della storia nazionale, dal fascismo fino agli anni del terrorismo, cercando spesso di assumere il punto di vista dei suoi protagonisti piu giovani.
Tra i film piu significativi del suo percorso: Trio, La vita in gioco, La vela incantata, L’appassionata, Il frullo del passero e il piu recente Tobia al caffè. Con semplicità e assoluta continuità lungo tutta la sua ormai quarantennale filmografia Mingozzi va alla scoperta di più mondi, reali e immaginari, del vicino e del lontano, delle culture diverse e affini, sempre cercando di trovare un punto d'incontro tra sé stesso e l'altro, non rinunciando a far sentire la propria presenza, la propria carica affettiva e il mescolarsi indissolubile della razionalità e delle ragioni del cuore, dell'attrazione verso zone dominate da presenze oscure e del bisogno di capire, di porre domande. Sempre, con identica forza, con voce sommessa e alta moralità civile e sempre con la stessa carica e passione dell'esordiente.



 
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Irene Bignardi
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