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J.R.R.Tolkien - Il Silmarillion
Si narra, nel Lai di Leithian, che Beren entrò in Doriath incespicando, reso grigio e curvo come da molti
anni di dolore, tali e tanti erano stati i tormenti della via. Ma, aggirandosi d'estate tra i boschi di Neldoreth, si imbatté in Luthien, figlia di Thingol e Melian, ed era di sera, nel momento in cui la luna saliva in cielo, e Luthien danzava sull'erba sempre verde nelle radure lungo le rive dell'Esgalduin. Ed ecco il ricordo di tutte le sue sofferenze abbandonò Beren, ed egli cadde in preda a un incantesimo, poiché Luthien era la più bella di tutti i Figli di Iluvatar. Azzurro era il suo abito come il cielo senza nubi, ma grigi i suoi occhi come la sera stellata; il suo mantello era contesto di fiori dorati, ma i capelli erano scuri come le ombre del crepuscolo. Simili alla luce che resta sulle foglie degli alberi, alla voce di acque chiare, alle stelle che stanno sopra le brume del mondo, tali erano il suo splendore e la sua grazia; e il suo volto era luminoso.
Ma Luthien scomparve alla vista di Beren, il quale divenne sordo come chi sia preda d'incantesimo, e a lungo s'aggirò per i boschi, selvaggio e vigile come una belva, cercandola. In cuor suo la chiamava Tinuviel, che significa Usignolo, come vien detta nella lingua degli Elfi Grigi questa figlia del crepuscolo, perché non sapeva quale altro nome darle. E la scorgeva lontana come foglia ai venti d'autunno e, d'inverno, una stella sopra un colle, ma una catena gli gravava le membra.
Vi fu un momento, poco prima dell'alba, la vigilia di primavera, che Luthien danzava sopra un verde colle; e
d'un tratto prese a cantare. Acuto tanto da trapassare il
cuore era il suo canto, simile a quello dell'allodola che si leva dalle porte della notte e riversa la propria voce tra le stelle morenti, lei che scorge il sole dietro le mura del mondo; e il canto di Luthien sciolse i vincoli dell'inverno, e le acque gelate parlarono e fiori balzarono su dalla fredda terra là dove si erano posati i suoi piedi.
Allora Beren fu liberato dall'incantesimo del silenzio, ed egli la chiamò, invocando Tinuviel; e i boschi echeggiarono del nome. Luthien si arrestò meravigliata e più non fuggi, e Beren venne a lei. Ma, non appena gli posò gli occhi addosso, cadde preda della sorte e si innamorò di lui; tuttavia gli sgusciò di tra le braccia e svanì alla sua vista mentre il giorno spuntava. Allora Beren giacque a terra in
deliquio, come uno che d'un tratto sia ucciso da felicità e dolore; e sprofondò in un sonno quale un abisso d'ombra, e al risveglio era freddo come pietra, e il suo cuore vuoto e deserto. E vagando con la mente, brancolava come chi sia colpito da improvvisa cecità e con le mani cerchi di afferrare la luce fuggiasca. Così egli cominciò a pagare col dolore il destino toccatogli in sorte; e dal suo fato Luthien fu catturata, e da immortale che era ne condivise la mortalità e, da libera, si caricò della sua catena; e la sua pena fu maggiore di ogni altra che un Eldalie avesse conosciuto.
Al di là di ogni speranza di Beren, tornò a lui mentre egli sedeva nel buio, e molto tempo fa, nel Regno Celato, pose la sua mano tra le sue. In seguito, sovente venne a lui, ed essi vagabondavano insieme in segreto per i boschi dalla primavera all'estate; e nessun altro dei Figli di Iluvatar aveva conosciuto gioia cosi grande, benché ratto scorresse il tempo.
Ma anche Daeron il menestrello amava Luthien, e ne spiò gli incontri con Beren e ne informò Thingol. Il Re allora montò in collera, poiché amava Luthien sopra ogni cosa, anteponendola a tutti i principi degli Elfi, mentre gli Uomini mortali neppure come servi li voleva. Parlò dunque, amareggiato e sorpreso, a Luthien; lei però nulla
volle rivelare, finché il padre non le ebbe giurato che non avrebbe né ucciso né imprigionato Beren. Inviò tuttavia i suoi servi a mettergli le mani addosso e a condurlo in Menegroth come un malfattore; e Luthien, prevenendoli, condusse lei stessa Beren di fronte al trono di Thingol, quasi fosse un ospite di riguardo.
Ed ecco che Thingol affissò su Beren uno sguardo di disprezzo e collera; Melian però rimase silenziosa. "Chi sei tu " chiese il ;Re "che vieni qui come un ladro, e senza essere invitato osi avvicinarti al mio trono? "
Ma Beren, sbalordito com'era, poiché assai grandi apparivano gli splendori di Menegroth e la maestà di Thingol, nulla rispose. Parlò pertanto Luthien, dicendo: "Egli è Beren, figlio di Barahir, signore di Uomini, possente avversario di Morgoth, il racconto delle cui gesta è cantato persino tra gli Elfi ".
"Che parli Beren!" ordinò Thingol. "Che vai cercando tu qui, infelice mortale, e per quale motivo hai abbandonato la tua terra per entrare in questa, che è vietata a quelli come te? Puoi indicarmi una ragione per cui il mio potere non dovrebbe infliggerti una dura punizione per la tua insolenza e follia? "
Beren allora, levando lo sguardo, incontrò gli occhi di Luthien, quindi lo posò sul volto di Melian e gli parve che parole gli venissero messe in bocca. Il timore lo abbandonò, e risorse in lui l'orgoglio della più antica Casa degli Uomini, ed egli disse: "Il mio destino, o Re, mi ha qui condotto, attraverso perigli tali che ben pochi persino tra gli Elfi oserebbero affrontarli. E qui ho trovato ciò che invero non cercavo, ma avendolo trovato desidero possederlo per sempre. Poiché è superiore a tutto l'oro e all'argento, trascende ogni gioiello. Né roccia né acciaio, né i fuochi di Morgoth né tutti i poteri dei regni degli Elfi potranno sottrarmi il tesoro che desidero, poiché Luthien tua figlia è la più bella di tutti i Figli del Mondo ".
A queste parole, il silenzio scese nella sala, e coloro che vi stavano rimasero stupefatti e intimoriti, pensando che Beren sarebbe stato ucciso. Thingol invece parlò lentamente, e cos1 disse: "Ti sei meritato la morte, con queste parole; e la morte ti colpirebbe d'un subito, non avessi pronunciato un frettoloso giuramento; di cui mi pento, infimo mortale che nel reame di Morgoth hai appreso a scivolare in segreto a guisa delle sue spie e schiavi ".
Al che replicò Beren: "Mi puoi dare la morte, che io la meriti o meno; ma non accetto gli insulti di infimo, spia o schiavo. Per l'anello di Felagund, che questi diede a Barahir mio padre sul campo di battaglia del Nord, la mia casa non ha certo meritato offese del genere da qualsivoglia Elfo, re o meno che sia ".
Fiere erano le sue parole, e tutti gli occhi si appuntarono sull'anello, che egli ora teneva alto, e vi splendevano sopra le verdi gemme che i Noldor avevano fabbricato in
Valinor. L'anello infatti era simile a due serpenti intrecciati, i cui occhi erano smeraldi, e le loro teste si univano
sotto una corona di fiori d'oro, che l'uno reggeva e l'altro divorava. Ed era questo l'emblema di Finarfin e della
sua casata. Allora Melian si chinò all'orecchio di Thingol e in sussurri lo esortò a deporre la propria collera. "Poiché non certo da te " gli disse "Beren sarà ucciso; e il suo destino dovrà condurlo lontano e libero, ma esso è legato con il tuo. Sta' dunque attento."
Thingol però fissava in silenzio Luthien; e in cuor suo pensava: "Infelici Uomini, figli di signori da nulla e di regoli, possibile che uno di costoro metta la mano su te, e continui a vivere?". Poi, rompendo il silenzio, disse: "Vedo l'anello, figlio di Barahir, e m'accorgo che tu sei fiero e che ti ritieni forte. Ma le imprese di un padre, ancorché i suoi servigi siano stati resi a me, non sono sufficienti a conquistare la figlia di Thingol e di Melian. Ordunque, stammi a sentire! Anch'io desidero un tesoro che mi è negato. Infatti, rocce, acciaio e i fuochi di Morgoth custodiscono la gemma che vorrei possedere più di tutti i poteri dei regni degli Elfi. Ma ho udito dire che ostacoli del genere non ti sgomentano. Mettiti dunque per via! Portami, di tua mano, un Silmaril della corona di Morgoth; e quindi, se lo vorrà, Luthien potrà darti la sua. Perché allora si che potrai avere la mia gemma; e, sebbene il destino stesso di Arda sia contenuto nei Silmaril, pure dovrai dirmi generoso ".
Così facendo, egli decretò la sorte del Doriath e fu irretito nella maledizione di Mandos. E coloro che udirono quelle sue parole, si dissero che Thingol avrebbe tenuto fede al proprio giuramento, in pari tempo mandando Beren alla morte; essi infatti ben sapevano che tutta la potenza dei Noldor, prima che l'Assedio fosse infranto, non era bastata neppure a far scorgere loro da lontano lo scintillio dei Silmaril di Feanor. Questi erano incastonati nella Corona di Ferro e in Angband erano tenuti in maggior conto di ogni altra ricchezza; e attorno a loro stavano Balrog e innumerevoli spade, e robuste sbarre, e mura inaccessibili, e la tenebrosa maestà di Morgoth.
Ma Beren rise. "A vile prezzo " .disse " i Re degli Elfì vendono le proprie figlie: per gemme, per cose prodotte dall'artificio. Ma se questa è la tua volontà, Thingol, ebbene, io mi inchinerò a essa. E quando ci rivedremo, la mia mano terrà un Silmaril strappato alla Corona di Ferro. Tu
infatti non hai visto ancora niente di Beren figlio di Barahir. "
Poi guardò negli occhi Melian, la quale non parlò; e prese congedo da Luthien Tinuviel e, inchinandosi a Thingol e a Melian, scostò le guardie che gli stavano attorno e si dipartì solo da Menegroth.
Allora finalmente Melian parlò e così disse a Thingol: " O Re, hai avuto un'astuta trovata. Ma, a meno che i miei occhi non abbiano perduto la vista, sarà un male per te, che Beren fallisca nella sua cerca o la porti a compimento. Tu infatti hai condannato o tua figlia o te stesso. E ora il Doriath è coinvolto nel destino di un regno più potente ".
Replicò tuttavia Thingol: "io non vendo né a Elfi né a Uomini coloro che amo e ho cari più di tutti i tesori. E se esiste speranza o un timore che Beren faccia ritorno vivo a Menegroth, non sarà certo per rivedere la luce del cielo,
anche se io l'ho giurato ".
Ma Luthien restò silenziosa, e da quel momento più non cantò nel Doriath. Un cupo silenzio calò sui boschi, e le
ombre si allungarono nel regno di Thingol.
Brano tratto da "Il Silmarillion" di J.R.R.Tolkien - Rusconi
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