IL SOGNO


 

C’era una volta, direbbe il nonno davanti al fuoco, in realtà non c’era, ma poteva esserci, o forse c’è e non lo troviamo, in ogni modo la nostra storia nasce e si sviluppa oltre le montagne… oltre le nuvole… oltre i sogni… in un paese così lontano che nessuno vuole visitare, ma che tutti vorrebbero vedere e alcuni anche viverci. In questo paese viveva una Dama dalle vesti di seta della quale si era invaghito un brutto e perfido mago. Non essendo ricambiato dalla dolce Dama, il vendicativo stregone aveva lanciato sulla donzella un incantesimo maligno a causa del quale il cuore della Dama era divenuto arido e duro come pietra rendendole così impossibile innamorarsi di qualsiasi uomo. La Dama viveva sola, lontana da tutti. Viveva i suoi giorni tutti ugualmente grigi, maledicendo il sole al mattino che le ricordava un nuovo giorno da affrontare, pregava la notte di inghiottirla e farla sparire per sempre da quel mondo inutile, si sentiva spaccare il petto ogni qualvolta accennasse ad un sorriso o tentasse di gioire per qualsivoglia motivo. Un giorno la bella Dama andò al torrente e, come da sempre faceva, affondò il secchio nell’acqua fresca e limpida soffermandosi poi ad osservare il suo volto riflesso… un volto di rara bellezza ma gli occhi…si…i suoi occhi erano più freddi del ghiaccio in essi non c’era luce…la solitudine cui era costretta aveva spento anche la più piccola fiammella di sentimento nel suo sguardo. Una notte, mentre la fanciulla scrutava il cielo notturno, vide una stella cadente. Aveva visto altre stelle cadenti prima di quella notte, ma in questa c’era qualcosa di diverso che la colpì. La Stella cadde proprio dietro la collina in un bosco poco lontano da casa sua; non facendo altro rumore che quello dei rami spezzati prima di raggiungere il suolo. La Dama prese una lanterna e si diresse verso il luogo dell’impatto. Avvicinandosi si accorse che il bosco era illuminato da una luce irreale e che più vi si addentrava, più la luce diventava intensa… e la lanterna che portava era quasi inutile. Uno strano calore pervadeva la Dama che sentiva la testa leggera e camminava velocemente senza provare alcuna fatica. Quando finalmente giunse nel luogo dove la stella era caduta, rimase esterrefatta… al centro della luce non c’era nulla di ciò che aveva immaginato ma vi era un Angelo. Era steso al suolo, vestito della sola luce che emanava, due grandi ali lo coprivano a metà… il suo volto era parzialmente nascosto dai capelli e dalle foglie; la Dama si chinò intimorita e con mano tremante scostò ciò che nascondeva i lineamenti della creatura celeste. Non aveva mai visto nulla di simile…

Oh la grazia di quelle fattezze! Si scoprì a pensare che la luce di quel volto arrivava dritta all’anima… già…all’anima quella che il mago le aveva rubato. Tutt’intorno era silenzio e in quella surreale atmosfera la Dama vide che l’Angelo era ferito: avrebbe voluto aiutarlo ma…come? Nel frattempo la luce dell’Angelo affievoliva… doveva fare qualcosa. Si chinò su lui e gli carezzò il volto. La pelle di quella creatura era morbida come seta ma algida… se ne stava andando…come…come avrebbe potuto aiutarlo? Improvvisamente si ricordò di una storia che aveva sentito in Paese tempo addietro: una vecchietta raccontava ai suoi nipotini che sulla montagna esisteva un fiore talmente bello che solo gli Angeli potevano cogliere, con quel fiore tutti i mali potevano essere curati e le ferite rimarginate. La Dama non sapeva se quella storia era vera, ma in quel momento tutto poteva essere vero; quando ci si sente impotenti ogni appiglio, per quanto piccolo è buono. Così prese quel corpo perfetto e lo portò a casa sua, lo stese sul letto e lo coprì. La luce che la Celeste Creatura emanava, si era ormai dimezzata. In tutta fretta la Dama si mise lo scialle ed uscì dirigendosi verso la montagna. Non sapeva perché, ma sentiva di dover assolutamente aiutare quel povero essere così bello e così delicato. I suoi pensieri erano così veloci ed impetuosi che non si avvide che il dolore al petto, che l’aveva colta nel momento stesso in cui aveva accarezzato L’Angelo, era sparito. La strada per la montagna fu subito molto ripida e difficile, e man mano che la Dama saliva diveniva sempre più ardua. Il sentiero che stava percorrendo la costringeva quasi ad una scalata. La notte già fredda, diveniva ancora più gelida man mano che, ad ogni affannoso passo, l’altitudine aumentava. Improvvisamente il sentiero s’interruppe bruscamente, una frana lo aveva inghiottito. Cosa poteva fare la bella Dama? Non voleva assolutamente arrendersi e così, cominciò ad arrampicarsi. Per salire più rapidamente, si aiutava anche con le mani che erano ormai piene di tagli e le causavano un dolore lancinante, ma lei non si fermò. Il pensiero dell’Angelo che giaceva quasi esanime sul suo letto, le diede una forza che lei non sospettava di possedere… non sentiva il dolore, non avvertiva la stanchezza, negli occhi aveva solo quel volto di luce. S’inerpicò sulle rocce mettendo a rischio la sua stessa vita ma…la luce di quel volto era la sua forza. Non sapeva se quel fiore esistesse, ma doveva assolutamente raggiungere la vetta, nulla doveva restare intentato. Il freddo era pungente e lei era affamata e stanca ma continuava il suo cammino e chiedeva alla Luna: “Oh dolce Luna, illumina il mio cammino, guidami…portami fino al fiore che tutto guarisce, insegnami Madre Luna a cogliere quel fiore che solo mano d’Angelo può prendere!” Dopo tanto camminare la Dama scorse la vetta della montagna, ed una volta giunta in quel luogo, al chiarore lunare scorse il Fiore. Era bellissimo! La rugiada sotto la luna lo faceva splendere, ed i suoi sette petali avevano i colori dell’arcobaleno. Con mano tremante, la bella Dama provò a raccogliere quel fiore ma…niente, non riusciva a reciderlo. Improvvisamente una voce dall’alto le disse che solo bagnando di lacrime sincere la terra dove cresceva il fiore, lei sarebbe stata in grado di poterlo prendere. Lacrime? Per lei sarebbe stato più facile portare l’intera montagna alla sua casa che piangere! La disperazione la stava assalendo… aveva la cura davanti a lei, poteva toccarla ma… non riusciva a coglierla. Volse lo sguardo verso la radura dove c’era la sua casa; quasi aveva l’impressione di poter scorgere la luce dell’Angelo che filtrava dalle finestre. Cosa…cosa poteva fare? In un impeto di rabbia picchiò i pugni al suolo e si accasciò distrutta da quel senso d’impotenza. Poi si alzò di scatto gridando tutto il suo strazio e la sua rabbia, e proprio in quell’istante un dolore acuto esplose nel suo petto, sentì il cuore aprirsi, quasi spezzarsi… fitte lancinanti l’attraversarono tutta, strinse le mani al peto e pianse…pianse come non aveva mia fatto, proprio come piange un bimbo perché la mamma lo ha sgridato. Le lacrime le rigarono il volto ma la Dama non si accorse nemmeno tanto era il dolore che provava. Quelle stesse lacrime caddero al suolo bagnando la terra resa dura da millenni di ghiaccio vento e neve. La gentile donzella aprì gli occhi, il dolore era sparito improvvisamente. Il Fiore ora emanava lo stesso calore che aveva provato prima vicino all’Angelo, lei stese la mano e non appena lo sfiorò questi si trasformò in una gemma. La luce della luna attraversò la pietra donandole riflessi pari a quelli dell’aurora o del tramonto oppure di entrambi. Ora il dolore aveva lasciato il posto ad una gioia infinita, la Dama prese la gemma, la mise in tasca e si avviò immediatamente verso casa. Aveva in tasca la gemma senza tempo ed in cuore un palpito di gioia mai provata…l’incantesimo del mago era quasi stato spezzato, c’era solo un’ombra, doveva arrivare in tempo per salvare l’Angelo o il suo cuore sarebbe di nuovo tornato di nuovo duro come pietra e questa volta non vi sarebbe stato rimedio. Cominciò a scendere verso la vallata dove sorgeva la sua casa. La Luna, sua complice, le illuminava il cammino e le mostrava gli ostacoli. La Dama in cuor suo la ringraziava e la supplicava dicendole: “Dolce Madre Luna, guida i miei passi sulla via del ritorno, fammi giungere in tempo per salvare l’Angelo!” Il luminoso Astro che veglia sui sogni degli innamorati e dei puri di cuore, fece in modo che ogni asperità del terreno fosse rimossa, e al passaggio della Dama ogni cosa si trasformava in un prato fiorito dove tutto era in armonia con il resto del creato. Finalmente in lontananza la Dama scorse la sua casa, la luce che filtrava era divenuta fioca, segno che l’Angelo stava morendo. Immediatamente iniziò a correre, nulla al mondo avrebbe potuto trattenerla; ed infine giunse sull’uscio di casa. Entro senza fiato e si buttò sul letto, prese la gemma dalla tasca e la posò sul cuore dell’Angelo la cui luce era ormai simile al bagliore di una lontanissima stella nell’immensità del cielo notturno. La Dama strinse la mano di quella stupenda Creatura ed implorò il cielo affinché si compisse il miracolo. Ancora lacrime scesero dai suoi occhi bagnandole le guance e scaldandole dal freddo della notte e di lunghi anni di tristezza vissuti in solitudine. D’un tratto la gemma brillò, la sua luce entrò in risonanza con quella dell’Angelo, sembrava quasi brillasse al ritmo del suo respiro. La mano che lei stringeva si mosse ricambiando quella stretta piena d’amore e di paura. La luce aumento d’intensità raggiungendo un fulgore ben maggiore di quello che aveva visto nel bosco quando lo aveva trovato, ma era una luce così bella e calda che non disturbava la vista anzi…donava un’immensa serenità. Improvvisamente l’Angelo si scosse in un sussulto ed aprì gli occhi. La giovane donna non riusciva più a contenere la sua gioia.  La Celeste Creatura la guardò e le sorrise “ grazie!” sussurrò. Senza alcun preavviso la luce aumentò di colpo per poi sparire insieme al corpo dell’Angelo. La Dama stremata dalla fatica e dall’emozione si addormentò quasi senza accorgersene. Quando al mattino si svegliò, era ancora in ginocchio davanti al letto, nella mano non aveva più la gemma, ma bensì una piuma. Uscì da corsa dalla casa, forse sperava di vedere qualcosa o qualcuno, ma non trovò nulla aldilà del solito paesaggio. Non sapeva il perché, ma si aspettava più di un “grazie!” o forse era solo che…aveva creduto di non essere più sola. L’incantesimo del perfido mago era ormai rotto, ed ora il suo cuore era pieno d’amore. Aveva sperato, aveva creduto che l’Angelo fosse tornato per lei; per questo era corsa fuori casa, per questo il suo sguardo spaziava lontano… verso la vetta del monte dove aveva raccolto il fiore color dell’arcobaleno. Provava una strana sensazione era sola, ma non era sola. Si girò e vide un cavaliere che trottava verso la sua dimora. La damigella non aveva paura, era come se lo conoscesse da sempre, quel cavaliere dalla lucente armatura emanava una luce che gli scaturiva da dentro… Chi era? Cosa faceva lì? L’uomo scese da cavallo e le si avvicinò. Il volto del giovane era fiero, dolce, ma da esso traspariva la forza e la durezza delle querce più antiche. La Dama arrossì nello scoprirsi a studiarlo. Lui le sorrise e le prese la mano dicendole: “Era da tempo che ti cercavo bella Dama, da quando la luna, in sogno, mi fece vedere il tuo volto!” Lei rispose al sorriso e disse: “ Era tempo che ti aspettavo nobile cavaliere, da quando il mio cuore ha smesso di battere per l’amore!” Rimasero immobili ed in silenzio per qualche istante , poi lui la prese tra le braccia sollevandola da terra, si diresse al suo cavallo e la fece salire. Poi si incamminarono verso valle incontro al sole ed alla brezza mattutina di un’estate appena iniziata…verso un luogo senza tempo dove la luce della Luna li culla ancora… e dove ancora insieme camminano nel mondo…il loro mondo, quello fatto solo dei loro sogni… dei loro desideri, dove tutto è possibile… anche che io sogni siano realtà e la realtà sia sogno.

 

                                                                                                 P&E