Galileo

Galileo Galilei (Pisa 1564 - Arcetri 1642) fisico e astronomo, iniziatore del moderno metodo sperimentale. Nel 1589 ottiene la cattedra di matematica all’università di Pisa; nel 1592 si trasferisce a Padova, dove, nel 1604, inizia la sua attività di astronomo. Galileo, oltre ad essere importante per le sue teorie scientifiche, va considerato uno dei primi scienziati nel senso moderno del termine. Infatti, con il suo modo di ragionare e di usare la matematica, con le sue convinzioni sulla necessità di usare controlli sperimentali, egli crea il metodo di lavoro della scienza moderna.

Galileo mostra che i fenomeni naturali possono essere espressi quantitativamemte in termini matematici. Inoltre la scienza deve considerare che gli eventi naturali che osserviamo non sonosemplici ed elementari, come credeva Aristotele, ma molto complessi. La scienza precedente Galileo si basa sulle teorie aristoteliche dalle quali deriva la fisica medievale che fa una netta distinzione tra corpi terrestri e celesti, il cui moto naturale è una perenne rivoluzione su orbite circolari attorno al centro dell`universo.

Questo coincide col centro della terra. Occorre l`opera di una personalità complessa come quella di Galileo per mettere in discussione le teorie aristoteliche e gettare quindi le basi della fisica moderna.

Le teorie scientifiche di Galileo

Lo sviluppo intellettuale di Galileo è già compiuto molti anni prima che le sue opere, il De Motu, i Massimi Sistemi e le Nuove Scienze, siano scritte. Numerosi indizi, infatti, confermano che:
nel 1602, Galileo ha già notevolmente approfondito lo studio del pendolo e dei piani inclinati, come pure degli effetti della percossa sul moto dei corpi;
nel 1604, è in possesso della legge dell'accelerazione di caduta (che scoprirà del tutto nel 1609);
nel 1607 si pensa che lo scienziato sia già pervenuto a una prima formulazione del principio di inerzia e della relatività;
nel 1609 Galileo lavora intorno ai moti dei proietti e approfondisce il già enunciato principio della relatività; ormai a buon punto è l'elaborazione intellettuale della sua opera sul moto.
La scoperta della legge di accelerazione di caduta del 1609
La posizione della comunità scientifica.
Punto di partenza è la formulazione di Aristotele, non molto chiara, ovvero che ogni moto, per conservarsi, ha bisogno di un motore.

La posizione di Galileo
Nel De Motu, Galileo spiega l'accelerazione di caduta come il risultato di due forze contrastanti, di cui una, la virtù impressa (impeto), si consuma da sé col tempo, e l'altra, il peso, esercita un'azione costante. Per Galileo l'impeto, invece di accentuare l'azione della gravità, la ostacola, dapprima in misura molto forte e poi sempre meno sensibile. Ne risulta che, se il moto naturale potesse continuare all'infinito, la sua velocità non si accrescerebbe a tale tempo.
Senza questa scoperta non sarebbe possibile né l'esatta trattazione della composizione dei moti in generale, né la matematizzazione della scienza del moto. Attraverso il legame con la composizione dei moti, viene in piena luce l'importanza che l'esatta formulazione della legge ha per la soluzione del problema cosmologico.

Un'altra teoria: il principio di inerzia
Galileo sostiene, in diversi contesti, l'impossibilità di un moto veramente inerziale. Egli afferma che solo il moto circolare può conservarsi indefinitamente.
E' opportuno tener presente una distinzione fondamentale tra il piano cosmologico- architettonico e quello dinamico.
Quando Galileo sostiene che solo il moto circolare è perpetuo, perché il moto rettilineo introdurrebbe un elemento di disordine nella compagine ben ordinata del cosmo, non si vale di una considerazione dinamica, ma architettonica, la cui verità non può essere negata da alcuno.
Quando, invece, spiegando come la rotazione diurna della Terra non abbia effetti rovinosi, Galileo fa vedere che il moto circolare è in realtà la risultante di una "proiezione per la tangente" e della "propria gravità" del mobile, fa ricorso a una considerazione dinamica. Galileo ha chiaro il principio d'inerzia anche su scala cosmologica e ciò risulta dalla sua teoria sulle maree, nella quale egli applica quella tendenza dei corpi a muoversi di moto rettilineo uniforme nella quale si identifica il principio di inerzia.

Il moto della Terra
Galileo sviluppa tutta una serie di argomentazioni per dimostrare la possibilità del moto della Terra. Si propone di vedere se, nei corpi separati dalla Terra, si scorge apparenza alcuna di movimento, il quale egualmente competa a tutti. Per determinare se la Terra si muova, è necessario ritrovare, per così dire, un'immagine negativa di tale moto in tutti gli altri corpi dell'universo.

Un moto comune a tutti i corpi esterni alla Terra è la rotazione diurna, ossia quel moto apparente della volta celeste in virtù del quale tutti i corpi celesti compiono una rotazione da est a ovest in ventiquattro ore. Tale moto sarà, dunque, un'apparenza, un'immagine negativa della rotazione della Terra da ovest a est. In secondo luogo l'intenzione di Galileo è quella di far vedere che il moto diurno della Terra può considerarsi, in pratica, un moto inerziale, anche se sul nostro pianeta il solo piano veramente orizzontale è la superficie sferica. E' evidente che si tratta di considerazioni di carattere architettonico (o cosmologico) e non dinamico.

Per quanto la dimostrazione data da Galileo del perché la rotazione della Terra non abbia effetti distruttivi sia insoddisfacente, rimane tuttavia acquisito che il moto per la tangente è quello della vertigine diurna e che la rotazione della Terra non è abbastanza veloce da determinare i disastrosi effetti paventati da Tolomeo.
Galileo.

Le scoperte astronomiche e il Sidereus Nuncius

Il primo fenomeno celeste che attrae la sua attenzione è probabilmente la cometa del 1577, mentre viene a conoscenza dell'ipotesi copernicana il 5 settembre 1581 allo Studio di Pisa, se non prima.

L'attività di Galileo come astronomo inizia nel 1604, quando appare, nella costellazione del Serpentario, un nuovo corpo luminoso. Egli dimostra che non possiede un parallasse, cioè non si notano variazioni della sua posizione apparente nel firmamento, da qualunque punto lo si osservi. Il parallasse decresce col crescere della distanza e, ai tempi di Galileo, mentre quello dei pianeti è ben conosciuto, il parallasse delle stelle fisse è tanto piccolo, a causa della loro enorme distanza, da non poter essere rilevato con gli strumenti di misurazione dell'epoca.

Di conseguenza, il nuovo corpo celeste deve trovarsi nella remota regione delle stelle fisse, in quella zona esterna cioè, che Aristotele e la sua scuola avevano considerato come assolutamente immutabile. Fino ad allora si era ritenuto che le nuove stelle, come le meteore e le comete, si trovassero nelle meno elevate e meno perfette regioni dell'universo, cioè in quelle più vicine alla Terra. Tycho Brahe dimostra che la nuova stella è al di là della Luna e Galileo gli succede nella lotta contro l'idea di incorruttibilità e immutabilità dell'universo, portando un colpo alla saldezza dello schema aristotelico.

Nel 1609 Galileo inventa due strumenti che avranno enorme importanza nella successiva evoluzione della scienza: il telescopio e il microscopio.Mentre gli occhialai fiamminghi Lippershey e Jansen, avendo per caso scoperto la combinazione di vetri che forma il cannocchiale, si limitano ad apportare i perfezionamenti indispensabili ai loro occhiali rinforzati, Galileo, dal momento in cui riceve la notizia degli occhiali da avvicinamento, ne costruisce la teoria. E a partire da questa teoria, egli, spingendo sempre più lontano la precisione e la potenza dei suoi vetri, costruisce la serie dei suoi strumenti ottici.
Galileo cerca di dare, con l'uso di questi strumenti, una risposta a bisogni puramente teorici.

Nel gennaio 1610 Galileo, grazie al telescopio, scopre quattro satelliti di Giove. Ci sono reazioni sia di entusiasmo che di polemica. C'è chi rifiuta l'uso del nuovo strumento, che pone in dubbio la validità e i risultati delle osservazioni svolte fino ad allora. Altri sostengono che la scoperta dei satelliti di Giove sia insignificante.

Le sue prime scoperte sono pubblicate nel Sidereus Nuncius, del 1610. La prima parte è occupata dalle osservazioni sulla Luna, la cui superficie, lungi dall'essere liscia e levigata, come appare ad occhio nudo, è descritta come ricca di rilievi, con alte montagne e profonde depressioni che Galileo pensa siano fiumi, laghi e mari.

Ma Galileo non si limita alle osservazioni dirette dello spazio. Egli considera essenziali, nelle sue ricerche, interpretare i fenomeni naturali, osservati e misurati con esattezza con i suoi strumenti, per mezzo della matematica, e in particolare della geometria. Il linguaggio matematico perde la sua astrattezza e permette allo scienziato di staccarsi dalle apparenze e dagli elementi occasionali e sensibili della conoscenza, per arrivare a formulare leggi generali. L'uso della matematica non è solo un metodo di lavoro, quanto rispecchia una particolare concezione dell'universo e dell'azione divina.

"La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non si impara a intendere la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile intenderne umanamente parola" (Il Saggiatore).

Ottica e Telescopio