LA DURABILITA' E IL DEGRADO DELLE STRUTTURE IN CALCESTRUZZO ARMATO.
di Antonio Rotta
La produzione attuale di calcestruzzo ha ormai raggiunto elevati livelli di resistenza con caratteristiche qualitative che però spesso non sono tenute nella giusta considerazione. Attualmente le caratteristiche prestazionali dei calcestruzzi sono regolate dalle norme UNI 9858 recentemente richiamate dal D.M. 9/1/1996. Nel seguito si farà una rapida carrellata di quelle che sono le più diffuse cause di degrado immediato e nel tempo di una struttura in calcestruzzo armato.
IL CALCESTRUZZO.
Composizione chimica dei cementi.
La composizione chimica del cemento Portland è all'incirca
la seguente:
SiO2 | 20 ÷ 23 % |
Al2O3 | 3 ÷ 8 % |
FE2O3 | 0.5 ÷ 5 % |
CaO | 64 ÷ 68 % |
MgO | 1 ÷ 3 % max tollerato |
SO3 | 1 ÷ 2.5 % max tollerato |
NA2O + K2O | 0.5 ÷ 1.5 % max tollerato |
Il cemento pozzolanico si ottiene macinando finemente
insieme clinker e pozzolana in rapporto di 70 parti a 30. Questo
cemento raggiunge, a presa avvenuta, un'elevata stabilità nei
confronti delle acque marine, aggressive e solfatiche.
il cemento alluminoso, prodotto cuocendo fino a fusione una
miscela di calcare e bauxite, presenta un tenore di silice
ridotto ad un massimo del 9 ÷ 10 % mentre l'allumina e la calce
sono presenti in quantità di circa il 35 ÷ 45 %. L'indurimento
dei calcestruzzi confezionati con tali cementi è molto rapido e
avviene con sviluppo di notevoli calori di idratazione, cosa che
lo rende utile per gettate in climi freddi ma ne impedisce l'uso
per gettate di notevoli dimensioni che si creperebbero
vistosamente nella fase di raffreddamento. Anche questo cemento,
come il precedente, ha una buona resistenza alle acque marine e
solfatiche.
Il cemento d'altoforno si ottiene mescolando il cemento
Portland con i sottoprodotti della lavorazione della ghisa. La
proporzione delle scorie varia tra il 30 e l'85 %; per la
preparazione si macinano insieme in maniera molto fine ed
omogenea il clinker e le scorie. L'idrato di calcio (CA(OH)2)
che si libera si combina con la silice e i silicati presenti
nelle scorie, rendendo quasi nullo il contenuto di calce libera
nel prodotto finito. La presenza di CaO così come quella di MgO
è causa della formazione di microfessure e tensioni interne
dovute alle lente reazioni di trasformazione dei due ossidi
anzidetti nei corrispondenti idrossidi che causano aumenti di
volume contrastati dalla massa di calcestruzzo già rigida. Le
caratteristiche descritte conferiscono al cemento d'altoforno
marcate proprietà idrauliche che unite alla notevole compattezza
e all'ottima resistenza all'azione di acque corrosive e dilavanti,
lo rendono ideale per la preparazione di gettate subacquee.
Composizione del calcestruzzo.
Come è ben noto, normalmente un metro cubo di
calcestruzzo è composto da 0.80 m3 di inerte grosso (ghiaia o
pietrisco), 0.40 m3 di inerte fine (sabbia), circa 300 kg di
cemento e da 120 ÷ 150 litri d'acqua.
In questo miscuglio gli inerti costituiscono lo scheletro
portante del conglomerato, mentre il cemento, reagendo
chimicamente con l'acqua, ha la funzione di legare tra loro gli
altri elementi.
Una caratteristica determinante per la resistenza del
calcestruzzo è il suo rapporto acqua/cemento. Il valore di
questo parametro è spesso tenuto a valori ben più alti del
valore stechiometrico (0.28 ÷ 0.30) per favorire la lavorabilità
del calcestruzzo. Si utilizzano così spesso calcestruzzi con
rapporti A/C superiori a 0.5 con caratteristiche di resistenza
che in molti casi sono ancora accettabili benché inferiori a
quelle massime raggiungibili, ma con caratteristiche di durabilità
che vengono gravemente intaccaate senza che se ne tenga opportuna
considerazione. Si ottengono infatti calcestruzzi con un'elevata
porosità che espone i manufatti ad attacchi chimici da parte di
ambienti aggressivi.
Una buona lavorabilità unita ad una idratazione adeguata
può essere conseguita mediante l'impiego di fluidificanti.
Questi sono formati di solito da sostanze resinose che
diminuiscono la tensione superficiale dell'acqua favorendo la
lavorabilità e aumentano l'idratazione immediata anche con
quantità d'acqua vicine ai valori stechiometrici.
CAUSE PRINCIPALI DI DEGRADO.
Le principali cause di degrado di strutture in
calcestruzzo armato sono le seguenti (Tab. 1):
Cause | % |
Tecnologiche | 42 |
Costruttive | 22 |
Strutturali | 12 |
Sovraccarichi | 8 |
Fondazioni | 7 |
Accidentali | 4 |
Tra le cause indicate come tecnologiche sono comprese le
azioni dovute a calcestruzzo di scadente qualità, attacco
chimico del calcestruzzo, corrosione dei ferri dovuta ad
inadeguata protezione da parte del conglomerato. Vediamo nel
dettaglio quali sono le cause principali di degrado chimico
fisico e meccanico (Tab. 2).
cause chimiche
Solfati.
Nelle acque ricche di solfati (SO4=), come le acque di mare, questi si combinano con gli alluminati del calcestruzzo formando un solfoalluminato di calcio idrato noto come ettringite. Questa reazione causa un aumento di volume per cui le parti corticali del calcestruzzo si gonfiano e producono fessurazioni che espongono la massa interna del calcestruzzo al degrado. In ambienti marini si rende quindi necessario l'uso di cementi pozzolanici o d'altoforno, questi infatti a causa della modesta quantità di calce libera presente, sono poco soggetti alla formazione dell'ettringite. E' inoltre opportuno realizzare in questi casi calcestruzzi poco porosi e quindi con bassi rapporti A/C.
Solfuri.
I solfuri (S=) e l'H2S causano attacco acido del materiale contro il quale è necessario prevedere intonaci di sostanze protettive (malte di resina epossidica). I solfuri sono presenti in terreni argillosi ricchi di pirite.
Anidride carbonica.
L'anidride carbonica (CO2) presente in acque
di montagna attacca i carbonati con formazione di bicarbonati
solubili che causano il dilavamento del calcestruzzo. Anche in
presenza di tali condizioni è utile ricorrere a cementi
pozzolanici o d'altoforno, e comunque realizzare calcestruzzi
impermeabili con il giusto rapporto A/C.
La carbonatazione è un fenomeno grave e frequente
caratteristico delle strutture esposte all'aria. Al contatto con
l'anidride carbonica presente nell'aria, specialmente in
atmosfere ricche di questo gas, la calce presente nel
calcestruzzo (Ca(OH)2), si trasforma in carbonato di
calcio con gravi conseguenze sulle armature. Infatti il
copriferro, con il suo PH elevato, esplica una funzione di
protezione delle armature ossidate in superficie, che in ambiente
basico mantengono una pellicola di ossido in superficie. Il
fenomeno della carbonatazione causa un abbassamento del PH da
circa 13 a circa 9 facendo così venire meno le condizioni per
una efficace protezione delle armature che si degradano riducendo
la loro sezione efficace e facendo "saltare" il
copriferro così da esporre sempre di più agli attacchi esterni
il calcestruzzo armato. Tali problemi sono ancora più evidenti
negli elementi in c.a.p. per le elevate tensioni di lavoro
utilizzate in tale materiale.
Per ridurre i rischi di carbonatazione si possono impiegare
appositi additivi oltre che verificare le sezioni alla
fessurazione e adottare idonei spessori di copriferro.
Cloruri.
I cloruri (Cl ) attaccano direttamente le armature distruggendo la pellicola di ossido protettivo che le ricopre. Sono particolarmente esposti a questo agente i manufatti realizzati in ambiente marino e le travi che sorreggono ponti stradali in zone dal clima freddo per l'uso di spargere sali allo scopo di favorire lo scioglimento della neve e del ghiaccio.
Alcali aggregati.
Un altro attacco chimico ai danni del calcestruzzo avviene da parte degli alcali aggregati (Na+ e K+) sopratutto per calcestruzzi confezionati con aggregati silicei contenenti elevate percentuali di silice amorfa o forme criptocristalline. In questi casi è necessario verificare la compatibilità del cemento con gli inerti silicei per evitare la formazione di un silicato alcalino gelatinoso che si espande disgregando il calcestruzzo.
cause fisiche
Gelo disgelo.
Le variazioni di temperatura che
avvengono a cavallo dello 0 °C sono molto più pericolose delle
altre, anche di maggiore entità, che vengono normalmente prese
in considerazione durante la progettazione. Per fortuna il
comportamento viscoso del calcestruzzo (per la gradualità con
cui avvengono le variazioni), unito alla duttilità delle
strutture (che permette deformazioni plastiche), permette di
assorbire le punte di tensione che nascerebbero dai calcoli in
regime perfettamente elastico delle variazioni termiche. Tali
tensioni imporrebbero altrimenti onerosissimi accorgimenti. L'unico
vero accorgimento che in strutture di grande dimensione
planimetrica possa ovviare all'azione delle variazioni termiche
è l'inserimento di giunti di dilatazione.
Variazioni termiche, specialmente se cicliche, causano
stati di coazione tra gli inerti e la pasta cementizia che
compongono il calcestruzzo. Infatti i coefficienti di dilatazione
termica dei due materiali, pur essendo tra di loro confrontabili,
non sono uguali (Tab. 3). Tab. 3 Coefficienti di
dilatazione termica
a(°C-1) | |
cemento | 0.9*10 -5 |
inerti calcarei | 0.5*10 -5 |
inerti silicei | 1.0*0 -5 |
I getti vanno effettuati con la certezza che la
temperatura non sia vicina allo 0 °C. In tali condizioni infatti
l'idratazione del cemento avviene con una eccessiva lentezza che
porta a scarse resistenze meccaniche del conglomerato.
Per evitare l'insorgere di questi problemi si può
effettuare l'aggiunta di additivi acceleranti come il cloruro di
calcio oppure provvedere alla copertura del getto ed
eventualmente al suo riscaldamento per insufflaggio di aria calda.
I cicli termici attorno allo 0 °C sono dannosi anche per
le strutture che hanno già subito la stagionatura. Infatti in
tali condizioni l'acqua assorbita dal calcestruzzo per capillarità,
gela aumentando di volume e causando gravi conseguenze se l'umidità
del conglomerato supera un valore critico pari a circa il 92 %
dei vuoti totali. Oltre questi limiti l'aumento di volume dell'acqua
gelata non può essere compensato dai vuoti e causa sicuramente
danni per disgregazione del calcestruzzo.
Un rimedio contro questo pericolo è rappresentato dall'utilizzo
di calcestruzzo con buona compattezza e quindi scarsa tendenza ad
assorbire acqua. Un altro rimedio consiste nella creazione di
microbolle nella massa di calcestruzzo per mezzo di additivi
aeranti che agiscono per via chimica come alluminio, zinco e
magnesio, o fisica come i tensioattivi. In tal modo si rende la
massa di conglomerato meno conduttrice di calore e quindi meno
sensibile agli effetti termici; inoltre le microbolle creano
degli sfoghi per l'acqua di capillarità quando questa aumenta di
volume. I volumi d'aria che si creano con questo metodo sono dell'ordine
del 3 ÷ 4 % e causano abbattimenti della resistenza fino al 20 %.
In caso di esercizio di una struttura in condizioni di
basse temperature si dovrebbe inoltre verificare la non gelività
degli inerti utilizzati per la miscela.
Ritiro.
Avviene a causa della diminuzione per evaporazione dell'acqua
interstiziale durante la presa di un calcestruzzo gettato in aria.
Se l'umidità relativa ambientale al momento della gettata
e della successiva presa è inferiore al 95 % se ne può tener
conto in fase di progetto considerando il ritiro come se fosse
dovuto ad una variazione termica.
Se l'umidità relativa ambientale supera invece il 95 % si
hanno fenomeni di aumento del volume della massa di calcestruzzo,
ai quali seguono con la diminuzione dell'umidità, deformazioni
dovute al ritiro.
In tali condizioni è utile bagnare con continuità la
superficie del calcestruzzo durante la presa e la prima fase dell'indurimento
per evitare che si formino fessure o, se si tratta di grosse
gettate, vere e proprie crepe che possono compromettere la
funzionalità della struttura esponendo inoltre il calcestruzzo
armato all'attacco degli agenti esterni.
Per ridurre il ritiro, soprattutto nelle opere di
riparazione, si fa largo impiego di malte antiritiro o espansive.
E' inoltre opportuno bagnare bene le superfici di ripresa del
getto o quelle di contatto tra laterizio e calcestruzzo per
evitare che si abbiano localmente delle disidratazioni del
calcestruzzo.
Incendio.
I danni prodotti dagli incendi sono di notevole gravità.
Attorno a 100 ÷ 150 °C la pasta cementizia subisce un primo
degrado per decomposizione di alcuni componenti. A 570 °C il
quarzo contenuto negli inerti silicei varia il suo stato con
forti dilatazioni che fanno contrasto con il ritiro dovuto alla
disidratazione del cemento. In queste condizioni la resistenza
del calcestruzzo si riduce fino al 20 %. Al raffreddamento si ha
un'ulteriore diminuzione della resistenza dovuta a microfessure
che si aprono come effetto di variazioni di volume contrastate.
I calcestruzzi confezionati con inerti calcarei subiscono
invece una forte riduzione di resistenza meccanica attorno ai 700
÷ 750 °C per trasformazione dei calcari in calce viva.
Le armature subiscono anch'esse una forte riduzione della
resistenza se portate ad alte temperature. Questa riduzione
rispetto alla resistenza iniziale è più marcata per gli acciai
lavorati che per quelli dolci e laminati.
Fig. 1 Carico di snervamento dell'acciaio durante e dopo l'incendio.
Tab. 4 tempo per il raggiungimento della temp. di 50 ° C (in minuti)
Spessore del copriferro (cm) | con aggregati silicei | con aggregati calcarei |
2 | 50 | 70 |
3 | 80 | 110 |
4 | 120 | 160 |
5 | 180 | 240 |
Per proteggere le armature dal rischio di un'eccessiva temperatura in caso di incendio è necessario adottare opportuni spessori di copriferro. Aumentando questo spessore aumenta il tempo necessario perché l'armatura raggiunga temperature critiche nel modo che si vede nella tab. 4. In tale tabella si vede anche che i calcestruzzi con aggregati calcarei hanno poteri di isolamento termico delle armature più elevati.
Calore di idratazione.
Per calcestruzzi con elevati calori di idratazione utilizzati in getti di notevole massa la temperatura del calcestruzzo può aumentare, a causa del calore sviluppato durante le reazioni chimiche di idratazione, anche di 40 °C. In seguito la parte esterna esposta all'aria si raffredda più rapidamente di quella interna causando stati di coazione con tensioni di trazione sulla massa superficiale del conglomerato. Successivamente, con il raffreddamento della massa più interna e a causa dell'aumentata rigidità, la situazione si inverte con la possibilità di formazione di lesioni interne alla massa di calcestruzzo.
cause meccaniche
Urti, abrasioni.
L'abrasione di superfici in calcestruzzo ha effetti
tanto maggiori quanto minori sono: la durezza superficiale, l'aderenza
cemento inerti, la resistenza degli inerti.
Un accorgimento particolare per proteggere le
pavimentazioni in calcestruzzo dall'abrasione è lo spolvero
superficiale effettuato spargendo sul getto non ancora indurito,
di una miscela formata da polvere cementizia, inerte siliceo al
corindone e additivi appositi per l'aumento della resistenza
superficiale.
Le conseguenze degli urti possono essere ridotte
utilizzando calcestruzzi fibrorinforzati mediante materiali
polimerici o acciaio.
Conclusioni.
Analizzate, anche se solo in modo riassuntivo, le
diverse cause di degrado delle strutture in cemento armato che
non dipendono dalla resistenza meccanica dello stesso, appare
evidente quanta importanza abbiano alcuni parametri che
influenzano la durabilità del calcestruzzo rispetto ai più
svariati tipi di attacco esterno, soprattutto chimico. In
particolare è utile ricordare come un calcestruzzo con una buona
compattezza e un adeguato rapporto acqua/cemento sia destinato ad
una buona durabilità per la sua capacità di resistere meglio di
un calcestruzzo poroso o confezionato con un eccesso d'acqua ad
una gran quantità di agenti.
Non è possibile in questo breve compendio esaminare gli
effetti di sisma e vibrazioni sulle opere in cemento armato in
quanto queste sono cause estremamente più complesse e che danno
vita ad una casistica di danni molto varia che va affrontata con
il dovuto rigore così come viene fatto in numerose pubblicazioni
esistenti nella letteratura tecnico scientifica relativa alle
costruzioni in cemento armato.
Bibliografia di approfondimento.
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