Il Fantacalcio ai tempi della Torre di Babele

 

Ai Tempi della Torre di Babele il Fantacalcio era un vero casino. Il mercato si svolgeva appunto nella Torre di Babele, che era stata costruita da Moratti come ostello per i 15300000000 giocatori tesserati dell’Inter, e poi svenduta a poche lire per acquistare qualche giocatore sopravvalutato (e così ci siamo tolti subito all’inizio la battuta di rito su Moratti): erano giorni terribili, quelli del mercato iniziale, perché siccome tutti i giocatori parlavano lingue diverse, tutto il meccanismo era molto rallentato. All’asta quando uno diceva “uno”, un altro rispondeva “zwei” e tutti a vedere sui vari dizionari cosa voleva dire, un altro “three” e tutti a vedere sui dizionari cosa voleva dire, un altro “cuatro” e tutti a vedere sui dizionari cosa voleva dire, un altro “cinq” e tutti a vedere sui dizionari cosa voleva dire, un altro “obteling” e tutti a vedere sui dizionari cosa voleva dire, solo che stavolta, non trovando niente, tutti dicevano all’ultimo che aveva parlato “Eh?”, e quello: “Prrrrrr!” (sarebbe una pernacchia), e tutti giù a ridere ognuno a modo suo, chi gustando pasta, chi crauti, chi uova al bacon, chi un po’ di paella chi una baguette, e tutti insieme gambizzando il coglionazzo di turno che aveva fatto lo scherzo, non sia mai ci riprovasse. I mercati alla Torre di Babele duravano anni perché procedevano a rilento, e costavano al sistema sanitario nazionali milioni di euro di sedie a rotelle per tutti quelli che venivano gambizzati.

Il casino continuava anche durante il campionato: sul sito internet del fantacalcio ognuno scriveva il suo commento, solo che ognuno lo faceva nella sua lingua e nessuno ci capiva una mazza, nella pagina dei risultati i cinesi non capivano i numeri arabi, i greci non capivano i numeri cinesi, gli arabi non capivano i numeri egizi, e Tremonti non capiva proprio niente di nessun tipo di numero, per questo iniziò poco dopo a fare il Ministro dell’Economia. Ogni lingua, espressione di una diversa cultura, compiva i propri riti apotropaici (vabbeh, mi muovo a pietà, faccio capire anche voi: leggi “riti scaramantici”): per far vincere la propria squadra, gli indiani facevano le danze della pioggia, gli arabi pregavano verso La Mecca, gli orientali meditavano e gli intelligenti si affidavano a Maone, che funzionava molto meglio delle altre cose messe insieme.

La Torre di Babele era un monumento alla specificità e al settarismo. Ognuno pensava alla sua lingua, gli inglesi quella inglese, i tedeschi quella tedesca, i russi quella russa, i coreani quella coreana, ma va detto che già da allora tutti difendevano la lingua di Eva Henger, che già in quel tempo combinava delle cose sublimi… I cinesi vendevano per le lingue dei traduttori universali a basso costo farlocchi, i bergamaschi non si capivano neanche tra di loro, i napoletani erano disperati perché quando facevano uno scippo non sapevamo mai quale valuta ci fosse nelle borsette che prendevano. Dio decise di porre fine a tutto questo: con rabbia infinita lanciò un fulmine contro la Torre, ma proprio il giorno prima sul punto più alto era stata posta una antenna di Mediaset. Da allora, quell’energia data dal fulmine fa irradiare il messaggio del tg4, che però come punizione colpisce solo quelli che allora parlavano una delle tante lingue della Torre, quella più sfigata…

 

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