I Longobardi
 Secondo le loro tradizioni, riportate nella cosiddetta Origo gentis Langobardorum  e riprese da Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum , i longobardi in origine si chiamavano winnili e abitavano la Scandinavia meridionale. Sotto la guida dei fratelli Ibor e Aio, figli di Gambara, migrarono verso sud, sulle coste meridionali del Mar Baltico, e si stabilirono in Scoringa (l'area della foce dell'Elba o, più probabilmente, la fascia costiera di fronte all'isola di Rügen).
Presto vennero in conflitto con i vicini Vandali, anch'essi Germani, e si trovarono in difficoltà poiché il loro valore non bastava a compensare l'esiguità numerica. Narra la leggenda che i capi dei Vandali pregarono Odino di concedere loro la vittoria ma il dio supremo disse che avrebbe decretato la vittoria del popolo che avesse visto per primo il mattino della battaglia. Gambara ed i figli invece ricorsero alla moglie di Odino, Frigg, che diede loro il consiglio di presentarsi al sorgere del sole uomini e donne insieme, le donne coi capelli sciolti fin sotto il mento come fossero barbe. Al sorgere del sole Frigg fece sì che Odino si girasse dalla parte dei Winnili e questi quando li vide chiese: "Chi sono quelli con le lunghe barbe?" (cfr antico germanico Langbärte). Al che la dea rispose: "Poiché gli hai dato un nome, dai loro anche la vittoria".
L'aneddoto riguarda non solo la leggenda di formazione del nome del popolo, ma ci informa anche di una sorta di passaggio delle consegne fra gli dèi dell'antica religione dei Vanir, che probabilmente avevano il patronato della stirpe dei Winnili e tra cui primeggiava la dea Freyja, e la nuova religione degli Asi capeggiati da Odino. Si trattò quindi dell'evoluzione da una religione orientata al culto della fertilità a una che promuoveva i valori della guerra e la classe dei guerrieri. Non solo nelle abitudini dei Germani, ma in numerose altre culture il diritto di imporre il nome ad un'altra persona impone una serie di doveri che corrono nei due sensi, una sorta di padrinaggio.I longobardi estesero inizialmente la propria area di diffusione verso la regione dell'Altmark (corrispondente alla parte settentrionale dell'attuale Land tedesco di Sassonia-Anhalt). Lo spostamento, iniziato nel II secolo, procedette molto lentamente e lasciarono completamente il basso corso dell'Elba soltanto dopo la metà del IV secolo.
La migrazione verso sud :
Nel periodo successivo la storia dei longobardi è sostanzialmente sconosciuta. Si ritiene che non divennero vassalli degli Unni e che conservarono sempre la propria indipendenza. Sempre nella seconda metà del IV secolo furono cristianizzati da monaci ariani. Di questo periodo sono noti diversi nomi di sovrani longobardi - Agilmundo, Lamissone, Leti (da cui prese nome la prestigiosa stirpe regia dei Letingi), Ildeoc; si ritiene che questi abbiano guidato il popolo durante la risalita del corso dell'Elba, fino alle odierne Sassonia e Boemia.
Nella stessa fase si era anche avviata la trasformazione della loro organizzazione tribale verso un sistema guidato da un gruppo di duchi che comandavano proprie bande guerriere sotto un sovrano che, ben presto, si trasformò in un re vero e proprio. Il re, eletto come generalmente accadeva in tutti i popoli indoeuropei per acclamazione dal popolo in armi, aveva un controllo generalmente debole sui duchi.
Nel 488-493 i longobardi, guidati da Godeoc e poi da Claffone, "ritornarono" alla storia, stanziati nelle terre lasciate libere dai Rugi nel Norico (corrispondente all'attuale Bassa Austria). Per la prima volta entrarono in un territorio marcato dalla civiltà romana. In quel momento, infatti, a causa delle lotte in Italia fra Odoacre e Teodorico, si era verificato un vuoto di potere a nord del Danubio. All'epoca, i longobardi erano ormai una vasta tribù che, nel corso dei suoi spostamenti, aveva inglobato o sottomesso diversi individui, gruppi e forse anche intere tribù, germaniche o di altra origine, incontrate durante la migrazione.
Giunti nel Norico, i longobardi ebbero conflitti con i nuovi vicini, gli Eruli e finirono per stabilirsi nel territorio detto Feld (forse il Marchfeld, situato ad oriente di Vienna), molto probabilmente sotto pressione degli Eruli, di cui sembrano essere stati tributari. Tuttavia, sotto il nuovo re, Tatone, sfidato e insultato dal re degli Eruli, Rodolfo, i longobardi si sollevarono e li sterminarono, eliminando anche lo stesso Rodolfo (508). La sconfitta degli Eruli fu tale da causare la scomparsa di questo popolo dalle cronache, mentre i longobardi accrebbero la loro ricchezza ed importanza in modo considerevole. Il fatto che Rodolfo fosse legato a Teodorico (era stato da lui cresciuto ed addestrato alla guerra, secondo la pratica germanica del fosterage) è un indizio che questo cambio drammatico di fortune fu solo un episodio nel generale conflitto concentrico scatenato da Franchi e Bizantini contro gli Ostrogoti, e porta a ritenere che Tatone fosse un membro (di importanza crescente) di questa alleanza.
Verso il 510 Tatone fu ucciso dal nipote Vacone, che si autoproclamò re, anche se non riuscì ad estinguere del tutto i discendenti di Tatone: il nipote Idelchi riuscì a fuggire presso i Gepidi, che pensarono di servirsene come arma anti-longobarda, ma il loro progetto fu frustrato dalla straordinaria aggressività sia militare sia politica di Vacone. Il nuovo re infatti si sposò tre volte, la prima volta con la principessa turingia Ranicunda, la seconda con la principessa gepida Austrigusa e infine con la principessa erula Silinga, mettendo così a segno, di volta in volta, alleanze strategiche con Turingi, Gepidi e infine con ciò che restava degli Eruli.
L'alleanza con Bisanzio e i Franchi permise di mettere a frutto le convulsioni che scossero il regno ostrogoto, soprattutto dopo la morte del re Teodorico nel 526. Il culmine della politica matrimoniale di Vacone fu però il matrimonio di sua figlia Visegarda con Teodeberto I, re dei Franchi. Morta poco dopo Visegarda, il legame fu reiterato col matrimonio tra la sorella più giovane di Visegarda, Valderada, con Teodebaldo, figlio del re franco. Nel 539 Vacone respinse un'offerta di alleanza (o piuttosto, visti gli estremi cui gli Ostrogoti erano giunti, una supplica) del re ostrogoto Vitige col pretesto della propria alleanza con l'imperatore Giustiniano, non documentata: l'episodio conferma come in quel momento i longobardi fossero una potenza sempre più integrata nello schieramento franco-bizantino.
Ormai saldamente al potere e disponendo delle risorse di un grandissimo territorio, che dalla Boemia lambiva ormai la Pannonia, Vacone era uno dei più importanti re d'Europa. Alla sua morte 540 il figlio Valtari era minorenne, e quando anni dopo morì il suo reggente Audoino usurpò il trono ignorando i diritti dei Letingi. La situazione politica erodeva lo spazio di manovra dei longobardi, col sempre crescente potere dei Franchi che, accordatisi con il nuovo re ostrogoto Totila, erano riusciti a occupare il Norico e a fare ulteriori passi in Italia settentrionale, mettendo così anche a rischio i piani di Giustiniano sull'Italia.
Audoino cambiò totalmente il quadro delle alleanze del predecessore, accordandosi (nel 547 o nel 548) con Giustiniano per occupare, in Pannonia, la Provincia Savia (il territorio che si stende fra i fiumi Drava e Sava) e parte del Norico, in modo da schierarsi nuovamente contro i vecchi alleati Franchi e Gepidi e consentire a Giustiniano di disporre di rotte di comunicazione sicure con l'Italia. Il nuovo stato di cose fu suggellato dal matrimonio di Audoino con una principessa turingia, figlia di un re (Ermanafrido) assassinato dai Franchi e di una principessa di stirpe Amala, nipote di Teodorico. Il matrimonio con una principessa diretta discendente di Teodorico consentiva ad Audoino, un usurpatore, di sfruttare l'estremo prestigio sempre goduto dagli Amali e metteva in difficoltà il re degli Ostrogoti, Totila, che non poteva vantare connessioni di questo tipo. Con un sia pur modesto contributo militare bizantino, i longobardi affrontarono i Gepidi e li vinsero, mettendo fine alla lotta per la supremazia nell'area norico-pannonica.In quella battaglia si distinse il figlio di Audoino, Alboino. Ma uno strapotere dei longobardi in quella zona non serviva gli interessi di Giustiniano e quest'ultimo, pur servendosi di contingenti anche molto consistenti di longobardi contro Totila e perfino contro i Persiani, cominciò a favorire nuovamente i Gepidi. Audoino cercò di riavvicinarsi ai Franchi, ma quando morì e Alboino salì al trono i cattivi rapporti coi Gepidi, sempre più spalleggiati dai Bizantini, esplosero in un conflitto che terminò nel 565 con una sconfitta longobarda. Per risollevare le proprie sorti Alboino dovette stipulare un'alleanza con gli Avari, che però prevedeva in caso di vittoria sui Gepidi che tutto il territorio occupato dai longobardi andasse agli Avari. Nel 567 un doppio attacco ai Gepidi (i longobardi da ovest, gli Avari da est) si concluse con due cruente battaglie, entrambe fatali ai Gepidi, che scomparivano così dalla storia. Gli Avari si impossessavano di quasi tutto il loro territorio, salvo il litorale dalmata che tornò ai Bizantini.
Sconfitti i Gepidi, la situazione era cambiata assai poco per Alboino che al loro posto aveva dovuto lasciar insediare i non meno pericolosi Avari; dalla sanguinosa campagna non aveva ricavato nient'altro che gloria. I suoi vassalli, che vedevano gli Avari impossessarsi del bottino per cui avevano combattuto, cominciarono a mostrarsi poco convinti della sua leadership. Decise quindi di lanciarsi verso le pianure dell'Italia, appena devastate dalla sanguinosissima Guerra gotica e quindi meno pronte ad una difesa a oltranza; per guardarsi le spalle si accordò ancora con gli Avari, che poterono stanziarsi nella Pannonia lasciata dai longobardi (e quindi tagliare le linee di comunicazione di Bisanzio); in caso di ritorno dei precedenti proprietari, gli Avari avrebbero dovuto restituire la regione.
L'invasione dell'Italia
Nel 568 i longobardi, sempre guidati da Alboino, invasero l'Italia attraversando l'Isonzo. Insieme a loro c'erano contingenti di altri popoli, come ventimila Sassoni che per lo più rimasero sempre in qualche modo separati dai longobardi (fino a che lo scoppio di disaccordi sul loro diritto a non essere assorbiti non portò alla loro ritirata a nord delle Alpi, nel 573). Jörg Jarnut stima la consistenza numerica totale dei popoli in migrazione tra i cento e i centocinquantamila fra guerrieri, donne e non combattenti[8]. Non esiste tuttavia pieno accordo tra gli storici a proposito del loro reale numero; altre stime parlano di non meno di trecentocinquantamila persone in totale.
« Ipse Albuin adduxit Langobardos in Italia, invitatos a Narsete scribarum; et movit Albuin rex Langobardorum de Pannonia mense Aprilis {anno 568} a pascha indictione prima. Secunda vero indictione coeperunt praedare in Italia. Tertia autem indictione factus est dominus Italiae »
(Origo gentis Langobardorum, §5)
La resistenza bizantina fu debole; le ragioni della facilità con la quale i longobardi sottomisero l'Italia sono tuttora oggetto di dibattito storico. All'epoca la consistenza numerica della popolazione era al suo minimo storico, dopo le devastazioni seguite alla guerra di Belisario e di Narsete. Inoltre i Bizantini, rimpatriate dopo la resa di Teia (l'ultimo re degli Ostrogoti) le migliori truppe e i migliori comandanti, si difesero solo nelle grandi città, tra cui Pavia. Probabilmente l'irruzione longobarda fu sottovalutata e Bisanzio (impegnata in quegli anni anche contro Avari e Persiani) credette che fosse solamente una razzia, che non avrebbe dato vita ad uno stanziamento stabile. Alcuni arrivano perfino a ipotizzare che l'arrivo dei longobardi sia stato addirittura favorito da alcune fazioni bizantine, sulla scorta di una leggenda che narra di un invito formulato addirittura da Narsete.
La prima città a cadere nelle mani dei longobardi fu Cividale del Friuli (Forum Iulii), dove Alboino insediò un nipote come duca. Poi cedettero, in rapida successione, Aquileia, Treviso, Vicenza, Verona. Nel settembre 569 aprirono le porte Milano e Lucca. Dopo tre anni di assedio, nel 572, anche Pavia cadde e Alboino ne fece la capitale del suo regno.
Gli Ostrogoti che erano rimasti in Italia verosimilmente non opposero strenua resistenza, vista la scelta fra cadere in mano ai longobardi, dopotutto Germani come loro, o restare in quelle dei Bizantini. Alcune eccezioni tuttavia si verificarono. I longobardi proseguirono la loro conquista discendendo la penisola fino nell'Italia centro–meridionale, dove nel 570 Faroaldo e Zottone, forse con l'acquiescenza di Costantinopoli, che mirava a dividere gli invasori, conquistarono gli Appennini centrali e meridionali, divenendo rispettivamente i primi duchi di Spoleto e Benevento.
I Bizantini non riuscirono a resistere agli invasori perché erano carenti di truppe e perché erano impegnati in altri teatri operativi, ma conservarono alcune zone costiere dell'Italia continentale: l'Esarcato (la Romagna, con capitale Ravenna), la Pentapoli (comprendenti i territori costieri dell’Emilia-Romagna e delle Marche e le cinque città di Ancona, Pesaro, Fano, Senigallia e Rimini), parte del Lazio e dell’Italia meridionale (le città della costa campana, Salerno esclusa, la Puglia e la Calabria).

Immagini ed approfondimenti sono tratte da:

http://it.wikipedia.org/wiki/Longobardi

 

 

 

 


Il loro nome sembra derivi da lang bart ossia popolo dalla lunga barba, oppure da lang barte, dalla lunga alabarda, vennero citati da Tacito come popolo ricco di coraggio e valore guerriero.

 

 


La Croce di Agilulfo o di Adaloaldo, inizio VII

 

 

 

 


La Corona Ferrea

 

 

 

 

 

Spada longobarda (ricostruzione)

 

 

 

 

 

 

L'assassinio di Alboino, re dei longobardi di Charles Landseer (1856)

 

 

I Longobardi in Toscana

I Longobardi giunsero  in Toscana con i Gherardeschi, mandati     da Ratchis del Friuli, i Cadolingi, gli Aldobrandeschi, i Lotteringi, i Pannocchieschi, gli Alberti e successivamente i Lanfranchi, i Sismondi, i Gualandi e gli Ubaldini.
La città di Lucca fu prescelta come capitale del ducato longobardo di Tuscia per ragioni strategiche: essa dominava il transito con la Lunigiana e teneva il contatto con gli altri possedimenti padani attraverso il passo della Cisa. Gli insediamenti più intensi si ebbero inoltre in Garfagnana, nel Pistoiese,nel Pratese, nel Senese e nella zona delle Colline Metallifere.

 

     

 

 

 

 

         Ratchis del Friuli