Jacopo Landini detto del Casentino
Pratovecchio AR allora sotto Firenze(1297-1358).
Pittore . Oggetto di una biografia del Vasari  che lui ha identificato come un membro della famiglia Landini  da Pratovecchio (AR) vissuto verso la  fine del XIV secolo.. Molta confusione si è fatta sulle sue origini anche perché il Jacopo non usava firmare le sue opere tranne quella custodita nella galleria degli Uffizi di Firenze che rappresenta un trittico. La sua  carriera si limita alla prima metà del XIV secolo. La cronologia delle sue opere è incerta, e soltanto due di questi pannelli sono datati: una presentazione al tempio (Kansas City, MO, nelson–atkins MUS. A.) che porta la data  plausibile del 1330, e una Vergine con bambino (Crespino sul Lamone, S. Maria), datato 1342.Jacopo fu padre del famoso compositore Francesco Landini, e zio dello scrittore umanista Cristoforo Landini.

Opere

Brano tratto dall’opera del Vasari:          

                                            LE VITE  DE' PIÚ ECCELLENTI

                           ARCHITETTI, PITTORI, ET     SCULTORI ITALIANI,

                                  DA CIMABUE INSINO A' TEMPI  NOSTRI
                                             Nell'edizione per i tipi di Lorenzo
                                               Torrentino - Firenze 1550
                                                    di Giorgio Vasari
                                             JACOPO DI CASENTINO
                                                           Pittore
 Già molti anni s'era udita la fama et il romore delle pitture di Giotto e de' discepoli suoi perché molti, volenterosi di arricchire nella povertà per mezzo dell'arte della pittura, caminavano inanimiti dalle speranze dello studio e dalla inclinazione della natura, e si pensavano, quella esercitando, avanzare di eccellenza e Giotto e Taddeo e gli altri pittori. Et infra molti che ebbero questo pensiero cercò porlo ad esecuzione Iacopo di Casentino, da molti scritto e creduto essere stato de la famiglia di m<esser> Cristofano Landino da Prato Vecchio. Costui, mentre che Taddeo Gaddi lavorava al Sasso della Vernia la capella delle Stimite, da un frate di Casentino, allora guardiano in detto luogo, fu acconcio con esso lui ad imparare il disegno et il colorito di quell'arte. Per il che in Fiorenza condottosi in compagnia di Giovanni da Milano per li servigi di Taddeo lor maestro, molte cose lavorando, fece il tabernacolo della Madonna di Mercato Vecchio; similmente quello su 'l canto della piazza di San Niccolò della via del Cocomero, et a' Tintori quello che è a Santo Nofri su 'l canto delle mura dell'orto loro, dirimpetto a San Giuseppo. Fece in San Michele in Orto alcune pitture, et in Casentino, in Prato Vecchio et in tutte le chiese, molte cappelle e figure, che seminate in diversi luoghi per Casentino si veggono ancora. Lavorò in Arezzo nel Duomo Vecchio; e per il capitolo della pieve, nella chiesa di | San Bartolomeo fece la facciata dello altar maggiore; e nella pieve stessa sotto l'organo la storia di S. Matteo, et in Santo Agostino due altre cappelle ancora et in San Domenico. E cosí faccendo per tutta la città opere di sua mano, mostrò <a> Spinello Aretino i principii di tal arte insegnata interamente da lui a Bernardo Daddi fiorentino, il quale nella città sua molte cose lavorando, quella onorò e da' cittadini suoi, che di bonissimo governo lo stimorono, fu ne' magistrati adoperato assai. Furono le pitture di Bernardo molte et in molta stima, e prima in Santa Croce la cappella di San Lorenzo e di Santo Stefano de' Pulci e Berardi e molte altre pitture in diversi luoghi di detta chiesa. Sopra le porte della città di Fiorenza da la parte di dentro quelle dipinse e, d'anni carico morendo, in Santa Felicita gli fu dato onorato sepolcro l'anno mccclxxx. E Iacopo di Casentino in vecchiezza venuto, nella badia di Santo Angelo, fuor del castello di Prato Vecchio in Casentino, fu sepolto d'anni lxiiiii, dolendo a molti la morte sua e massimamente a' parenti, i quali da le fatiche di lui di continuo traevano utile, onore e fama. E nel mccclviii gli fu dato sepoltura. Né gli mancò dopo la morte questo epitaffio:
 PINGERE ME DOCVIT GADDVS; COMPONERE PLVRA
 
 APTE PINGENDO CORPORA DOCTVS ERAM.
 
 PROMPTA MANVS FVIT, ET PICTVM EST IN PARIETE TANTVM
 
 A ME: SERVAT OPVS NVLLA TABELLA MEVM.

 

Cristoforo Landini o Landino

   Landino, Cristoforo Pratovecchio <1424-1498>
 Notizie: Umanista, poeta e commentatore di Plinio il Vecchio,

Virgilio e Dante Alighieri; fu professore di retorica e poetica nello

Studio di Firenze. Nato a Firenze nel 1424 e morto ivi nel 1498.
 Nome su edizioni: Christophoro Landino; Cristoforo Landino;

Christophorus Landinus; Christopharus Landinus; Landinus;

Christophorus Landinus Florentinus; Cristoforo Landino Fiorentino.


 Cristoforo Landino (Firenze 1424 - Borgo alla Collina, Arezzo, 1498) fu un umanista, letterato e filosofo italiano.
 Nacque a Firenze da una famiglia originaria di Pratovecchio, nell'aretino, e compì gli studi in materie letterarie e giuridiche a

Volterra. Nel 1458 gli venne affidata la cattedra di oratoria e poetica presso lo Studio fiorentino, sopo Carlo Marsuppini. In quel periodo ricoprì anche incarichi pubblici, facendo parte della segreteria di parte guelfa e della prima Cancelleria. Nel 1446 visitò Roma.La sua attività poetica iniziò fin dalla gioventù, con la raccolta di versi in latino detta Xandra, dedicata a Leon Battista Alberti. Nel 1487 la Signoria fiorentina gli assegnò una pensione ed insegnò gli autori classici e volgari fino al 1488. Tra i suoi allievi vi furono il Poliziano, Lorenzo il Magnifico e Marsilio Ficino.
 I suoi commenti a Virgilio e Orazio godettero di una notevolissima fortuna nel XIV secolo, ma grazie al commento sull'opera di Dante la Signoria lo premiò con una torre nel Casentino. Tra gli scritti di argomento filosofico si ricordano il De anima, (1471), trattato dedicato a Ercole d'Este e il Disputationes Camaldulenses, dialogo in quattro libri del 1473.
 Venne ritratto in alcuni affreschi da Domenico Ghirlandaio tra i contemporanei fiorentini illustri.
 Così disse del suo parente Francesco:

Ma richiede l'amore dell'agnazione che non defraudi delle debite lodi Francesco Cieco, fratello del mio avolo, al quale tanto concedette la natura di giudizio nell'udito, quanto gli tolse nel viso. Cosa certo mirabile che privato in tutto del vedere fosse non indotto in filosofia, non indotto in astrologia, ma in musica dottissimo, nella quale tanto valse nel suono degli organi che nella nobilissima città di Venezia per giudizio di tutti i musici, i quali da tutte le parti quivi eran concorsi, fu in forma di poeta dal re di Cipri e dal duca veneto di laura corona ornato.

Il 9 settembre 1441 la contessa Elisabetta dei Guidi trasferì la signoria del castello di Borgo alla Collina al dominio della Repubblica Fiorentina che a sua volta lo donò a Cristoforo Landino in premio dei servigi resi e soprattutto per aver commentato nel 1481 la Divina Commedia. Landino, di famiglia originaria di Pratovecchio, si trasferì al Borgo nel 1497 e vi morì ottantenne nel 1504. Il suo corpo venne posto in un'arca lignea all'ingresso della chiesa priorìa contigua al castello; con il passare del tempo si perse la memoria del personaggio sepolto e, conservatosi il suo corpo intatto allo stato di mummia, lo si credette quello di un santo e la gente prese a staccarne brani con grande devozione per trame reliquie. Nel 1803 il cardinale Antonio Despuyg di Majorca riconobbe nella salma le spoglie mortali del grande umanista e vi pose un bassorilievo con lapide; grande fu la fama di questo sepolcro, visitato da scienziati e granduchi finché, nel 1848, su disegno di Antonio Bartolini, venne costruito il monumento ancora oggi esistente nella chiesa attuale, composto da un medaglione e da un sarcofago posto nel vano centrale della parete. Il medaglione, con il ritratto a mezzo busto del Landino in bassorilievo sul marmo, era nel vecchio sepolcro della cappella del castello, ed era quello commissionato nel 1803 dal cardinale A. Despuyg di Maiorca.