Vi racconto la storia di mio zio emigrante
Grazie alla raccolta di alcune
testimonianze posso ricostruire la storia di un mio zio, Serafino Russo, uno dei
sette fratelli del mio nonno paterno, emigrato in Canada molti anni fa.
Verso i primi giorni del lontano Aprile del 1951, a causa della mancanza di
lavoro a Cassino, ancora distrutta dalla guerra, egli, come tanti emigranti,
partì da Roma, in treno, per recarsi a Parigi.
Lì, già da qualche tempo, viveva sua sorella Matilde con il marito e i figli:
ella cercò inutilmente di trattenerlo, offrendogli ospitalità e un impiego, ma
zio Serafino non si lasciò convincere. Ormai aveva deciso di recarsi in
America, un paese di cui conosceva solo il nome , ma che molti denominavano
"l’altra parte del mondo”; una terra che poteva offrire mille
opportunità, dove - si diceva - una persona laboriosa e forte avrebbe potuto
crearsi una fortuna!
Si trattenne nella capitale francese solo quattro giorni e il quinto riprese il
viaggio con degli amici per raggiungere il porto di Le Havre, dove con solo 1OO
dollari americani e una valigia, si imbarcò sulla Queen Mary, una nave inglese
proveniente da Liverpool.
Dopo otto lunghi ed interminabili giorni di navigazione sbarcò nel Quebec.
Qui prese un treno che lo condusse
a Montreal dove lo aspettava un suo amico che gli aveva indirizzato l' “Atto
di Richiamo”: un documento necessario per entrare in Canada.
L 'amico, che si chiamava Emilio Russo, ospitò mio zio in casa sua per circa
una settimana e successivamente gli trovò una modesta stanza in affitto.
I primi tempi furono durissimi: era solo, in un Paese straniero e oltretutto non
capiva una parola di inglese; gli mancavano tantissimo la famiglia, gli amici,
la sua casa….
Rimpianse più volte di non aver accettato l'offerta di zia Matilde e maledisse
il suo stupido orgoglio e il desiderio di avventura che lo avevano messo in
quella triste situazione.
In meno di un mese, nonostante le privazioni e i sacrifici spese tutti i cento
dollari per il vitto e l’alloggio, ma quando ormai temeva di dover chiedere un
prestito per poter tornare in Italia, riuscì finalmente a trovare un impiego.
Non era certo quello che lui sperava: le condizioni di lavoro erano dure e la
paga scarsa, perché a quei tempi c'era tanta gente bisognosa di lavoro e molti
ne approfittavano. Le giornate trascorrevano veloci, tutte uguali.
La sera, invece di riposare o svagarsi, bisognava studiare per apprendere al più
presto la nuova lingua, così strana e ricca di suoni difficili da riprodurre.
Su consiglio di alcuni emigranti italiani, dopo un mese partì, pieno di nuove
speranze, per Windsor, un’altra città canadese della regione dell’Ontario,
dove lavorò per un’impresa edile per sei interminabili mesi.
Anche qui la vita era molto dura, il clima pessimo, il lavoro pesante e la
nostalgia per la famiglia lontana era sempre tanta.
Tempo dopo trovò un impiego in ferrovia, il suo compito era quello di riparare
i binari danneggiati: viveva e dormiva in un vagone merci, che si spostava, di
volta in volta, nelle zone dove si dovevano effettuare le riparazioni.
Il salario era migliore, ma quanti sacrifici! Per fortuna, dopo cinque terribili
mesi, zio Serafino ricevette l'invito di un suo cugino, che risiedeva ormai da
anni a Toronto. Questi lo aveva informato che la città era bella, c'erano molti
emigranti Italiani e che lì, dovendo edificare delle scuole, cercavano proprio
persone esperte nelle costruzioni.
Giovane ed ardimentoso, come si può essere a quell'età, seguì il consiglio e
si trasferì nuovamente.
Furono tempi difficili, caratterizzati da duro lavoro e sacrifici: doveva
risparmiare per potersi costruire un futuro in
Italia.
Anche la costruzione delle nuove scuole terminò e così fu necessario ricercare
di nuovo un impiego.
Lo trovò infine in una fabbrica di travi di cemento.
Il nuovo lavoro, anche se gli assicurava di che vivere, lo prostrava moltissimo,
ma contemporaneamente gli infondeva coraggio e forza di sacrificio tali da
permettergli, dopo appena sette mesi, di disporre finalmente di un piccolo
capitale che gli permise di crearsi un lavoro indipendente.
Ora, insieme ad altri due amici, poteva gestire un'attività lavorativa che gli
avrebbe dato anche una certa stabilità e, quello che era più importante, una
gratificazione morale.
Il suo continuo vagabondare da un paese all'albo e soprattutto le umiliazioni
subite sembravano ormai lontane.
Fu assorbito dal suo nuovo lavoro e vi si dedicò completamente e fu così che
finalmente riuscì a dare una svolta alla sua vita: da operaio a imprenditore!
ora la realizzazione del suo sogno sembrava vicina: tornare in Italia!
Questa volta il viaggio fu ben diverso: prese l’aereo e dopo cinque anni poté
riabbracciare i suoi cari.
L 'intenzione era quella di restare in Italia, ma la situazione a Cassino non
era molto cambiata; si cominciava a ricostruire, tuttavia c'erano ancora tanta
miseria e malattie.
Nonostante le proteste dei genitori e all'oscuro di tutte le sofferenze e
privazioni che gli avevano consentito di raggiungere il benessere economico,
altri tre fratelli decisero di emigrare in Canada per arricchirsi. Si recarono
così insieme a lui a Toronto, per lavorare nella sua impresa. La loro
situazione fu totalmente diversa: avevano un fratello su cui contare, una casa,
dei conoscenti.
Nonostante ciò due di essi, dopo qualche anno, saputo che le condizioni di vita
a Cassino erano migliorate, decisero di tornare perché non riuscivano ad
adattarsi ai ritmi di lavoro e al clima canadese.
Il terzo fratello invece, zio Franco, preferì restare, riconoscente verso quel
Paese che lo aveva accolto e gli aveva permesso di vivere agiatamente.
Ben presto si creò una posizione, sposò la fidanzata, che ere rimasta in
Italia in attesa della sua lettera di richiamo, e fece trasferire anche i
suoceri a Toronto.
Nel 1958 zio Serafino sposò zia
Anita, anche lei di Cassino, conosciuta durante il viaggio in Italia di due anni
prima: ora aveva i mezzi per mantenere una famiglia, un lavoro che gli dava
tante soddisfazioni ed una bella casa, confinante con quella del fratello, in un
quartiere residenziale pieno di italiani che, come loro, erano riusciti a
realizzare i loro sogni.
Pian piano, con la nascita dei figli, l'ampliamento dell'impresa, le
responsabilità verso i dipendenti sempre più numerosi, l'originario piano di
tornare definitivamente a Cassino fu accantonato e poi dimenticato; ma il suo
amore per l'Italia non è mai svanito: finora ha fatto 70 volte il viaggio
Italia - Canada, ha la cittadinanza e il passaporto sia italiano che canadese e
ha case e proprietà anche qui, acquistate in passato, quando ancora pensava di
rimpatriare.
Non è una vita facile: quando è in Canada si sente italiano e rimpiange il
clima mite, i ritmi di vita più tranquilli e rilassati, le distanze ridotte che
consentano di incontrarsi con gli amici a fine giornata per “scambiar due
chiacchiere”, i forti legami familiari e le numerose ricorrenze che offrono il
pretesto per stare insieme; quando è a Cassino d'altro canto, superata la prima
settimana, comincia a ripensare con nostalgia ai familiari rimasti a Toronto,
agli impegni di lavoro lasciati in sospeso e si scandalizza nel notare
l'inefficienza e le carenze di servizi pubblici.
I suoi due figli, che pure amano l'Italia quanto lui e parlano perfettamente la
nostra lingua, si sono sempre opposti ai progetti dello zio Serafino perché
lavorano a Toronto, hanno la loro vita lì e sono consapevoli che, ancora
oggi, per i loro bambini ci sono più possibilità in Canada che a Cassino.
Adesso il sobborgo in cui vivono, chiamato North York, è abitato per un terzo
da persone di origine italiana, soprattutto di Cassino e dintorni.
Tutti questi connazionali conservano gelosamente le loro tradizioni e parlano ancora il
dialetto dei loro paesi d'origine, hanno costituito molti circoli in cui cantano
e suonano le antiche canzoni popolari italiane, giocano a bocce nei parchi
durante le serate estive e organizzano molti pic-nic durante i quali le famiglie
hanno la possibilità di divertirsi e continuare a parlare la lingua italiana.
Quei lunghi anni di sacrifici e di solitudine, passati senza famiglia e senza
casa, in una grave situazione di difficoltà, sono ormai solo un brutto
ricordo!
Russo Matteo