In: La Civiltà Cattolica n. 3773, 2007http://www.laciviltacattolica.it/Quaderni/2007/3773/index_3773.html


Rocco Pezzimenti, Il pensiero politico islamico del '900. Tra riformismo, restaurazione e laicismo,

Soveria Mannelli (Cz), Rubbettino, 2006


L’A. è docente di Storia delle dottrine politiche all’Università del Molise e alla Luiss «Guido Carli» di Roma. In questo suo lavoro si cimenta con un tema delicato e di stretta attualità: il pensiero politico islamico del XX secolo nel suo confronto con l’Occidente. Il primo passo dell’analisi affronta il tema del riformismo. A differenza del mondo europeo, il riformismo nella realtà musulmana non va considerato come un movimento innovativo, ma assume il significato di un «ritorno alle origini per il recupero dell’Islam nella sua purezza coranica» (p. 3), con la necessità di reislamizzare la realtà contro il pericolo della crescente occidentalizzazione. E questa, in effetti, sembra essere la principale chiave di lettura del lavoro proposto dall’A.

Necessariamente sintetica ma interessante è la rassegna dei principali rappresentanti del riformismo. Un elemento comune è che, nel confronto con l’Occidente, dominano una forte componente apologetica e l’insistenza del ritorno alle origini, per purificare la religione islamica da tutte le influenze esterne che l’hanno «corrotta». Certo, in alcuni riformisti non mancano analisi critiche del mondo musulmano, volte a porre in evidenza i motivi del suo ritardo rispetto al mondo occidentale, mentre gli spiriti più aperti sono giunti perfino a proporre una netta distinzione tra politica e religione. Ma si tratta pur sempre di voci isolate, in un contesto in cui domina l’assenza di una visione critica in sede storica.

Un secondo argomento di indagine è il tramonto dell’impero ottomano e il ruolo di primissimo piano svolto in Turchia da Mustafà Kemal detto Atatürk. Di questa fondamentale figura storica vengono tratteggiati soprattutto il riformismo, il nazionalismo e la radicale laicizzazione dello Stato, con i successivi contraccolpi fondamentalisti. L’analisi, seppure breve, aiuta a comprendere anche le difficoltà della Turchia odierna e la sua importanza nel confronto tra Europa e islàm. In un terzo passaggio l’A. analizza la Società dei Fratelli Musulmani, movimento nato in Egitto e interprete della crescente esigenza di ritornare all’islàm autentico. Suoi punti fondamentali sono: l’islàm come religione di Stato, l’applicazione della legge coranica, una posizione chiaramente antioccidentale. Il confronto con la storia di questo Movimento, dei suoi protagonisti più importanti e del suo credo, consente al lettore di inquadrare meglio diversi importanti aspetti del pensiero islamico contemporaneo, soprattutto di alcune sue derive fondamentaliste.

Ugualmente interessanti sono l’analisi dello Stato islamico come  è concepito dai suoi maggiori teorici, con particolare riferimento a pensatori egiziani e pakistani, e il rapporto tra islàm e comunismo nell’Asia centrale. L’A., poi, analizza la rivoluzione iraniana, partendo dall’ideologia elaborata da Alì Shariati (1933-77) e soffermandosi ovviamente sul ruollah Khomeini (1902-90). Il suo non è stato soltanto l’impegno a fermare il processo di modernizzazione di stampo occidentale avviato dallo shah Reza Pahlavi, ma anche quello di giungere a un vero e proprio Governo islamico, in questo contrastando sia il disimpegno politico del clero tradizionale, sia l’ideologia islamica non clericale di Alì Shariati. L’A. chiude il suo lavoro accennando agli intellettuali che hanno scritto lontano dalle loro terre di origine.

Nel tirare le fila del suo discorso l’A. riprende il pensiero di L. Pellicani, che richiama quello di A. J. Toynbee, sulla «aggressione culturale». In tale ottica ritiene che la rinascita della militanza politica islamica affondi le sue radici nella frustrazione per una cultura che si sente attaccata dall’industrialismo occidentale e dalle sue conseguenze. E, poiché la rivoluzione industriale procede su scala planetaria come una macchina che non risparmia nulla, è ingenuo pensare — secondo Pezzimenti — alla fine della guerra culturale tra la civiltà moderna e le «civiltà-altre». Tradizionalisti e fondamentalisti islamici si sentono in dovere di combattere l’aggressione culturale del capitalismo avanzato e la secolarizzazione estrema che esso comporta. Da qui «la necessità di concepire politica e religione come due dimensioni indivisibili se si vuole evitare di andare verso quella desacralizzazione e “miscredenza di massa” che caratterizzano ormai l’Occidente» (p. 168). Inevitabile, allora, dover fronteggiare in ogni modo le infiltrazioni dell’imperialismo occidentale.

In sintesi, un testo breve ma che, proprio per questo, si legge con facilità e profitto. Non ci sono soltanto le tante notizie storiche, vere e proprie novità per i non esperti. C’è anche la conferma di come la storia culturale-religiosa dell’islàm si traduca, nell’oggi, in una realtà attualissima che coinvolge ormai tutti.

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