In: La Civiltà Cattolica n. 3809, 2009http://www.laciviltacattolica.it/Quaderni/2009/3809/index_3809.html


Piero Vassallo, La cultura della libertà. L’opposizione italiana ai poteri forti,

Genova, I libri della banda di Genova, 2008


Non è un libro di storia, bensì una rassegna dei principali oppositori e delle diverse forme di opposizione antimoderna in Italia, che hanno ruotato e ruotano soprattutto intorno ad alcune riviste di riferimento. L’analisi dell’A. tende a esaltare ogni manifestazione del cosiddetto «spirito di Vandea», ogni forma di «controrivoluzione», di insorgenza cristiana contro l’«illusione moderna». In tale ottica il testo si pone come difesa di quel tradizionalismo italiano – culturale, religioso e politico – genericamente inquadrabile nella «destra cattolica».

Si scoprono così nomi certamente non molto «accreditati» al di fuori di questo specifico ambito. Tra le figure spicca innanzitutto quella del cardinale Giuseppe Siri (1906-89), considerato come l’alfiere della sfida al postmoderno, in particolare attraverso la rivista Renovatio. Un’altra figura elogiata dall’A. è quella del domenicano padre Ceslao Pera (1889-1967), esperto di san Tommaso, fiero avversario del pregiudizio antimetafisico e strenuo difensore del possibile fecondo rapporto tra verità di ragione e verità rivelate.

Parole altrettanto elogiative vengono spese per il teologo e filosofo tomista padre Cornelio Fabro (1911-95), validamente impegnato a combattere il pregiudizio ateo e l’esito nichilista del moderno. In un serrato confronto con la filosofia moderna, in particolare con Hegel, sulla base della genuina lezione di Tommaso il Fabro richiama il primato e la superiore dignità dell’essere rispetto al pensiero.

Adeguata attenzione è dedicata anche al pensiero di don Ennio Innocenti, soprattutto sulla gnosi spuria, considerata come un pericolo reale anche per la stessa vita della Chiesa. Non manca, poi, un cenno a R. Amerio (1905-97), soprattutto per il suo sforzo di ribadire il primato della verità sull’amore. Modificare tale ordine, che costituisce una sorta di «metafisica dislocazione di essenze», per Amerio in pratica è come attaccare lo stesso Cristo, il Verbo di Dio, il Logos. Su questa stessa linea si pone anche un altro pensatore di riferimento per l’A., il filosofo A. Del Noce (1910-89), che concorda sul problema filosofico fondamentale dell’«ordine delle essenze».

In tale ottica, allora, contro il nichilismo postmoderno che trarrebbe origine dal pensiero di Cartesio, l’A. sostiene la necessità di rifondare la filosofia. E la correzione dell’insidia contenuta nel razionalismo cartesiano sarebbe la filosofia dell’«atto d’essere». Di qui l’invito a ripartire dal tomismo essenziale e dagli autori che lo hanno difeso.

L’A., poi, elogia alcune figure meno note. Si tratta di: L. Gedda, N. Badano, G. Volpe, S. Vitale, A. Mordini e P. Tosca, sottoposti a lunghi anni di vero e proprio ostracismo ad opera del «potere culturale delle sinistre» e di abbandono da parte dell’«autorità ecclesiastica postconciliare».

Il libro potrà interessare quanti in generale si riconoscono nella cultura del tradizionalismo cattolico, in polemica contro ogni forma di abbandono di questa tradizione all’interno della Chiesa e fra i credenti impegnati in politica. Più in particolare il testo potrebbe trovare riscontro tra coloro che condividono il sogno di: «unificare le correnti della cultura di destra riportandole sotto il comune denominatore tomista, la premessa necessaria alla conquista dell’egemonia culturale, cadente dalle mani della sinistra obsoleta e scheletrica» (p. 145). Che si condivida o meno una simile impostazione, al di là dei toni usati dall’A. e senza per questo avvalorare specifiche scelte politiche, alcune delle questioni teoriche proprie del tradizionalismo cattolico meriterebbero forse una maggiore attenzione critica.

Anche grazie ad una scrittura dall’incedere incalzante, a mo’ di arringa, il libro risulta vistosamente polemico, forse concepito non solo come apologia ma anche come manifesto della controrivoluzione. A questo fine, però, non giovano i giudizi frettolosi e poco documentati su numerosi autori, né il profluvio di definizioni e aggettivi pesanti nei confronti di quanti hanno contrastato e ancora contrastano la posizione rappresentata dall’A. Nel suo mirino, inoltre, finisce gran parte del pensiero della Chiesa e della teologia più recente, soprattutto dal Concilio Vaticano II ad oggi. I molti refusi, infine, interrompono spesso la lettura.

Un’ultima nota. Come prevedibile, ma in questo non è certo un caso isolato, anche l’A. ritiene di intravedere conferme dell’impostazione tradizionalista in alcune posizioni assunte da Benedetto XVI. In proposito ci pare poco corretto estrapolare alcuni passaggi di un pensiero ben più complesso, qual è quello dell’attuale Pontefice, per avvalorare le proprie tesi che, oltre tutto, non sono solo culturali o religiose ma anche chiaramente politiche.

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