In: La Civiltà Cattolica n. 3812, 2009http://www.laciviltacattolica.it/Quaderni/2009/3812/index_3812.html


Massimo Borghesi, L’era dello Spirito. Secolarizzazione ed escatologia moderna,

Roma, Studium, 2008


L’A., ordinario di Filosofia morale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Perugia, con questo lavoro prosegue la sua riflessione sulle implicazioni religiose della secolarizzazione moderna. In particolare analizza il percorso di un’idea, quella di «età dello Spirito», nell’ambito della cultura tedesca, da Lessing a Nietzsche ponendo, così, al centro della sua ricerca l’escatologia tedesca  dell’Ottocento.

Secondo l’A. il processo di disincanto nei confronti del cristianesimo e della religione è a sua volta “religioso”, in quanto dominato da una tensione escatologica verso un tempo in cui l’uomo potrà sentirsi pienamente realizzato. È l’utopia moderna di un futuro radioso, della redenzione dai limiti dell’uomo, di un nuovo tipo umano che supera Dio, si sostituisce a lui. In realtà un simile titanismo patologicamente nega la reale dimensione fallibile dell’uomo che pure, inevitabilmente, rimane. È religione laica, escatologia immanente, ateismo che diviene religione, «età dello Spirito» di gioachimita memoria. In effetti, la teologia della storia di Gioacchino da Fiore, riproposta da Lessing, diventa il paradigma della secolarizzazione moderna, l’orizzonte di un razionalismo postcristiano, di una religione senza la fede in un Dio personale.

L’A. vede nella utopia della «terza età del mondo» di Lessing, il motivo di fondo che guida la cultura tedesca tra la fine del Settecento e gli inizi del Novecento. In tale prospettiva un nuovo Vangelo eterno doveva sostituire il cristianesimo storico, caratterizzato da una concezione antropomorfica e sensibile del divino, in direzione di una fede immanente. L’epoca nuova era l’età dello Spirito, l’era che succedeva a quella del Padre e del Figlio, dell’AT e del NT.

Da Lessing deriveranno poi la filosofia trinitaria della storia di Shelling e quella di Hegel, con il modello tripartito dell’unità originaria, della scissione, della riconciliazione finale. Si tratta di un paradigma soltanto formalmente cristiano, cristologico (kenosi del Verbo e risurrezione). In realtà è un paradigma gnostico: la scissione come caduta dell’anima dall’Uno nella divisione del mondo, la riconciliazione come ritorno all’Unità attraverso la conoscenza della propria natura divina.

Ma l’escatologia tedesca deve fare i conti anche con Nietzsche, il quale, facendo sue le premesse della filosofia della storia di Lessing ed Hegel, giunge però a conclusioni diverse. Egli intravede il XX secolo come trionfo del negativo in cui si realizza non la ragione ma il suo contrario: l’epoca nuova non è quella dello Spirito ma il tempo di Babele.

Riprendendo S. Huntington e J. Habermas, infine, l’A. invita a ripensare in termini nuovi il confronto tra illuminismo e cristianesimo, alla luce di un dialogo che sia consapevole della distinzione degli ambiti. Si tratta di cercare quel difficile e doloroso equilibrio in cui illuminismo e cristianesimo possono «convivere ed incontrarsi, evitando la reductio ad unum che è al centro del modello gioachimita-hegeliano. In questo difficile equilibrio risiede l’originalità dell’Occidente nella scena del mondo» (p. 309).

L’A. padroneggia l’argomento ed offre diversi spunti di riflessione non solo in senso retrospettivo, ma anche sul presente e sul possibile futuro. Pure se la sua impostazione è primariamente filosofica, il testo potrà interessare anche quanti, da differenti prospettive, si occupano di temi quali la secolarizzazione, la gnosi, il rapporto tra illuminismo e cristianesimo.

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