In: La Civiltà Cattolica n. 3797, 2008http://www.laciviltacattolica.it/Quaderni/2008/3797/index_3797.html


Giacomo Biffi, Memorie e digressioni di un italiano cardinale,

Siena, Cantagalli, 2007


Dopo ottanta anni di vita, la maggior parte dei quali spesi a servizio della Chiesa, il cardinale G. Biffi stende le sue memorie. Divide la sua lunga esperienza in tre parti: fino al sacerdozio; l’esperienza milanese; l’esperienza bolognese.

La prima parte della narrazione è intitolata: «La prima età (1928-50)». Qui l’A. descrive la sua famiglia, la vita milanese del tempo, l’esperienza dell’oratorio. In particolare si sofferma sul seminario di Venegono, sulla figura del rettore e futuro cardinale don Giovanni Colombo, sulla intensa formazione teologica. La prima fase di questa lunga vita si chiude con l’ordinazione presbiterale del 1950. A questo punto si apre la seconda parte del testo, che l’A. definisce: «Al servizio della Chiesa di Milano (1950-84)». Scopriamo così la sua prima attività, che dura dieci anni: l’insegnamento ai ragazzi avviati al sacerdozio. Questo periodo è segnato da diversi e importanti avvenimenti: la morte del cardinale A. I. Schuster, l’arrivo di G. B. Montini a Milano, la morte di Pio XII, l’insediamento di Giovanni XXIII.

Intanto, dal 1960 al 1975 don Giacomo esercita l’ufficio di parroco. In quel periodo, precisamente nel 1963, muore Giovanni XXIII, Papa verso cui l’A. provava una «invincibile simpatia», senza per questo condividerne acriticamente tutte le posizioni. Il successore è Paolo VI, nei cui confronti l’A. spende parole particolarmente benevoli. A questo punto non può mancare qualche riferimento al Vaticano II. L’A. non nasconde alcune sue perplessità su un concilio dichiaratamente «pastorale», e sul rischio di dimenticare la misericordia della verità: «misericordia che non può essere esercitata senza la condanna esplicita, ferma, costante di ogni travisamento e di ogni alterazione del “deposito” della fede, che va custodito» (p. 184). Ma il suo vero giudizio critico riguarda soprattutto il postconcilio.

Intanto, dopo l’elezione papale di Montini, la sede milanese viene affidata a G. Colombo. Sono i tempi difficili della contestazione, non solo studentesca, ma anche di ecclesiale, che ha come bersagli soprattutto alcune figure: il sacerdote, il vescovo, il Papa. L’A. si sofferma criticamente su quello che definisce un «clima ecclesiale anomalo e singolare». Dal 1975 comincia la collaborazione con l’arcivescovo di Milano come vicario episcopale per la cultura e come vescovo ausiliare, con l’ordinazione episcopale del gennaio 1976. Nel 1978 muoiono Paolo VI e il successore Giovanni Paolo I, e comincia il lungo pontificato di Giovanni Paolo II, mentre, nel 1980, la sede milanese viene affidata a C. M. Martini. Nel 1984 Biffi viene scelto come vescovo di Bologna. Comincia così quella che lui chiama la «avventura bolognese», caratterizzata anche dalla successiva elezione cardinalizia del 1985. La narrazione procede fin quasi ai nostri giorni.

Il testo risulta davvero scorrevole, assolutamente non autocelebrativo, ovviamente ricco di notizie e personaggi. La lettura è più interessante nelle prime due parti, lì dove l’A. spazia sulla storia più allargata, e dove prende anche posizione su alcuni dei principali eventi della vita ecclesiale e nazionale. Non manca l’espressione di pensieri forti, il richiamo contro le omissioni e le letture di parte, nella storia civile e in quella della Chiesa. In punti significativi del testo l’A. inserisce delle «Digressioni», sugli argomenti più vari, che appaiono forse le parti più rivelatrici dello scritto. Anche le varie «Note pastorali» contribuiscono ad arricchire la conoscenza dell’A.

Diversi i temi cui Biffi dedica una riflessione più attenta: il Concilio, il comunismo, la teologia odierna, il sacerdozio femminile, il divorzio, l’aborto, l’Europa, il rapporto tra ragione e fede. E numerosi sono i personaggi su cui si sofferma in modo particolare e su cui ritorna in vari punti della narrazione: Ambrogio di Milano, Pio XI – che definisce «il Papa più grande del secolo ventesimo» –, Paolo VI, Giovanni Paolo II, G. Dossetti, D. Barsotti, J. H. Newman, V. S. Solov’ëv. Ma una figura svetta su tutte: Cristo. E a lui dedica le parole più intense e significative: «Io ho puntato su di lui la mia vita, l’unica vita che ho» (p. 549).

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