In: La Civiltà Cattolica n. 3819-3820, 2009http://www.laciviltacattolica.it/Quaderni/2009/3819-3820/index_3819-3820.html


Enzo Pace, Raccontare Dio. La religione come comunicazione,

Bologna, Mulino, 2008


Docente di Sociologia e Sociologia delle religioni all’università di Padova, l’A. possiede una profonda conoscenza delle religioni storiche e contemporanee, cui ha dedicato diversi studi. Privilegiando l’approccio della teoria dei sistemi, Pace si propone di «trattare la religione come sistema e come potere di comunicazione e […] ricostruire le legature fra universi simbolico-religiosi e ambienti sociali che mutano nel tempo e nello spazio» (p. 28). L’A. non si chiede a cosa serva la religione, ma come funziona un sistema di credenza religiosa osservato dal suo interno. Adotta il metodo di analisi «genealogico», teso a rintracciare le linee di discendenza delle diverse tradizioni religiose, le loro similarità e differenze, la loro capacità di resistere nel tempo ai cambiamenti esterni sviluppando una propria interna complessità.

Il testo comincia con una constatazione inevitabile: considerare la secolarizzazione come un processo irreversibile è stato un errore. Non si è verificato, infatti, quell’inesorabile declino del sacro e della religione previsto come certo dai sociologi della religione del secondo dopoguerra. Di conseguenza è improprio anche parlare di rinascita del sacro. L’A. si pone in una prospettiva diversa, rispettosa della complessità del fatto religioso e attenta al suo divenire. Considera le religioni come realtà complesse, grandi sistemi di credenze composti da vari strati, tra loro correlati e che tendono ad alimentarsi reciprocamente, accomunati da una struttura profonda: il potere della parola, capace di fissare o modificare i confini degli universi di senso individuali e sociali. In un’ottica sistemica che, ad esempio, considera il «sincretismo» anche come processo dinamico di comunicazione tra sistema e ambiente, secondo l’A. nelle religioni «nulla si crea e nulla si distrugge».

Un secondo importante aspetto considera la religione come «potere di comunicazione», capace di fissare significati attraverso parole, gesti, riti. Ogni religione tende a differenziarsi dalle altre ritenendosi «più» pura e coerente, più completa, più «vera», in una parola: «superiore». Per l’A. questa aspirazione, forse legittima, si rivela rischiosa. Quando, infatti, si combina con ragioni politiche, economiche e ideologiche, può trasformare la religione in una macchina da guerra e il confronto sulla fede in «scontro di civiltà». Esistono, in realtà, molti collegamenti che rendono le religioni meno lontane tra loro di quanto si sia portati a credere. I confini tra le religioni sembrerebbero meno invalicabili ed impenetrabili di quanto non appaia ad un’analisi superficiale.

L’analisi permette di comprendere il rapporto tra il processo di formazione originaria di un credo religioso e il processo di costruzione del corrispondente sistema di credenza, nonché il rapporto tra questi due processi e l’ambiente sociale con cui la religione si deve misurare. Nel definirsi, la religione tende a differenziarsi dall’ambiente e, così, ad aumentare la propria complessità interna. Tale processo di rafforzamento identitario e di crescita della capacità autoriflessiva, arricchisce la «funzione interpretativa» della realtà in trasformazione, adattandola ai continui cambiamenti senza però perdere i nuclei identitari originari. Tale processo dinamico potenzia la proposta di «senso» che il sistema di credenza religiosa può offrire, e così la religione di volta in volta può riaprirsi all’ambiente sociale in trasformazione ed interagire con esso, in un modo relativamente ma sufficientemente autonomo dalle altre agenzie interpretative.

In tale ottica la religione in quanto sistema culturale viene osservata e descritta come un organismo vivente che, adattandosi all’ambiente, tende a svolgere funzioni rilevanti: dalla produzione di solidarietà e coesione sociale, alla elaborazione del conflitto. I sistemi di credenza religiosa appaiono autopoietici, cioè capaci di autoriprodursi, sviluppare complessità interna, adattarsi ai cambiamenti esterni. La prospettiva sistemica, che sposta l’attenzione dalla funzione sociale della religione alla sua funzione sistemica, mette in crisi una serie di luoghi comuni, in particolare: il declino lineare del sacro nella società moderna, il ritorno del sacro, la religione come conservazione dell’equilibrio sociale.

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