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"Il dito di dio"
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PREDA FACILE Valeria fa un
po' di tutto: avanspettacolo, fotomodella, velina occasionale e balla sul cubo in una discoteca. Luci sparate in faccia, luci psichedeliche che si rincorrono
come cartoon e lei che si dimena, evidenziando tutto quello che può
evidenziare, attraente come la mela del peccato. Facce sudate e inespressive di giovani che ballano nella
calca, sciabolate da luci rincretinenti. Musica a palla. Nella penombra, oltre la massa danzante, un uomo fissa
Valeria. Immobile. Un bell’uomo. E’ Gabriele. Passano i TITOLI DI TESTA (ma chi li vede?), sotto c’è lei
che sculetta e che minaccia di togliersi di dosso quel poco che ha. Una corona di mani sventola biglietti da diecimila lire
intorno al cubo. Valeria si slaccia il reggiseno. Fioccano i soldi e gli
applausi. Un orgasmo collettivo. Nel corridoio del camerino di Valeria e Alessia, una sua
collega più navigata, c’è sempre una gran ressa di ammiratori: fiori,
bigliettini, gioielli, qualche volta assegni. Alessia sceglie fior da fiore con grande equilibrio, si
concede solo ai migliori. Valeria no, da quando è cotta di Claudio è fedele.
Incurabile. Però Claudio è sposato e con due figli. La solita solfa: la
moglie che non lo capisce e con cui dice di non avere più rapporti, però ci
sono i figli che non vuole abbandonare. Claudio è un bell’uomo sui 35, statura media, sempre
elegante. Nel suo sguardo intelligente brilla spesso l’ironia che però
Valeria capta raramente. Si sa, l’amore è cieco. Stanotte è una notte speciale. C’è l’inaugurazione dell’appartamentino
che Claudio ha trovato per Valeria, un superattico centrale, comodo, lussuoso,
in un palazzo dell’ Ottocento, monumentale, con un grande cortile. Valeria è eccitata, felice. Scende dalla spider di Claudio, in
una viuzza del centro storico, tenendo in mano la gabbia di Mela, la sua gatta,
che miagola di paura. Si aggrappa al braccio di Claudio e si avviano: lei un po’
buffa con la gabbia del gatto e i tacchi a spillo che le rendono il passo
traballante sui sampietrini, lui più basso di lei, pariolino e figlio di papà. Quanto basta ai due nazi per farsi sotto: prima a sfottere e
poi pesanti su Valeria. Fanno i gradassi e uno allunga una mano sulla fronte di
Claudio, irridente, minaccioso. La reazione di Claudio è veloce quanto
inaspettata. I due nazi si trovano a terra doloranti. Uno dei due ha un braccio
spezzato e si lamenta come un bambino. Claudio riprende sottobraccio Valeria con un sorriso: -Non ti sarai spaventata, amore?- Valeria annuisce stupefatta: sì, di lui. Cosa ha detto che
fa come lavoro? - Contrattualistica internazionale. - sorride Claudio. -Devono essere contratti durissimi...- dice Valeria in quel
suo tono falso stupido che non si capisce se vero o inventato. La coppia se ne va come se nulla fosse accaduto. Dal buio di
un portone brilla la brace di un cigarillo che illumina il volto di Gabriele,
poi l’uomo si avvia dietro la coppia gettando il mozzicone del sigaro con
disprezzo verso i due nazi che arretrano storditi, doloranti e confusi. Claudio e Valeria sbucano nella grande piazza. Claudio indica alla donna una macchina della Polizia che
sosta accanto al marciapiede: nell’attico del palazzo, che tiene tutto il
quinto piano, abita nientemeno che Cartiglia, lo stilista, il maestro della
Moda. Valeria è impressionata: quello della sfilata a Piazza di
Spagna? Quello. Quello che ha fatto sfilare le più famose modelle del mondo
col culo di fuori? Quello. Quello accusato di aver prestato i suoi conti esteri ai
mafiosi per riciclare denaro sporco? Non ci sono prove. - Accidenti, allora chissà quanto costa l’appartamento!-
cinguetta Valeria. Claudio la bacia: lei vale assai di più di qualunque regalo
e le dà il mazzo di chiavi per farle aprire il portone per la prima volta. I poliziotti seguono Valeria con lo sguardo e lei ancheggia
soddisfatta. - Stan lì per proteggerlo o per impedire che scappi?- - Meglio non immischiarsi. - taglia corto Claudio. Valeria spinge il grande portone con entrambe le mani per
riuscire ad aprirlo. Claudio le sfiora la testa con un bacio. L’androne è ampio ma poco illuminato. La guardiola del
portiere è buia e chiusa. Claudio fa strada a Valeria verso l’ascensore, che
sale lungo la tromba dello scalone di marmo del palazzo, circondato da grate di
ferro battuto. - E’ al sesto piano. Si vede tutta Roma.- Valeria si stringe a lui mentre l’ascensore li porta verso
l’alto. La gatta miagola. Lei alza la gabbia e sorride all’animale: -Buona, Mela, vedrai che ti piacerà la nuova casa. - Gabriele si avvicina alle scale e guarda l’ascensore
salire. Tira fuori di tasca una pistola. Ci avvita il silenziatore, poi sale gli
scalini due a due senza rumore. Il pianerottolo del sesto piano è poco illuminato: ci sono
solo due porte. Claudio ne indica una a Valeria: quella è la sua. E l’altra? -Credo che sia un ingresso di servizio per la mansarda di
Cartiglia. Magari ci farà passare qualche bel ragazzotto di tanto in tanto. - -E quella botola?- chiede Valeria. - Boh! Si andrà sul tetto. Dai, apri. Hai tu le chiavi. - Mentre Valeria infila la chiave nella toppa con qualche
difficoltà, Claudio si affaccia a guardare giù per le scale: ma tutto è
penombra e silenzio. Valeria apre la porta del suo nuovo appartamento con un
trillo di gioia e Claudio la solleva tra le braccia con tutta la gabbia della
gatta e le fa varcare la soglia come a una sposa. Lei si commuove e lo bacia.
Finiscono tutti e due avvinghiati sul tappeto a far l’amore prima ancora di
vedere la casa, con Mela che li guarda perplessa da dietro le sbarre. L’appartamento è piccolo ma davvero lussuoso. Un grande
letto matrimoniale occupa metà della stanza. Da una grande finestra si vedono i
tetti di Roma. L’inaugurazione è una notte tutta sesso. Mela la gatta,
stufa di assistere alle effusioni dei due amanti, si sistema sul davanzale di
una delle finestre. Fa molto caldo, il condizionatore d’aria non funziona.
Mela guarda verso il terrazzo di Cartiglia, tutto illuminato, pieno di ospiti,
di musica, di risate. Claudio se ne va prima dell’alba, in punta di piedi,
credendo Valeria addormentata, ma la donna lo agguanta per la cravatta quando
lui si china per darle un bacio. Tra qualche giorno è Ferragosto e Claudio ha
promesso a Valeria che lo passerà con lei: giorno e notte, come se fossero
sposati. Valeria soffre di dover dividere Claudio con quella moglie
che lei non ha mai visto. Claudio conferma la promessa ed esce in fretta. Non
vuole rischiare di incontrare qualcuno che conosce. Quel che fa Claudio di preciso, Valeria non è mai riuscita a
capirlo. Contrattualistica internazionale. Che sarà? Non ha neppure un ufficio.
Le ha detto che abita in una villetta all’Eur con moglie e figli, ma non ha l’indirizzo
né il telefono. Tutto quello che sa per certo di Claudio è il numero del suo
cellulare. La tv mostra immagini di spiagge piene di vacanzieri ma sono
immagini distorte e poco chiare dovute ad una pessima ricezione. Mela, la gatta,
sembra seguirle con grande interesse. Valeria è sotto la doccia. Il campanello suona a distesa. La
gatta corre verso la porta miagolando Valeria va ad aprire infilandosi una vestaglia di pizzo che
nasconde poco e niente, i capelli avvolti in un asciugamano di spugna: l’uomo
che si trova davanti comincia a gonfiarsi come un ranocchio, per la sorpresa, l’eccitazione,
l’ammirazione e l’imbarazzo. Finalmente trova il fiato per esternare tanta
emozione: - Mannaggia l’America Latina!- esclama, gongolando come se
avesse fatto a Valeria il più superbo dei complimenti. -Prego?- chiede Valeria che non ha capito. L’uomo dondola sui piedi facendo ballare le due grosse
valige che porta. Si presenta: è Giovanni, il portiere del palazzo. Sono arrivati i suoi bagagli. E’ lieto di fare la sua conoscenza e se Valeria ha bisogno
di qualcosa può pigiare il pulsante del citofono: lui è sempre in guardiola
dall’alba a alle dieci di sera. Dopo le dieci di sera, mannaggia l’America Latina!, lo trova
nel suo appartamento al seminterrato. Valeria è divertita dalla goffa ammirazione dell’uomo che
continua a darle occhiate di sfuggita come se lei fosse un sole che non si può
fissare impunemente troppo a lungo. Giovanni dice che è venuto anche per dare un’occhiata al
televisore e al condizionatore perché il signor Gianni gli ha telefonato per
avvertirlo che non funzionano bene, mannaggia l’America Latina! Il
condizionatore è vecchiotto ma l’antenna è condominiale e lui la TV la vede
benissimo. Il portiere si china sull’apparecchio televisivo con l’aria
di chi se ne intende e poi gli molla un cazzottone sopra. Le immagini vanno a
posto per qualche secondo. -E chi è Gianni?- trasecola Valeria ma subito capisce e si
riprende- Ah... Gianni, sì, Gianni. - Certamente quel figlio di buona donna di Claudio ha dato un
nome falso al portiere per sicurezza. Sicurezza sua di lui, naturalmente. Musica assordante. Luci inebetenti. Alessia salta giù dal cubo, seminuda, coprendosi con un
ventaglio, ed entra nel camerino che divide con Valeria. E’ su di giri:
cercano volti nuovi per un film commedia e le hanno offerto di fare un provino.
Vogliono anche Valeria. Si può guadagnare in un giorno la paga di una
settimana. Valeria annuisce distratta e guarda l’ora. Claudio è in
ritardo. Suona il telefonino che ha nella borsa. E’ lui, però non può venire
a prenderla stasera. Forse più tardi nel loro nuovo nido d’amore. Valeria torna a casa in taxi. Scende davanti al portone del
suo palazzo. Il taxi va via e dal buio due uomini sbucano con una torcia in mano
e gliela puntano sulla faccia. Strilla, accecata. -Lei è la nuova inquilina del sesto piano, vero?- le chiede
una voce d’uomo. Valeria annuisce riparandosi gli occhi. L’uomo fa scorrere
il cerchio della luce sul bel corpo della donna, fino ai piedi. Poi spegne. -Siamo della vigilanza. Ci scusi, ma dobbiamo controllare. - Valeria, irritata, infila la chiave nella toppa e va all’ascensore.
Sesto piano. L’ascensore è lento e rumoroso. Qualcuno al terzo piano cerca di aprire il cancello
scuotendolo . Si intravede la sagoma di un uomo. Il vecchio ascensore si blocca. Valeria spaventata, pigia ripetutamente sul bottone del sesto
piano. L’ascensore riprende a salire. Sente un passo che sale le rampe delle scale. Esce dall’ascensore
al sesto piano, infila la chiave nella toppa, cerca di aprire. La porta non s’apre.
I passi si avvicinano. Valeria ha un po’ di fifa. Finalmente la porta si apre. Valeria entra e sbatte l’uscio.
Mela le salta addosso per salutarla e lei strilla di paura. Sosta contro la porta ansimando, accarezzando la gatta. Sente
qualcuno che si ferma fuori sul pianerottolo. Poi una chiave si infila nella
toppa dell’uscio e cerca di girare. Click. Click. Ma la chiave non apre. Ancora due passi e poi il rumore della chiave infilata nella
toppa della porta accanto alla sua. Click. Stavolta deve avere aperto perché la
porta si richiude sbattendo. Valeria ride di sé: che stupida! Qualcuno che voleva entrare
nell’attico di Cartiglia e ha sbagliato porta! Tranquillizzata, apre per Mela
l’unica scatoletta di carne che trova in una delle sue valige ancora in gran
parte da disfare. Tira fuori qualche vestito e lo appende nell’armadio. Fa un
gran caldo. Si affaccia alla finestra per respirare. Il terrazzo dell’attico è di nuovo pieno di luci e di
musica: una grande tavola imbandita, intorno a cui siede una ventina di persone.
Arriva l’eco delle risate, delle voci dei commensali e della musica. Mela si
accovaccia sul davanzale. Valeria si spoglia, si profuma, si avvolge in un conturbante
négligé però Claudio non arriva e neppure telefona. Irritata, controlla il
suo cellulare poi alza la cornetta del telefono di casa per sentire se c’è la
linea. C’è. Rimette giù il telefono e va alla finestra a gratticchiare
la testa di Mela. Certo che se la passa bene lo stilista, tutte le sere cene e
festini, non sembra che soffra per le accuse di riciclaggio che gli vengono
fatte. L’attenzione di Valeria viene attratta da uno dei
commensali: non può vederlo bene data la posizione in cui sta seduto, ma
assomiglia a Claudio. Fruga in una valigia e prende un binocolo da teatro. Lo punta
verso il terrazzo di Cartiglia. Ora la sedia su cui sedeva l’uomo che assomigliava è
Claudio è vuota. Suona il cellulare sul comodino. Si tuffa a pesce attraverso
il letto per arrivare a prenderlo. Ma non è Claudio. E’ il padre che la
invita per Ferragosto nella sua casetta a Terracina. -Non posso papà. Ho uno spettacolo. - -Mica sarà a luci rosse, vero?- -Ma che dici papà!- -Non ci vediamo mai. - -Sai anche il perché papà. Non vado a genio alla tua nuova
moglie. Non è colpa mia se ti sei risposato - riattacca e conclude - con una
stronza. Accende la tv, gira un po’ di canali. Si ferma su un
vecchio giallo con Humphrey Bogart. -Vecchio Bog tu sì che eri un uomo!- lascia accesa la tv ma
non la guarda, tanto si vede male. Ci dev’essere un problema di antenna. Torna a grattare la testa di Mela. Sbadiglia e si affaccia
alla finestra: gli ospiti di Cartiglia se ne sono andati. I camerieri
sparecchiano. Le finestre dell’attico si spengono, tutte meno due. Le tende
sono tirate e si vedono solo ombre in controluce. Un uomo e una donna. Stanno
discutendo ma non si capiscono le parole. Poi però la voce della donna si alza
e diventa intelligibile: -Quella sa tutto perché sei uno stronzo!- Due mani d’uomo afferrano Valeria da dietro. Urla. Mela salta giù dal davanzale miagolando di paura. L’aggressore
gira brutalmente la donna verso di sé e la bacia sulla bocca, da levarle il
fiato: è Claudio. Valeria ride nella rabbia colpendolo sul petto a pugni
chiusi. -Mi vuoi far morire di infarto?- -Sì. Ti voglio spezzare il cuore. - scherza Claudio, la
solleva e la porta sul letto. Alessia e Valeria sono pronte per il provino cinematografico.
Sono in bikini su una pedana, girate di schiena, con altre belle ragazze.
Valeria dà un’occhiata ad Alessia: aveva detto che cercavano volti nuovi? Alessia fa spallucce: volti nuovi, culi nuovi, basta che
paghino. Il regista, un uomo giovane dai modi spicci e volgari,
sceglie Valeria e Alessia e dice loro che possono voltarsi. -Il provino fotografico l’avete superato bene. Adesso
rimane il provino personale. - Che cosa sia il "provino personale" è facile
intuirlo. Alessia ride e accetta la sculacciata del regista. Valeria invece gli
blocca la mano e lo fissa gelida: -Stronzo. - Il regista sgrana gli occhi per la sorpresa e Valeria se ne
va: -Scusi, sa, niente di personale. - Giovanni, il portiere, sta caricando delle valigie su due
auto blu ministeriali ferme davanti al portone del palazzo. Sui sedili
posteriori della prima, da solo, siede un uomo di mezza età, capelli d’argento,
intento a parlare ad un cellulare: è Cartiglia . Sulla seconda sale una donna sulla quarantina, molto
elegante, insieme alle sue due figlie adolescenti. Mancia a Giovanni,
raccomandazioni affinché dia un’occhiata all’appartamento e via, le due
auto seguite da quella di scorta. Valeria arriva a piedi e Giovanni la saluta con un grande
sorriso: -Se ne vanno tutti?- -Eh sì, mannaggia l’America Latina! A ferragosto sono il
padrone del palazzo. Lei non parte?- -Ancora non so. Sono i giorni più belli a Roma. Ma quello
era Cartiglia?- - Sì. - -Ma non era gay?- Giovanni gonfia le guance e poi soffia come una locomotiva: - Lo è. Lo fa. Chi ci capisce più niente! Non c’è più
morale, mannaggia l’America Latina!- - Caraibi? Maldive? Polinesia?- - No. Un convento a Subbiaco. A quella gente piace far cose
diverse. - - Anche troppo diverse, dicono.- Ferragosto a Roma. Sembra il day after. Strade deserte, sole
a picco, persiane chiuse, serrande abbassate. Valeria mette al massimo il condizionatore che ronza
disperatamente senza riuscire a raffreddare davvero. Guarda l’ora: è quasi
mezzogiorno e Claudio non si è fatto ancora sentire. Lo chiama al suo numero
del cellulare ma risponde la voce sintetica della Telecom: l’utente ha il
ricevitore guasto o staccato. Accende la Tv ma è il festival delle righe, non si vede
niente. Va un po’ meglio se mette al minimo il condizionatore ma così si
muore di caldo. Mela, la gatta, protesta perché ha fame. Il frigo è vuoto,
c’è solo birra. Valeria pigia sul citofono ma nessuno risponde. Fa festa
anche Giovanni. Suona il telefono: è Claudio. Finalmente. Ma l’uomo parla
a voce bassa, concitato. Le dice che spera di poter venire entro un’ora. Non
è sicuro. Sta litigando con la moglie. Claudio è un bugiardo perché parla da uno scantinato e con
lui ci sono solo due uomini in tuta che stanno studiando un quadro elettrico
pieno di antiche valvole in ceramica coperte di polvere e ragnatele. La gatta miagola chiedendo cibo. Valeria le versa della
birra. La gatta lappa ma non è soddisfatta. Il condizionatore e la tv si spengono di colpo. Valeria cerca invano di rimetterli in funzione. E’ mancata
l’elettricità. Si affaccia sul pianerottolo che, a lampadine spente, è
buio. Manca la corrente in tutto il palazzo. Mela cerca di sgusciare fuori ma Valeria la acchiappa, chiama
l’ascensore che ovviamente non funziona. Comincia a scendere le scale. Da dietro la porta della mansarda, accanto a quella del suo
appartamento, provengono dei rumori, come se qualcuno stesse frugando buttando a
terra quello che non serve. Valeria sosta preoccupata: non erano partiti tutti? Si
stringe nelle spalle e riprende a scendere le scale semibuie, tenendosi Mela
stretta al petto. Giovanni, nel seminterrato, le apre avvolto in un grembiule
da cuoco con un mestolo in mano. Alle sue spalle, nella luce di una finestrella
a bocca di lupo, si intravede una donna di mezza età e due ragazzini pestiferi
che stanno facendo baccano. Giovanni guarda Valeria come fosse la madonna: - Manca la luce in tutto il palazzo. Di ferragosto mi sa che
ci lasceranno al buio per un bel po’. Vuole una candela, caso mai si facesse
scuro prima che...- - No grazie. Tra un po’ me ne vado anch’io.- - Giovanni!- chiama la moglie irritata - Guarda che non sei in
servizio!- - Eh già. - - Mi scusi se l’ho disturbato. - - Ma niente. Torni se ha bisogno. - -Ho bisogno adesso. Non per me, per la mia gatta. E’
digiuna da ieri.- La moglie del portiere, con malgarbo, raccoglie un po’ di
frattaglie, e gliele porge in un cartoccio. -Ho sentito dei rumori all’attico. - Giovanni sgrana gli occhi stupito: non è possibile. Non c’è
nessuno. Meglio andare a vedere. Prende una torcia per illuminare le scale e
sale con Valeria, inseguito dal commento sarcastico della moglie: - Sveltino, Giovanni, eh?
Sveltino!- I due arrivano alla porta dell’attico e Giovanni pigia il
pulsante del campanello che non suona. Ride di se stesso, mannaggia l’America Latina!, e bussa
forte con un pugno. Dentro tutto è silenzio. Cerca la chiave dell’appartamento
in un mazzo di chiavi che sembra quello di San Pietro e infila quella giusta
nella serratura. Apre l’uscio. L’ingresso è scuro ma sul fondo c’è la
luce accecante del sole che entra dalle fessure delle serrande abbassate sulle
porte-finestre del terrazzo. Giovanni muove qualche passo, poi esorta Valeria a entrare:
è un appartamento arredato con gran lusso. C’è una Jacuzzi di sei metri per
quattro. Venga a vedere. Valeria si sente a disagio, e poi Claudio potrebbe
telefonare. Giovanni le fa cenno di andare a vedere e lei obbedisce. La figura di un uomo corpulento dai capelli argentati appare
inaspettato sulla soglia del bagno. Valeria trasale. Mela lancia un miagolio di
irritazione. Giovanni balbetta: - Maestro! Mannaggia l’America Latina! Non l’ho vista
rientrare. La signorina aveva sentito dei rumori e allora... ma se era lei... oh
mi scusi Maestro!- Valeria corre fuori dall’appartamento. Cartiglia dice a
Giovanni con aria tetra: - Io non ci sono, capito? Non mi hai visto. Non ci sono e non
ci sono mai stato. Per nessuno. - Valeria entra nel suo appartamento. Mette giù la gatta e le
versa le frattaglie nella ciotola: - Figura di merda, Mela. Mangia va, almeno tu. - Valeria va alla finestra: le persiane della casa di Cartiglia
sono tutte abbassate. Suona il telefono: è Claudio. Le sussurra che spera di
essere da lei fra mezz’ora. Se non funziona il citofono è meglio che stia
alla finestra. Così quando vede la macchina, scende. Lei ribatte seccata che fa un caldo mortale, non funziona un
tubo, non solo il citofono ma neppure il condizionatore, la TV, e l’ascensore. Claudio si scusa per i contrattempi: stia alla finestra. -Va bene. - sospira Valeria. Passa davanti alla scodella di
Mela che sta mangiando con gusto e si china a pizzicare un fegatello. Mela
soffia disapprovazione. Valeria molla il fegatello: -Tutti uguali eh? Uomini e gatti. Ognuno per sé e gli altri
vadano a farsi fottere .- entra nel bagno e si riaffaccia per dire a Mela- Le
ultime parole valgono solo per gli esseri umani. Tu resti vergine e ci hai tutto
da guadagnare, credi a me. - L’acqua della doccia cola sul bel corpo di Valeria senza
darle gran refrigerio. Mela, vuotata la scodella, si acciambella sul letto,
soddisfatta. Suona di nuovo il telefono. Valeria va a rispondere nuda: è
sempre Claudio. Sta arrivando. Appena lo vede, scenda. - Una domanda, amore. Come sapevi che era andata via la luce
qui?- - Me l’hai detto tu, tesoro. - - Ah. Te l’ho detto io. Okay. Sbrigati che sono pronta. - Valeria si veste in fretta e si apposta alla finestra: da lì
si vede uno spicchio di strada. Nonostante sia pomeriggio avanzato la città è silente e
immota. Le finestre dei palazzi intorno sono chiuse. L’attenzione di Valeria
è attratta da una delle persiane di Cartiglia: qualcuno l’ha alzata di una
spanna. Si vede che anche lo stilista soffre il caldo. Echeggia uno sparo. Valeria si volta di scatto a guardare la
finestra semiaperta di Cartiglia. Qualcuno da dentro abbassa lentamente la
saracinesca. La donna entra in agitazione: quello era un colpo di pistola.
Senza dubbio, un colpo di pistola. - Hai sentito niente tu?- chiede alla gatta che sbadiglia.
Compone al telefono il numero del cellulare di Claudio solo per risentire il
messaggio automatico della Telecom. Fa il numero di Alessia. La voce della donna
risponde al sesto squillo. E’ ha cavallo del regista del provino e stanno facendo l’amore. Uno sparo? Sarà stato lo scappamento di una moto o una
bottiglia di champagne o qualunque cazzo di cosa che possa fare un botto. - No - dice sicura Valeria- è stato un colpo di pistola. Non
so chi chiamare, Alessia, vieni subito...- Il regista strappa il telefono dalle mani di Alessia e ci
grida dentro - No, lei viene quando lo dico io stronza! Chiama la polizia
invece di rompere il cazzo alle persone perbene!- e butta il telefono a terra. Valeria grida: -Boro maledetto!- ma l’uomo non può più sentirla. Torna
alla finestra a sbirciare verso l’attico e la strada. Niente e nessuno. Mela
le salta in braccio: - Però il boro ha ragione. La polizia. E se poi è stato
davvero lo stappo di una bottiglia di champagne? Un’altra figura di merda .
Tanto adesso arriva Claudio. Ci pensa lui.- Ma la strada resta deserta. Si fa vento con un giornale: c’è
la foto di Cartiglia in prima pagina con una grande didascalia
"MANETTE?", e più sotto "SE CARTIGLIA PARLA FORSE CROLLA UN
MONDO". Un’auto appare in strada e si ferma vicino al marciapiede.
Però non è il coupè di Claudio. E’ una berlina nera e non scende nessuno. Valeria guarda l’ora. Quasi le quattro! Tutto il giorno di
ferragosto in casa ad aspettare come una stronza! Butta il giornale. Tenendo stretta Mela va ad aprire la porta
di ingresso per far passare un po’ di fresco. Un filo d’aria vien su dalla
tromba delle scale e Valeria respira. Ma c’è anche il rumore di un passo che
sale. Valeria accosta l’uscio e resta a sbirciare. Chiunque sia non arriva
fino al sesto piano. Bussa alla porta dell’attico di sotto. L’eco di un
mormorio giunge alle sue orecchie e poi il frusciare di qualcosa e due passi
pesanti che scendono le scale. Si sporge per dare un’occhiata e vede due uomini in tuta
che portano giù un grosso tappeto arrotolato. Si ritrae sgomenta. Un tappeto arrotolato è un classico: dentro c’è il morto! Torna ad affacciarsi alla finestra e vede i due che caricano
nella parte posteriore della berlina il grosso tappeto. Poi uno di loro si volge
a guardare verso l’alto. Valeria si ritrae violentemente. Quello l’ha vista!
E’ certa che l’ha vista! E adesso sa che c’è un testimone! Suona il telefono: è Claudio! meno male! Valeria si affanna
a dirgli quello che è successo ma Claudio taglia corto. Purtroppo non può
andare a prenderla. Valeria sta quasi per piangere: come non può? lei è pronta,
vestita, e forse c’è un assassino che sta tornando su per ucciderla e lui... Claudio si arrabbia: è inutile che inventi baggianate! se
dice che non può andare da lei è perché non può davvero! Claudio riattacca e lei resta come una stupida appesa alla
cornetta, incredula. Poi ha un’esplosione di rabbia che fa scappar via Mela
col pelo ritto. Il condizionatore riprende a ronzare. La tv frigge e canta
"Vengo anch’io! No tu no! " E’ tornata la corrente. Valeria spegne la tv con un cazzotto. Le viene il singulto
per la rabbia. Si riempie i polmoni e trattiene il fiato per farselo passare. Si sente il rumore dell’ascensore che sale. Valeria espira con un lungo sibilo. Chi può essere? L’assassino
che torna per eliminare l’unica testimone? L’ascensore si ferma ad uno dei piani bassi. Si sente la
porta di ferro sbattere. Valeria torna alla finestra per sbirciare in strada. La
berlina è sempre là. Perché non vanno via? C’è una sola spiegazione: lei! Meglio chiamare la polizia. Le risponde l’agente del Commissariato di zona, con un tono
annoiato. Valeria spiega come può: ha sentito uno sparo in casa di
Cartiglia. Sì, lo stilista era tornato a casa. Qualcuno ha sparato e poi due
uomini in tuta sono usciti dal palazzo con un grosso tappeto che hanno caricato
in una berlina scura.. E la macchina misteriosa è ancora là perché qualcuno
ha visto che ha visto. L’agente promette che manderà degli agenti per un
controllo. Ma si capisce che non dà peso alla cosa. Valeria riaccende la tv. Cerca un canale che si veda meno
peggio degli altri. Le immagini appaiono solo a tratti e sono distorte. -Tu sei l’unica testimone. - sta dicendo un uomo a una
donna. -Ti giuro, Mike, non parlerò con nessuno!- -Lo so, amore, lo so. Non parlerai con nessuno. Mai più. - L’uomo
spara una tre colpi di pistola che Valeria accusa per empatia. Crolla sul letto
a pancia sotto e ci resta, sfinita dallo stress. Le prime ombre della sera. La tv manda un fastidioso fruscio
da cui emerge a tratti la voce di un uomo: -Adesso sei mia... sssccct... finito di fare la puttana in
giro...- Mela lecca Valeria sulla faccia che, nel sonno, sorride e
sussurra: - Claudio...- La gatta si ferma perplessa e poi miagola nell’orecchio
della donna che spalanca gli occhi svegliandosi. Si guarda intorno, realizza che
è quasi buio. Accende una lampada, si stiracchia: - Non mi dirai che hai di nuovo fame eh? Io per colpa di
quello stronzo di Claudio sono a digiuno da ieri! E funzionasse almeno sto
cacchio di tv!- La scuote, le dà un cazzotto, poi si arrende e la spegne. Dei passi sul soffitto. C’è qualcuno sul tetto del superattico! Un cavo ciondola davanti ai vetri della finestra. Valeria si affaccia e vede un uomo in tuta sul bordo del
tetto che armeggia con un cavo La donna ha un’esclamazione di paura. Apre la porta e scappa. Il pianerottolo è vuoto però la botola di servizio che va
sul tetto è socchiusa. Ci deve passar sotto per correre verso le scale e l’uomo le
piomba addosso. Rotolano sul pavimento avvinghiati. Valeria, folle di terrore, si trova a fissare il bel volto di
Gabriele, nuovo per lei e vive attimi di sconvolgente confusione. L’uomo è
molto bello ma probabilmente sta per ucciderla. Le sirene della polizia. Gabriele la lascia, si alza, la rialza. Si scusa cercando di
sistemarle il vestito. Era andato sul tetto per aggiustare l’antenna del
televisore. Da lui non si vede niente. Valeria continua a fissarlo attratta e terrorizzata insieme. -Giù al terzo piano voglio dire. Lei vede bene?- Valeria scuote la testa. -Spero di non averle fatto male. L’ho spaventata?- Valeria fa di nuovo no con la testa ma ancora non riesce a
parlare. L’uomo le dice di chiamarsi Gabriele e di essere ospite
della famiglia del terzo piano. Loro sono andati via tutti e gli han lasciato le
chiavi. Però il televisore non funziona. Valeria, appena si sente in grado di farlo, fugge giù per le
scale a grandi balzi. Gabriele si sporge per seguirla con lo sguardo. Giovanni sta già salendo seguito da due agenti. E’
corrucciato. - Ha chiamato lei la polizia signorina?- - Sì. Qualcuno ha sparato. - - Mannaggia l’America Latina! Il Maestro se la prenderà con
me. Una volta va bene, ma due...- I due agenti salutano Valeria, godendo solo nel guardarla. Una delle porte del terzo piano è socchiusa ma Gabriele non
c’è più. Giovanni suona alla porta di Cartiglia. Una lunga
scampanellata ma nessuno risponde. - Non c’è nessuno. Visto? La signorina si è sbagliata. - - Apra. Dobbiamo fare un sopraluogo.- ordinano gli agenti e
Giovanni sospirando deve obbedire. I due poliziotti entrano nell’appartamento: tutto è in
ordine. Non c’è nessuno. -La signorina ha detto che il signor Cartiglia era tornato a
casa. - - Mannaggia l’America Latina, no! Il Maestro è partito
stamattina con la famiglia per le vacanze. - - Ma Giovanni...- protesta Valeria. Il portiere fa una faccia
supplichevole: - La prego, signorina, la prego. Io sono il responsabile qui,
capisce?, il responsabile! Qui non è successo niente, ha visto? E se non è
successo niente perché mi vuole far perdere il posto, eh?- Valeria annuisce confusa, poi: - Giovanni, è venuto qualcuno a stare al terzo piano?- - Come a stare? Al terzo vive il dottor Sacchi con la contessa
Gallo Barbisio .- - Un parente. Un amico. Per pochi giorni.- - Non che io sappia. - I due agenti riaccompagnano Valeria nel suo appartamento. Lei
si affaccia alla finestra per mostrare loro la berlina, ma adesso in quello
spicchio di strada c’è solo l’auto della Polizia. I due agenti le fanno firmare un verbale. Valeria non è affatto tranquilla. Fa la carina coi due
convincendoli a bussare alla porta del terzo piano per controllare i documenti
dell’uomo che le ha detto di chiamarsi Gabriele. - Mi è saltato addosso poco fa.- - Illegalissimo. Ma come dargli torto!...- sospira uno dei due
agenti facendole l’occhietto. Lei risponde con una risatella idiota. Gli agenti promettono e Valeria spia dal pianerottolo. Vede i
due suonare al terzo piano e Gabriele apparire sulla soglia. Parla con loro,
mostra un documento, ride e si volta a guardare in su. Stavolta Valeria è lesta
a ritrarsi. Poi sente i due agenti che salutano Gabriele e se ne vanno. Suona il telefono. E’ Claudio. Parla piano e scandisce le
parole: - Valeria scusa. - - Senti schifoso...- - Valeria frena. Hai ragione tu. Lo stronzo sono io. La radio
ha appena detto che han trovato Cartiglia cadavere. Dicono che si è suicidato a
Subbiaco. -
- A Subbiaco? L’hanno ammazzato qui. Se tu avessi voluto
ascoltarmi...- -Ti ho detto che hai ragione. Valeria, l’hai detto a
qualcun altro?- - A qualcun altro? L’ho detto a tutti quelli che han voluto
ascoltarmi! Anche alla Polizia!- Claudio non risponde. - Hai capito? Pronto! Claudio?- - Sì ho sentito. Adesso senti tu: se è andata come dici, e
adesso ti credo al cento per cento, sei in pericolo. E in casi così la Polizia
non serve. Anzi. - - Anzi? Che vuoi dire?- - C’è la politica di mezzo e non puoi contare sulle
istituzioni. Non ti muovere da casa finché non ti telefona un amico mio: si
chiama Jack Miglietti. E’ un esperto. Fai come ti dirà lui. - - Ma... Claudio, non puoi venire tu?- - Amore, no . Ma di Jack ti puoi fidare. E’ un pezzo grosso
dei servizi. Ti chiamo appena posso. - Claudio interrompe la comunicazione e Valeria riattacca
pensosa. Riaccende la televisione che sta mostrando immagini traballanti di
repertorio del celebre Armando Cartiglia e la voce del commentatore dice che si
è sparato un colpo alla testa nel boschetto adiacente al convento di Subbiaco
in cui si era ritirato con la famiglia per gli esercizi spirituali. La sua
situazione si era aggravata con l’arrivo in Procura di estratti conti di una
banca delle Bahamas che sembra lo inchiodassero a precise responsabilità. Suona il campanello. Valeria si avvicina all’uscio incerta.
Il campanello suona di nuovo. -Chi è?- - Gabriele, signorina. Volevo scusarmi per prima. L’ho
spaventata senza volerlo. - - Va bene. Scuse accettate. Ma adesso se ne vada perché non
sono sola. Capito?- - Oh! Mi scusi. - Si sente il passo dell’uomo che scende in fretta le scale.
Valeria torna verso la tv che sta intervistando la signora Cartiglia che, per
quel che permette di vedere l’effetto neve sullo schermo, non sembra troppo
scossa per la morte del marito. - Non avrebbe mai tradito gli amici...- - Signora, si è parlato di mafia...- - Per carità! Il mio Armando frequentava solo persone molto
note e perbene. - Suona il telefono. Stavolta è una voce profonda. Dice di
chiamarsi Jack Miglietti, amico di Claudio. Valeria risponde che lo sta
aspettando, ma l’uomo preferisce non incontrarla nel suo appartamento, meglio
che scenda e si faccia trovare tra venti minuti accanto alla fontana dei Quattro
Fiumi in Piazza Navona. Valeria esita ma poi accetta. La più bella piazza di Roma, forse del mondo. Le luci che
illuminano le statue le rendono ancora più suggestive. Col fresco della notte,
gruppetti di turisti e qualche romano, vagano per tra le fontane. Valeria, vestita con un abitino pastello, un foulard sui
capelli e occhialoni scuri che le mascherano il volto, si ferma davanti alla
celebre fontana del Bernini. Si guarda intorno. Un giovanotto in T-shirt e jeans attillati le sorride: - T’arisurto?- chiede. - M’arimbarzi.- gli risponde Valeria riprendendo a
camminare. Qualcuno la prende sottobraccio e la voce di Miglietti le
sussurra - Continui a camminare come se fossimo vecchi amici. Sono
Jack. - Valeria dà un’occhiata all’ometto non appariscente, di
età indefinibile, che l’ha presa sottobraccio: - Piacere. E Claudio?- - Claudio chi?- La donna si ferma di colpo. L’ometto la fissa strizzando
gli occhi, sforzandosi di padroneggiare l’imprevisto. Realizza: -Ah, Claudio, sì, Claudio, certo. Affari gravi. E poi non è
del mestiere. - - Si chiama Gianni, il bastardo?- -Eh? Chi? Claudio? Beh... sì, si chiama Gianni. Si chiama
anche Gianni ma adesso non c’è tempo. Senta signorina, da quel che ho capito,
lei è l’unica a sapere che Cartiglia è stato suicidato a casa sua e poi
portato a Subbiaco. E’ così?- - Che fa il porcone? James
Bond?- - No, no. Lui si occupa di contrattualistica internazionale.
Grossi affari. At&T, Microsoft, roba grossa. Ma dobbiamo parlare di lei,
signorina, non di lui. Lei è in pericolo grave. - Valeria scuote la testa: ha sentito uno sparo provenire da
quell’appartamento ma anche Giovanni, il portiere, può testimoniare che
Cartiglia a mezzogiorno era tornato a casa dopo aver fatto finta di partire con
la famiglia, quindi lei non è l’unica testimone. -Le cose sono molto più complicate di così. Gianni....
cioè Claudio, insomma lui mi ha detto che tiene tantissimo a lei. Non deve più
tornare in quell’appartamento. Sparisca per un po’. Se ha qualche amica,
qualche parente. Due giorni, il tempo di prepararle un’identità di copertura
in modo che possa nascondersi davvero: Brasile, per esempio. Valeria guarda l’ometto incerta. - Gliel’ha detto il puzzone di dirmi questo?- - Ma no, io...- - Sì che gliel’ha detto quello stronzo. Ho capito. Ha
saputo del suicidio di Cartiglia ed è venuto a sparare un colpo di pistola per
liberarsi di me. Ecco perché sapeva della corrente, l’aveva tolta lui, il
coglione. E tu eri uno dei due merdosi in tuta che han portato via il tappeto,
vero?- - Ma no! Io...- - Dì la verità. La moglie del bastardone ha svagato e lui mi vuol levare
dalle palle. Mi ha fatto stare tutto il giorno in casa , il fetentone. Beh,
digli una cosa: che vada a fare in culo da qui all’eternità. - Si strappa dalla presa dell’ometto e se ne va a grandi
falcate. Si leva il foulard dai capelli, sgrulla la testa liberando la sua
lussureggiante capigliatura bionda, si toglie gli occhialoni scuri e si avvia
verso casa a passo deciso. Davanti al portone del palazzo ci sono auto della polizia e
un’autoambulanza. Valeria si avvicina preoccupata. La moglie del portiere si
sta asciugando le lacrime mentre due portantini caricano una barella nell’ambulanza. - Che è successo?- - Una disgrazia. Sembra che sia caduto dal tetto. - Valeria si deve appoggiare al muro perché sente la realtà
ruotarle intorno. La portiera la vede e la aggredisce come una furia: è tutta
colpa sua! E’ lei che ha chiamato Giovanni che non ci doveva andare sul tetto
perché era fuori servizio! E’ lei che l’ha ucciso! Lei e la sua maledetta
antenna da aggiustare! Valeria la abbraccia bloccandole le mani e la donna si
abbandona in quella stretta scoppiando in un pianto convulso. - Ci volevamo bene, noi! Ci volevamo bene anche se diceva
sempre "mannaggia l’America Latina!- e giù a singhiozzare forte. Valeria è commossa e spaventata. - Quale antenna, signora? Io non ho mandato Giovanni ad
aggiustare niente!- - Non è stata lei? E allora chi è stato che l’ha fatto
andare sul tetto! Non c’è nessuno nel palazzo! Nessuno!- Valeria alza gli occhi verso le finestre del terzo piano.
Sono buie ma dietro ai vetri neri le pare di scorgere qualcosa di chiaro che si
muove. Mormora tra sé: - Qualcun’altro c’è. Al terzo piano.- La portiera singhiozza e scuote la testa: nel palazzo non c’è
nessuno. Poi fissa disperata Valeria negli occhi: - Sa perché?- - Perché cosa?- - Perché diceva sempre "mannaggia l’America
Latina"?- Valeria scuote il capo. -Perché il mio povero Giovanni mi ha conosciuto ad un
concerto in onore dell’America Latina... diceva così ma mi amava, come il
primo giorno...- L’ambulanza parte e uno degli agenti costringe la portiera
a staccarsi da Valeria: devono farle delle domande. L’agente guarda Valeria, contiene la sua ammirazione
dandosi un tono ufficiale, burbero: - Lei abita nel palazzo?- - Sì- - Dov’era al momento dell’incidente?- - A piazza Navona. - - Con chi?- - Con uno. Perché? Pensa che non sia stato un incidente?- - Le domande le faccio io. Lei vadi a casa e non esca prima
che di essere stata interrogata. - Valeria esita, poi annuisce ed entra nel portone. - Vadi, vadi...- mormora. Il cellulare sul comodino suona. Valeria non fa in tempo a
rispondere ma subito dopo suona il telefono a filo: è Claudio. - Non dovresti stare lì, Valeria. Hai parlato con Jack?- - Sì, c’ho parlato figlio di troia. Mi vuoi mandare in
Brasile? E io ti mando a fanculo! - Riattacca con rabbia, le lacrime agli occhi. Poi però prende
a buttare le sue cose dentro le valige. Suona di nuovo il telefono: è sempre
Claudio. - Valeria, non è come credi tu. Ti ammazzeranno. Lo sanno che
sei l’unica testimone. - -Lo sanno eh? Adesso sì che sono l’unica perché han
buttato giù dal tetto quel povero disgraziato! E come lo sanno? Gliel’hai
detto tu?- - Sì. - - Coosa?- Claudio è legato ad una sedia. Il suo volto è pieno di
lividi e sangue. Intorno a lui, nell’ombra, degli uomini. Uno gli tiene il
telefono accanto alla bocca. - Valeria, perdonami. Ti ho messa lì apposta per farti
sentire lo sparo, sperando che vedessi qualcosa. Avevamo bisogno di un
testimone. Abbiamo bisogno di un testimone. Non posso spiegarti adesso. Ricatti
e controricatti. - - Cartiglia l’hai ammazzato tu?- - E’ il mio lavoro. - - Uccidere la gente?- - Non posso spiegarti. Ma adesso lascia quella casa. - Dimmi una cosa: quello che è venuto per uccidermi è uno
alto, bello, sui trenta...- - Valeria non sto scherzando. Va via da lì, va dove vuoi ma
va via!- - E’ pieno di poliziotti. Non posso. - - Non devi dire niente alla polizia. Valeria scappa. Va via!- Uno degli uomini che sta accanto a Claudio gli spara in
testa, senza preavviso, con una pistola silenziata. Il flop del colpo giunge chiarissimo fino a Valeria che
strilla isterica: - Claudio? Claudioooo!- Click. Hanno riattaccato. Valeria resta con la cornetta in pugno. Incerta. La posa. Riprende a riempire le sue valige ma si blocca colta da un
pensiero. Spegne la luce e va alla finestra: giù in strada ci sono
ancora le macchine della polizia. Torna verso le valige e le chiude. Afferra Mela e la ficca in
gabbia. La gatta miagola irritata: - Buona, Mela. Il problema è: dove andiamo?- Suonano alla porta. Valeria si immobilizza, al buio. L’unico
chiarore è quello lunare che entra dalla grande finestra. Suonano di nuovo. Poi
qualcuno bussa. - Valeria!- sussurra una voce d’uomo e la donna ha un
brivido di paura: mio dio, Gabriele, l’assassino! Lei trattiene il fiato ma Mela miagola. Gabriele torna a
bussare: - Valeria, se ci sei ascoltami. Ti vogliono uccidere. Finché
stai qui, sei al sicuro. Un altro morto in questo palazzo sarebbe davvero
troppo. Ma appena esci ti prendono e ti suicidano. Però rispondimi. Devo sapere
se ci sei, lo capisci Valeria?, se ci sei resto qui per proteggerti, ma se non
ci sei devo correre a cercarti. Tu sei essenziale adesso. Sei l’unica che può
testimoniare che Cartiglia non si è suicidato. C’è di mezzo gente molto
importante. Un giro di miliardi colossale. Hai in mano i destini di un bel pezzo
di repubblica. Valeria? Valeria? Mi senti?- Valeria si torce le mani disperata. Apre la bocca per
rispondere ma poi non si decide a farlo. Solo Mela si rimette a miagolare,
chiusa in gabbia. - Valeria, l’hanno fatto apposta. Gli assassini di
Cartiglia volevano un testimone. Tu eri la loro assicurazione sulla vita,
capisci? Avevano paura di essere fatti fuori anche loro da chi li aveva mandati
ad ammazzarlo. Capisci la loro situazione? Non potevano rifiutarsi ma avevano
paura di essere uccisi a loro volta. Così qualcuno ti ha messo qui perché
vedessi, sentissi. Qualcuno di cui ti fidavi, che sapeva di poterti manovrare a
suo piacere...- Gli occhi di Valeria si riempiono di lacrime. Le labbra le
tremano per la rabbia. Gabriele continua da fuori: -Non devi avere paura di me. Io sono dei Ros, i corpi
speciali. Tenevamo d’occhio Marco da parecchio tempo e così ho finito per
tenere d’occhio anche te. Beh, non era spiacevole. Peccato che ti bevessi
tutte quelle stronzate. Marco non è mai stato sposato però ha ammazzato un
sacco di gente. Per soldi, capisci?- Valeria è sull’orlo di una crisi di nervi: Claudio,
Gianni, Marco, un killer...- sta per dire qualcosa ma
Gabriele infila un chiavistello nella serratura. Si sente un primo scatto. Valeria trema tutta. L’uscio sta per cedere e la paura prende il sopravvento. Scavalca il davanzale della finestra e si incammina lungo il
cornicione del palazzo, verso la mansarda che si affaccia sull’attico di
Cartiglia. L’uscio si apre e Gabriele entra nell’appartamento buio. La gatta miagola. L’uomo accende la luce: l’appartamento è vuoto, la
finestra è spalancata. Corre a guardare. Valeria striscia lungo la parete del palazzo, cercando di non
guardare sotto. - Valeria, non fare stronzate! Torna qui, ti prego!- La donna si volta a guardare Gabriele e per poco non perde l’equilibrio. Guarda sotto e urla di paura. Si addossa tremando al muro, le
guance rigate di lacrime. Si allontana , strisciando la schiena al muro. Gabriele scavalca a sua volta il davanzale. Valeria ha un gemito di terrore e cerca di spostarsi più
velocemente che può verso la finestra chiusa della mansarda. La finestra si apre e appaiono due poliziotti in divisa. La donna ha un singhiozzo di sollievo: -Oh ragazzi... ragazzi...- e si avvicina ai due che le
tendono le mani per afferrarla. - Valeria! Non sono poliziotti! Maledizione! Ma le donne non
hanno un istinto per queste cose? Io sono il buono e loro sono i cattivi!- Valeria si blocca incerta. Uno dei due poliziotti ha un largo sorriso e sale anche lui
sul cornicione. Parla con un simpatico accento toscano: -Ovvia, mi dia la mano signorina. Ma chi è quel bischero che
dice che non siamo poliziotti?- - E’ l’assassino di Giovanni il portiere. - dice Valeria d’un
fiato - L’ha buttato giù dal tetto. - e afferra la mano dell’agente che la
tira a sé. Gabriele urla disperato: -No, Valeria!- La finestra si chiude alle spalle della donna. Nel buio l’agente la tiene stretta. - Grazie, agente. Mi lasci adesso. - Ma quello non la molla. - Pensi tu a quel bastardo, là fuori?- dice all’altro che
annuisce e strizza le poppe di Valeria con entrambe le mani: - Peccato però, sprecare tanta grazia di dio. - La donna non ha tempo di reagire. L’uomo che la tiene la colpisce alla radice della nuca con
il taglio della mano. L’ultima cosa che Valeria vede è un grosso tappeto
semisrotolato. Ci cade sopra. L’agente entra, pistola silenziata in pugno, nell’appartamento
di Valeria e scorge la sagoma di un uomo oltre le tende della finestra, sul
cornicione. Si avvicina con cautela e poi spiana l’arma: -Vieni dentro con le mani alzate, amico. - La sagoma non si muove e l’agente si affaccia pronto a
tutto, meno che a vedere una giacca appesa ad una gruccia che simula la figura
di un uomo. Non vede altro perché Gabriele sbuca da dietro una poltrona e lo
stordisce con un pugno sulla testa. Gli prende la pistola ed esplode due colpi .
L’altro falso poliziotto sente il rumore dal pianerottolo dove ha trascinato
il grosso tappeto arrotolato da cui spuntano i piedi di Valeria. Si affaccia
tranquillo: - L’hai sistemato, ho sentito...- - Sentito male- commenta Gabriele colpendolo sulla testa. Quando il tappeto si srotola, sul pavimento dell’appartamento
di Valeria, la donna rotola anch’essa riaprendo gli occhi. Si trova a fissare quelli di Gabriele. Si guardano a lungo. - Scelgo sempre gli uomini sbagliati. - ammette Valeria
immusonita. Vede i due poliziotti legati schiena contro schiena e
imbavagliati, che li fissano con occhi pieni di rabbia. - Non chiami la polizia, quella vera?- chiede Valeria cercando
di alzarsi. Gabriele scuote la testa: - Meglio non fidarsi della Polizia. - spinge giù la donna e
si piega su di lei accarezzandole il volto dolcemente: - Certo che il tuo istinto di donna è un po’ deviato...- - Non del tutto però...- e lo bacia in bocca. La C. va sugli occhi sempre più sbarrati dei due falsi
agenti legati e imbavagliati mentre f.c. si sentono ansimi e gemiti. Poi la voce
di Valeria, rauca: -Quei due ci guardano...- -I testimoni sono importanti, non credi?- - f i n e - |