La Storia

Monoposto del 1967

Per poter capire il ruolo importantissimo che hanno avuto e tuttora hanno le monoposto da competizione nell'ambito delle migliorie tecniche applicate poi alle vetture di serie, devono essere analizzati alcuni dati realtivi all'incremento di potenza dei motori, e alla storia delle competizioni pre e post belliche.


Le monoposto pre belliche

Le monoposto pre belliche altro non erano che delle versioni modificate delle vetture di produzione, e tali modifiche consistevano più che altro nella sovralimentazione (quella sviluppata dal 1923 al 1951 era basata su compressori azionati meccanicamente dal motore) del motore e nel rafforzamento di sospensioni e freni, più eventualmente un alleggerimento della massa. Nessun passo avanti nella storia dell'automobile fu fatto a causa della Seconda Guerra Mondiale, in quanto le industrie automobilistiche vennero impiegate nella produzione di armi e artiglierie leggere e pesanti....


Le monoposto post belliche

.....Finita la guerra, con l'istituzione del Campionato del Mondo e l'introduzione di regolamenti circa la costruzione delle vetture da competizione, si ricominciò dai vecchi progetti, invece di agire verso nuove direzioni. Sul finire degli anni Sessanta la sovralimentazione dei motori (la concezione di aerodinamica e quindi di lavoro su scocche arriverà più tardi, negli anni Settanta) è ottenuta dall'azione di turbo-compressori comandati dai gas di scarico. Il ciclo di grandi evoluzioni per il motore aspirato ha preso l'avvio necessariamente da cilindrate ragguardevoli, data l'esiguità delle potenze specifiche realizzabili: appena 60-80 cavalli/litro, contro i 200-230 cavalli per litro di cilindrata dei sovralimentati. Appena avviato il processo, tuttavia, la corsa alle più alte potenze specifiche è stata notevole, con il traguardo dei 100 cavalli per 1000 cc raggiunto per la prima volta dai motori della formula di due litri e mezzo e con incrementi spettacolari per la F.1 1500, fino alla soglia dei 150 CV/litro, e per la F.1 3000, ormai prossima ai 180 CV/litro. L'aumento delle potenze è legato a molti fattori, quali il numero dei cilindri, il rapporto corsa-alesaggio, il regime di rotazione, il sistema di alimentazione, eccetera, il criterio stesso della cilindrata non è che parzialmente vincolante, ai fini dell'equità della competizione, tanto da essere sostenuto attualmente da altre limitazioni; ma la sua validità permane pressochè indiscussa per l'unità di tempo entro i cui limiti avvengono i progressi. Il punto di partenza per la grande avventura del motore aspirato in questo dopoguerra è stato di potenze specifiche comprese fra i 60 e i 70 cavalli/litro; un livello relativamente basso, che aveva, nondimeno, prospettive di rapido incremento con gli insegnamenti dell'esperienza parallela in campo motociclistico, dove la sovralimentazione era stata abolita con grande anticipo e la quota dei 100 cavalli/litro poteva già considerarsi una norma, pur con il vantaggio delle cilindrate unitarie esigue. Quindi, al momento del confronto cruciale fra il sovralimentato e l'aspirato, la bilancia proponeva su un piatto l'otto cilindri in linea delle celebri Alfa Romeo 158/159 con punte massime di 425 cavalli, ma con 400 cavalli effettivi nella media delle applicazioni, e sull'altro piatto i 12 cilindri Ferrari a V di 60°, di quattro litri e mezzo, con disponibilità di 360-380 cavalli e con vantaggi già sensibili nelle utilizzazioni e nei consumi. Dal 1953 iniziò una preziosa concentrazione dei tecnici su motori a quattro e a sei cilindri in linea, con molti studi rivolti alle camere di combustione, all'evacuazione dei gas di scarico, con particolare riferimento alle lunghezze critiche dei condotti, e con grandi sforzi concentrati sull'alimentazione, monocarburatore e perfino a iniezione. E' il momento dello studio intenso anche sulle proprietà dei carburanti e dell'affacciarsi delle prime camere di scoppio adatte a far risaltare i fenomeni di "swirl" e di "squish". Il quattro cilindri in linea rappresenta veramente l'ideale per gettare solide basi, utili ad un serio sviluppo del moderno motore aspirato. Il sei cilindri in linea viene introdotto da Gordini, mentre da parte inglese (Era-Bristol e HWM-Alta) un gradino più sotto, si fa leva su valori specifici già confortanti. Così, con l'avvento del sei cilindri in linea della Maserati del 1953, con il conseguimento dei 190 cavalli a 7500 giri, si arrotonda a 95 CV/litro la potenza specifica, con la bellezza di 12,7 CV/litro a mille giri. Le basi per la successiva Formula 1 di due litri e mezzo (1954-1960) sono gettate e l'avvento delle tecnologie della Mercedes, con distribuzione desmodromica e iniezione diretta, danno nuovi stimoli alla ricerca. Con i 280 cavalli effettivi dell'otto cilindri in linea della marca tedesca, con 112 CV/litro e ben 13,2 CV/litro a mille giri, saliti nel 1955 a 118 CV/litro e a 13,9 CV/litro a mille giri, il tetto è stato raggiunto per quell'epoca di sviluppo e i primati tecnici di questo motore sono tali da restare insuperati per tutto il corso della formula. y-Climax, dimostra l'importanza di accelerare l'evoluzione di propulsori con grosse cilindrate unitarie, superiori ai 620 cc, con valori addirittura di 15 CV/litro per mille giri e pressioni medie effettive fino a 13,5 Kg/cm#2. Come soluzione intermedia, il motore V 6 della Ferrari si trascina le stesse ragioni di validità, con applicazioni preziose. Il finire degli anni Cinquanta non è favorevole a troppi investimenti nell'evoluzione dei motori: i progressi favoriti dalle rivoluzioni d'autotelaio appaiono ben più ingenti di quel che la tecnica motoristica potrebbe offrire, determinando una certa stasi. Il passaggio dall'architettura convenzionale del motore anteriore e trazione posteriore al motore posteriore-centrale con trazione sulle ruote posteriori, ha prodotto effetti preponderanti, tanto da garantire le maggiori affermazioni alle Cooper e alle Lotus con un quattro cilindri Climax di appena 240-243 cavalli, pari a 96,5-97,5 CV/litro, con buone concentrazioni di potenza in un regime di 6800 giri, che fa calcolare 14,2-14,3 CV/litro a mille giri. Negli anni Sessanta, parallelamente, fanno la loro comparsa le prime appendici alari, la cui efficenza è limitata, ma che garantivano un buon carico aerodinamico per i telai (alluminio) e i pesi delle vetture, che comunque mantenevano freni a dischi in acciaio e pneumatici convenzionali. Gli anni Settanta portano nuove evoluzioni. Oltre al perfezionamento del telaio autoportante, all'evoluzione dei motori boxer, comincia la nuova concezione di aerodinamica. I telai cominciano ad assumere una forma a freccia, per poter fendere meglio l'aria. per quanto concerne i motori, si esplorano i 10000 giri, 450 cavalli nella media della produzione. Scarichi di diametro maggiore e altri perfezionamenti al circuito di lubrificazione.470 cavalli nel 1975 e con punte di 480-490 nelle ultime espressioni. Gli stimoli sono venuti dalla crescente avanzata dei motori a 12 cilindri - Ferrari in particolare - pur con altre componenti della Matra e dell'Alfa Romeo. La Matra, con un 12 cilindri a V di 60° raggiunse un'apice di 520 cavalli. Per l'Alfa Romeo, il passo dalla Sport alla Formula 1, con il 12 cilindri "boxer" (l'ultimo ridisegno a V di 60° risponde ad esigenze extra-motoristiche, ovvero di installazione in vettura e di flussi aerodinamici interni), è stato breve, seppure scontata la stagione iniziale del '76, per raggiungere i migliori compromessi fra tenuta, distribuzione della potenza lungo la curva e prontezza d'accelerazione. Ufficialmente, questo motore ha dato le potenze specifiche più alte, con 177 CV/litro e qualcosa come 14,75 CV/litro a mille giri. Le valutazioni, nondimeno, si fanno difficili per il più vittorioso dei 12 cilindri, il "boxer" Ferrari, che ha puntato tutto sulla buona stabilità di funzionamento, indipendentemente dai valori massimi. Anche l'ascesa di questo motore, esemplare per la concezione del manovellismo e del comando della distribuzione, è stata spettacolare, partendo dai 430 cavalli a 11600 giri del 1970, per salire subito dopo a 465 cavalli a 12000 giri, pari a 13 CV/litro a mille giri, e per toccare i 490 cavalli effettivi nel 1974. l'evoluzione conobbe poi una stasi fino al 1979. Gli anni Ottanta sono gli anni del Turbo. I telai vengono alleggeriti (pur restando in alluminio), le appendici alari assumono meno importanza, infatti parallelamente ai motori Turbo (6 cilindri) vi è la comparsa dell'Effetto suolo, che garantisce un'ottima aderenza dipendente dal generarsi di vuoto d'aria sotto la macchina (e in conseguenza una maggior attrazione della stessa al suolo). i motori raggiungono e oltrepassano i 500 Cv. La FIA vietò motori turbo ed effetto suolo alla fine del decennio, in seguito dei gravi incidenti accaduti durante le Stagioni. (infatti il venire a mancare dell'effetto suolo portava la monoposto a decollare letteralmente, comportando il più delle volte alla morte del pilota, e in alcuni casi anche del pubblico). Negli anni Novanta ricomparvero il motori aspirati, di 3,5 litri fino al 1994, fino agli odierni 3 litri. L'evoluzione telaistica ebbe un ruolo importante a causa delle limitazioni nei regolamenti. Comparve il primo cambio semiautomatico nel 1991(Ferrari), le sospensioni indipendenti nel 1993(Williams). Di qui gli incrementi ufficialmente dichiarati non sono mai stati superiori ai 5 cavalli all'anno, fino all'attuale record di 900 cavalli effettivi, pari a 300 CV/litro a 19050 giri/minuto. L'elettronica assume un ruolo determinante nella gestione della vettura, in particolar modo di motore e cambio.

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