I nostri bambini educati al razzismo!

 

Una catechista della nostra parrocchia ha proposto come lavoro ai bambini del corso di prima Comunione il testo che segue:

 

“Sul giornale c’è scritto che è stato concesso l’ingresso in Italia a molti stranieri e alle loro famiglie che ora dovranno trovare casa e lavoro.

 La gente commenta…”

 

Queste sono state le risposte che i bambini hanno scritto:

 

“Io non voglio persone estere in Italia, i clandestini poi sono ancora peggio almeno le persone italiane il lavoro se lo sono guadagnato e i profughi non lo possono avere gratis. Ripeto e straripeto che non voglio persone estere in Italia.”

 

“Loro vengono in Italia, fanno tanto macello e per strada c’è tanto rumore e fanno problemi di rubare, di botte e anche perché mia mamma lavora in polizia.”  

“Non hanno il diritto di rubare a noi il lavoro, venendo qui”  

“Morirebbero più bambini”  

“Verrà tanta gente in Italia che non riusciremo nemmeno a costruire case per noi e il lavoro finirà per tutti. Ci sarà tanta confusione che diminuirà la tranquillità.

Le campagne diminuiranno perché costruiscono case. Avremo tutti problemi.”  

“I clandestini fanno pena però dovrebbero stare a casa loro. Per ora li terrei in Italia, dopo, devono tornare in casa loro.”  

“Secondo me la gente commenta e dice che gli stranieri non devono venire in Italia perché loro sono tanti e non c’è posto perché se loro vengono noi dovremo andare da un’altra parte.”  

Solo una bambina ha scritto qualcosa di diverso dagli altri:  

“Loro vengono in Italia perché nel proprio paese non hanno niente, né pane né acqua e perché fanno guerre e i bambini non possono divertirsi. Io penso che bisognerebbe dargli fiducia e farli entrare nelle popolazioni cristiane.

Questa secondo me è la soluzione migliore così non si dovrebbero fare più guerre inutili”  

Noi che educhiamo i bambini al razzismo

Il titolo di questo nostro articolo è volutamente provocatorio. Lo abbiamo fatto perché siamo rimasti sconvolti dal racconto di una catechista delle comunioni.

Questi bambini non sono ovviamente cattivi. Delle frasi che hanno detto non hanno forse capito il senso….

Ma chi  ha insegnato queste cose ai bambini  se non la famiglia ?

I bambini ci ascoltano sempre, ed è da noi, genitori, nonni, fratelli grandi, che hanno ascoltato queste frasi.  

E’ nostro compito di cristiani e di cittadini italiani educare i nostri figli ai valori dell’amore verso gli altri e della tolleranza delle diversità.

Pensiamo agli effetti che le  nostre frasi intolleranti magari dette senza troppo pensarci avranno sui nostri figli !  

Ci capita di raccontare ai nostri figli le condizioni di povertà in cui vivono i “barboni”, i profughi, gli zingari? Gli spieghiamo che  la povertà di queste persone non dipende solo da loro?  

Diciamo ai nostri figli di stringere amicizia con i bambini immigrati che magari hanno più difficoltà ad inserirsi?  

Ricordiamoci le parole di Giovanni Paolo II:

“Il cristiano non può essere razzista”   

Immigrazione: Risorsa, non pericolo

Dopo le recenti polemiche, proposte e prese di posizione, un intervento della Caritas sul tema immigrazione  (Roma, 30 marzo 2000)

  1.490.000 immigrati regolari nel 1999, con un'incidenza di circa il 2% sulla popolazione residente, percentuale tra le più basse dell'Unione Europea.

L'88% dei permessi di soggiorno sono dovuti a motivi di lavoro e a ricongiungimenti familiari.

Circa 100.000 iscrizioni di studenti immigrati per l'anno scolastico 1999-2000.

"Questi dati - dice don Elvio Damoli direttore della Caritas italiana - dimostrano che è in corso un processo di integrazione e che gli immigrati stanno divenendo parte del nostro tessuto sociale, nonostante allarmismi ingiustificati" .

Pur se perfettibile, l'attuale legge sull'immigrazione rappresenta dunque un tentativo di regolamentare in modo organico il fenomeno immigratorio, per sua natura complesso e articolato.

Non dimentichiamo poi che questa legge, costruita con l'apporto degli organismi e delle associazioni che si occupano del fenomeno, è stata anche frutto di confronto dialettico tra le diverse forze parlamentari.

Quanto ai clandestini, sbarcare sulle coste di un Paese straniero in cerca di lavoro e di vita migliore non può essere considerato un crimine e comunque tra chi arriva in modo clandestino ci sono molte persone che hanno diritto all'asilo, o al ricongiungimento familiare.

Oltre agli arrivi via mare nel Sud Italia, ci sono anche arrivi via terra nel Nord del Paese: questo dimostra che esistono "vie europee" per l'immigrazione clandestina, che quindi ha complessi risvolti internazionali e non può essere affrontata con semplicistiche e inattuabili proposte di blindatura delle coste. Senza contare che spesso l'illegalità è favorita da datori di lavoro senza scrupoli ai quali fa comodo manodopera in nero.

"La clandestinità - prosegue Damoli - è un fatto costante nella storia delle migrazioni, ma può essere arginata se le amministrazioni locali, per le quali sono previsti specifici fondi dalla legge Turco-Napolitano, si fanno carico di applicare la legge stessa nei loro territori. Ciò significa che accanto ad un'azione di repressione, vanno fatti conoscere i requisiti e i meccanismi di accesso legale al nostro Paese, anche con Centri di prima informazione. Inoltre - vanno promossi e attuati percorsi e processi di integrazione nelle diverse realtà territoriali, che facciano assumere stabilità all'immigrazione regolare". Un buon inserimento è un ottimo antidoto a percorsi di devianza e criminalità, sicuramente più efficace di qualsiasi misura repressiva.

"Aiutamoli nei loro Paesi" è una proposta senz'altro valida, ma che prevede tempi lunghi. La cooperazione internazionale può ridurre, a lungo termine, i flussi verso i nostri paesi, ma nel breve e medio termine più che slogan, occorrono politiche serie che sappiano abbinare sicurezza e accoglienza, in un'ottica non di chiusura egoistica, ma di solidarietà e di giustizia sociale.

 "All'immigrazione oggi - conclude Damoli - va dato diritto di cittadinanza, piuttosto che demonizzarla e combatterla a priori, con sospetti e paure diffusi nell'opinione pubblica".