IL TRENO DELLE CULTURE:
Giovedì 30 marzo noi ragazzi del gruppo Dimensione K siamo andati alla stazione Termini per visitare un piccola mostra sulla figura del profugo.
Il titolo della mostra era: Il Treno delle culture e dopo aver fatto tappa a Roma si è spostata a Firenze, Bologna, Milano, Torino.
La scelta di allestirla a Termini era simbolica: la stazione voleva infatti essere simbolo della possibilità di incontro fra diverse culture.
In questa mostra si ripercorrevano, attraverso un percorso guidato, tutte le tappe del viaggio che portano i profughi ad arrivare in Italia. Queste persone, infatti, sono costrette a fuggire dal loro paese a causa di una guerra, di una carestia, di una dittatura e iniziano un lungo viaggio pieno di peripezie che li porta fino ai paesi più sviluppati come il nostro, finendo spesso in mano ad organizzazioni criminali che, a caro prezzo, offrono loro la possibilità di fuggire.
Una volta giunti nel paese inizia la lunga trafila burocratica per ottenere il riconoscimento dello status di profughi, nella costante situazione di incertezza per il proprio futuro. A tutto ciò si somma la difficoltà di inserimento in una società spesso molto diversa, per lingua, modi di vita, organizzazioni sociali, da quella di provenienza e a volte anche ostile.
Abbiamo scelto di partecipare a questa mostra per poterci immedesimare nelle condizioni di vita precarie e disumane di tanti nostri fratelli nel cui volto, noi cristiani, spesso dimentichiamo di vedere quello di Gesù.
Impressioni
sulla mostra.
La foto di quel bambino Juan Pablo con i suoi occhi vivi rivolti al futuro speranzosi di un domani migliore, colpirono la mia attenzione. Tutto intorno era avvolto da una atmosfera surreale, quella della stazione Termini, con le sue migliaia di persone indifferenti alla sofferenza che ci circonda, palpabile e visibile a tutti, ma non il nostro cieco egoismo che chiude i nostri occhi al vicino che ci rivolge un sordo grido di aiuto.
La mostra fotografica in esposizione alla stazione Termini, per lappunto, si proponeva di aprirci gli occhi sulle condizioni in cui tante persone sono costrette a vivere contro la loro volontà. Si fa presto a dire buttiamo fuori i profughi, ma nei loro panni come ci comporteremmo noi? Scampati alla morte il loro futuro diventa incerto e la loro vita un gioco, proprio come quello che spiccava su di un cartellone, un gioco macabro che si ripete migliaia di volte e di cui nessuno sembra accorgersi. Rivolgo quindi un appello: permettiamo a Juan Pablo e a tutta laltra gente di sperare concretamente in un futuro migliore.
(Un ragazzo del gruppo)
Brani
per riflettere
Le nazioni più ricche sono tenute ad accogliere, nella misura del possibile, lo straniero, alla ricerca della sicurezza e delle risorse necessarie alla vita, che non gli è possibile trovare nel proprio paese dorigine. I pubblici poteri avranno cura che venga rispettato il diritto naturale, che pone lospite sotto la protezione di coloro che laccolgono. Limmigrato è tenuto a rispettare con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del paese che lo ospita, ad obbedire alle sue leggi, a contribuire ai suoi oneri
(Catechismo della Chiesa Cattolica)
Cè il rischio che tanti italiani valutino il fenomeno migratorio a partire da alcune situazioni estreme, in base pertanto, a una visione parziale e spesso distorta. A questa visione, poi, concorrono non poche volte gli stessi mezzi di comunicazione sociale quando, con servizi sensazionalistici, tendono a enfatizzare fatti di cronaca nera o penose situazioni che si creano ai crocicchi delle strade, nelle periferie urbane o nei campi profughi. [ ] Il risultato è spesso quello di allarmi immotivati nellopinione pubblica, ovvero lacuirsi di ragionamenti semplicistici e semplificati, tendenti ad individuare nell immigrato la causa di larga parte dei disagi sociali esistenti realmente e indipendentemente dal fenomeno dellimmigrazione.