Saduk&Sirbon
Starfleet Party
Tutto cominciò sabato scorso alle 16:17:45 circa. Ero immerso nella stesura preliminare della mia relazione "sulla diffrazione delle particelle Theta-3 allinterno di una singolarità sub-quantica a transizione di fase temporale invertita", quando il mio compagno di stanza David (solitamente un cadetto esemplare, dotato di notevole equilibrio, per un umano) irruppe nellalloggio, accompagnato dal cadetto Flanagan e da altri 2 cadetti a me totalmente ignoti, dallaria vaga, annunciandomi ad alta voce di aver bisogno del mio aiuto per "qualcosa di grosso". Ancorché disturbato dal modo barbaro di porre delle richieste tipico degli umani, posai il mio DIPAD e gli chiesi se finalmente si fosse deciso ad affrontare, con speranze di successo, lesame di 4° livello di Simmetria Frattalica Lineare. Nel caso, sarei stato certamente disponibile ad aiutarlo, dato il disastroso esito del suo precedente tentativo lanno scorso. La sua reazione fu sorprendente. Egli rise, sguaiatamente. Gliene chiesi ragione, data la serietà dellimpegno richiesto da tale prova. David biascicò qualcosa (nel suo terrificante accento brasiliano) riguardo "unancestrale tradizione terrestre", a cui dovevo assolutamente partecipare. Cercai invano ogni scusa logica per sottrarmi allincombenza, ma David riuscì a convincermi che questa esperienza mi sarebbe stata utile per i miei studi antropologici, così lo seguii.
Una volta arrivati a destinazione, mi trovai in un ampio salone, pesantemente adornato con ridicole suppellettili di varia origine, disposte in ordine totalmente caotico. I partecipanti erano radunati attorno ai tavoli, e le loro conversazioni erano consuete per ogni cadetto (esami, corsi, ricorsi etc.). Tranquillizzato, mi trovai subito a mio agio. Lunica anomalia era la presenza di cadetti dal 2° allultimo anno, mentre di solito certi raduni si organizzano fra compagni di corso, senza "esterni". Tutto ciò durò per circa 29 minuti, quando arrivarono allimprovviso alcuni cadetti, spingendo 3 grossi carrelli carichi di bevande. I presenti allora proruppero in unesagitata esclamazione dentusiasmo, accompagnata da un generale sfregamento di mani. Vennero servite le bevande, di cui pareva che i cadetti non fossero mai sazi. David mi passò un bicchiere colmo. Gli chiesi cosera. Mi rispose: "Boh! E verde!". Al primo assaggio lo trovai gradevole, solo di gusto un tantino eccentrico, insolito per un cocktail al sintalcool. Nel mentre, vedevo che affluivano nel salone numerosi altri invitati, almeno il doppio dei precedenti. A quel punto, qualcuno mise su della musica. Se musica si può definire quellorripilante miscuglio di cacofonie disarmoniche e disarticolate che gli umani appropriatamente chiamano "Heavy Metal" (metallo pesante), in quanto produce lo stesso suono. La cosa si faceva inquietante. Daltra parte non potevo deludere David, perciò decisi di rimanere, almeno per un po. Ad un certo momento, David apparve alle mie spalle, mollandomi una decisa pacca sulla schiena. Colto di sorpresa, eruttai la bevanda che stavo consumando sul cadetto Flanagan, che mi stava di fronte, il quale proferì parole irripetibili allindirizzo di non so quale divinità. David gli rispose qualcosa del tipo: "Bravo, adesso ripetilo con la bocca!". Non conoscendo a fondo lanatomia del cadetto Flanagan, mi astenni da qualsiasi commento. David, il cui accento brasiliano andava via via rafforzandosi, mi strappò di mano il bicchiere, ancora pieno al 25%, blaterando: "Cosè questa brodaglia?". Alquanto perplesso, risposi: "Mah è quello che servono qui ". David replicò: "Ma buttalo nel " (non ricordo il resto della frase), rovesciando il contenuto sulla testa di alcuni ignari avventori. David e Flanagan, con altri, mi trascinarono mio malgrado verso uno dei banconi in fondo alla sala, attorniato da cadetti anziani, i quali armeggiavano con alcuni capienti fusti di birra. Dietro pressante insistenza di David, mi venne servito un bicchiere colmo di birra romulana (illegale), con lincitamento a berlo dun fiato ("Usque ad fundum!"). Ritenendo si trattasse di un qualche gesto rituale o cerimoniale, onde evitare contrasti, accettai. A questo ne seguirono diversi altri, nello schiamazzo generale. Immediatamente dopo, tornammo insieme al nostro tavolo, con Flanagan che portava con sé uno dei fusti, a cui si rivolgeva come ad un bambino. Arrivati al tavolo, sentii un gran boato: un nausicano, senza ragione apparente, era balzato sul tavolo, urlando frasi sconnesse. Qui riporto ciò che sono riuscito a capire: "Io sono Pyllolla, il più grande guerriero di tutta la galassia! Nessuno di voi è abbastanza uomo da sfidarmi? Io che in una taverna di Qonos ho sbattuto a terra 6 Klingon con un braccio solo! Io che con una nave danneggiata ho abbattuto 6 falchi da guerra romulani! Io che col mio tonante pugno ho fatto piangere un Gorn, quellermafrodito! Io che ho avuto ai miei piedi il terribile Gul Dukat che implorava pietà, quel lacrimoso vile cardassiano!". La sala esplose in un coro di assenso, fischi e grezze risate. A quel punto, un altro nausicano si fece avanti sgomitando fra la folla, e con una roboante risata di sfida si annunciò: "Io sono Massahyu, e tu sei un buffone!". Pyllolla, digrignando i denti, saltò giù dal tavolo e, afferrata una bottiglia, tracciò una linea per terra col liquore, ringhiando: "E oltrepassa!". Massahyu replicò: "Tu, molle eunuco figlio di servi! Non vali la pala del becchino! Io ti strapperò il cuore!". A quelle parole i due si avvinghiarono in una violenta colluttazione, mentre gli altri attorno puntavano del denaro, credo, non so a quale fine. "Millu mì!" disse uno, avvertendo Pyllolla del pugno di Massahyu, evidentemente in ritardo - come al solito gli umani si rivelano imprecisi, cosa inconcepibile su Vulcano. Ci spostammo, e mi accorsi allora della presenza in sala di numerose ragazze, allegre come i colleghi maschi, vestite in maniera assai più appariscente del solito. Notai subito che esse tenevano un atteggiamento assai amichevole ed informale coi cadetti, senza alcuna difficoltà ad entrare in estrema confidenza con loro. Forse studiavano da Consigliere di Bordo? Che fosse una nuova disciplina empatica, basata sul contatto fisico? Flanagan commentò: "Và che robe!" e David aggiunse: "Viva la foca, che Dio la benedoca!". Immagino si tratti di qualche antico detto terrestre, di cui mi sfugge il significato. Stavo per chiedere lumi a David, quando un grande trambusto scoppiò alle nostre spalle. Ci voltammo. Vidi unenorme torta al centro della sala, mentre i cadetti anziani richiamavano lattenzione della folla. Si udì un ritmo di Samba, e con mio stupore la torta si aprì, rivelando una statuaria ballerina, succintamente agghindata, che cominciò a danzare fra le sguaiate acclamazioni dei presenti. I miei compagni, quegli epicurei, vollero avvicinarsi, e mi portarono a breve distanza dalla danzatrice. Nella confusione generale devo essere inciampato, e la mia caduta venne arrestata dalle evidenti grazie di lei. Mentre cercavo di ricompormi dopo lincidente, la sentii dire ad alta voce: "Che cariiiino! A me a punta mi sono sempre piaciute!". Ciò scatenò lilarità generale, non so perché.
Verso la fine della serata, il panorama si presentava piuttosto desolante. Pochissimi restavano in piedi, a blaterare insensatezze prive di alcun costrutto. Presso lunico tavolo ancora affollato, si udivano suoni di natura indeterminata. Somigliavano vagamente al canto di corteggiamento del targh maculato di Qonos. Incuriosito, mi avvicinai. Cinque o sei umani si sfidavano, emettendo cavernosi suoni gutturali, forse per intimorirsi. Doveva trattarsi di una qualche forma di ritenzione dellaria nellesofago. Pur trovando lenigma interessante, mi risolsi a cercare i miei compagni, che non vedevo da un po. Li trovai stravaccati su un divano, abbracciati al loro fusto di birra. Flanagan dormiva, mentre David proferiva parole damicizia nei confronti del fusto. Le circostanze richiedevano una decisione drastica. Il mio notevole acume mi fece pensare di poter utilizzare uno dei carrelli portabevande vuoto. Vi caricai sopra i miei compagni ed abbandonammo la sala. Mentre ci allontanavamo, David continuava a lamentarsi per la perdita del suo nuovo "amico", rimasto fra le braccia di un altro cadetto.
Ho trascritto questa esperienza al fine di ammonire i cadetti vulcaniani sulla perniciosità di talune ancestrali usanze terrestri che, oltre ad avere scopi non definiti, risultano oltremodo sconvenienti per il buon nome dei giovani vulcaniani.
Penso che la prossima volta che qualcuno mi inviterà ad una festa di "Addio al Celibato", preferirò decisamente restare nel mio alloggio a terminare la mia relazione di fisica nucleonica.
Lunga vita e prosperità.
Skabin.
Ideato e scritto a 4 mani dagli
scellerati:
Giuseppe Ruiu "Saduk" 4094-A
Antonio Porcu "Sirbon" 2481-A