Giallo, nel tentativo di ristabilire la verità.

La verità, la ricerca della verità. Ogni buon investigatore, e ogni uomo con una ferrea morale come un tutore della legge deve essere devono agire in ogni modo per ricostruire, scoprire e divulgare la verità dei fatti. Poiché io mi reputo un individuo di questa rara, onesta specie scrivo questo racconto, che parrà incredibile ai più, vista la fama del protagonista della vicenda narrata.

Non avevo gradito molto essere svegliato alle quattro del mattino dallo squillo violento del telefono. L'unico concetto che ero riuscito ad afferrare di quelle poche parole inaspettate era che mi sarei dovuto alzare dal mio caldo letto per precipitarmi in una certa via... ma fuori il freddo era intenso. Gli occhi, tagliati dal vento gelido, mi facevano male; la gola, infiammata da una tosse secca pre mattutina, mi dava parecchio fastidio; mi ero fiondato fuori di casa mezzo nudo, senza calze, e i piedi pulsando si gonfiavano abnormemente fregando la pelle contro il cuoio aspro degli stivali. Non mi ero lavato, mi sembrava di puzzare come un caprone. Bisognava che arrivassi in fretta, urgeva un mio sopralluogo. La macchina, avevo pregato che partisse subito, grazie al cielo mi aveva ascoltato. La benzina, avevo pregato che non finisse, inutilmente. Venti minuti di cammino per una strada sterrata, i piedi si segavano, la pelle del viso e delle mani si crepava profondamente, gli occhi lacrimavano, il vento gelido maledetto soffiava... la gola però non bruciava più: cominciava a formarsi un impasto di muco che, per quanto disgustoso, mi recava un gran sollievo. Ritorno alla macchina con la tanica piena: sempre peggio. Dall'ora della chiamata a quella del mio arrivo erano passate quasi due ore, eppure ce l'avevo messa tutta.
Un numero impressionante di persone si accalcava sul marciapiede prospiciente al palazzo. Alle sei di mattina, incredibile come la gente non si faccia i fatti propri, d'altronde è nella natura umana la curiosità. Alcuni poliziotti presidiavano il portone d'ingresso. Uno di questi era identico a quel mio vecchio professore d'italiano che al liceo aveva reso la mia vita un inferno. Tutta questa gente, il loro alito maleodorante mi asfissiava, cominciavo a sudare, l'impasto catarroso nella gola aveva assunto ormai una consistenza coriacea, anch'io dovevo avere un odore mefitico. Scavatomi un passaggio tra la calca di curiosi riuscii a stento a raggiungere il recinto delimitato dai poliziotti. Una fitta di rilevante intensità mi colse nel punto dove la settimana prima ero stato ferito: qualche vecchietta curiosa mi aveva infilato i gomiti aguzzi tra le costole mentre mi facevo largo tra la gente. Vecchia signora... Mi sentivo nauseato, stavo sudando freddo, ero sporco, la gola, i piedi li sentivo sanguinare. Il vento penetrava tra le falde del cappotto e si rifrangeva contro lo stomaco troppo poco coperto, rischiavo di finire in una situazione imbarazzante. Ecco il poliziotto, quello che assomigliava al professore, che si avvicina. "Per favore si allontani", questa zona è presidiata. Concentrando la mia attenzione sulle parole "documento" che dice, mi girava la testa... sono l'ispettore Martire... mi faccia entrare nel palazzo... non riuscivo più a parlare, in parte per lo stato confusionale in cui mi trovavo, in parte perché il catarro tappava così solidamente la trachea, o la laringe... "senza documento non posso". Gli facevo segno che non l'avevo, il documento. Mi spingeva, mi spinge, mi sento svenire. Sono l'ispettore chiamato dal maresciallo, lo chiami. Per favore. Non mi restava che tornare indietro. In senso contrario, tra la calca la vecchia signora, che male. In macchina. A casa, non potevo perdere tempo in bagno. Subito a cercare la tessera di riconoscimento. Trovata, Giallo ancora dorme, beato lui. In macchina ormai è iniziato il traffico dei lavoratori. Che caos, come avrei bisogno di un bagno caldo, un'aspirina. Arrivo, parcheggio la macchina più lontano di prima, la folla è ormai triplicata. Anche le vecchiette sembrano essere triplicate, e anche le gomitate. I poliziotti all'ingresso sono spariti, ma come... riesco a entrare senza documento.
L'ascensore è sigillato, potrei togliere i sigilli e utilizzarlo, dopo tutto sono un ispettore, ma se cancellassi delle impronte? I piedi però li sento bagnati, le vesciche saranno scoppiate.
"Deve usare le scale se vuole raggiungere la sua stanza, la polizia ha bloccato l'ascensore." Mi dice un signore in divisa. Solo adesso mi accorgo che mi trovo in un albergo. "Sono l'ispettore Martire, a che piano è avvenuto l'omicidio?" " All'ottavo, stanza 323. Primo piano. Secondo. Terzo. Quarto. Quinto. Sesto. Settimo. Ottavo. Due poliziotti bloccano il passaggio del corridoio che porta alla stanza 323. C'è anche il mio amico...
"È ritornato ancora qua? Ce l'ha il documento?"
"Certo, eccolo... l'ho lasciato giù in macchina. Ma quello è il maresciallo Crespo, maresciallo! Maresciallo!"
"Lei chi è? Come è arrivato fino a qua?"
"Sono l'ispettore Martire, mi ha fatto chiamare questa mattina alle quattro."
"Non conosco nessun Martire, se ne vada, stiamo aspettando sì un ispettore da una sede esterna, ma si chiama ispettore Giallo."
"Sono io l'ispettore Giallo, cioè io sono l'ispettore Martire, Giallo è il mio compagno."
"Oh! Non ho mai sentito parlare di lei.
" beh, sono praticamente l'assistente di Giallo... è lui che risolve i casi di solito."
" Ma dov'è quest'ispettore Giallo, perché non lo vedo con lei?"
" Ecco, stava ancora dormendo. Le assicuro però che più tardi andrò a riprenderlo, di solito si sveglia dopo l'una, è un pigrone sa..."
" Come si permette! Pigrone al pluridecorato commissario Giallo! In che mondo viviamo, un piccolo insignificante assistente che offende un'autorità di calibro internazionale come l'ispettore Giallo! Intanto venga a effettuare un sopralluogo sulla scena del delitto. Abbiamo fermato anche dei testimoni che erano nelle loro stanze al momento dell'omicidio."

Capitolo due: un omicidio inspiegabile.

Alle otto e mezzo di sera riuscii a tornare a casa. Il commissario Crespo si era molto contrariato per il fatto che non fossi venuto a prendere Giallo, pensava che con il suo aiuto avremmo risolto il caso in un baleno. D'altronde non avevo alternativa, il lunedì è giorno di riposo per Giallo. Dopo avergli preparata la cena andai ad accendere il televisore per sentire cosa il telegiornale riferiva dell'omicidio, stava giusto per finire la sigla quando Giallo si coricò sul divano, come al solito, dopo la cena, il film. Non mi sembrava giusto disturbarlo, gli lasciai il telecomando e andai a farmi un bagno. Finalmente mi gettai nell'acqua bollente della vasca. Tutto lo sporco, lo stress, i dolori della giornata vennero filtrati dal calore dell'elemento madre. Si sgonfiarono i piedi, la gola si liberò del suo fardello, la pelle si rinfrescò, la fronte non scottava più, ero pulito, calmo, sereno. Dopo il bagno andai a pulire in cucina, non mangiavo da oltre ventiquattro ore e purtroppo non c'era pronto niente. Mi rassegnai a mangiare resti che Giallo aveva avanzato durante la lunga giornata di gozzoviglie, non era certo la prima volta che lo facevo. C'era un disordine pazzesco, come accadeva ogni volta che Giallo rimaneva in casa da solo, ma non ce la facevo proprio a riordinare tutto quel macello, avrei messo a posto la mattina seguente. Ero stanco, sfinito, distrutto. Nulla avrebbe potuto impedirmi di buttarmi nel letto che avevo abbandonato bruscamente la notte precedente, se anche il commissario Crespo mi avesse chiamato gli avrei risposto che... staccai il telefono. Puntando verso lo stanzino col lettuccio attraversai il soggiorno dove incontrai lo sguardo preoccupato di Giallo: aveva capito tutto, forse aveva ascoltato un notiziario. Non potevo più andare a dormire, quell'espressione, quello sguardo inquisitore... se Giallo era disposto a rinunciare alle ultime ore di riposo del lunedì per interessarsi del caso, certo non potevo essere io a rallentare le indagini. Abbandonai i propositi di una nottata di riposo e iniziai a descrivere la situazione delle indagini.
"Verso le tre e trenta di questa mattina è stato ucciso con un colpo di pistola alla nuca da distanza ravvicinata, così dicono gli esperti di balistica, il signor Monti. È il commissario unico delegato dalla società di cosmetici Robertson per selezionare in un concorso di bellezza le due ragazze che pubblicizzeranno la nuova serie di prodotti. Il misfatto è stato perpetrato all'ottavo piano dell'albergo Cosmos nella zona sud. Ci sono solo tre testimoni, e questo è plausibile visto che nell'albergo, che si trova in una zona isolata, al momento dell'omicidio l'ottavo piano era praticamente disabitato. La prima testimone è una certa Franzisca Roither, una delle modelle che il giorno dopo avrebbero sfilato per il concorso. La sua compagna di stanza quella notte è tornata dopo le cinque di mattina, dopo l'arrivo della polizia, da una festa con degli amici, quindi non ha sentito nulla. Franzisca a me sembra nascondere qualcosa... forse sa di più di quello che dice. Ora il quadretto si complica: le altre due testimoni che hanno confessato di avere sentito qualcosa sono Dora Monti, la giovane figlia dell'ucciso che svolgeva compiti di segreteria nel concorso e la sua compagna di stanza, un'altra ragazza che avrebbe partecipato al concorso: Sarah Destierro. Anche nel loro resoconto c'è qualcosa che non quadra: come ti ho già detto all'assassino è bastato esplodere un solo colpo, non abbiamo trovato altri bossoli in giro, invece ognuna di loro dice di avere sentito uno sparo. Uno sparo fu sentito da Franzisca, che ha dato l'allarme, uno da Sarah e uno da Dora. In tutto sono tre spari. Invece i periti sono sicuri che non ci siano tracce di altri spari. Due di loro stanno mentendo, ma torniamo ai fatti, queste sono solo mie congetture. L'accesso al piano è controllato da telecamere a circuito chiuso, quindi sappiamo che nessun'altra persona ha avuto accesso al piano. Ho ascoltato anche le altre partecipanti al concorso, e sembra che siano tutte concordi nell'affermare che Franzisca Roither avesse qualche giro losco con il signor Monti. Parlavano di qualche relazione di carattere... strettamente privato. Il portiere dell'albergo ha riferito che fu la stessa Franzisca a volere che la sua stanza si trovasse sullo stesso piano di quella di Monti. Le altre ragazze hanno detto che da due giorni Franzisca e il signor Monti continuavano a litigare e che dalla sua stanza spesso si sentivano le urla dei loro litigi. Dora e Sarah al contrario hanno un alibi, cioè ognuna è l'alibi dell'altra. Eppure se posso esprimere un'opinione personale, quella Dora ha manifestato uno stato di shock troppo, come dire, teatrale. Tutta quell'enfasi, le lacrime, le urla, le mani tra i capelli: sembrava di assistere a una tragedia di Plutarco. Sarah poi, tutta quella premura nei confronti di Dora, quell'accanimento contro Franzisca. Domani pomeriggio saranno pronti i risultati della prova del guanto di paraffina. Intanto della pistola non si hanno tracce, ma i poliziotti stanno ancora cercando. Domani vorrei che facessi un salto sul luogo del delitto, con le tue doti potresti trovare qualcosa che a noi comuni mortali è sfuggito. Ora ti accompagno nella stanza da letto."
Spensi la luce del salone e accompagnai Giallo nel suo letto. Rimbottai i cuscini del letto ad acqua, abbassai la luce e accesi lo stereo con il cd dei latrati dei lupi della steppa siberiana che tanto lo rilassano. Augurai buona notte a Giallo e socchiusi la porta in modo che in caso di bisogno potesse. Domani avrebbe dovuto andare fino all'albergo, non è abituato a uscire di casa per risolvere i casi, di solito bastano i miei resoconti per indicarmi il colpevole, questa volta devo aver riferito male lo svolgimento dei fatti e le deposizioni. Devo smetterla di riempirgli la testa con le mie stupide supposizioni. Soffiai sul moncherino della candela del mio sgabuzzino e chiusi gli occhi. Finalmente.

Capitolo terzo: l'arrivo di Giallo.
Non ricordo più neanche da quanto tempo Giallo non uscisse di casa. Ormai si era ridotto a un ammasso di ciccia poltigliosa: dei muscoli che da giovane lo avevano reso la preda più ambita dei parchi della città non c'era più traccia, ma come si poteva rimproverargli questa piccolezza, ma come si può pensare di sottolineare quei microscopici, insignificanti, difetti fisici quando il suo genio racchiuso in quella stupefacente scatola cranica si espande in continuazione. Certamente una volta, che poi non sono che un paio di anni fa, era un valido appoggio anche per la parte più fisica dei casi che ci affidavano, era lui che inseguiva i criminali quando scappavano e li bloccava quando tentavano di spararmi, era il migliore di tutti. Chi mi crederebbe oggi se gli dicessi che io ero la mente e lui il braccio! Se solo provassi a manifestare questo pensiero, che però rispecchia la verità, mi prenderebbero per pazzo. Aimè! Ognuno di noi recita una parte nella vita, e a me è stato assegnato il compito di assistere Giallo in ogni suo bisogno. È un grande onore servire in ogni modo un genio investigatore come Giallo. Ad ogni modo, Giallo si apprestava dopo giorni, forse mesi, a mettere piede o meglio zampa fuori da casa. Il pallido sole pomeridiano colpì gli occhi di Giallo, che abbassò il naso con aria scocciata. Quante possibilità c'erano che riuscissi a portarlo in macchina fino all'albergo? Poche, pochissime. Genio e sregolatezza, questo è Giallo. Il commissario Crespo ci aspettava sin dalla mattina, probabilmente era già su tutte le furie, come convincere Giallo, certo lo sapevo, non mi piace giocarmi questo jolly troppo spesso, c'è il rischio di bruciarlo, ma vista l'occasione di estremo bisogno, rimboccai la manica del cappotto mostrando la protesi di metallo che mi era stata impiantata dopo che una notte Giallo, assalito dai morsi della fame... doveva essergli piaciuto parecchio il mio braccio, forse era per ricercare di degustare lo stesso sapore che si avventava come una furia sulla protesi metallica ogni volta che la vedeva... alla fine con questo espediente lo trascinai in macchina.
La folla dell'albergo non si era affatto diradata. Come personaggi di una pièce teatrale dell'assurdo, restavano immobili a contemplare qualcosa che assolutamente oltrepassava la loro comprensione, sembravano attendere una rivelazione che avrebbe sconvolto le loro vite, forse si aspettavano che dalle scale dell'albergo sarebbe sceso con incedere maestoso un profeta che li avrebbe liberati da una maledizione che li costringeva a vivere vite inutili, che li faceva succhiare scampoli di emozioni dagli avvenimenti eccezionali esterni alle loro vite, come un omicidio. Stavo per urlare a quella massa marmorea: " Giratevi, questo è il messia che aspettate. Il quadrupede che mi sta accanto è colui che cambierà le sorti del mondo, colui che darà senso alle vostre vite. Se potesse parlare vi direbbe che è dentro di voi che va cercata la felicità. Ogni emozione che vi viene dall'esterno è pura impressione, tutto è filtrato dal vostro spirito. Tornate a casa, cercate nelle carezze dei vostri figli, nei baci delle vostre mogli quello che nessun macabro omicidio può darvi. Imparate dal vostro passato, costruite un futuro migliore per voi e per le generazioni future..." Un'occhiata telepatica di Giallo mi indicò che il mondo non era ancora pronto... Mi feci largo tra la folla senza proferire parola. Lui, Giallo, mia guida come Virgilio per Dante, con una solo occhiata mi dice di passare e non curarmi di questa gente ignorante. Questa mia capacità telepatica era l'unica cosa che mi permetteva di lavorare con Giallo dato che io riuscivo, e in effetti ero l'unico, a interpretare i suoi sguardi, e a leggere nei suoi pensieri.
Tutti i sospettati si erano riuniti nella hall dell'albergo. C'erano Sarah, Franzisca, Dora, il maresciallo Crespo. Andammo con l'ascensore tutti insieme al piano della scena del delitto. Avevo richiesto la presenza del cadavere perché Giallo gli avesse potuto dare un'occhiata, chissà che col suo fiuto non fosse riuscito a trovare qualche indizio che a noi comuni mortali era sfuggito. In effetti ultimamente il fiuto di Giallo dava segni di atrofia molto vistosi: non distingueva più l'odore del cibo da quello degli escrementi. Penso che quella notte in cui mi dilaniò il braccio anche questo fattore abbia giocato un ruolo notevole. Il veterinario dice che le ghiandole olfattive di Giallo sono state bruciate da delle sostanze tossiche inalate, come accade a chi sniffa cocaina, cosa che peraltro era possibile visto che Giallo è un cane poliziotto e che si vociferava mentre era in servizio come agente semplice di certe misteriose sparizioni di discrete quantità di droga sequestrata. Tutte congetture naturalmente. In realtà Giallo non partecipava da anni a una missione dell'antidroga, piuttosto sospetto che in quei festini pieni di cagnette degli spot pubblicitari girino strane sostanze, sono ambienti poco raccomandabili quelli dello spettacolo. C'erano già Sarah, Franzisca, Dora, il maresciallo Crespo, il cadavere; per ultimi arrivammo io e Giallo. Il commissario si inginocchiò al cospetto di Giallo, che prima d'ora non aveva visto che in fotografia. Mi disse che sembrava un po' appesantito anche rispetto alle foto pubblicate sui giornali riguardanti i casi più recenti, e mi mostrò una foto di pochi giorni prima che ritraevano un pastore tedesco tutto muscoli che atterrava un pericoloso criminale. Visibilmente imbarazzato risposi che per i rapporti con la stampa Giallo da anni si appoggia a un'agenzia pubblicitaria che gli fornisce delle controfigure per le foto e che raramente usciva di casa per risolvere i casi, il suo era un ruolo più cerebrale che fisico. Paragonando me e Giallo a un organismo potremmo dire che mentre Giallo è la mente, io sono il braccio, ma anche il naso, gli occhi, le gambe, insomma il corpo.
Il maresciallo aveva trattenuto le tre ragazze nell'albergo, in attesa che arrivassero i risultati del guanto di paraffina sperava che Giallo potesse risolvere il mistero. Appena arrivati nella sala Giallo si era adagiato sulla poltrona al centro, da dove poteva scrutare sia le sospettate sia il cadavere. Col muso indicava il corpo del defunto. Quando andai a frugare negli abiti del morto, appena un istante prima che gli togliessi il lenzuolo dal volto, Giallo emise un debole ringhio: non voleva che Dora si struggesse alla vista del volto sfigurato del padre. Nella tasca interna della giacca, nessuno aveva ancora toccato il corpo tranne il medico perito che ne aveva accertato le cause della morte, trovai una lettera da lui firmata. La feci leggere a Giallo che ci sbavò sopra esattamente nel punto della firma, qualcosa doveva averlo colpito. Poi la leggemmo anche noi. Era una lettera in cui raccomandava la figlia a un certo dirigente per un lavoro... nulla di importante ai fini del caso, pensavo. Perché però Giallo aveva sbavato sulla firma? Non capivo, glielo dissi e lui indicò col muso il bancone di registrazione dell'albergo. Chiesi al maresciallo di andare a cercare qualcosa sul bancone. La firma, sul bancone di registrazione c'è il registro delle firme, la firma sulla lettera...Certamente! Giallo voleva che confrontassi le due firme del signor Monti! Infatti non coincidevano, erano simili, ma chiunque avrebbe capito che era stata falsificata la firma sulla lettera, e forse tutta la lettera,
" vero signorina Monti? La vedo contrariata per questa nostra, cioè per l'intuizione di Giallo, non ci sta nascondendo qualcosa?" La mia bocca, veicolo di propagazione del verbo di Giallo, avevano proferito parole che l'avevano colta impreparata. Il maresciallo Crespo mi chiese se forse riuscissi a leggere nella mente di Giallo per avere delle intuizioni così illuminanti. Risposi che non è concesso a mortale di sorta penetrare nei meandri di pensiero sublime di un genio come Giallo, ma che mi limitavo per quanto mi fosse possibile a interpretare i suoi gesti. " Per esempio adesso vede che apre la bocca? Significa che ha fame. Portategli un cocktail di gamberoni e una triglia arrosto, è ora dello spuntino delle tre." In effetti forse leggevo davvero nei suoi pensieri.
Con la nuova rivelazione l'imputata principale diventava la figlia, Dora. Franzisca che si sentiva giustamente liberata dal peso di quelle accuse infamanti, ammise finalmente la squallida relazione tra lei e il signor Monti, più che una relazione si trattava di rapporti occasionali con i quali intendeva assicurarsi il ruolo di protagonista nella campagna pubblicitaria. Il movente di Dora fu svelato da Giallo che, fingendo uno starnuto, aveva fatto aprire il mio blocco degli appunti esattamente alla pagina in cui trascrivevo le deposizioni delle altre modelle che riferivano delle urla che nelle sere precedenti avevano sentito. Nessuna di loro diceva direttamente che le voci erano quelle del signor Monti e Franzisca, affermavano più genericamente che i litigi avvenivano tra un uomo e una donna. Probabile quindi che la donna fosse Dora adirata col padre perché voleva cacciarla dalla società, come confermava indirettamente la falsa lettera che Dora stessa aveva scritto per far credere che fosse un aiuto indispensabile. Bisognava sistemare ancora parecchi elementi per considerare chiuso il caso. Che fine aveva fatto la pistola? Come era riuscita Dora a non farsi sentire dalla compagna di stanza Sarah? Ecco che una possibile spiegazione arrivava dai risultati del guanto di paraffina. Il maresciallo lesse che l'unica sulle cui mani erano stati rintracciati i resti della polvere da sparo " Sarah? Come è possibile?"

Appena dopo aver nominato il nome di Sarah questa si mise a correre velocemente in direzione delle scale dell'albergo. Per sua grande fortuna, e mia grandissima sfortuna, proprio mentre si dirigeva alla porta delle scale vide che l'ascensore era aperto e vuoto, e vi saltò dentro. Non mi rimaneva che catapultarmi giù per le scale, ed era quello che feci. Correndo a più non posso giù per le scale proprio mentre stavo per raggiungere il piano terra dove sicuramente si era diretta Sarah, caddi e mi slogai una caviglia. Non potevo certo fermarmi adesso, stava per scappare. Con grande sforzo e provando un dolore incommensurabile raggiunsi la porta del piano terra, l'aprii e mi accostai all'ascensore e aspettai che si aprisse consegnandomi la fuggitiva. Passarono parecchi secondi, ma l'ascensore non si apriva. Dopo qualche minuto chiesi al portiere e mi disse controllando sul suo pannello di controllo che l'ascensore era tornato fino al piano dove ci eravamo riuniti. Quando tornai su vidi che Giallo si era alzato dal suo comodo talamo e si era portato nei pressi dell'ascensore. Sarah era accanto a lui. Giallo mi fissò con disgusto e mi fece capire che anche questa volta lo avevo deluso. Sicuramente si era dovuto alzare e richiamare velocemente l'ascensore. Aveva intuito che Sarah si sarebbe fermata nell'ascensore per qualche secondo ad un piano intermedio per far perdere le sue tracce. Ero deluso, ma d'altra parte lui aveva poco da lamentarsi visto che lui stesso aveva commesso un errore facendomi pensare che la colpevole era Dora. Si era sbagliato anche lui, questo pensavo io, povero stupido mortale. Nel sottile gioco di sguardi che seguì in quei momenti Giallo arrivò al punto di umiliarmi. Non solo aveva capito che io pensavo che avesse sbagliato pure lui, ma volle umiliarmi fino all'ultimo abbaiando e puntando la zampa prima verso Dora, poi spostando nuovamente il suo corpo molle e urinando anche su Franzisca. Tutte e tre erano colpevoli. Tutte avevano i loro subdoli meschini motivi per uccidere il signor Monti, e tutte lo avevano fatto. Le strane versioni dei fatti che raccontarono in seguito in commissariato confermarono le intuizioni di Giallo. Qualche giorno dopo l'agenzia che curava l'immagine di Giallo si occupò della pubblicazione di un romanzo in cui veniva narrata l'ennesima favolosa impresa di quel coraggioso cane poliziotto. Poco dopo dal romanzo venne tratto un film, di me non c'era traccia naturalmente.

La verità però l'appresi solo dopo la morte di quel cagnaccio bastardo, avvenuta circa due settimane dopo aver risolto questo caso. La verità è che io i casi li risolvevo lo stesso, e che quel cane bastardo era solo un cane bastardo, che risolveva i casi solo sbavando e pisciando qua e là, ma che alla fine dei conti non capiva un cavolo di quello che gli capitava intorno. Era solo un vecchio cane rimbambito.

Malgrado ora, dopo aver tentato invano di divulgare questa verità, sia stato rimosso dal corpo investigativo e sia stato radiato dalla polizia dopo aver imbrattato il monumento di quel cane bastardo, mi trovi in un manicomio posso dire di essere l'unico a sapere cosa ha ucciso il commissario Giallo. E solo io so come risolvere il caso della morte di Giallo. Giallo è morto avvelenato, questa è la verità, veleno per topi sulla sua bistecchina. Come faccio a saperlo? Chiamatela pure intuizione, ma ricordatevi che è mia questa volta. Prova a incastrare adesso l'assassino Giallo, provaci adesso...