Un mare di lacrime

Il treno cominciava a rotolare via dalla stazione. Sentivo sferragliare le rotaie, e, contemporaneamente, sentivo il sangue ribollirmi nelle vene. Poche ore e mi sarei ritrovato davanti al mio vecchio grande nemico. Non avrei avuto scuse, questa volta nessuna scusa, e nessun aiuto. No, non avrei avuto esitazioni, ancora poco tempo, questione di minuti, e mi sarei trovato di fronte il nemico che da parecchi anni verificavo di incontrare. Ormai non era più il bambino di una volta, e questa volta non gli sarebbe stato tanto facile sconfiggermi. Certo, non avevo nessuna speranza di riuscire io a sconfiggere lui, del resto chi mai lo ha anche soltanto scalfito? Ma non me ne sarei ritornato a casa con la testa bassa, come l'ultima volta, se anche non l'avessi sconfitto, non ne sarei uscito perdente. Ancora poco e mi sarei trovato sul campo di battaglia, io il mio nemico, soli, solissimi, circondati da migliaia di persone che non sarebbero mai accorte del nostro titanico scontro. Mentre il treno correva veloce portandomi incontro al mio destino non riuscivo a togliermi dalla testa di essermi dimenticato qualcosa. Certo, qualcosa mi mancava, ma non sapevo che cosa, perchè non mi serviva niente! Dopo tutto non andavo in vacanza, ma ad affrontare il mio peggiore nemico, l'unico che mai mi avesse fatto tremare i polsi per la paura. Non dovevo avere niente con me, solo il denaro per mangiare qualcosa prima di affrontare la prova definitiva, per diventare uomo. Mi sarebbero bastati pochi spiccioli per comprare un pezzo di focaccia dal panettiere da cui andavo quando ero piccolo, cioè piccolo piccolo, chissà se c'era ancora! Qualche spicciolo l'avevo dietro, più che sufficienti, il biglietto per il ritorno l'avevo già fatto, eppure mancava qualcosa. Ma cosa può mancare, quella battaglia sarebbe durata non più di un pomeriggio e, essendo uno scontro puramente psicologico, non mi servivano certo delle armi o delle protezioni. Ci stavamo avvicinando, cominciavo a sentire l'odore del mio immenso nemico, la gente sul treno, soprattutto i ragazzini, affacciati ai finestrini continuavano a urlare e schiamazzare. Per loro quello non era certo un nemico, anzi, per loro, poveri ingenui ed illusi fanciulli, probabilmente rappresentava il premio per un anno di studio. Che strano, vedere quei bambini con i loro genitori, oppure i ragazzi tutti in compagnia così felici, che strani loro e che strano ioche dovevo sembrare, altrimenti perchè tutti quei genitori mi avrebbero gurdato in quel modo? Mi sa che è strano il mondo intero! Per la prima volta da solo su un treno, deciso come non mai a vendicarmi. Volevo prendermi la rivincita su chi tante volte mi aveva umiliato davanti a tanta gente, e, soprattutto, davanti a mio padre. Adesso sì che sarebbe fiero del suo ometto, da solo, su un treno, forte e deciso. ... se in questo momento mi stai vedendo non andartene e aspetta ancora pochi minuti... Tutti bambini affacciati finestrini del treno continuavano a fare sempre più baccano, ormai non mi sopportavo più. Urlavano chiamandosi per nome, chiamando la mamma e il papà, e indicando il mio nemico sprizzavano gioia da tutti i pori. Disgustosi bambinetti! Quanta voglia avrei avuto di andare vicino a loro i dire loro che quella cosa lì fuori, che da chilometri affiancava il treno, è un mostro che uccide, umilia, offende, ferisce, e che, soprattutto, può sfregiare dei meravigliosi ricordi. Magari, un giorno, anche a voi, stupidi bambinetti, capiterà di rivedervi cullati dalle grinfie di quel mostro, e di risentire, nel ricordo, solo nel ricordo, le parole di chi non ce è più. Il mostro era la, stava lì fuori già da un'ora. Avrei potuto vederlo, ma non volevo. Scendendo dalla stazione, a non più di un centinaio di metri, sarei stato di fronte a lui, avrei potuto sottrarlo, farmi avvolgere dalle sue spine, e quello sarebbe stato il momento della verità. Tanto valeva aspettare ancora qualche minuto! Stupidi bambini, il treno ancora non si è fermato è già voi correte in direzione del mare. Mi ricordo perfettamente di te, anche se non ti vedo da tanto tempo, quasi da quattro anni, più di un terzo di tutta la mia vita, veramente da tanto. Pochi metri e sarò di nuovo di fronte a te. Vedrai che uomo che sono questa volta. Questo tuo rumore, questo del tuo odore, e questo sei tu. Nemico senza forma, oggi sei anche arrabbiato. Meglio così, vengo per te. Lo so che sei arrabbiato perché da tanto tempo non vengono a trovarti. Ti ricordi di me vero' sì, ne vedi tante di persone, ma di me ti ricordi sicuramente, ti sei divertito tanto a torturarmi da piccolo. Come vedi, però, questa volta sono solo. Chi mi teneva la mano l'ultima volta che mi hai visto non c'è più. Solo, ma pù forte. Quell'estate ho pianto per te, ho pianto per colpa tua, perché mi facevi paura. Ho pianto di fronte al mio papà. Mi hai fatto paura ho pianto per te, solo, tra le tue alte onde quella volta mi hai fatto paura, solo che poi ho pianto davvero, e ho scoperto cosa vuol dire avere paura davvero, ed essere soli davvero. Adesso, sono solo, il mezzo a tutta questa gente che prende il sole e gioca con te. Di guardami, sono cresciuto, e davanti a te non piango più, ti ricordi, te lo avevo promesso quell'estate, che non avrei pianto più. E poi invece te ne sei andato, e ho pianto tanto. Tantissimo. Adesso guardami, entro in mare, e queste onde del non mi spaventano più. Quelli che vedi sulla mia faccia sono... gocce salate. Papa, mi spiace, ho ancora paura, nessuno mai mi è insegnato a nuotare.