7 aprile... di 45 anni prima.
Ecco la posta,
quante lettere, vediamo di metterle in ordine in modo che la meno importante
sia l'ultima, dato che per un motivo o per l'altro come sempre non la leggerò.
Ecco fatto. Andiamo con la prima. Viene dall'associazione degli ex studenti
di psicologia dell'università... ma ancora mi scrivono! La psicologia,
l'inutilissima scienza a spanne dello sparare cavolate sulla pelle della gente
che sta male. E io che avrei dovuto diventare psicologo! Con la psicologia dei
professori, e la studiavo bene, non sono mai riuscito a capire niente di nessuno,
neanche di me stesso, figuriamoci se sarei riuscito a combinare qualcosa di
buono. Quante volte ho provato ad analizzare con la psicologia questo mio problema
assurdo, anzi tutta la mia assurda vita. Molto spesso sono riuscito quasi a
scoprirne la causa, ma soffrendo di questa strana forma di nevrosi, naturalmente
non posso tirare alcuna conclusione utile. A volte mi turba l'idea che forse
se avessi dato quell'ultimo maledetto esame di psicologia, e mi ci sarei anche
laureato grazie a quell'ultimo sforzo, insomma, avendo dato quell'esame avrei
avuto a disposizione quel tanto in più di sapere che mi avrebbe permesso
di risolvere, o almeno di capire il perché del mio problema. E la tesi
era già quasi finita. Però sembra davvero una maledizione che
non riesco a scongiurare, è una prigione dalla quale non riesco a evadere,
sono sempre li sulla soglia, ma poi... perché non l'ho dato quell'esame?
Non mi ricordo, comunque adesso è troppo tardi, dovrei pagare anni di
tasse di iscrizioni arretrate, dove li trovo i soldi. Ciò che mi fa più
male è che non riesco a capire se me la sono creata io questa gabbia
maledetta o cos'altro, ma forse. Anzi certamente no, no! Non è una mia
opera, non può esserlo perché altrimenti sarebbe l'ennesima incompiuta,
l'avrei costruita bella solida, secondo tutti i canoni e i crismi, praticamente
perfetta ma senza un particolare, le sbarre magari. Chissà se esiste
una ricerca, qualche sottospecie di forma documentata che riporta un caso analogo
al mio, o almeno un'ipotesi a riguardo. L'ultimo annuario che raccoglie gli
appunti dei professori universitari e dei ricercatori della cliniche di tutto
il paese, forse si trovava lì una trattazione esauriente che avrebbe
soddisfatto la mia sete di sapere. Magari era nelle ultime pagine, quelle pochissime
che mi mancavano da leggere, ma su diecimila pagine proprio nelle ultime venti
avrebbero trattato una malattia mentale come la mia? Beh, non divaghiamo, cosa
vogliono questi? Non importa, lo leggerò dopo.
Leggere, leggere, leggiamo quest'altra lettera, ah! Quella della selezione per
il lavoro alla filiale della banca.
"Egregio sig. Rolando ... con sincero rammarico che la informiamo ... dopo
aver elaborato i dati e avendo discusso con i miei collaboratori ... test da
Lei compilato per accedere all'ultimo colloquio propedeutico all'assunzione
presso i nostri uffici... non risponde ai requisiti... la prova da Lei sostenuta
non è risultata tra le migliori... regolamento del concorso... non Le
permette di partecipare all'ultima selezione del personale. In particolare ci
sentiamo di doverla informare che nel computo... i primi 12 quesiti dei 14 totali
sono stati da lei affrontati e superati in modo più che soddisfacente,
ma che non avendo concluso, come indicato nell'ultima norma del regolamento
da Lei sottoscritto, l'intera prova è da considerarsi non valida. Malgrado...
ecc."
Ennesima incompiuta. Ultima regola del regolamento? E chi l'ha letta? E poi
non mi chiamo Rolando, maledizione a questi egregi signori e ai miei maledettissimi
genitori che si sono dimenticati quella oltremodo maledettissima odiosissima
"o" finale! Mi chiamo Roland! Deve essere un difetto di famiglia il
mio. Ma non può essere, perché i miei qualcosa l'hanno conclusa.
Loro una casa ce l'avevano, la casa! No! eccola questa lettera, cavolo, sapevo
sarebbe arrivata, ma non possono! Maledetti usurai! È la banca, il covo
degli usurai. Da dodici anni mi spacco la schiena per pagare le rate del mutuo,
e adesso che mi mancano gli ultimi due versamenti procedono alla messa all'asta
dell'immobile. Maledetti usurai. Per due rate! Due mesi dopo dodici anni di
versamenti regolari! Meglio non pensarci, non devo turbarmi, devo rimanere sereno,
come dice quel saggio cinese, sereno come il cielo d'estate quando il vento
ha soffiato via le nuvole. Però nel mio caso magari il vento se ne è
dimenticata qualcuna di nuvoletta. Solo se rimango sereno riuscirò a
completare il romanzo. E se riesco a completarlo la casa editrice mi ricoprirà
di soldi.
La cas a edi tri ce, la lettera della ca sa e di tr ice ec cola qua! Eccola!
Me la rileggo, mi piacciono i complimenti. Questi si che ne capiscono di letteratura,
che analisi perfetta della prima parte del mio romanzo! Gli è piaciuto
tutto, hanno capito ogni riferimento, la struttura concatenata della storia,
il valore simbolico, a... favoloso. Sono sicuri che sarà un grande successo
e hanno intenzione di promuoverlo con una massiccia campagna pubblicitaria per
far sì che venda tantissimo, soprattutto visto che i critici che lo hanno
letto parlano già di capolavoro. Mi mancano solo le ultime pagine, il
finale. A pensarci bene se c'è una campo della mia vita in cui il mio
problema, o meglio la mia maledizione, è proprio nello scrivere. Quante
storie stupende ho iniziato a scrivere, quante idee geniali continuano a venirmi.
I mezzi non mi mancano, tutti mi fanno i complimenti. Quella splendida serie
di brevi racconti che avevo scritto un paio di anni fa, stilisticamente perfetta,
piena di idee geniali tutti quelli a cui le ho fatte leggere mi auspicavano
un grande futuro, eppure sono ancora là, nel cassetto, in attesa di un
degno finale. A volte mi chiedo se la mia storia avrà un finale, la storia
della mia vita, che è poi la mia vita. Ma andiamo avanti, c'è
un sacco di posta, questa la finisco di leggere dopo.
Questa, ma dai! Cosa vuole il fratello della mia ex fidanzata? Leggiamo? È
un mesetto che non la vedo e sento più da quando... da quando le ho risposto,
cioè non le ho risposto, ma lei mi ha chiesto...
"...ancora ci interroghiamo sul senso di questa nostra attesa... lei non
riesce a darsi pace, le sembrava, e sembrava a tutti noi, che la degna coronazione
del vostro decennale fidanzamento sarebbe stato il matrimonio, era tutto sistemato.
Dille qualcosa, non parlo a nome suo, non mi ha detto lei di scriverti, ma sta
soffrendo troppo nell'attesa. Dille almeno che la vuoi lasciare! Dille che la
vuoi sposare, ma rispondile! Scriviamo la parola fine su questa storia! Fatti
sentire, non ne possiamo più!". Vorrei credetemi, ma non ci riesco.
Se mi arrivano i soldi dell'eredità parto subito, destinazione il mondo.
8 aprile, 4 anni dopo rispetto ai 45 prima.
Quante lettere,
il ricorso legale, le bollette, la casa editrice, ancora la casa editrice. Aspettano
ormai da più di tre anni quel finale, ancora insistono, gli deve essere
davvero piaciuto il romanzo. Però ormai mi dedico alla scultura, non
scrivo più. La mia scultura è abbastanza apprezzata, come in ogni
altra cosa sono bravissimo e mi dà da vivere. Adesso forse, ecco la lettera
del sindaco, sì, adesso mi affidano la costruzione di un monumento al
centro del paese, di un certo cavaliere, vedremo. Sì perché dicono
che il mio modo di scolpire sia astratto, in realtà il mio intento è
molto realistico, decisamente mimetico. Solo che, come con tutto, quando faccio
qualcosa la lascio incompiuta, e dicono che le mie opere sono astratte. Lo dicono
i critici, un gatto in senza testa è sicuramente una scultura astratta.
Non creata con lo scopo di esserlo ma astratta nella loro interpretazione. Molto
simbolica dicono, come tutte le mie opere rappresentano la mutilazione dei tempi
moderni, segnati da orribili avvenimenti. Una qualche ragione possono anche
avercela. L'importante è che discutano, non che "definiscano"
in modo "definitivo" il mio lavoro.
Ancora una sua lettera, ancora aspetta una risposta. Non mi capirà mai,
povera donna.
9 aprile di qualche
anno dopo.
Ormai manca pochissimo, domani completo il braccio e dopodomani gli faccio la
mano. Domani il comune mi da l'assegno. Domani parto.
Quella povera donna, se rimango e non parto subito vado da lei e le parlo. Ormai
rimarrà zitella a vita. Le spiegherò come sono fatto con un esempio,
l'esempio della semiretta, che ha un inizio ma non una fine, e va avanti per
sempre. Io sono una semiretta, dovrà capire per forza, e si rassegnerà.
Non può non capirmi. Tanto parto prima. Quella donna, povera, la mia
più grande incompiuta.
Il 10 aprile, prima di quel fatidico 11 aprile.
Adesso sono vecchio, veramente vecchio e veramente stanco. Ho passato tutta la mia vita viaggiando per il mondo facendo solo saltuariamente tappa in questo paesino. Di chiamarlo casa proprio non me la sento, ma qui è il posto giusto per il finale della mia storia, vicino alla statua monca del cavaliere errante, l'ennesima mia incompiuta. O cercato di capire me stesso, la causa e l'origine del mio problema, e solo adesso, che sono stanco e vecchio, adesso capisco il che non era un problema, ma una scelta di vita, la scelta di vivere. Ho conosciuto una miriade di persone di tutte le culture e religioni del mondo. Ho letto libri, studiato e osservato le abitudini degli esseri umani. E non ho mai trovato felicità nei finali, di qualsiasi tipo fossero. Ogni volta che ho visto la fine di qualcosa, non è mai stata bella. La fine di un amore, i cuori spezzati, i visi straziati dalle lacrime. La fine di una guerra, si raccolgono i cadaveri. La fine di un sogno, la realtà. La fine di un libro, la fine della storia e dei personaggi, che tristezza. Quando si finisce una statua, non la si può più migliorare. Per questo meglio non avere una fine. Purtroppo alla fine la fine viene sempre. Adesso sono vecchio, ho meditato, forse è giusto dare almeno una volta nella vita una fine a qualcosa, una fine alla storia. Oggi, io, vecchio e stanco di girare alla ricerca di chissà cosa, capisco che l'uomo è un piccolo segmento, non una semiretta e decido di fermarmi. È ora di mettere quel puntino, di chiudere la semiretta. Quella povera vecchia, sarà bene andare da lei, sarà bene dirle di sì, che ha aspettato, ma adesso è pronta la risposta per lei. Domattina all'alba vado da lei, racconto alla figlia del fratello la fine della storia e le chiedo di scriverla e mandarla alla casa editrice.
11 aprile, ore 5.46
Finalmente, alla fine, che suono strano queste parole. Me lo ero ripromesso, all'alba voglio essere alla sua porta. Che buio. Non si vede niente, ma dovrei essere vicino alla mia statua ormai. Sono davvero pronto a scrivere la parola fine, adesso sì. E questo rumore cos'è? Ma, quella macchina sta sbandando, viene verso di me, oddiomiosantissimo, mi sta venendo addosso, questa è la fine? Potrei spostarmi, si, ce la farei, ma voglio spostarmi? Devo andare da lei, ma posso finirla qui subito. E lasciare incompiute anche quelle due cose... devo decidermi, sì, ho deciso, adesso