La società nella tarda età moderna

(Sec. XVIIXVIII)

 

1. Struttura demografica

 

Si definisce generalmente come società dell’ancien régime quella serie di strutture di tipo sociologico e demografico di cui era composta la società prima delle due grandi rivoluzioni del XVIII secolo: la rivoluzione industriale e quella francese, che ridisegnarono completamente ogni aspetto della società europea.

Il termine stesso infatti nacque poco dopo la vittoria dei rivoluzionari contro la monarchia, per indicare il cambiamento rispetto al precedente status della società francese. Tuttavia questo termine ebbe una fortuna ben più ampia divenendo l’identificativo del mondo europeo tra la fine della guerra dei trent’anni e le due rivoluzioni precedentemente citate.

L’Europa del700 fu protagonista dell’inizio di quella straordinaria crescita demografica che investì il mondo industrializzato lungo tutto il corso del XIX e la prima metà del XX secolo.

La popolazione complessiva del continente infatti passo fra l’anno 1700 e il 1800 da 118 a 193 milioni di abitanti, una crescita straordinaria nell’ordine del 66%. Bene o male, in tutte le aree del continente, la popolazione crebbe in percentuali abbastanza elevate, in Francia si passò da 22 a 29 milioni di abitanti (con un aumento del 32%), in Inghilterra da 5,8 milioni a 9,1 (57%), in Italia da 13,6 a circa 18 milioni (35%), tuttavia le aree che maggiormente vennero investite dalla crescita furono le regioni dell’Europa orientale e centrale (Prussia e Russia innanzitutto) dove la popolazione arrivò ad aumentare anche del 70%. L’incremento della popolazione coinvolse i anche domini europei d’oltre oceano, in America del nord infatti la popolazione nel corso del XVIII secolo aumento della straordinaria percentuale del 1000%, questo grazie all’immigrazione e alla colonizzazione delle nuove terre messe in atto da francesi e inglesi.

Osservando la crescita della popolazione, lungo i secoli del medioevo e dell’età moderna fino al XVIII, ci si accorge di come periodicamente sia calata a causa dell’intervento di alcuni agenti (scarsità di beni alimentari, epidemie, calò della natalità) che intervenivano nel momento in cui il rapporto fra popolazione e risorse diveniva insostenibile (secondo le teorie di Malthus) causando così il decremento necessario per riportare la situazione in equilibrio.

L’età dell’anciene régime si caratterizza per aver rotto questa serie di crisi cicliche e per aver dato avvio ad una serie di radicali cambiamenti nella struttura demografica della popolazione.

L’enorme crescita della popolazione nel corso del XVIII secolo è attribuibile di fatti a due nuovi fattori: il primo fu il calo della mortalità, le epidemie divennero meno frequenti e meno virulente grazie al miglioramento delle condizioni igieniche. Di fatti ben presto la peste, che aveva infestato il continente sin dal XIV secolo con epidemie cicliche, divenne ben presto rara e sporadica, anche se fu ben presto sostituita dall’affermarsi di nuovi bacilli come il vaiolo o la dissenteria.

L’altro fattore fu un generale aumento della natalità dovuto all’abbassamento dell’età da matrimonio, grazie alle nuove disponibilità di lavoro infatti i giovani potevano lasciare prima la famiglia originaria per crearne una propria, avendo quindi più tempo per la crescita dei figli divenne possibile metterne al mondo un numero sempre maggiore, contribuendo alla crescita della popolazione.

La conseguenza di questi due fattori fu l’aumento di cui ho parlato in precedenza, manifestazione più evidente di questa crescita fu l’enorme sviluppo delle città europee di questo periodo. Basti pensare che le tre maggiori metropoli europee, Londra, Parigi e Napoli raggiunsero rispettivamente i 950.000, i 600.000. e i 400.000 abitanti mentre in tutto il continente si verificava una rapida crescita della popolazione delle città, specie quelle dotate di multifunzionalità (piazze di scambio, capitali, incrocio di rotte commerciali) ma anche quelle specializzate nella funzione burocratica (come Vienna e Berlino che raggiunsero i 250.000 e 140.000 abitanti) o i grandi porti dell’Atlantico o del mare del nord ( Bristol, Amburgo, Liverpool) che quintuplicarono il loro abitanti in cent’anni.

 

Fino a tempi recenti si riteneva che la struttura della famiglia europea avesse subito un radicale cambiamento dopo la rivoluzione industriale, si riteneva infatti che essa in precedenza corrispondesse al modello della “famiglia allargata” nella quale convivono insieme più generazioni (nonni, figli e nipoti) allo scopo di non dividere la proprietà di famiglia. A questo modello avrebbe fatto seguito quello della cosiddetta famiglia “nucleare” composta da soli genitori e figli, la quale si sarebbe diffusa dopo la rivoluzione industriale. Più recentemente e con studi più approfonditi sulla società dell’anciene régime s’è giunti alla conclusione che già nel XVIII secolo entrambi i tipi familiari sopradescritti coesistevano nel continente europeo, a questi inoltre si aggiungeva l’altissima percentuale di servi (presenti specialmente nelle città burocratiche dove si concentrava l’aristocrazia del regno), persone a carico di famiglie nobili che raggiungevano percentuali elevatissime in alcune città, come Vienna dove su 250.000 abitanti i servitori erano oltre 40.000

 

2. I cambiamenti culturali

 

Nel secolo che prendiamo in esame si verificarono, sulla spinta delle nuove correnti filosofiche e dei fatti politici che si verificarono, una serie di grandi cambiamenti nella società.

Ben presto infatti l’illuminismo e la rivoluzione francese cominciarono a riflettersi negli animi delle persone comuni, le quali ispirate da questi due grandi avvenimenti, iniziarono a cambiare radicalmente i loro rapporti interpersonali e nei confronti delle istituzioni religiose.

Furono innanzitutto queste a dover affrontare un generale declino della loro importanza come punti di riferimento per le masse povere. A questo cambiamento fecero seguito anche una serie di atteggiamenti assunti verso la donna e i bambini che vennero tutelati maggiormente. La paura di dividere le proprietà della famiglia ben presto indusse all’introduzione di metodi contraccettivi e al controllo razionale della vita affettiva, contrariamente a ogni morale religiosa che contrasta i contraccettivi apertamente. Questi nuovi atteggiamenti di contrarietà alla vita religiosa e ad alcune restrizioni morali imposte dal cristianesimo condussero ad una scristianizzazione della società, che divenne palese dopo la rivoluzione in Francia, nella quale la religione venne privata del suo ruolo di “giudice” della vita pubblica, venendo progressivamente relegata alla sfera privata e interiore

 

3. Proprietà agricola e rivolte contadine

 

Anche se il XVIII secolo passa alla storia come l’inizio della rivoluzione industriale, il mondo davanti al quale ci troviamo in questa epoca era ancora strettamente legato alla terra. Il legame verso l’agricoltura e il suo ruolo primario nell’economia avevano garantito il sopravvivere di una serie di privilegi di cui era dotata la nobiltà.

Infatti in tutta Europa sopravvivevano i vincoli feudali che coinvolgevano praticamente l’intera popolazione contadina, la quale era legata al signore a cui doveva prestazioni economiche (concordate in tempi molto precedenti) regolari e straordinarie (in caso di cessione o eredità da parte del contadino della propria terra), si trattava di fatto di uno stato di semi proprietà della terra, nella quale il contadino a causa dei canoni da pagare al signore non godeva dell’effettiva proprietà degli appezzamenti di cui usufruiva. D’altro canto anche il signore era tenuto nei confronti del contadino a garantirgli una serie di diritti, fra cui lo sfruttamento delle sue terre incolte per ricavarne materie prime, facendo si che si manifestassero due tendenze in opposizione fra loro; il contadino cercava di limitare quanto più possibile l’espansione dei diritti signorili per impedire di ripiombare nella condizione di servaggio (ancora presente in alcune regioni francesi e tedesche), mentre il signore nel tentativo di mantenere le sue rendite cercava di legare al lavoro della terra quanti più contadini possibili.

La condizione qui espressa, quella del contadino libero che paga un canone al signore, era tipica delle regioni dell’antico feudalesimo europeo ( Francia e Germania) mentre nelle regioni orientali del continente i diritti di servitù conservavano caratteri ben più aspri.

In Polonia, Germania orientale, nell’impero austriaco e in Russia infatti i diritti dei contadini erano estremamente limitati, persino il matrimonio doveva avere l’approvazione del signore, così come la volontà di spostarsi. L’Europa orientale infatti divenne ben presto teatro di moltissime rivolte contadine ( Boemia 1775 o quella di Pugacev in Russia fra il 1773 e il 1775) che divennero la manifestazione palese della non accettazione dello stato di servi, in cui vivevano da generazione i contadini dell’est europeo.

 

4. I cambiamenti dell’agricoltura e le “enclosures

 

Il paesaggio agricolo dell’Inghilterra settecentesca si trovò completamente modificato rispetto a quello dei secoli precedenti, ciò era dovuto all’emergere di un nuovo modo di coltivare la terra e di gestirne la proprietà: si trattava delle “enclosures” o meglio delle recinzioni delle terre.

Il modello agricolo di base, che copriva la gran parte delle proprietà europee, era costituito da una serie di terreni contigui fra loro e posti sotto la giurisdizione di un villaggio; i proprietari dei singoli campi erano anche possessori del raccolto che ne ricavavano, tuttavia fornivano una serie di diritti alla comunità, come quello di pascolare gli animali, quando il campo non era messo a raccolta. Mentre le terre boschive o incolte erano aperte a tutti indipendentemente dall’utilizzo che ne si faceva.

Questo modello cominciò a essere rimpiazzato dalle recinzioni nel corso del500 per poi divenire una rarità nel XVIII secolo, quando ormai le enclosures costituivano l’84% della superficie coltivata in Inghilterra e Galles. Il nuovo modo di fare agricoltura era costituito dalla rivendicazione, da parte del proprietario, della completa autonomia del proprio sistema agricolo dalle esigenze della comunità rurale, a questo si aggiungeva la privatizzazione delle terre comuni. Il sistema aveva il lato positivo di spingere l’agricoltore a soddisfare non più le esigenze dell’autoconsumo ma quelle del mercato, divenendo di fatto un imprenditore. Il fenomeno tuttavia a causa della concorrenza che generava fra i vari proprietari divenne causa del progressivo diminuire dei proprietari/coltivatori i quali divennero sempre meno, trasformando così gran parte degli ex-proprietari in lavoratori agricoli salariati.

Altro importante cambiamento che investì le terre che scelsero la recinzione fu quello del passaggio dalla rotazione triennale a quella settennale. Infatti ben presto vennero introdotte nuove coltivazioni (foraggi principalmente) allo scopo di arricchire il terreno, che così poteva sopportare cicli produttivi più lunghi.

Cicli produttivi più lunghi consentivano una maggiore disponibilità di cibo per uomini e per animali, così ben presto anche l’allevamento divenne una componente fondamentale delle nuove aziende agricole, giungendo a livelli di produttività mai visti in precedenza.

Il sistema delle enclosures era solo uno dei tanti nuovi metodi di fare agricoltura che si affermavano nell’Europa del XVIII secolo, sistemi tuttavia destinati ad avere una diffusione assai limitata a causa del sopravvivere dei vecchi sistemi di origine feudale.

Ai nuovi sistemi agricoli ben presto si associò anche la diffusione di nuove piante, queste provenienti dal nuovo mondo diverranno parte integrante della dieta europea. Si tratta sostanzialmente della patata, che in Europa centrale e Irlanda diverrà l’elemento basilare della vita contadina; del granturco o mais, che prenderà piede nelle regioni meridionali del continente europeo rimpiazzando il frumento che divenne sempre più cibo per le classi privilegiate; infine anche se non coltivato a scopo alimentare vi era il tabacco che diverrà estremamente importante grazie alla produzione di beni di consumo che ne era derivata.

 

 

5. Industria rurale e manifattura

 

Nonostante il XVIII secolo passi alla storia come l’alba dell’industrializzazione in realtà non fu mai interessato da fenomeni come la fabbrica o la produzione di massa.

La principale industria del tempo, quella tessile, occupava gran parte degli operai del settore manifatturiero, il suo sviluppo e la sua diffusione erano estremamente antiche (XI-XII secolo) tuttavia metodi produttivi e costo della fabbricazione erano rimasti arretrati per quanto riguarda i primi, mentre i secondi continuavano a essere elevatissimi a causa del controllo delle corporazioni sulle manifatture tessili delle città. Le corporazioni decidendo caratteristiche del prodotto, qualità e prezzo della produzione (tramite il controllo dei salari) limitavano la capacità concorrenziale dell’industria tessile del tempo. Tuttavia ben presto i mercanti/imprenditori escogitarono un sistema per evadere il controllo delle corporazioni, si trattava del: lavoro a domicilio.

Gran parte dei passaggi alla creazione di panni infatti poteva essere fatta all’interno delle mura domestiche, qui commissionato a donne il prodotto veniva fabbricato tramite materia prima fornita dal mercante, il quale poi lo riacquistava una volta lavorato, avendo di fatto il monopolio della produzione, ricavandone enormi profitti. Mentre il mercante così evadeva la produzione e le regole delle corporazioni le famiglie rurali coinvolte in questo processo produttivo ottenevano fonti di guadagno straordinarie che consentivano loro di superare il livello di sussistenza nel quale di solito vivevano. Si parla a proposito di questo sistema di proto-industria, in quanto macchinari e materie prime non appartenevano all’operaio tessile, mentre il prodotto non era destinato al mercato locale, bensì a quello internazionale.

L’altro grande sistema produttivo dell’Europa nel corso dell’anciene régime fu quello della manifattura, si trattava di grandi officine e laboratori in cui veniva concentrata tutta la produzione di un determinato prodotto, sistema tipico del colbertismo francese si rivelava particolarmente efficace nella produzione di manufatti complessi come armi o prodotti di lusso destinati alle aristocrazie.

 

6. I ceti sociali

 

L’ancien regime era una società stratificata per ordini sociali, i cosiddetti “tre stati” in cui era ripartita l’intera popolazione di un paese. Si trattava di categorie sociali, in realtà quasi delle caste, dalle quali era quasi impossibile uscire o entrare. Basate su diritti legislative diversi e regolate dal punto di vista giuridico da diversi codici questi “ordini” divennero di fatto il più grande successo delle classi nobili europee che arrivarono a godere di uno status giurdico privilegiato, di diritti particolari e di una migliore tutela nei confronti del potere regio.

Tutela che era espressa sia attraverso l’assemblea degli stati generali, sia con i parlamenti locali, i quali di fatto potevano controllare a scapito del potere centrale tutta la vita politica di una provincia o di un dipartimento periferico. Ovviamente questa situazione varia da nazione a nazione, possiamo quindi misurare il successo delle monarchie europee sulla base del potere che riuscirono a strappare progressivamente a parlamento e nobiltà. Ad esempio in Francia il re divenne l’unica autorità di fatto, assumendo il controllo del governo in maniera diretta. In Germania la carica di imperatore e le decisioni prese dalla dieta divennero poco a poco solo formalità, svuotandosi di ogni effettività.

Anche negli stati maggiormente democratici era la classe dei nobili a detenere di fatto il controllo del potere, come nelle repubbliche di Venezia, Genova o a Ginevra; mentre una qualche uguaglianza emergeva nei sistemi costituzionali inglesi o olandesi. Infine in Polonia di fatto la monarchia non aveva potere, ostaggio di un assemblea di nobili pressoché onnipotente il paese divenne progressivamente incapace di reagire alle minacce straniere, ciò a causa dell’assenza di una leadership forte.

Principale problema di tutti gli stati del tempo era quello della povertà, la percentuale di persone che non arrivavano al livello minimo di sussistenza infatti si aggirava intorno al 40%, visti con sospetto i poveri erano osservati con sdegno dalle classi dirigenti che li ritenevano fonte di ogni male della società. L’emarginazione prima e la reclusione di massa divennero gli unici sistemai coi quali si cercava di arginare il problema di questa massa di diseredati, vennero impiegati anche in manifatture dello stato allo scopo di fornirgli un lavoro, ma il problema della povertà persistette lungo tutto il corso del XVIII secolo per risolversi solo con la rivoluzione industriale e la nascita del proletariato urbano.

 

 

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