LE RIVOLUZIONI INGLESI

 

GIACOMO I: I DIFFICILI INIZI DELLA DINASTIA STUART. PAGEREF _Toc160333173 \h 2

CARLO I: UN REGNO TRA CRISI E RIVOLUZIONE. PAGEREF _Toc160333174 \h 3

LA GUERRE CIVILI PAGEREF _Toc160333175 \h 4

IL COMMONWEALTH E OLIVER CROMWELL. PAGEREF _Toc160333176 \h 5

LA RESTAURAZIONE DELLA MONARCHIA STUART: CARLO II PAGEREF _Toc160333177 \h 6

GIACOMO II: LA FINE DELLA DINASTIA E LA GLORIOSA RIVOLUZIONE. PAGEREF _Toc160333178 \h 7

CONSIDERAZIONI PAGEREF _Toc160333179 \h 8

 

GIACOMO I: I DIFFICILI INIZI DELLA DINASTIA STUART

Dopo la morte di Elisabetta I, avvenuta nel 1603 senza lasciare eredi, la corona d’Inghilterra venne affidata al re di Scozia Giacomo I Stuart. Scozia e Inghilterra si univano in un’unione personale che creava le basi della futura Gran Bretagna.

Immediatamente Giacomo I si trovò in una situazione molto difficile. A causa della disastrosa situazione finanziaria lasciata da Elisabetta, che aveva dovuto affrontare ingenti spese militari durante la guerra contro la Spagna e che aveva finanziato la rivolta delle Province Unite, il tesoro dello stato inglese verteva in condizioni assai disastrose.

Giacomo inoltre nel corso del suo regno ebbe parecchio a soffrire in popolarità a causa del suo carattere e delle sue ossessioni. Prima fra tutte vi era quella dell’unità delle tre corone di Scozia, Inghilterra e Irlanda, un’idea che si rifletteva nel tentativo di uniformare a tutti i costi le leggi del dei regni, la loro religione e persino i costumi della popolazione come dimostra lo stanziamento per sua volontà di protestanti in Irlanda del nord.

La sua politica ovviamente passava attraverso un forte accentramento del suo potere personale, che minava i diritti e i privilegi della piccola nobiltà delle aree periferiche del regno suscitandone l’ostilità. Inoltre Giacomo era convinto che l’autorità del re derivasse esclusivamente da dio e che solo al creatore egli dovesse rendere realmente conto, a causa delle sue concezioni egli dovette scontrarsi non poche volte con il parlamento inglese. Le questioni particolarmente spinose furono l’unione delle corone di Scozia e Inghilterra, il cui atto venne respinto dal parlamentari e le diatribe religiose.

Giacomo cercò di persuadere i protestanti e i cattolici moderati del regno a discutere una unificazione delle due chiese in un concilio ecumenico, ma i tentativi di organizzarlo si rivelarono fallaci e lo scoppio della guerra dei trent’anni che coinvolse, anche se solo marginalmente, l’Inghilterra privò il monarca di ogni possibilità di mettere in pratica i suoi progetti.

Inoltre gli inglesi si trovarono nuovamente in guerra con la cattolicissima Spagna, cosa che provocò una nuova ondata di odio e disprezzo contro i cattolici, facendo sfumare i propositi di pacificazione religiosa del re.

Oltre alle difficoltà finanziarie, politiche e religiose a mettere ulteriormente in crisi il già difficile regno di Giacomo contribuì la sua vita privata. Lo Stuart infatti era omosessuale e a cominciare dal 1618 ebbe rapporti amorosi con un giovane cortigiano appartenente alla piccola gentry londinese, negli anni successivi il giovane fece carriera sotto l’egida del re fino a divenire duca di Buckingam. Il novello duca cominciò a governare di fatto il paese mano a mano che il re invecchiava e ne tenne le redini dell’Inghilterra fino al suo assassinio nel 1628.

Lo scandalo del duca aveva contribuito non poco allo svilimento dell’immagine monarchica, tuttavia durante il regno di Giacomo I nessuno avrebbe mai potuto sospettare cosa si stava preparando nel futuro dell’Inghilterra. Il re era ancora forte e il parlamento in balia del suo volere, nessuno metteva in discussione il suo potere ne le forme delle istituzioni monarchiche, infatti la successione fra Giacomo I e il figlio Carlo I fu una delle più pacifiche della storia inglese.

Nel 1625 Giacomo I moriva lasciando una monarchia forse derisa dall’opinione pubblica per i suoi scandali, ma tutto sommato forte esattamente come ai tempi di Elisabetta I.

CARLO I: UN REGNO TRA CRISI E RIVOLUZIONE

Carlo era un personaggio molto diverso da suo padre. Piccolo di statura, brutto e balbuziente crebbe all’ombra di un fratello maggiore incredibilmente più carismatico di lui, a dodici anni il fratello morì e Carlo capì di essere il futuro re d’Inghilterra.

Quando salì al trono le sue virtù di uomo casto portarono ad un radicale cambiamento della vita di corte, il lusso e le spese sfrenate di Giacomo I divennero un ricordo e già nel 1629 i bilanci della corona erano stati risanati.

Carlo si trovò a combattere contro la Spagna, in sostegno dei protestanti tedeschi, e contro il re di Francia Luigi XIII, che non aveva versato la dote di sua sorella Enrichetta Maria che era moglie dello stesso Carlo.

La guerra naturalmente richiese nuove imposizioni fiscali che il parlamento non volle approvare, questo naturalmente condusse ad una rottura con il parlamento che era insoddisfatto dell’andamento della guerra. Inoltre in parlamento si andava diffondendo una notevole preoccupazione per la libertà concessa agli arminiani, una setta protestante di origine olandese le cui teorie sulla predestinazione erano pericolosamente vicine a quelle del cattolicesimo. Fra il 1625 e il 1629 il parlamento quindi divenne il centro della critica politica nei confronti del re, inoltre l’ostilità era acuita dal persistere presso la corte della presenza del duca di Buckingam. Fra il 1630 e il 1640 il re decise di governare senza il sostegno del parlamento e le sue politiche fiscali, basate sull’aumento dell’imposizione per finanziare le spese militari e sociali, servirono a portare a termine con successo il risanamento delle finanze reali.

Tuttavia l’ostilità del popolo cresceva a causa delle scelte religiose del re, questi infatti aveva garantito pieno appoggio alle scelte dell’arcivescovo William Laud il quale andava elaborando una liturgia che troppo ricordava il cattolicesimo romano. Laud infatti stava poco a poco restaurando il potere dei vescovi sulle diocesi del regno, stava rimettendo in piedi la struttura dei tribunali ecclesiastici e stava nuovamente facendo largo al potere del clero parrocchiale sulle comunità locali. Nonostante ciò il potere di Carlo era solidissimo eppure appena cinque anni dopo sarebbe scoppiata la rivoluzione che l’avrebbe deposto, come fu possibile?

La risposta sta probabilmente nella serie di disastri che il paese si trovò ad attraversare in questo breve lasso di tempo.

 

Fra il 1634 e il 1640 il re venne inoltre coinvolto in un lunghissimo processo contro una tassa, la cosiddetta “Ship money”, con la quale intendeva finanziare l’ampliamento della marina militare.

La tassa secondo i nemici di Carlo era illegale in quanto era stata emessa senza l’approvazione parlamentare, ciò porto all’accrescimento dell’ostilità fra Carlo e gli armatori delle città portuali inglesi che erano danneggiati dalla tassa.

Nel 1637 il paese si trovò coinvolto in una guerra civile con la Scozia.

Sia Giacomo I che Carlo avevano erroneamente ritenuto che governare la Scozia da Londra, minando il potere e l’autonomia dei Lord scozzesi, potesse condurre ad un rafforzamento della monarchia. Carlo aveva infatti tentato di introdurre le riforme religiose di Laud in Scozia e i nobili del paese avevano scelto di ribellarsi all’autorità del re. Fra il 1639 e il 1640 programmò di invadere la Scozia, ma a causa delle scarse finanze di cui disponeva venne sconfitto entrambe le volte.

Per cercare una soluzione alla crisi, il re fra aprile e maggio del 1640 decise di convocare il parlamento, che causa della sua brevità venne chiamato “corto parlamento”. Le condizioni che i parlamentari posero, per finanziare la guerra, furono talmente sgradevoli per il re che questi scelse di ricercare altri aiuti. Fu così che Carlo si rivolse ai potentati cattolici d’Irlanda e accettò gli aiuti del papa e del re di Spagna. Nonostante questo nel autunno del 1640 l’esercito scozzese invase l’Inghilterra settentrionale e occupò York, era ormai impossibile che il parlamento non venisse convocato per concedere al re i finanziamenti di cui aveva bisogno per vincere la rivolta della Scozia. Il parlamento ormai stanco della cattiva gestione del re nella guerra e della sua politica liberale nei confronti dei cattolici avanzò una serie di pretese: convocazione regolare delle camere, diritto di scelta dei ministri regi e la prerogativa di respingere eventuali proposte di tassazione da parte del sovrano. Si trattava di una serie di provvedimenti decisi allo scopo di demolire l’apparato di leggi e usanze sulle quali Carlo aveva costruito il suo potere politico ed economico.

Lo strappo tra re e parlamento era compiuto, mancava solo la goccia che facesse traboccare il vaso e fu fornita dalla rivolta irlandese del 1641.

Gli irlandesi s’erano infatti rivoltati contro il parlamento, ritenendo che quest’ultimo avrebbe cercato di limitarne la libertà religiosa essendo cattolici. Perciò l’Irlanda cominciò a ribbellarsi compiendo eccidi contro i protestanti dell’Ulster in nome del re Carlo.

Il paese allora si spaccò, il parlamento e il re scesero in campo aperto l’uno contro l’altro e si arrivò

alla prima guerra civile inglese.

LA GUERRE CIVILI

In realtà il conflitto non cominciò con una vera e propria dichiarazione di guerra da parte del re contro il parlamento. Carlo infatti lasciò Londra nel gennaio del 1642 alla volta del nord, qui infatti sapeva di poter contare sull’appoggio dei grandi latifondisti del Northumberland.

Ad aprile tentò di impadronirsi dell’arsenale militare di Hull, ma non vi riuscì e si ritirò a York. Nell’estate dello stesso anno, sia il parlamento sia il re, cominciarono a reclutare truppe e ad addestrare gli eserciti che si sarebbero fronteggiati nella guerra civile. Nel giugno del 1644 il parlamento riuscì a infliggere una dura sconfitta al re presso Manstoon Moor, tuttavia occorse ancora un anno per battere definitivamente l’esercito del sovrano.

Nel 1645 inoltre cominciò ad emergere esplicitamente il malcontento della popolazione, specie delle campagne, per la guerra. I contadini spesso si sollevavano contro il re o il parlamento indistintamente. Inoltre l’ostilità era accresciuta dalla aumentata imposizione fiscale da parte di entrambi i contendenti, resa necessaria dalle spese di guerra. Alla fine il parlamento prevalse grazie alla maggiore capacità di mobilitazione, della quale fu capace appoggiandosi alla massa costituita dai londinesi, infatti nel 1645 l’esercito parlamentare battè definitivamente le armate regie nella battaglia di Naesby.

Dopo la vittoria nel parlamento e nell’esercito ribelle si verificarono le prime spaccature, ciò era dovuto alla eterogenicità dello schieramento anti-realista.

Ben presto si affermarono dei “partiti”: i radicali erano definiti “indipendenti”, favorevoli alla libertà religiosa raccoglievano i più velleitari dei parlamentari ribellatisi a Carlo, disposti a combattere fino all’ultimo pur di sconfiggere l’odiato sovrano, essi costituivano la minoranza dello schieramento parlamentare.

Di carattere più moderato era lo schieramento “presbiteriano”, ligio all’ortodossia protestante ma favorevole ad una soluzione di compromesso con il re che ripristinasse il regime monarchico.

Oltre a questi due partiti molta influenza ebbe un movimento diffuso fra i piccoli proprietari terrieri e gli artigiani del sud-Est, si trattava del movimento dei “livellatori” che si caratterizzava per la sua radicalità. Raccoltisi intorno a un manifesto chiamato: “An Agreement of the People”, chiedevano elezioni a suffragio universale maschile, tolleranza religiosa, l’eliminazione dei privilegi di ceto e dei monopoli commerciali. I livellatori avrebbero voluto uno stato decentrato e democratico, un regime meritocratico in cui il clientelismo sarebbe stato inesistente. Questo schieramento sembrò in un primo momento prendere piede nell’esercito, tuttavia alla lunga i soldati e gli ufficiali dell’armata parlamentare scelsero di legarsi sempre più ai parlamentari di Londra, gli unici in grado di garantirne gli interessi. Il risultato fu un dominio centralistico e militarizzato da parte del parlamento sull’intero paese.

Ne conseguì nel 1648 una nuova guerra civile che investì le regioni del paese che erano rimaste escluse dalla prima: il Galles, il Kent e l’Anglia. I parlamentari moderati e indipendenti, la gentry di provincia e i piccoli proprietari erano ormai decisi a opporsi con le armi a quella che ormai era apertamente definita come “la tirannide parlamentare”. Inoltre il re, fuggito nuovamente, si alleò con gli scozzesi cercando di riprendere il trono, tuttavia sia i suoi tentativi che quelli dei ribelli risultarono vani in quanto le loro azioni furono scoordinate, ciò permise al parlamento di sedare le rivolte una ad una per poi affrontare e sconfiggere definitivamente il re e gli scozzesi a Preston nell’agosto dello stesso anno.

Le guerre civili erano concluse e si apriva un periodo unico nella storia inglese: la repubblica, altrimenti detta Commonwealth.

IL COMMONWEALTH E OLIVER CROMWELL

Nel gennaio del 1649 si compì il processo contro Carlo I Stuart, era la prima volta che un popolo (o meglio un parlamento) conduceva alla sbarra il proprio sovrano accusandolo di negligenza e condannandolo a morte per decapitazione. Per i successivi undici anni, dal 1649 al 1660, l’Inghilterra divenne una repubblica, questo periodo segna un cambiamento enorme nella storia inglese non tanto per l’eccezione che il diverso regime di governo rappresentò, ma per i caratteri di partecipazione e democratizzazione delle elites che nascono in questo momento, ciò caratterizzerà tutta la storia inglese fino all’età Vittoriana.

Fra il 1649 e il 1653 a governare il paese fu il cosiddetto “rump parliament”, ovvero il parlamento monco; chiamato così perché ridotto all’osso dalle epurazioni compiute ai danni dei presbiteriani e dei moderati. Il parlamento monco decise di vendere i beni della corona per finanziare la campagna di Oliver Cromwell contro gli irlandesi ribelli, sempre Cromwell venne inviato a combattere una campagna contro la Scozia che ne sancì l’ascesa come principale protagonista politico della repubblica. Nel 1651 inoltre l’Inghilterra promulgò il cosiddetto “atto di navigazione” con il quale si proibiva, a navi non-inglesi o non battenti bandiera del paese di provenienza del loro carico, di commerciare con i porti dell’Inghilterra. Il provvedimento condusse in breve tempo ad una guerra contro l’Olanda, guerra che nonostante l’equilibrio nelle battaglie navali fra le due potenze vide l’Inghilterra trionfare in quanto in grado di impossessarsi di gran parte del tonnellaggio mercantile del nemico.

Nonostante i successi nelle vicende militari, in realtà dovuti quasi tutti all’abile guida di Cromwell, il parlamento stentava ad attuare le riforme tanto desiderate dai membri dell’esercito. In particolare la questione della religione rimaneva in sospeso. Ciò indusse Cromwell a sciogliere il parlamento nella primavera del 1653, venne nominata per sua scelta una assemblea costituente di centoquaranta membri scelti uno per uno dal generalissimo. I centoquaranta parlamentari tuttavia non riuscirono a raggiungere nessun accordo su eventuali progetti costituzionali e perciò decisero nel dicembre dello stesso anno di rimettere i loro poteri nelle mani di Cromwell. A partire dal questo momento il generale diverrà il capo dello stato con il titolo di Lord Protettore della repubblica.

Cromwell era fondamentalmente un conservatore calvinista. Legato all’ortodossia, credeva fermamente nella dottrina della predestinazione. Cromwell era anche fautore dell’ordine sociale rigidamente diviso e gerarchico elaborato da Calvino, infine era convinto che il suo operato non fosse altro che attuazione della volontà di dio e che da questo il suo potere traesse la legittimazione della quale era privato dall’assenza qualunque tradizione repubblicana alle sue spalle. Il suo governo fu caratterizzato da una durissima repressione nei confronti del dissenso cattolico e di eventuali ribellioni al governo centralistico che verteva intorno alla sua figura, la repressione di stato divenne fattore fondamentale nella vita della repubblica.

La repubblica inglese quindi si reggeva sul potere dell’esercito e questi si reggeva sul carisma di Cromwell, era ovvio che nel momento in cui la guida del Lord Protettore non ci sarebbe stata più l’intero sistema sarebbe crollato.

LA RESTAURAZIONE DELLA MONARCHIA STUART: CARLO II

A succedere a Cromwell dopo la sua morte nel 1658 fu il figlio Richard. Il giovane non era dotato ne della stessa intelligenza, ne della stessa tenacia del padre. Fu così che nel 1660 ad appena diciotto mesi dalla sua nomina il figlio del Lord Protector venne deposto da un colpo di mano dell’esercito comandato dal Generale Monk. Vennero indette libere elezioni e la monarchia ne uscì vincitrice, fu così che nel 1660 il figlio di Carlo I, ovvero Carlo II, fu posto sul trono del regno d’Inghilterra.

Carlo da subito fu costretto ad accettare un decreto che imponeva la regolare convocazione del parlamento ogni tre anni. Tuttavia questa fu l’unica vera imposizione che gli venne fatta e inoltre cadde ben presto nell’oblio delle dimenticanze, in quanto a partire dal 1684 il decreto venne semplicemente ignorato dal re.

La monarchia venne semplicemente restaurata dichiarando che il regno di Carlo era cominciato nel momento in cui il padre Giacomo I era morto. La repubblica veniva accantonata come se non fosse mai esistita e il regime monarchico riprese il suo corso, i provvedimenti di confisca dei beni ecclesiastici vennero revocati e si restituì alla chiesa ciò che era stato tolto.

Il regno di Carlo fu molto più moderato di quello del padre, accettò infatti il “restoration settlement” con il quale molte prerogative del governo centrale venivano assegnate alla nobiltà provinciale. La gentry delle province durante il regno di Carlo II poteva effettivamente governare i propri Shires in autonomia rispetto alla corte di Londra.

Carlo II allo scopo di garantirsi maggiore appoggio del suo predecessore inoltre iniziò una notevole condivisione del potere reale con gli altri potentati del regno. Carlo fu clemente con coloro che s’erano compromessi nel regime repubblicano e permise loro di accedere nuovamente alle cariche pubbliche del regno. Lo Stuart tentò anche di risolvere la questione religiosa con spirito di tolleranza, cercò infatti di rielaborare l’anglicanesimo secondo forme che fossero accettabili sia per i calvinisti e i cattolici moderati, in modo da poter finalmente creare una chiesa inglese unita e dotata di un ampio consenso presso i fedeli.

Purtroppo il progetto naufragò a causa dell’intransigenza degli anglicani ortodossi che non vedevano di buon occhio questo cedimento a posizioni moderate che suonavano loro di cripto-cattolicesimo.

Alla fine Carlo si trovò costretto ad accettare “l’atto di uniformità”, con il quale la chiesa anglicana veniva restaurata nelle sue forme primitive, imponendo giuramenti di fedeltà al clero. Poco dopo venne approvato anche il cosiddetto “ test act” con il quale ai funzionari pubblici veniva chiesto di giurare fedeltà all’anglicanesimo.

L’ostilità contro il regime di Carlo da parte dei parlamentari crebbe negli anni finali del suo regno, dopo la restaurazione ad essere eletti al parlamento per lungo tempo furono quasi esclusivamente deputati realisti, il re potè quindi portare avanti le sue politiche di tolleranza con l’appoggio delle camere che erano a lui fedeli. Col tempo la situazione mutò radicalmente e i protestanti ortodossi tornarono ad essere la maggioranza nelle camere.

Ben presto si presentò il problema della successione a sovrano, Carlo infatti non aveva avuto eredi maschi e il primo candidato a succedergli era il fratello cattolico Giacomo. I parlamentari protestanti non potevano tollerare che un re cattolico salisse al trono in Inghilterra e perciò cercarono in tutti i modi di far passare in atto (atto di Esclusione) con il quale si vietava la successione al trono di Giacomo. Ne conseguì una durissima battaglia politica tra sostenitori del diritto divino e coloro invece che sostenevano la necessità d’intervento parlamentare anche nelle questioni della monarchia. I due schieramenti presto si diedero una organizzazione gerarchica e strutturata portando alla nascita dei primi partiti politici moderni: i tories e i whigs.

I whigs in particolare intrapresero una serie di iniziative propagandistiche promuovendo petizioni, dimostrazioni e campagne allo scopo di ottenere il maggior successo elettorale possibile. Tuttavia le loro azioni non ebbero successo a causa di due motivi: primo non avevano un erede alternativo da proporre a Giacomo. Le possibili scelte erano Monmouth figlio illegittimo del re, e la figlia protestante Maria, ma le divisioni interne al partito prevalsero.

Inoltre Carlo poteva contare ancora sull’appoggio di gran parte dei parlamentari insediatisi dopo la restaurazione, oltre a questo egli comprò i voti necessari fra i moderati per impedire il passaggio del provvedimento.

Alla fine sia il parlamento sia la nazione scelsero di schierarsi con i re contro gli oltranzisti calvinisti e la successione di Giacomo da ipotesi divenne realtà.

GIACOMO II: LA FINE DELLA DINASTIA E LA GLORIOSA RIVOLUZIONE

I tory-anglicani esultarono all’ascesa di Giacomo II al trono. Era la vittoria dell’Inghilterra moderata e tollerante, della gentry di campagna e di coloro che credevano nel diritto divino, purtroppo avrebbero pagato la vittoria di Carlo II nella questione della successione a caro prezzo.

Giacomo era un personaggio assai bigotto e intollerante. Immediatamente dovette fare i conti con la rivolta del duca Monmouth, il figlio illegittimo di Carlo. Il 20 giugno 1685 il duca si proclamò re d’Inghilterra, ma venne successivamente sconfitto nella battaglia di Sedgemoor dall’esercito professionista che Giacomo II aveva reclutato e addestrato.

Ben presto Giacomo si diede a cercare un maggiore accentramento del potere reale, perciò revoco gran parte degli statuti e dei privilegi che Carlo aveva concesso alle province del regno, questa sua scelta probabilmente fu il più grave errore politico che potesse commettere infatti il potere e il successo di Carlo erano derivati in gran parte dal largo consenso che s’era creato presso la gentry delle province, inimicandosela Giacomo aveva segnato il primo passo della sua fine.

Ben presto Giacomo cominciò a favorire nelle cariche pubbliche e nelle nomine della chiesa anglicana i cattolici, nello stesso tempo il re cominciò a ricevere presso la sua corte inviati del papa. Ormai presso gli tutti gli strati dell’opinione pubblica inglese si andava definendo un profondo senso di ostilità nei confronti del sovrano cattolico.

Nel 1687 Giacomo promulgò l’atto di indulgenza con il quale venivano cancellate le restrizioni e le punizioni contro i cattolici e i protestanti moderati elaborate dal “test act”, immediatamente dopo sciolse il parlamento allo scopo di riformare l’assetto istituzionale del paese. Intanto moltissime cariche pubbliche e della chiesa inglese venivano assegnate a cattolici fedeli a Giacomo.

L’anno successivo il re obbligò il clero inglese a leggere nelle chiese l’atto di indulgenza, suscitando le proteste dell’arcivescovo di Canterbury e di altri alti prelati che vennero arrestati e processati come sovversivi, anche se vennero assolti il fatto del quale furono protagonisti rese evidente agli occhi dell’opinione pubblica che si era alle porte di una restaurazione cattolica.

Ormai nei parlamentari vigeva uno stato di rassegnazione e si era convinti che si sarebbe tornati alla normalità nel momento in cui Giacomo sarebbe morto e la figlia di Carlo II, la principessa Maria, sarebbe salita al trono. Questa ipotesi però venne messa improvvisamente da parte nel giugno 1688 quando il re ebbe un erede, si paventava così la minaccia di una successione cattolica al trono.

A questo punto divenne necessario agire contro il monarca e l’opposizione protestante decise di agire in tal senso. Il 30 Giugno 1688 un gruppo di parlamentari protestanti chiese a Guglielmo, governatore d’Olanda e marito di Maria figlia primogenita di Giacomo, di venire in Inghilterra con un’armata allo scopo di garantire i diritti dei protestanti del regno. Era la gloriosa rivoluzione.

Guglielmo tuttavia non voleva semplicemente limitarsi a ripristinare la legittimità protestante in Inghilterra, ma certamente era nelle sue intezioni spodestare il re d’Inghilterra per prenderne il posto.

L’Orange sbarco a Torbay il 5 novembre e da qui mosse su Londra, Giacomo II avrebbe potuto mobilitare l’esercito e probabilmente schiacciare il tentativo di Guglielmo ma fu vittima di un crollo psicologico che gli impedì di agire con decisione.

Catturato da Guglielmo, mentre cercava di fuggire in Francia, venne lasciato libero e si recò dal re Sole il quale gli fornì una residenza e una generosa pensione.

Legalmente parlando Guglielmo non poteva divenire sovrano senza l’approvazione del parlamento, il quale non era in seduta a causa della scelta di Giacomo di non convocarlo più dal 1687, venne deciso quindi di convocare una “convenzione parlamentare”, come era successo dopo la caduta della repubblica, che legittimasse l’olandese come sovrano d’Inghilterra.

Il 12 febbraio 1689 il parlamento dichiarò decaduto dalla carica di sovrano Giacomo II e proclamando regina la figlia Maria, contestualmente venne dichiarato che essa avrebbe esercitato il potere assieme al marito Guglielmo, la dinastia degli Orange ora era sul trono d’Inghilterra.

Immediatamente dopo il loro insediamento Gugliemo e Maria promulgarono su pressione del parlamento la Bill of Rights (dichiarazione dei diritti), con la quale accusavano Giacomo II di abuso di potere. Nella carta inoltre erano affermati alcuni dei nuovi principi costituzionali che avrebbero retto il sistema politico inglese: venivano ripristinati il “test act” e la convocazione regolare del parlamento, sempre all’interno del parlamento sarebbe stata garantita la libertà di parola e di opinione ai deputati, infine il re veniva privato del diritto di imporre arbitrariamente tasse e di mantenere un esercito stanziale senza l’approvazione del parlamento.

CONSIDERAZIONI

Esiste un paradosso di fondo nella rivoluzione inglese: le forze che oggi considereremmo progressiste erano all’epoca la parte reazionaria del paese. Gli Stuart, fatta eccezione per Giacomo II, erano sovrani aperti alla tolleranza religiosa e alla condivisione del potere, nessuno di loro fu un despota come Luigi XIV o Filippo II, tuttavia la loro liberalità fu la causa della loro fine per ben due volte. Ciò in larga parte era dovuto alla natura stessa della  politica nel XVII secolo, essa infatti si basava in larga parte su due concetti: l’unità religiosa di una nazione è fondamentale per la sua forza e il re deve essere rappresentazione di tale unità. L’Inghilterra delle rivoluzioni è stata il laboratorio delle idee politiche che tanto cambiarono l’Europa nei due secoli successivi, per la prima volta qui nacquero partiti e movimenti di massa (tories e whigs) intenzionati a influenzare direttamente la politica della nazione attraverso lo strumento più atto a farlo: il parlamento.

Le camere sono protagoniste dei fatti della rivoluzione esattamente quanto il re, il loro potere ne uscì notevolmente rafforzato e il loro successo condusse all’elaborazione della prima vera monarchia costituzionale europea. Il parlamento dopo le rivoluzioni inglesi divenne l’entità dominante della politica inglese gettando di fatto le basi dei sistemi di governo del mondo contemporaneo, i quali ancora oggi si basano sulla sua azione legislativa o ratificativi nei confronti del governo democratico, sia quest’ultimo monarchico, repubblicano o presidenziale.

Va detto infine che a vincere nelle rivoluzioni inglesi fu tutto sommato la parte più intransigente del protestantesimo anglosassone. I calvinisti radicali dei whigs erano gli stessi che avevano appoggiato il regime di Oliver Cromwell il quale era un calvinista convinto e radicale, va detto quindi che anche se il regime che uscì dalle rivoluzioni era il più “democratico” d’Europa, mantenne comunque i caratteri dell’intolleranza e dell’esclusione delle minoranze religiose tipici delle autocrazie continentali.

 

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