ILLUMINISMO E RIFORME

 

Il panorama culturale dell’Europa settecentesca fu dominato quasi totalmente, a partire dagli anni ’30 del secolo, da un movimento culturale che traeva dall’empirismo inglese le sue basi fondamentali. L’illuminismo predicava uno uso spregiudicato e libero della ragione, che diveniva lo strumento primario d’indagine e azione dell’uomo. La ragione diveniva il motore della conoscenza e solo l’uso razionale di essa conduceva l’uomo alla verità e alla sapienza.

La ricerca razionale e la ragione divennero le basi della riflessione dei filosofi del700, i quali ben presto iniziarono a criticare aspramente le due principali istituzioni del tempo: lo stato assolutista e la chiesa cattolica.

La visione del mondo illuminista infatti mal sopportava l’esistenza dei regimi assolutisti del tempo, che divennero infatti bersaglio della critica politica fatta dai grandi pensatori, mentre la religione per la prima volta divenne oggetto di approfondite analisi, destinate a criticarne la veridicità, che fecero dell’illuminismo un movimento essenzialmente laico, sebbene difficilmente gli illuministi fossero atei.

Anche la figura dell’intellettuale subì grandi cambiamenti, fino al XVIII secolo erano state le corti i principali centri di cultura del mondo, qui i sovrani/mecenati tenevano al servizio filosofi e pensatori. Nel corso del700 le figura dell’intellettuale uscì dalle corti, sempre più i pensatori divennero liberi professionisti interessati alla divulgazione delle idee, questo mentre i nuovi centri di cultura tornavano a essere le città che si popolavano di vetrine intellettuali, come le riviste o i cafè, attraverso i quali filosofi, pensatori o semplici amanti della cultura potevano entrare in contatto con i pensatori del tempo attraverso la loro diretta conoscenza o la lettura di scritti e opere di questi.

Centro di questa nuova cultura divenne ben presto la Francia, qui infatti il terreno era particolarmente fertile alla penetrazione di idee contrarie alla monarchia assoluta instaurata da Luigi XIV. Il regime assolutista aveva infatti coalizzato le forze intellettuali di varie forze sociali del paese (aristocratici dissidenti, borghesi, ugonotti e giansenisti), il miscelarsi di queste forze e gruppi sociali diversi intorno a ideali comuni permise l’emergere di figure intellettuali di altissimo spicco, che ebbero fra i loro principali interessi l’analisi e la critica della società francese.

Uno dei più importanti fra gli intellettuali politologi del tempo fu Charles de Secondat barone di Montesquieu, ben presto passo alla ribalta dell’opinione pubblica come l’autore di una serie di saggi (L’espirit del lois fu il principale) in cui metteva a nudo i tre sistemi politici del tempo (dispotismo, monarchia costituzionale e repubblica) sottolineando che i regimi autocratici come quello francese si reggevano prevalentemente sulla paura, di fatto si criticava lo stato francese e la figura dispotica del sovrano, sottolineando come gli stati più savi fossero dotati di parlamenti (detti corpi intermedi) allo scopo di moderare gli interessi del re e tutelare le classi sociali, risultato dell’opera di Montesquieu fu un esaltazione della monarchia costituzionale inglese.

Anche un altro grande dell’illuminismo cominciò la sua opera con al pubblicazione di un opera politica filo-britannica, si trattava di Francoise Marie Arouet detto Voltaire. Questi fu un intellettuale completo, infatti si occupò pressoché di ogni campo dello scibile umano (letteratura, storia, filosofia, politica, teatro…..) scagliandosi contro l’oscurantismo religioso del tempo e i privilegi dei nobili. Fu ospite di uno dei despoti “illuminati”, ovvero Federico II di Prussia, per poi recarsi a Ginevra dove continuò a impegnarsi in una battaglia intellettuale per la tolleranza e le riforme in tutti i paesi europei, pubblico qui il “dizionario filosofico” e il “Trattato sulla tolleranza”.

Oltre ai brillanti trattati individuali che molti filosofi francesi scrissero vi fu anche una creazione collettiva, che rappresentò il capolavoro dell’illuminismo d’oltralpe: l’enciclopedié.

L’enciclopedia doveva essere il compendio delle conoscenze umane raccolte in una sola opera, tutti gli intellettuali del tempo di un certo rilievo infatti parteciparono alla sua stesura, la quale una volta completata diede luogo all’opera di cultura universale per eccellenza; un’opera che ebbe un successo larghissimo tanto che venne ristampata in edizione economica in modo da poterla rendere disponibile per il grande pubblico. L’opera si sviluppava lungo un percorso teso a illustrare il pensiero dei grandi scienziati e filosofi dell’età moderna, attraverso ciò i redattori si prefiggevano lo scopo di divulgare il pensiero liberale e mettere fine all’oscurantismo che la chiesa portava avanti come rimasuglio della cultura medioevale.

Mentre i grandi intellettuali del tempo erano impegnati nella stesura dell’enciclopedia, che di li a breve verrà redatta in decine di città assumendo anche caratteri “nazionali”, emergeva in qualche maniera isolato dal panorama culturale del tempo Jean-Jacques Rosseau.

Rosseau si distingue dagli altri illuministi per la sua visione “pessimista” della società umana, secondo il filosofo questa regredisce e peggiora tanto più la civiltà va avanti e si evolve, più la condizione umana diventa infelice, secondo Rosseau. Fra le sue opere abbiamo anche trattati a sfondo pedagogico come l’Emilio, ma anche trattati di natura politica come Il contratto sociale nel quale egli affermava che la società andava ricostruita secondo un nuovo ordine politico, alla base del quale vi il completo annullamento dell’individualità, come premessa di un vero eugualitarismo esercitato attraverso la democrazia diretta (alla maniera dei classici).

Uno degli aspetti più innovativi dell’illuminismo fu la creazione di una apposita disciplina destinata allo studio dell’economia: nasceva infatti l’economia politica.

I primi a occuparsi di questa disciplina furono i fisiocratici francesi e lo scozzese Adam Smith, entrambi analizzarono per primi i metodi di produzione, elaborando poi le prime teorie economiche del mondo.

I fisiocratici il cui principale esponente era Quesnay affermavano che la ricchezza di una nazione stava nella sua produzione agricola, mentre l’industria e il commercio restavano settori complementari dell’economia, quindi per la prosperità di una nazione era fondamentale puntare alla libertà del commercio dei beni agricoli.

Le teorie dei fisiocrati vennero riviste e portate avanti superandole dai primi teorici dell’economia liberista, fra questi vi era Adam Smith, che scrisse il saggio “la ricchezza delle nazioni” nel quale affermava che solo lasciando alla libera azione i fattori economici questi possono condurre ad un economia efficiente, venivano così gettate le basi del liberismo economico del XIX secolo.

LA DIFFUSIONE E I CENTRI DELL’ILLUMINISMO

L’illuminismo come abbiamo già detto trasse la sua origine in Inghilterra, dal pensiero empirista dei filosofi come Lock. Ben presto tuttavia il suo centro propulsivo fu la Francia che divenne il veicolo attraverso il quale l’illuminismo dilagò in Europa.

In Germania il massimo esponente fu Immanuel Kant, che segna l’apogeo del pensiero illuminsta, il quale affermò che era grazie all’illuminismo che la mente umana poteva uscire dallo stato di minorità in cui si trovava da secoli.

Anche l’Italia divenne attivo centro della cultura illuminista, specialmente Napoli e Milano divennero i centri più attivi della nuova cultura che si diffondeva in tutta Europa. Napoli, grazie all’accorta guida del re Carlo III posto sul trono del regno nel 1734, visse un periodo di grandissimo fervore intellettuale, fra gli intellettuali del tempo ricordiamo infatti Giambattista Vico, storico e fautore di una visione ciclica della storia. Vi erano poi illustri giuristi come Pietro Giannone, il quale getto le basi del giurisdizionalismo, in pratica la critica all’intromissione ecclesiastica alla vita pubblica e la delegittimazione di essa. Fra le innovazioni più importanti della scuola illuminista napoletana vi era anche la prima cattedra di economia e commercio del mondo, a istituirla fu Antonio Genovesi. Infine altri importanti studiosi, furono Ferdinando Galliani con il suo trattato riguardo la circolazione monetaria e Gaetano Filangieri con i suoi studi giuridici.

Anche Milano divenne un centro culturale molto fervido durante il settecento, con notevoli energie raccolte intorno alla rivista “il caffè” che divenne la vetrina culturale della città, l’illuminismo milanese era direttamente collegato a quello austriaco sebbene ben presto gli illuministi milanesi divennero critici nei confronti del regime di Vienna quando il dispotismo illuminato di Maria Teresa e di Giuseppe II mostrò i suoi limiti. Principale intellettuale dell’illuminismo milanese fu Cesare Beccaria che con il suo “dei delitti e delle pene” gettò una delle basi fondamentali per l’abolizione della tortura e della pena di morte.

IL DISPOTISMO ILLUMINATO

L’illuminismo oltre ad un enorme influenza culturale ebbe anche una grande importanza nell’ambito politico dell’Europa settecentesca. I lumi con la loro predicazione della centralizzazione dello stato allo scopo di porre nella monarchia la funzione di “arbitro” della società si sposava perfettamente con le necessità dei grandi stati di mettere fine ai privilegi locali, l’illuminismo quindi si inseriva perfettamente nel processo di evoluzione dello stato che l’Europa andava portando avanti dal tardo ‘400.

L’Illuminismo quindi esercitò grandissima influenza nella politica del ‘700; la quale era volta in gran parte al rafforzamento del potere centrale, tramite l’uniformazione delle leggi nelle varie parti dello stato, attraverso l’abolizione dei privilegi della nobiltà e soprattutto, grazie alle correnti giurisdizionaliste, attraverso l’annullamento della struttura statale parallela composta dalla chiesa. Una delle prerogative dei sovrani illuministi fu infatti quella di abolire i privilegi della struttura della chiesa, in particolare ci si rivolse contro la struttura dei tribunali ecclesiastici che avevano fino ad allora conservato il privilegio di giudicare i crimini commessi dai membri del clero. Altresì conventi e altre strutture ecclesiastiche divennero oggetto di pesantissime critiche, visti infatti come membri “parassiti” della società in quanto improduttivi. A causa di questa nuova filosofia vennero presi alcuni provvedimenti antiecclesiastici, che inimicarono il consenso popolare ai ceti dirigenti, tra cui quello di chiudere gli ordini dei gesuiti, la compagnia del Gesù infatti divenne oggetto di un attacco violentissimo da parte delle istituzioni che in tutti gli stati del tempo agirono contro di essa. Nel 1759 il Portogallo espulse i gesuiti dal paese, seguito nei decenni successivi dalla Francia, dalla Spagna e dal Regno di Napoli, alla fine nel 1763 anche il pontefice Clemente XIV fu costretto a sciogliere la compagnia del Gesù.

Un altro campo in cui il dispotismo illuminato dei sovrani europei agì fu quello delle riforme amministrative, ben presto si assistette a un generale assestamento delle strutture amministrativi nella forma di ministeri e dipartimenti (forma che ancora oggi conservano), alla creazione di ministeri si aggiunse quella del catasto. Ciò era dovuto alle necessità finanziare delle corone, infatti la sempre maggiore richiesta di denaro dovuta alle guerre portò alla necessità di  controllare appositamente la proprietà fondiaria allo scopo di poter riscuotere al meglio le imposte, che furono tra l’altro indotte anche ai nobili per la prima volta nella storia.

L’AUSTRIA

L’impero Asburgico divenne nel corso del ‘700 uno degli stati che più si lanciarono in un programma di riforme e razionalizzazione delle istituzioni. Sotto il regno di Maria Teresa (1740-1780) si iniziò l’ampliamento della burocrazia imperiale destinata a rimpiazzare i vecchi privilegi feudali. La razionalizzazione portò all’istituzione un apparato costituito da dipartimenti coordinati da un consiglio di stato, tutta l’opera di accentramento venne fatta sotto la guida del primo ministro Von Kaunitz, la correttezza formale e l’efficienza divennero le basi dell’amministrazione austriaca, che le conserva tutt’oggi.

Assieme alla riforma dell’ordinamento statale si avviò una generale opera di modernizzazione dello stato, oltre all’istituzione del catasto venne resa obbligatoria per tutti l’istruzione scolastica primaria. L’opera di riassetto dello stato proseguì durante il regno di Giuseppe II (1765-1790) che sotto la spinta delle idee giurisdizionaliste diede inizio al profondo riassetto della chiesa cattolica nei territori dell’impero, vennero chiusi un gran numero di conventi e le scuole seminariali vennero sottratte al controllo della chiesa per essere poste sottoquelle dello stato, intanto si concedeva libertà di culto e si annullavano le discriminazioni nei confronti di protestanti ed ebrei, infine l’imperatore abolì l’accusa di stregoneria nei processi e promulgo un codice legislativo, il codice Giuseppino del 1788, che rappresentava il primo codice civile moderno del mondo, fra i vari provvedimenti contenuti in esso vi era l’istituzione del matrimonio civile.

Nel 1781 Giuseppe decise l’abolizione dei diritti di servitù in Austria e in Boemia, i servi della gleba vennero resi liberi di fatto concedendo loro libertà di contrarre matrimonio e lavoro. Tuttavia questo non fu possibile in Ungheria perché le aristocrazie locali giunsero alla rivolta aperta, così come accadde in Belgio e perciò le riforme di Giuseppe nel campo sociale si limitarono all’Austria e alla Boemia mentre il resto dell’impero continuò a versare in uno stato di semifeudalità, inoltre molti dei provvedimenti più liberali di Giuseppe furono ritirati dal fra letto Leopoldo II (1790-1792) per mettere fine allo stato di ribellione di alcune province che si erano rivoltate contro i provvedimenti centralistici fino ad allora presi.

LA PRUSSIA

Anche la neonata potenza prussiana durante il regno di Federico II (1740-1786) visse una stagione di grande fermento intellettuale. Il re infatti ben presto accolse presso la sua corte gli intellettuali illuministi, tra cui vi fu lo stesso Voltaire; Federico decise poi la fondazione dell’accademia delle scienze, mentre personalmente si interessava alla scrittura di opere politiche e storiche, oltre ai suoi famosi trattati di tattica militare, tuttavia l’azione intellettuale del sovrano non era rispecchiata dalla sua politica estera.

Federico II fu infatti il principale fautore dell’espansione prussiana nel XVIII secolo, nel 1740 strappò la Slesia a Maria Teresa, combattendo in seguito la guerra dei sette anni, riuscendo ad avere la meglio sui sovrani di Francia, Austria e Russia nonostante la sua palese inferiorità numerica.

Assieme alla politica di potenza e in maniera analoga alle altre grandi potenze, intraprese un’opera di riassetto dello stato prussiano introducendo, come era avvenuto in Austria, un codice di procedura civile e uno di procedura penale. Altro provvedimento fu l’istruzione elementare obbligatoria mentre lo stato si inseriva nell’economia con provvedimenti protezionistici e favorendo lo sviluppo delle manifatture. La Prussia si andò progressivamente configurando come uno stato militarista, in cui l’esercito e la burocrazia erano i pilastri fondamentali, retto da un’aristocrazia terriera che vedeva i suoi privilegi conservati in cambio della assoluta fedeltà al re, tramite l’inserimento nell’apparato burocratico e militare. Tuttavia le riforme non rafforzarono lo stato prussiano sul lungo termine, come dimostrato dal crollo dell’esercito e del paese dopo la battaglia di Jena (1806), solo dopo con l’opera di Scharnost e Gneisenau il paese e con esso l’esercito realizzeranno quella solidità che gli permetteranno di portare a compimento l’unità tedesca.

LA RUSSIA

Anche la più arretrata delle monarchie europee intraprese un percorso di riforma durante il regno della zarina Caterina (1762-1796). Dotata di grande carisma intellettuale raccolse nella sua corte molti dei principali filosofi del tempo, i quali gettarono le basi del programma riformatore dell’imperatrice.

Nel 1767 infatti decise di convocare una commissione di 573 membri allo scopo di redarre un nuovo codice legislativo per l’impero russo, tuttavia nonostante le premesse ispirate dall’opera di Cesare Beccaria la commissione si sciolse dopo aver concluso nulla.

La zarina tuttavia cercò di portare avanti l’opera di modernizzazione del paese, favorì la creazione di manifatture e la liberazione parziale dei contadini, tuttavia la servitù continuò a dominare la scena della ruralità russa. Inoltre per mettersi ben presto al sicuro dai tentativi contadini di ribellarsi al loro potere, gli aristocratici pretesero la scrittura di una carta della nobiltà che ne tutelava e ampliava i privilegi, conseguenza fu la grande rivolta contadina del 1793-1794 guidata dal cosacco Pugacev.

 

 

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