Il mondo attraverso il fondo di un bicchiere di birra

I due protagonisti di questa storia si chiamano entrambi Davide, quindi, per motivi di chiarezza, verranno indicati con due nomi fittizi: il primo Davide sarà Ettore, mentre l’altro, anche se potremmo benissimo lasciargli il proprio, sarà Le Primeur. Non chiedetemi perché.
Quest’ultimo stava aspettando a sedere sulla propria Vespa l’arrivo dell’amico, fumando una sigaretta. Ettore arrivò un po’ in ritardo, ma provvisto della ricetta giusta per farsi perdonare: un mezzo pacchetto di patatine, taglio ondulato, ai Sapori di Provenza, niente male come inizio.
I due si sedettero ad un tavolino del pub ancora quasi vuoto, e presero due pinte di birra scura, mentre Ettore chiese: "Le ragazze?"
Le Primeur scosse la testa, anche questa volta si trovavano loro due: la compagnia femminile era, di nuovo, inspiegabilmente, assente. E dire che si trattava di due bei ragazzi.
Iniziarono a parlare del più e del meno, raccontandosi gli ultimi particolari dell’estate appena trascorsa di cui non avevano ancora conversato. Il pub stava incominciando a riempirsi, contrariamente ai loro bicchieri, che erano ormai quasi vuoti. Dopo un paio di giri di birra decisero di fare una passeggiata all’aria aperta, se non che, sulla porta del locale, Le Primeur sfiorò con la propria camicia 100 percento acrilica, la sigaretta accesa di un avventore. Il risultato fu un bagliore caldo e accecante, e in un istante la camicia preferita del nostro eroe era ridotta in cenere. Brutto segno, per il proseguo della serata.
A quel punto vi erano già due segnali negativi, così decisero di catturare un piccione e scrutarne le interiora, per avere maggiori delucidazioni sul prossimo futuro. Così fecero, tra lo stupore dei passanti di Piazza Maggiore, novelli aruspici, esaminarono le frattaglie di un malcapitato pennuto. Per questioni di privacy non mi è permesso rivelare nulla dell’oracolo.
In ogni caso i nostri non si scoraggiarono, e si diressero verso un altro locale, uno aperto da poco in via Zamboni. Decisero di fare una passeggiata. Non fu una buona idea, dato che dovettero attraversare piazza Verdi, dove era in programma una serie di sacrifici umani, che coinvolgevano alcune studentesse vergini provenienti da Abruzzo, Molise e Basilicata. Ettore si chiese come fosse possibile trovare sempre nuove ragazze illibate per questo tipo di riti, poi le osservò da vicino e capì cosa aveva salvaguardato fino a quel momento la loro purezza. Ragazze così brutte erano destinate solo all’ara sacrificale.
Finalmente si sedettero di nuovo e ordinarono altre due birre mentre Le Primeur si accese un’altra sigaretta. Ettore stava osservando le cameriere del pub. Non si poteva dire fossero brutte, anzi, nel complesso apparivano carine, però c’era una caratteristica che le accomunava: avevano tutte un culo enorme. Gigantesco, immenso, non ho altre parole per descriverlo. Come era loro solito i due cercarono di quantificare tale grandezza, utilizzando il lato più largo del loro tavolino come unità di misura. Ettore disse: "Ti rendi conto che l’umanità è stata sempre schiava delle grandi dimensioni: la piramide di Cheope, il monte Rushmore, la Muraglia cinese… è un dato di fatto!"
Ma Le Primeur era distratto da una grossa falena che stava svolazzando tra i tavoli. "Hai visto quella specie di pipistrello nano? – disse – che schifo!"
L’animale comprese l’ostilità che gli era rivolta, e si gettò a capofitto nella birra appena sorseggiata. "Ha, ha, ha… – rise Ettore – adesso la bevi?"
Non ci fu tempo per la risposta, che dal bicchiere stava arrivando uno strano risucchio: la falena stava bevendo la birra, si scolò quasi una pinta di rossa, e riprese a svolazzare, barcollò fino alla finestra più vicina, e uscì emettendo quello che Ettore giurava fosse un rutto.
Presero ancora da bere, quando Ettore fece notare all’amico che stava seduto su una specie di cassapanca. "Si apre?" Gli chiese.
Le Primeur si alzò. Era proprio una cassapanca, vuota all’interno. "Dai, rannicchiati dentro, che io chiamo la cameriera."
Naturalmente obbedì, sembrava un’ottima idea.
Ettore cominciò a gridare: "Cameriera, cameriera! Dov’è il mio amico?"
Arrivò proprio quella con il culo più grande di tutte. Ettore era entusiasta, ma riuscì a mantenere un’espressione seria: "Dov’è il mio amico" Disse nuovamente.
"Non saprei – squittì la culona – è sicuro che non se ne sia andato?"
"Certo che sono sicuro – rispose al culmine della finta indignazione – mi avrebbe avvertito! Mi sono distratto solo un attimo ed è svanito! Non mi sembra una buona referenza per un locale che ha appena aperto…"
La ragazza cercava di dissimulare un evidente imbarazzo. "Cosa potremmo fare?"
Ettore disse che in questi casi l’unica speranza era legata al whisky. Avrebbe dovuto riempire un bicchiere fino all’orlo, lasciarlo sul tavolo e chiudere gli occhi. Così fece. Naturalmente il whisky se lo bevve tutto Ettore. "Sta funzionando: ancora!" La cameriera versò di nuovo. Al settimo bicchiere Ettore era soddisfatto, e Le Primeur uscì dal suo nascondiglio. La poveretta sospirò, sollevata, ma Le Primeur disse: "Mi sento ancora instabile…". Detto fatto, la ragazza lasciò l’intera bottiglia di Jack Daniels sul tavolo, felice che tutto si stava risolvendo per il meglio.
A quel punto era quasi ora di tornare a casa. Ettore si stava sdraiando sulla sedia che il suo peso aveva quasi rotto. Rischiò di sfracellarla e di cadere, ma l’ultimo barlume di lucidità gli venne in aiuto. Le Primeur, invece, si diresse nel bagno: la vescica era ormai al limite. Occupò l’unico orinatoio rimasto libero e si guardò intorno: alla sua sinistra c’erano Elvis Presley e Che Guevara. A destra Larry Bird (nella vecchia divisa verde dei Celtics) e Matt Dillon. Erano tutti più …virili di lui! La cosa lo depresse per qualche attimo, ma poi non si preoccupò più di tanto. Elvis stava canticchiando Love me tender e fu il primo a terminare le operazioni e uscì dal bagno seguito subito da Che Guevara. Nessuno dei due si era lavato le mani. Matt e Larry furono più educati e Le Primeur li invitò per l’ultimo brindisi. I due accettarono, così Ettore alzo il calice: "Alla pagina numero zero, del capitolo numero zero della mia tesi!" Le Primeur aggiunse: "Allora anche ai zero curriculum che ho spedito, ai zero colloqui di lavoro e ai zero concorsi che ho fatto!"
Cin cin, aggiunsero gli altri.
Questo dovrebbe spiegarvi perché non bisogna mai guardare il mondo attraverso il fondo di un bicchiere dove sono rimasti gli ultimi sorsi di birra. Se prendete un bicchiere e lo usate come un piccolo cannocchiale per scrutare il mondo filtrato dal liquido ambrato che c’è nel suo interno, beh,… riuscireste soltanto a versarvelo sui pantaloni.