Canzone di primavera

 

1

E quasi ha ceduto stamane l’uomo il mendico

che coltiva il giardino del mondo i campi

quando ha udito il vento correre in cielo

il vento tra gli alberi correre correre.

Tiepido era, dolce quasi, un velo morbido

una fascia alle sue ferite. E correva

per la pianura pei campi.

Di là dove nella linea dei boschi

l’orizzonte si frange, più oltre,

da un paese di speranza giungeva il vento

e via si perdeva all’altro orizzonte

dove riluce il fiume.

Da un orizzonte all’altro il vento gemeva

dolce nel cielo il gemito il canto

il fischio dello zufolo il canto

e la musica tenue del bosco.

Sfiorava le cose penetrava le morte cose

i muri freddi i muri neri d’umido

l’uomo che rigido attende e scruta

dall’alto del poggio e trasalisce.

Non può essere. Ma il vento

fasciava di dolcezza gli alberi.

Rabbrividivan le dure le morte cose

di paura le canne secche tremavano

gemevano. «O morte sarò la tua morte»

 

2

E pel sentiero danzava l’uomo

danzava il mendico nel mattino danzava

verso l’aperto i campi

leggero nel vento

le sue ferite il peso,

del passato triste la pena.

Leggera l’anima

l’abito, il piede

danzava danzava

già sazio quasi

di speranza di danza

di volontà d’amore

l’uomo l’agile

intreccio dei piedi

nudo il piede il braccio

il ritmo leggero

il tenue disegno

di vita in danza

in dispari armonia.

Lungo il sentiero

danzava il vento

il pietoso amico.

Si perdeva la danza

lontano

 

3

Nella pianura le foglie dei pioppi

tremolavano tenere. Era alto il sole

e le foglie dei pioppi tremolavano

di stupore nel mondo. Bianco il sole

e di luce tremavano le cose

e attonito il mondo sui pioppi e i prati verdi

sui campi   di grano, di stupore immobile

vicino a piangere. La luce bianco e smeraldo

e di stupore immobili i pioppi e i campi di grano,

le cose, mentre di tenerezza gemeva

di verginità gemeva in silenzio il mondo.

E la corona dei pioppi lontano

la rossa capigliatura di fuoco

il bosco lontano dei pioppi ardeva

di amore un fuoco ardente nei rossi capelli

di ardore piangeva il bosco il mondo

di stupore tremava in silenzio

di ricordo si struggeva di pianto

 

4

E udiva le ragazze parlare

nel cortile le risa, il grido

delle rondini che irrompono, il volo

dei rondoni l’irrompere a stormo

nel cortile, le rondini, il grido.

Le accarezzava il sole sui capelli

sui lunghi capelli sciolti il sole

la sua carezza, il vento, passava

sui capelli il profumo del vento

il soffio lieve di profumi, la musica lieve,

nel meriggio l’alito più lieve del vento

carezzava i capelli. E splendevan nel sole

in nero e viola in cupo ardente splendore

in nero e viola nel cortile di sole.

E il grido s’alzava delle rondini, il volo,

dei fiori viola il profumo, delle rondini

il canto nell’ora in cui di sole

splendevano, di carezze nel meriggio

 

5

E verso l’ora nona il figlio

chiamava il padre a gran voce

piangeva in pianto desolato chiamava

in disperazione e pianto a gran voce

chiamava verso l’alto «padre

o padre, o babbo babbo».In ginocchio

di pena e pianto scosso, di orrore

chiamava

                         Alto il fiume

il rilucente incanto del fiume,

il disegno dei gorghi incantevole,

alto scorreva l’incanto lucente il fiume.

E già lontana la ragazza in sonno

sul letto lucente abbandonata portata

sul letto alto giaceva distesa ardente

di freddo fuoco fredda ardente passione,

di morte fredda voluttà.

E ancora i capelli splendevano

in nero e viola in cupo colore in bagliore

livido d’acque nel cielo cupo

nel cielo velato d’ombra velati

gli occhi del cielo

                              Verso l’ora nona

si contorceva al suolo nudo il figlio

livida immagine, di livide piaghe

sparso sfigurato, di orrore

di colpa di piaghe di colpa

e la madre gli occhi si copriva

sfigurati velati d’ombra cenere

gli occhi del cielo velati, oscuro

il cielo nel bosco i pioppi

tremanti d’ansia di freddo

 

6

Ora ogni cosa tace il turbine e il tuono

ogni voce di collera ogni cosa tremenda

e mansueta tace, ogni voce. È calma

silenzio. È silenzio.

La madre nascosta piange, l’occhio arido sperduto.

In silenzio sperdute in pianto silenzioso

le sorelle stanno, la madre

sperduti gli occhi, velati, le sorelle

fiori aridi, o fanciulle o donna

o figlie di Gerusalemme. È silenzio.

 

Prima di sera l’allodola s’alza

prima che il sole si perda – è puro il sole –

prima che un brivido freddo passi per l’aria.

L’ora è pura e l’allodola s’alza

sbatte l’ali in gioia vibra l’ali freme

in gioia il piccolo cuore e s’alza in fremiti

di gioia, grande troppo, rapita

portata. L’aria è pura, è mattino

un altro mattino e freme di canto

s’inebria, di canto ebbra, di speranza

e nel mattino puro s’innalza invincibile

segno, di speranza volontà più forte.

Quasi immobile in cielo, il segno,

il canto, s’inebria, il volo,

nel cielo puro, più forte, il cuore più grande,

di canto s’inebria nel mattino