dal vero, per Iunia
1
In quel giorno di pioggia lo straniero errava triste
in quel pomeriggio di pioggia il settembre
pioggia noia settembre solitudine
d’ombrelli per le strade nel parco
volti calati negli ombrelli nei cappotti
In quella settimana di pioggia si consumava triste
di noia solitudine, di pioggia, tristezza
di pioggia, disperazione nella città in quella
settimana di pioggia disperazione sempre
o almeno immergersi nelle strade piene di gente
quel fiume di gente va sempre, viene
In quella settimana di pioggia lo straniero
cercava un indirizzo lungo la strada
un nome sconosciuto una noia di nomi
sconosciuti
La figura che aprì la porta nell’ombra
del vano dritta, il volto, gli occhi in luce
bianca e lampo di luce i denti bianchissimi
raccolti i capelli dietro occhi sorriso
capelli raccolti dietro ombra luce
di capelli bionda sole di capelli
velato nell’aria umida d’occhi luce
nel vano
nei pantaloni il corpo snello i piedi
sottili il corpo sottile agile, il serpente
morbido di movenze riflessi luce metallica
bionda nell’aria umida
Morbida l’aria riluce nel vano nel pomeriggio
nel cielo del pomeriggio tardo, luce velata
tenue di capelli occhi, nell’aria le spire
morbide, le catene, anelli d’aria
insensibili fasciano avvincono il pomeriggio
In viola i pantaloni aderivano al corpo,
la camicetta aperta, segnavano la figura
dipinta in viola nell’aria umida,
indelebile, nel pomeriggio di pioggia
la figura di pioggia e luce velata
che aperse la porta sul giardino dell’autunno
2
La mano che s’offerse al saluto strinse appena
inerte, vibrò appena, mano lunga sottile
molle di pioggia, umida nell’aria del giardino,
mano dalle dita lunghe sottili, bionda
peluria dorata vibra appena sul dorso
un poco inerte nella sua forma perfetta
quasi
indolente di bellezza consapevole
illusa alquanto di una bellezza un disegno
un privilegio di matura
fatta per l’occhio
la gioia dell’occhio il desiderio, l’errore
di forma dell’occhio, la carezza dell’occhio
sul profilo la forma il colore biondo
dorato, il profilo delle dita sottili
in cui s’intaglia l’unghia
La mano stringe appena vibra appena, molle
un poco, inerte, indolenza altera distacco
di una bellezza indolente consapevole
3
Il giardino era un lago verde una presenza
chiara calma, netti i contorni, nei vapori
del pomeriggio umido nell’aria bianca
di vapori il verde tenero chiaro del lago
splendeva chiaro calmo, il tappeto d’acqua
verde su cui gli occhi si posano calmi
stupiti, riposano di stupore pigri
Le membra
distese sul lago verde nei pomeriggi di sole
pigre distese, il sonno va viene, l’aria
è tiepida, calda l’erba
e saziarsi di quel pigro
sonno e pesante corporea inerzia peso
del corpo piacevole, affonda nell’erba nel sonno
senza durata
Distesa sul lenzuolo verde
con la sua fame di sole l’insaziabile
fame d’aria e sole il suo ingenuo
godimento selvatico
sul prato aspro l’odore
dell’erba, del corpo, l’odore aspro selvatico
dell’istinto
Sottile il corpo plasmato
dall’aria, disegnato da un pennello d’aria
biondo nell’aria splende appena, nel sole
del pomeriggio la peluria dorata traspare
vibra appena d’aria, di altera caparbia
indolente bellezza consapevole, nelle membra
la noncuranza, la curva dell’omero liscia
il disegno del braccio del fianco
Di sera
si raccoglie il giardino nell’ombra nel colore
denso, calore profumo denso aspro, tepore
raccolto dal giorno, celato nell’erba tra le foglie,
il tappeto è folto morbido sotto il piede
calzato, tiepido al piede nudo, tra gli alberi
caldo il riso risuona, la voce
4
La casa era chiusa in penombra, la luce filtrava
rada dalla caligine di quel giorno
dalle finestre che grandi s’aprivano sul giardino,
nella penombra le cose avevano il colore fulvo
della caligine, l’oro sporco il fulvo sporco
di quell’ora
Seduta sul divano, l’aureola
dei capelli bionda, del volto del corpo,
l’avvolgeva bianca l’aureola del riso a tratti,
il lampo degli occhi bianco, dei denti
bianchissimi
Sul divano seduta le gambe
accavallate il disegno fine obliquo
delle gambe le ginocchia lisce le caviglie
il riflesso tenue dorato della peluria
inerte vibra appena
Nella penombra
desolata di quell’ora la figura in luce
tenue dipinta sul divano luce bionda
sorriso biondo bianco, capelli, speranza
di capelli e sorriso e nome di donna
parlava di cose semplici cose senza
valore apparente parola calda calore
di parola e presenza
5
Fu forse l’incanto ovvio dei capelli e gli occhi
appena striati di grigio, dolci però
piuttosto, la piega del sorriso aperta
la voce calda maschile un poco, l’eleganza
della figura del gesto, la simpatia che
subitanea prende in un pomeriggio un poco
oppresso e sconfinata un’ammirazione
Fu quell’uno in cui si raccoglie l’intero
l’essere e aveva quel nome
6
I capelli raccolti dietro la nuca,
fermati, scendono appena sull’intacco del dorso
un biondo caldo chiaro appena, chiara
luce estiva luce del nord la più limpida
dei giorni estivi la più chiara calda
dei giorni dopo la pioggia quando il sole riappare
rifulge nell’aria limpida, nelle pianure
dell’est, sterminate pianure, di luce paurosi spazi
sterminata potenza di luce imbionda i capelli
nelle pianure dell’est
raccolto sole biondo
nei capelli, limpido sole estivo limpidi
fili di sole seta matassa di seta sole
bionda lucida calda
impalpabile il filo
sotto le dita si sente si sgrana
morbida dei fili la matassa di seta s’avvolge
nella mano, carezza di seta per la mano
la guancia, carezza lieve d’aria, calore freschezza
nel tessuto che sotto le dita s’intesse scivola
sotto le dita sfugge
raccolti
fermati dietro, il tratto modesto di fine
misura, cornice ovale che cinge illumina
il volto il collo, illumina la penombra
della stanza la sera, la luce tenue dei capelli
illumina la sera l’ombra
7
Gli occhi grandi chiari s’aprono di speranza colmi,
fiducia nel tempo un cielo di speranza
striato appena di strisce gelide cristalli
di gelo negli occhi, nel cielo limpido
del nord l’azzurro è chiaro, bianco quasi
luce gelida nel cielo degli occhi estivo
cielo grande dell’est spazi sterminati pianure
foreste, il segreto dell’est negli occhi,
nei cristalli di ghiaccio verdi le foreste
sterminate paurose, le pianure, il ricordo
dell’infanzia la stirpe la storia oscura
dei popoli, il selvaggio vagare per le pianure
dove i cavalli liberi paurosi corrono
le foreste folte paurose
Chiari però gli occhi
dove il grigio delle striature il freddo
gelido ardore si placa nel cielo
estivo, riluce nella mandorla bianca,
guardano grandi chiari lontano guardano calmi,
carezza d’occhi mani d’occhi carezzevoli
sul volto le cose
8
Negli occhi nelle striature grige nel gelo
dei cristalli grigi la trama di una freddezza
affiora a tratti, un profondo sotterraneo
lago d’indifferenza, lago oscuro gelido
in cui si specchia l’aureola dei capelli
l’ovale del volto la bellezza di Narciso
O forse solo uno strato sottile fragile
di gelo in cui s’incrosta s’incapsula
l’anima, si ripara, nella casa di ghiaccio
si rinchiude, nel suo gelo si riscalda
Forse paura che l’amore la sorprenda
ancora, lo strazio di un amore inutile
rinnegato ogni giorno dal libertino la noia
l’inganno del maschio avido di conquiste,
mentre ha deciso ha scelto la solitudine
notturna il letto è largo comodo la notte
insonne assillata dal pensiero
9
Nel corpo eretto nel gesto di una misura
sapiente spontanea nella misura del gesto
del passo, nel disegno di una movenza perfetta
quasi un profilo di donna conchiuso rinchiuso
nella linea continua nitida si stacca
si staglia sul grigio del muro sul verde
della siepe, la statua d’alabastro biondo
bellezza d’alabastro scolpita nel giardino
Nel corpo eretto nella misura del gesto nulla
di rigido, nelle linee del disegno morbide,
luce bionda morbida nel disegno nel ritmo
di un corpo di donna, un’anima
l’invito
si frange in un suono roco solitario
una musica nel giardino, un corpo una solitudine
di donna canta nel giardino, una bellezza
consapevole solitaria tormenta il giardino,
tormento di una bellezza altera perfetta
quasi, morbido freddo alabastro vivo,
l’oggetto della contemplazione del gusto
d’esteta dove la mano paralitica
inaridisce il desiderio si spegne
10
La bocca si disegna nitida, la linea delle labbra
arcuata appena, linea pura nitida
di labbra sottili labbra esangui un poco,
colore tenue di labbra nel biondo del volto
dei capelli
Di adolescente ignara quasi,
inesperta nel giro della parola ozioso
nel gioco amoroso impotente che divora
fantasmi divora demente insaziabile
l’anima, né bastano le notti i giorni
la vita intera consumata nello squallore
del letto
S’è ritratta ricomposta nel profilo
nitido che le si addice, nitida presenza
di bellezza nel giardino nel bosco dove l’uomo
erra smarrito, fuoco tenue di labbra, disegno
puro di labbra nel volto
11
Nei denti nel bagliore bianco nel lampo
discreto forte dei denti il sorriso s’apre
schietto largo, nel bianco che cerchia l’iride
l’occhio sorride schietto, una punta appena
di malizia nell’angolo, un invito taciuto
negato nel lampo bianco degli occhi, nella voce,
un invito nascosto un gioco di proposte
ingenuo crudele per l’ingenua
credulità del maschio la sua presunzione
di seduttore, all’angolo dell’occhio della bocca
il lampo il cenno scompare
Nei denti una forza,
nel giro compatto nel metallo dello smalto
nel morso che incide il sigillo bianco sulla mela
dell’Eden il segno di una forza compatta
un male certo nascosto una ferocia che si cela
attende il momento
12
Le vie del quartiere sono sentieri di bosco
sinuosi, segnati tra gli alberi e il profilo
severo delle case, profilo sinuoso allegro
dei vecchi angoli cortili minuscole
vecchie case allegre di luce nella notte
tiepida di settembre
odore di bosco
i sentieri salgono scendono, il bosco è tiepido
caldo, il vagare senza tempo, chiara calda
la notte
Il suo passo è leggero i piedi sottili
nudi sull’erba, l’occhio ha un bagliore bianco un riso
schietto caldo una fame selvaggia infantile
di bosco notte vagare senza tempo e i piedi
che di rugiada si bagnano, odorano di rugiada
d’erba di un odore che ritorna
dal passato
Il suo passo
leggero di sempre le scarpe leggere sottili
sui piedi nudi l’odore dell’erba aspro forte,
profumo d’erba nel corpo sottile leggero
nel verde degli occhi nella paglia dei capelli
aspra
l’anima sperduta nel bosco vaga
ogni notte senza tempo, la sospinge l’istinto
del bosco, il bisogno
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La città è un bosco smisurato disteso
sulle colline basse levigate dalla preistoria,
il fiume immobile, le case livide nere
di smog e tempo, case rosse cupe di solitudine
nere di solitudine costruite da cupi uomini solitari,
sulle colline nel bosco i sentieri su giù corrono,
le case per rinchiudersi proteggersi dall’umido
del clima la pioggia
hanno un tepore dentro
un cupo calore di solitudine
una luce di allegria triste
Le strade senza fine si perdono di quartiere
in quartiere, distanza senza fine, propizia al vagare
notturno senza fine insieme in solitudine,
le case s'intravedono nella luce gialla irreale
dei lampioni, il cielo carico di riflessi sporchi
nella notte di settembre tiepida il cielo rosso
livido di vergogna città, irreale la vita
il vagare insieme da una strada all’altra un giardino
l’altro
la presenza della figura sottile
leggera accanto svanisce, l’anima, il passo
agile svelto, raccolta nello scialle a frange
la figura si perde, la voce nell’alone umido,
nella caligine la mano
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Per la città la foresta dagli alberi di pietra
livida, la desolazione di pietra, sulle colline
i quartieri le strade della desolazione cammina sola
la figura, la donna che il pensiero
insegue
raccolta nello scialle a frange
ruvido, nella solitudine dello scialle l’assillo
del pensiero, il passo agile svelto, l’eleganza
svelta del passo, il sorriso nell’angolo bianco
dell’occhio il lampo il richiamo si perde
nella notte umida, nella caligine il riso caldo
umido della donna che insegue il pensiero
struggente, il verme del passato, il labirinto
delle strade uguali tutte, livide di pensieri
struggenti stravolti, nelle strade uguali
del labirinto cammina la notte di settembre
umida, di ottobre, la notte del quotidiano
smarrimento
la notte
dopo che la caligine
è scesa, il mantello ruvido, la bruma
la pioggia brumosa di ogni notte riprende
il passo leggero svelto troppo, l’ansia notturna
l’orrore della solitudine della notte
solitaria, nel labirinto s’aggira corre
nelle strade uguali i giardini uguali
del labirinto, nei meandri il capogiro lucido
la vertigine, il desiderio struggente stravolto
nel labirinto corre sperduto, corre senza sosta