MOVIMENTO PER LA SOCIETÀ DI GIUSTIZIA E PER LA SPERANZA

Lecce

 

 

DOCUMENTI  E INTERVENTI 2006

 

                                                                                                         CONTRIBUTI AI PROGRAMMI DELL'UNIONE

                                                                                                  

 

Indice

La nuova RAI dev’essere veramente autonoma, 10/12/06

Il Patto civile di solidarietà non danneggia la famiglia, 10/12/06

Basta con le politiche repressive sull’immigrazione, 27/11/06

Installare turbine eoliche che si armonizzino col paesaggio, 21/11/06

Le tasse, la coscienza cristiana, la Chiesa italiana, 20/11/06

Una legge elettorale equa, 15/11/05

Una legge meschina e ingiusta, 23/10/06

Ancora per una legge equa sull’immigrazione, 16/10/06

Gli errori del Governo e la sfiducia dell’elettorato, 16/10/06

Una legge equa per l’immigrazione, 2/10/06

Lo sfruttamento e asservimento degl’immigrati deve cessare, 28/09/06

Via la prostituzione dalle strade, 25/09/06

I grandi servizi pubblici non devono essere privatizzati, 18/09/06

Una politica di ticket sanitari è necessaria, 6/09/06

Una politica europea di pacificazione, 4/09/06

Basta col rifiuto degl’immigrati, 2/08/06

Risolvere il problema omosessuale, 21/05/06

Revocare la concessione ad Autostrade per l’Italia, 19/06/06

I pregiudizi etici sull’embrione, 5/06/06

Urge riformare la RAI,                                                                                

Basta con la parata militare, vogliamo una parata civile, 22/05/06

La polizia urbana non dev'essere armata, 3/04/06

Le forze di polizia devono rispettare la persona umana, 13/03/06

Il Partito Democratico non sembra opportuno, 13/02/06

                                                                                                                       

                              

                             (Al Ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, al Governo di Romano Prodi, e a Giulio Santagata, ai membri del Parlamento)

La nuova RAI dev’essere veramente autonoma

 

Il Movimento ha seriamente riflettuto sulle proposte del Ministro per il nuovo assetto del servizio radiotelevisivo nazionale e, richiamandosi al progetto già presentato in precedenza, avanza le osservazioni seguenti:

1. Il servizio dev’essere veramente autonomo rispetto al potere politico, al legislativo come all’esecutivo. L’idea che sia retto da una fondazione è giusta; ma sono inaccettabili le altre ipotesi avanzate dal Ministro: che i suoi membri siano nominati dal Parlamento o, peggio ancora, dai presidenti delle Camere.

La Fondazione deve funzionare in modo analogo alla magistratura, in quanto esprime il quarto potere dello stato, il potere mediatico. I suoi membri devono essere eletti all’interno del servizio radiotelevisivo stesso; così come i membri del Consiglio superiore della magistratura.

Il servizio, però, dev’essere purificato dall’attuale inquinamento partitico, davvero vergognoso.

2. Come grande servizio nazionale, informativo e soprattutto formativo, espressivo del delicatissimo potere mediatico, il servizio dev’essere totalmente gratuito; in modo analogo alla scuola dell’obbligo, e totalmente libero da pubblicità; non deve subire nessuna contaminazione commerciale. Anche perché solo con la gratuità potrà validamente concorrere coi servizi privati; e solo con l’assenza di pubblicità potrà distinguersene e anche batterli.  

3. La pubblicità radiotelevisiva dev’essere regolata secondo principi di equità.

La proposta del Ministro, che un’emittente possa averne fino al 45% è squilibrata e ingiusta; è perciò inaccettabile. Già la legge Meccanico, pur viziata, prevedeva un tetto del 30%. Noi pensiamo che questo tetto debba essere portato al 20%; e che debbano essere demoliti i potentati televisivi privati che tanto danno possono portare, e hanno di fatto portato alla nazione col berlusconismo, per il forte influsso che esercitano.

Col 45% il Ministro rafforza quei potentati, e commette ingiustizia nei riguardi delle altre emittenti come della stampa.

Lecce, il 10 dicembre 2006

 

 

                                             (Al Romano Pontefice Benedetto XVI, al Presidente della Conferenza Episcopale Card. Camillo Ruini, ai vescovi e ai fedeli della Chiesa italiana)

Il Patto civile di solidarietà non danneggia la famiglia

 

Stupisce davvero che tanta e continua opposizione la Chiesa italiana abbia fatto al Patto di solidarietà; soprattutto in questi giorni, in cui il Governo italiano ha espresso la decisione di vararlo.

 Questo stupore è stato manifestato da molti, per le seguenti ragioni:

1. Il Patto è un atto dovuto, una misura di giustizia per questi cittadini che convivono, con tutto ciò che alla convivenza consegue; e hanno diritto alla provvidenza dello stato per tutto ciò che la convivenza comporta, tanto quanto gli altri cittadini.

2. Il Patto è anche un atto di amore fraterno, un aiuto a questi fratelli nel loro bisogno; e la Chiesa, se segue il vangelo e la sua legge suprema di amore, dovrebbe favorirlo.

3. Anche se ritiene che la coppia di fatto come la coppia omosessuale comportino trasgressione e peccato, la Chiesa ha un dovere di tolleranza e comprensione per chi pensa ed agisce in modo da lei difforme; così come ha un dovere di rispetto dell’autonomia dello stato e delle ragioni che stanno alla base di una legge.

4. In realtà il Patto è anche socialmente benefico in quanto contribuisce alla stabilità della coppia, sia eterosessuale che omosessuale; e di questo la Chiesa dovrebbe rallegrarsi.

5. L’obiezione tanto ripetuta che il Patto danneggia la famiglia è falsa. Semmai sancisce una forma analoga alla famiglia, che alla stabilità della famiglia s’ispira, la famiglia restando il modello; e quindi la conferma nella sua esemplarità e nel suo valore.

6. Invece la Chiesa deve chiedersi seriamente perché il trend della coppia di fatto si sia tanto espanso, e tuttora si espanda (nel Nordeuropa e negli USA oltre il 50% delle unioni; nel Centro   intorno al 40%; ma anche nel Sudeuropa, anche in Italia è in crescita). Probabilmente una riflessione e un’azione seria debbono essere condotte per affrontare questo trend; a poco servono gl’interventi impositivi e repressivi.

 

Il Movimento chiede alla Chiesa italiana un comportamento di rispetto per l’autonomia dello stato, di rispetto per la libertà di coscienza, di comprensione fraternamente amorosa per i comportamenti difformi; chiede in particolare che in Italia abbia fine la persecuzione degli omosessuali, in cui la teologia più avanzata riconosce una forma connaturata altra, non una forma trasgressiva.

Lecce, il 10 dicembre 2006

 

 

                                 (Al Commissario europeo Franco Frattini, al Ministro Paolo Ferrero, al Presidente Romano Prodi e al suo Governo, al Ministro Giulio Santagata)

Basta con le politiche repressive sull’immigrazione

 

Il Movimento è già intervenuto sul Commissario Frattini come sul Ministro Ferrero, richiamandosi ai grandi principi della tradizione europea che devono presiedere alle politiche sull’immigrazione, e cioè il “principio fraterno” e il principio che “la terra è di tutti”; dai quali scaturisce il supremo “principio dell’accoglienza”.

Ora l’azione di coordinamento delle politiche europee che Frattini sta conducendo è pregevole  laddove egli parla di partenariato economico con l’Africa, cioè di un’azione di sostegno ad iniziative economiche in loco, che rispondano al bisogno delle popolazioni e frenino così l’emigrazione, la quale costituisce per quei paesi una continua perdita di forza-lavoro; oltre ai sacrifici che impone agl’individui e alle famiglie.  

Il Movimento insiste su di una proposta già fatta in passato, e cioè che sia creato un Istituto europeo di ricerca e d’intervento in tal senso.

Richiama invece  Frattini affinché abbiano fine le politiche repressive, e cioè:

i controlli nelle aree di partenza;

il pattugliamento dei mari;

le quote, specie se rigide.

La nuova linea affacciata dal Ministro Ferrero, cioè che possa entrare in Italia anche chi non ha già un lavoro ma lo cerca, apre la via all’accoglienza. Pur restando in atto le forme che mirano a garantire l’immigrato al suo ingresso, e cioè il reclutamento in loco, le liste presso i consolati, la sponsorizzazione, egli dev’essere comunque accolto e avviato in centri di accoglienza, che lo assistono nella ricerca del lavoro, provvedono al permesso di soggiorno e alle garanzie di sicurezza sociale, e ne curano quindi il collocamento.

Non può invece essere accettata la richiesta di una dote di 2000 euro che il Ministro propone, e che infierirebbe ulteriormente su persone che già giungono a noi in condizioni precarie, spesso dopo aver dato fondo ai loro averi per compiere il viaggio.

 Il Movimento richiama al Presidente Prodi il dovere di rendere effettivo il principio di accoglienza, secondo idee e progetti già presentati in passato e che egli ha condiviso.

 Lecce, il 27 novembre 2006

 

 

                                            (Al Ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, ai Presidenti delle Regioni)

Installare turbine eoliche che si armonizzino col paesaggio

 

Negli scorsi mesi si è discusso sul problema delle turbine eoliche, sulla difficoltà di collocarle nel paesaggio senza che ne intaccassero l’armonia e la bellezza. E per questo motivo ci sono state perplessità e rifiuti.

Una soluzione ci viene ora dall’Olanda, da un concorso indetto dal Ministero olandese dell’Ambiente proprio in ordine a superare tale difficoltà. Concorso che ha portato un gruppo di architetti a progettare turbine in forme che s’immettono nella natura e vi si armonizzano; forme d’albero coi suoi rami, di palma, di grappolo. Forme di singolare suggestione.

Che in parte si possono vedere sul sito internet www.nlarchitects.nl.  

 Un’altra soluzione era stata avviata dalla Germania, installando in luogo adatto una sola turbina di grande potenza; ma la proposta olandese sembra trasformi la turbina in un oggetto d’arte, in un umano apporto di bellezza alla natura stessa.

Il Movimento si preoccupa che lo sfruttamento dell’energia eolica, come di ogni altra forma di energia dolce, pulita, proceda speditamente nel nostro paese; rallentando così l’inquinamento atmosferico purtroppo già molto avanzato, foriero di dissesti, se non di catastrofi; e sollecita il Ministro come i Presidenti di Regione ad un forte impegno in tal senso.

Lecce, il 21 novembre 2006

 

 

                                         (Al Presidente della Conferenza episcopale italiana Card. Camillo Ruini , ai vescovi membri della Conferenza, ai fedeli della Chiesa italiana)

Le tasse, la coscienza cristiana, la Chiesa italiana

 

Il vescovo Bruno Forte, per la prima volta forse, è intervenuto su questo punto: sulla necessità che la coscienza cristiana sia illuminata sul significato che ha il pagamento dell’imposta, e sul dovere che ne consegue.

Su questo punto abbiamo il forte passaggio del Vaticano II: «Non pochi non si vergognano di evadere, con vari sotterfugi e frodi, le giuste imposte o le altre cose che debbono alla società» (Gaudium et spes, 30); passaggio che suppone un comportamento diffuso, e quindi un punto debole della coscienza cristiana nel nostro paese. Si sa che l’Italia, paese di stragrande maggioranza cattolica e sede del centro della cattolicità, è anche paese fortemente corrotto, dove ben quattro regioni sono infiltrate se non dominate dalla mafia; dove l’evasione delle imposte è molto alta, come i pronunciamenti del governo e la sua volontà di lotta hanno messo in risalto proprio in queste settimane di discussione sulla legge finanziaria.

Anche la Chiesa ha accettato un’esenzione d’imposte su attività profittuali che non le era dovuta, e che mirava solo ad ottenerne l’appoggio elettorale.

Si tratta, per coloro che credono in particolare, di capire che le imposte costituiscono un contributo dei membri di una società all’essere e benessere di quella società stessa, delle funzioni  e servizi che essa adempie e di cui tutti godono. Si tratta perciò di un compito di giustizia e insieme di amore fraterno; che il credente deve assumere con volontà di giustizia e di amore, volontà buona, volontà gioiosa.

Sapendo anche che, se non lo adempie, compie l’equivalente di un furto in quanto sottrae la sua parte, il pagamento di ciò ch’è dovuto; e anche costringe i suoi fratelli a pagarlo in vece sua, e quindi a caricarsi di un peso maggiore. Sapendo quindi che la trasgressione di questo stretto dovere contrasta con la giustizia e con la carità, e costituisce colpa, peccato.

Ma forse è più opportuno insistere sulla forza del dovere e su quella, più soave e penetrante, dell’amore fraterno, che non sul timore del peccato.

 

Il Movimento pensa che la Chiesa italiana dovrebbe promuovere una campagna per la maturazione di questa coscienza di giustizia e di amore fraterno; una campagna per la consapevolezza di un vincolo che astringe insuperabilmente la volontà, ma insieme di un vincolo amoroso; per un comportamento leale e onesto verso quello stato che siamo tutti noi. Una campagna per il pagamento puntuale, generoso e gioioso delle tasse. Nello spirito dell’evangelo.

Lecce, il 20 novembre 2006

 

 

                         (Al  Ministro per i rapporti col Parlamento Vannino Chiti, al Presidente Romano Prodi e al suo Governo, al Ministro per l’attuazione del programma Giulio Santagata)

 Una legge elettorale equa

 

La riforma della legge elettorale, così come si prospetta secondo le notizie di stampa, non sembra essere accettabile in diversi punti.

Il punto meno accettabile è l’elezione diretta del premier. Anche Berlusconi la voleva, ed è tutto dire. Stravolge il modello democratico che s’incentra nel Parlamento, l’organo che rappresenta la nazione; da cui il premier è eletto e cui è responsabile.

L’elezione diretta lo sottrae di fatto al Parlamento in quanto non dal Parlamento deriva il suo potere ma un’elezione popolare. Gli conferisce perciò un potere suo originario che prescinde dal Parlamento e diventa così insindacabile. Un eccesso di potere, come si vede – e si è visto particolarmente in questi anni – nel regime presidenziale americano, dove il presidente diventa la figura centrale che, specie se ha la maggioranza parlamentare, si fa il suo governo a piacere, e a piacere decide la linea politica e la sua attuazione.

Il premio di maggioranza è un fatto anomalo; che può essere tollerato solo come temporaneo, in situazione d’instabilità. Che poi sia concesso a livello nazionale per ambedue le Camere, è abbastanza ovvio. Stante la particolare situazione italiana e il ruolo che vi hanno i partiti minori, è praticamente impensabile che sia concesso solo alle liste maggiori, come vorrebbe il progetto D’Alimonte; o sia concesso alle liste anziché alle coalizioni, che risulterebbero meno coese.

Perciò anche il modello tedesco, con sbarramento al 5%, non sembra praticabile in Italia.

Il divieto di candidarsi in più collegi è una elementare misura di correttezza e di rispetto dell’elettorato.

Il proporzionale è il metodo che meglio risponde al principio di sovranità popolare, il più democratico; con la possibilità d’indicare il candidato prescelto, quindi con una preferenza. Corretto col premio di maggioranza può contrastare sufficientemente l’instabilità. In tal caso il maggioritario perde la sua funzione.

 

Una forte azione unificatrice dev’essere promossa tra i partiti per superarne la frammentazione; un’azione tendente a superare l’individualismo per il superiore bene dell’intero paese. Non sembra invece opportuna una trattativa con l’opposizione, di cui è nota la faziosità e la scarsa onestà.

Lecce, il 15 novembre 2006

 

 

                                                          (Al Ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, al Governo di Romano Prodi, a Giulio Santagata, ai membri del Parlamento)

 Una legge meschina e ingiusta

 

Il Movimento aveva apprezzato la proposta Gentiloni di una fondazione per rendere autonomo il servizio radiotelevisivo nazionale; ma il passo fatto col recente disegno di legge è meschino ed ingiusto.

Questa legge è ingiusta perché concede a un editore di raccogliere pubblicità fino al 45%, cioè quasi la metà; e danneggia così tutti gli altri. Se si pensa che la legge Meccanico fissava il limite al 30%, ed era già un limite eccessivo, quasi un terzo.

Se Gentiloni e il governo vogliono fare dei favori a Berlusconi, lo dicano chiaramente.

Se pensano di ammansirlo facendogli dei favori, vuol dire che non hanno ancora capito il personaggio; hanno dimenticato la sconcezza di un tipo che, in una democrazia, s’impadronisce del potere per avvantaggiare le sue imprese e i suoi processi, e fa una dozzina di leggi in suo favore.

La disonestà al potere.

 

La legge Gasparri dev’essere azzerata. Una legge che è stata bocciata dalla Corte costituzionale, dal Parlamento europeo, dalla Commissione, oltre che dal Presidente della Repubblica. Che cosa vuole di più il Governo? Ha paura del tipo perché fa la voce grossa? ebbene, il Governo faccia la voce più grossa, gli risponda per le rime; ma non commetta ingiustizie.

 Allo stesso modo deve finire il discorso sul duopolio RAI-Mediaset, il discorso che mette i due gruppi sullo stesso piano, che prende per i due gruppi provvedimenti analoghi.  La RAI è il grande servizio nazionale e popolare di informazione e di formazione; e certo dev’essere riformata in tal senso; come il Movimento ha già proposto. Mediaset è una qualunque impresa commerciale che mira al profitto. Ma da quando il suo padrone si è messo in politica e ne ha fatto uno strumento di potere, di conquista e di conservazione del potere, è diventata pericolosa per la democrazia; come anche le ultime elezioni hanno dimostrato.

Bisogna giungere alla decisione che un privato può possedere una sola emittente televisiva.

I Greci usavano l’ostracismo quando la democrazia era in pericolo. Una lezione da non dimenticare.

La demolizione del potere politico Mediaset dev’essere fatta entro questa legislatura; dev’essere adeguatamente preparata e realizzata.

Lecce, il 23 ottobre 2006

 

 

                       (Al Ministro dell’Interno Giuliano Amato, al Ministro della Solidarietà Sociale Paolo Ferrero, al Presidente Fausto Bertinotti e ai membri del Parlamento)

 Ancora per una legge equa sull’immigrazione

 

Apprendiamo dalla stampa che nella nuova legge per l’immigrazione si pensa di mantenere sia lo sponsor come condizione per l’ingresso dell’immigrato, attraverso la diffusione di liste di collocamento; sia i Centri di permanenza temporanea, cioè le strutture detentive relative all’espulsione.

Si pensa di mantenere cioè i punti essenziali della legge Bossi-Fini che, oltre che inumana, si è rivelata  un fallimento, una vera fabbrica di clandestinità – gli esperti sono d’accordo su questo – e quindi poi di malessere e malavita.

 

Il Movimento insiste sul punto essenziale dell’accoglienza; che è poi l’unica misura umana e degna di esseri umani; ed è la misura che corrisponde alla tradizione cristiana ed europea.

I CPT devono essere trasformati in Centri di accoglienza, dove non si esige che l’immigrato abbia già un lavoro, ma lo si ospita, si cerca con lui e per lui il lavoro e l’alloggio, si provvede al permesso di soggiorno e ai documenti necessari. L’accoglienza è anche l’unico modo di mantenere un certo controllo sull’immigrazione.

I CPT devono cessare di esistere perché l’espulsione ci sarà solo nel caso di particolari reati e ad essa provvederà la magistratura ordinaria.

Non si capisce perché debba continuare una politica miope e inumana, quando si sa che l’economia italiana già ora abbisogna d’immigrati, e ne abbisognerà ancora di più in futuro, nella previsione di un’accelerazione della crescita attraverso un buongoverno.

 Il Movimento confida che il Ministro vorrà prendere la decisione dell’accoglienza.

 Lecce, il 16 ottobre 2006

 

 

                                          (Al Presidente Romano Prodi e a Giulio Santagata, ai membri del Governo e del Parlamento)

Gli errori del Governo e la sfiducia dell’elettorato

 

Il Movimento pensa che il Governo debba fare attenzione agli errori che incidono sulla fiducia della società civile, del popolo, dell’elettorato. Ci riferiamo a tre punti in particolare.

1. La Finanziaria è certo una buona legge, sia perché affronta con decisione il problema del debito pubblico, sia perché favorisce i meno abbienti. È però necessaria una campagna per spiegarla alla gente perché nei media, anche vicini all’Unione, è prevalsa finora l’idea dell’“assenza di una missione”, della punizione dei ceti medi, del governo delle tasse.

 2. L’indulto è stato un grosso errore perché ha messo fuori dal carcere migliaia di persone improvvisamente, le ha messe allo sbaraglio, senza una preparazione, la ricerca previa di un lavoro o anche di un alloggio, la collocazione in comunità. Questa preparazione era necessaria e avrebbe richiesto mesi, una commissione in ogni carcere, lo studio della situazione di ognuno.

Anche per questo motivo il 95% dei cittadini era contrario all’indulto. Il governo e il parlamento hanno agito contro la volontà del popolo da cui hanno avuto il mandato.

 3. Nella recente visita al papa, alla richiesta contraria ai PACS, il Presidente ha risposto che “non erano nel programma”. Avrebbe dovuto invece rispondere che un governo deve comunque provvedere ai bisogni e diritti dei cittadini, in questo caso a quelli delle coppie di fatto.

Questa volta il Presidente non ha dimostrato di essere quel “cattolico adulto” che aveva dichiarato di essere lo scorso anno.

 

Il Governo deve creare una struttura che studi e programmi il contatto con la gente, e lo realizzi costantemente nel modo migliore. La gente ha bisogno di essere informata, ha bisogno anzi di essere rieducata. In tal senso si deve pensare anche ad una ristrutturazione e riprogrammazione della RAI nel senso del grande servizio nazionale informativo e formativo. Queste misure sono urgenti.    

Lecce, il 16 ottobre 2006

 

 

                                          (Al Ministro dell’Interno Giuliano Amato, a Romano Prodi e al suo Governo, a Giulio Santagata,ai membri del Parlamento)

Una legge equa per l’immigrazione

 

Il Ministro Amato sta preparando la nuova legge che dovrà sostituire la Bossi-Fini.

Il Movimento, che su questo tema ha lavorato col Presidente Prodi quando presiedeva la Commissione Europea, gli sottopone alcune proposte che ritiene essenziali.

1. La Bossi-Fini dev’essere rovesciata introducendo quello che è il principio fondamentale per la tradizione europea e cristiana, il principio di accoglienza. L’immigrato non dev’essere mai respinto, non si deve pretendere che sia già in possesso di un posto di lavoro; dev’essere sempre accolto in Centri di accoglienza che provvederanno all’assistenza, al reperimento di un lavoro congiunto con un alloggio decoroso, ai documenti necessari.

2. Il fenomeno, affinché non dilaghi, dev’essere affrontato in radice, cioè promovendo iniziative economiche nei paesi di provenienza. Il Movimento aveva già proposto la creazione di un Istituto Europeo per l’intervento promotivo nei paesi del mediterraneo, con progetti imprenditoriali, col sostegno e l’espansione delle imprese in atto. Questa è la linea da seguire.

3. Devono essere evitati interventi repressivi e inumani, come il pattugliamento dei mari promosso dal Commissario Frattini; come il reimbarco e la rispedizione in patria praticato dal Ministro Pisanu.

Con queste misure la clandestinità scompare; scompare l’espulsione; i Centri di permanenza temporanea non hanno più senso. Se l’immigrato delinque viene affidato alla giustizia ordinaria.

 

Il problema dell’immigrazione dev’essere risolto anzitutto in termini di umanità per l’immigrato;

in termini di vero aiuto a quei paesi che coll’emigrazione perdono forze preziose per la loro sussistenza e il loro sviluppo. Il Movimento confida che il Ministro e il Governo promuovano una soluzione umana del problema.

Lecce, il 2 ottobra 2006

 

 

                      (Al Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, al Presidente della Regione Campania Antonio Bassolino, e p.c. al Ministro degli Affari Regionali               Linda  Lanzillotta)

 Lo sfruttamento e asservimento degl’immigrati deve cessare

 

Nelle ultime settimane la stampa, in diverse occasioni – e particolarmente “L’espresso” in un’inchiesta – ha messo in risalto la situazione di sfruttamento, di schiavismo, di arbitrio criminale e omicida, di abbandono, che domina incontrastata nel “triangolo della raccolta dei pomodori” in provincia di Foggia; ma si parla di situazioni analoghe in Campania; dove questi lavoratori stagionali vengono assunti attraverso il caporalato.

Una situazione vergognosa, non ulteriormente tollerabile.

Il Movimento chiede alla Regione Puglia anzitutto, e alla Regione Campania, e dovunque questo fenomeno criminoso sia in atto, che cosa s’intende fare per arrestarlo. Il Movimento chiede che questo fenomeno sia affrontato e debellato, chiede un’azione energica, questo fenomeno deve scomparire. E fa le seguenti proposte:

1. Censimento delle coltivazioni e dei loro proprietari e gestori. Convocazione dei suddetti, in cui siano resi edotti dei vincoli che loro impone la legge, in materia di orario di lavoro, condizioni di lavoro, salario, assistenza e previdenza.

2. Censimento della forza lavoro stagionale necessaria.

3. Istituzione di uffici di collocamento decentrati in zona, attraverso i quali soltanto può avvenire l’assunzione; rilasciano un permesso di soggiorno stagionale; sono protetti da pattuglie di carabinieri.

4. Predisposizione di alloggi convenienti, anche prefabbricati o roulottes, dotati d’acqua e di servizi igienici, che verranno assegnati al momento dell’assunzione.

5. Istituzione di un servizio adeguato, anche itinerante, di assistenza medica e sociale per l’intera stagione.

Sappiamo che i Presidenti Vendola e Bassolino sono sensibili a questi problemi.

Confidiamo che per il prossimo anno questa vergognosa ingiustizia potrà scomparire dalle nostre terre.

Lecce, il 28 settembre 2006

 

 

                                   (Al Sindaco di Roma Walter Veltroni, ai Sindaci Letizia Moratti, Sergio Cofferati, Sergio Chiamparino, ai membri del Parlamento)

Via la prostituzione dalle strade

 

La stampa ha riportato la notizia che il Sindaco Veltroni pensa d’introdurre delle telecamere nelle zone in cui la prostituzione è più presente, per esercitarvi un certo controllo.

Ma ciò che urge è una legge che tolga la prostituzione dalla strade, è il primo e perentorio atto da compiere: per il disagio che comporta alle donne stesse; per l’esibizione dei loro corpi e dei loro traffici, esibizione del vizio (poiché di vizio si tratta); per il disagio morale e materiale delle famiglie che su quelle strade abitano; per un generale spirito di decenza, di dignità morale.

 

Questa legge era stata presentata nella scorsa legislatura dal ministro Prestigiacomo. Urge che sia ripresentata e approvata, e i sindaci delle maggiori città, che sono direttamente interessati a questo problema, dovrebbero farsene promotori. Tenendo presenti i principi che devono regolare questa materia:

1. Che la prostituzione viene tollerata dalla stato ma non può essere organizzata, come accade in Germania con gli “eros center”; o con le cooperative proposte da qualche nostro parlamentare. Perché è una forma viziosa, e anche causa di disordine sociale.

2. Che dunque potrà essere esercitata in privato, in forma discreta, nel privato di un appartamento, sotto la responsabilità della donna.

3. Che sia perseguita duramente ogni forma di cosiddetta protezione e sfruttamento.

4. Che il cliente, come la donna, e in misura maggiore, sia perseguito, se causa di esibizione o disordine (assembramento, disturbo delle famiglie ecc.). La discussione di questi anni ha infatti messo in risalto la maggiore responsabilità del cliente, che con la sua domanda sostiene questa forma di mercificazione e degradazione del rapporto sessuale e amoroso.

Il Movimento chiede ai sindaci delle maggiori città di volersi impegnare in quest’opera di pulizia morale delle città che alla loro responsabilità sono affidate.

Lecce, il 25 settembre 2006

 

 

                         (Al Governo di Romano Prodi, a Giulio Santagata, al Ministro Massimo D’Alema, al Presidente Fausto Bertinotti, al Segretario della CGIL Guglielmo Epifani)

I grandi servizi pubblici non devono essere privatizzati

 

Perché il privato li assume come fonte di profitto, mentre il loro scopo non è il profitto ma il benessere dei cittadini, che richiede la disponibilità alla spesa e alla perdita; non sono imprese come le altre, aperte al libero mercato, ma sono prestazioni della comunità a tutti i suoi membri; sono certo una forma di produzione di ricchezza, ma sono insieme una forma di ridistribuzione della ricchezza comune. Questo dev’essere detto chiaro a tutti i fanatici del libero mercato, anche in sede europea.

L’Italia ha avuto alcuni casi recenti in cui la privatizzazione si è rivelata negativa.

Il caso Autostrade d’Italia, che ha privatizzato una vasta rete autostradale; dove i nuovi padroni  Benetton, hanno riscosso i profitti ma non hanno fatto gli investimenti cui erano tenuti; e poi, a un certo momento, se ne sono sbarazzati, cedendole alla spagnola Abertis. Cosicché neppure le nostre strade non saranno più nostre. Riteniamo che, essendo essi inadempienti, la concessione debba esser revocata.

Il caso Telecom, dove i servizi telefonici nazionali sono stati ceduti a soggetti che non erano in grado di acquistarli se non attraverso l’indebitamento; ed erano quindi costretti poi a demolirli, rivendendo parti importanti del loro patrimonio, quindi impoverendoli. E si apprestano ora a cedere la telefonia mobile, con l’assurda conseguenza che un paese che ne ha la più alta concentrazione, non ne avrebbe alcun possesso né gestione.

Questi presunti acquirenti sono dei demolitori del patrimonio produttivo italiano; demolizione che dev’essere urgentemente fermata, altrimenti l’Italia continuerà ad impoverirsi. Su questo punto la Francia ha dimostrato la più grande decisione e, dopo siffatte esperienze, merita di essere seguita.

 

Il Ministro D’Alema insiste per privatizzare la RAI, non comprendendo che oltre che grande servizio nazionale, la RAI è un servizio mediatico che ha un’importanza capitale per la formazione o deformazione dei cittadini. Il Movimento, nell’ambito della programmazione dell’Unione, ha presentato a suo tempo un progetto; di cui allega copia al Ministro. La RAI deve restare un grande servizio pubblico, ma dev’essere profondamente trasformata.

 Il Movimento pensa che il Governa debba fare un particolare sforzo per raddrizzare il sistema italiano di produzione, che si trova in una difficile fase. L’Italia è certo un partner dell’Europa, ma dev’essere un partner forte, che dà un forte contributo all’Unione Europea; non un partner debole a suo carico.

Lecce, il 18 settembre 2006

 

 

                                           (Al Governo di Romano Prodi, a Giulio Santagata, al Ministro della Salute Livia Turco)

Una politica di ticket sanitari è necessaria

 

I ticket sanitari sono necessari anzitutto per la loro funzione moderatrice, che limita l’abuso dei servizi sanitari da parte della gente e consente quindi un risparmio; e ancora come contributo dell’utente al servizio di cui gode, che ne accresce la responsabilità come cittadino, con anche una funzione formativa.

In Italia la situazione è troppo corriva, troppo facile l’abuso e lo spreco.

In Francia, ad esempio, tutti i medicamenti e gli esami clinici fatti con prescrizione medica devono essere pagati, e vengono poi rimborsati, con un’aliquota che varia, ma non supera l’80%; il ricovero ospedaliero ha un ticket di più di 10 euro al giorno. Solo le  fasce disagiate godono di esenzione.

 

Il Movimento non pensa per l’Italia al rimborso, che sarebbe forse un passaggio troppo duro; pensa che sia giusto un ticket generalizzato per medicamenti ed esami clinici, e un ticket ospedaliero di 10 euro al giorno; generalizzato, cioè per tutti, non variabile da regione a regione, per un principio di equità. Si studieranno poi le fasce di riduzione e di esenzione.

Bisogna riflettere al fatto che in questa società consumista la gente spende e spreca tanto denaro, per cose utili e meno utili o decisamente superflue (si pensi anche solo al costo dei cellulari, in cui l’Italia è all’avanguardia); dev’essere perciò pronta al contributo per un servizio di prima necessità come quello sanitario, dove la comunità è stata sempre tanto generosa.

 Lecce, il 6 settembre 2006

 

 

                                                        (Al Governo di Romano Prodi, a Giulio Santagata, al Ministro degli Esteri Massimo D’Alema)

Una politica europea di pacificazione

 

L’azione condotta dal Governo, e in particolare dal Ministro degli Esteri, nel recente attacco d’Israele al Libano, si è rivelata saggia e costruttiva. Non solo, ma ha aperto la via ad una nuova politica europea nel mondo, quella che finora è mancata.

Il Movimento pensa che su questo punto si debba continuare decisamente l’azione nelle varie sedi, a cominciare dalla Commissione Europea, dal Consiglio dei Ministri degli Esteri, dal Consiglio d’Europa. L’Europa deve diventare un centro di pace e di fraternità nel mondo; questa dev’essere la sua prima e fondamentale funzione. Rifiutando ogni velleità egemonica, rifiutandola a livello planetario, a cominciare dagli USA e dalla loro pretesa di egemonia; o dalla pretesa di egemonia che possa insorgere in altre nazioni, come la Russia o la Cina.

 

Ci sono in proposito gravi problemi che dovranno nel tempo essere affrontati:

1. Lo smantellamento delle basi militari USA nel mondo (a cominciare da quelle italiane);

2. L’abbattimento degli arsenali atomici;

3. Il commercio delle armi;

problemi in cui anche paesi europei sono coinvolti; e forse si potrebbe iniziare proprio da quest’ultimo.

Quanto al Medio Oriente, il Movimento pensa che l’Italia debba continuare con costanza l’azione intrapresa. In particolare nei riguardi d’Israele, in termini amichevoli certo; ma Israele deve capire che non può più continuare la sua politica arrogante e pesantemente aggressiva, che calpesta i diritti degli altri popoli; e che è dannosa per tutti in quanto attizza il risentimento dell’Islam, e quindi l’aggressività e il terrorismo.

Continuare una politica d’amicizia con la Siria e l’Iran, sempre però contenendo la loro aggressività; alla Siria devono essere restituite le alture del Golan.

Lecce, il 4 settembre 2006

 

 

                                   (Al Presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso, al Vicepresidente Franco Frattini, al Presidente del Parlamento Europeo Josep Borrell, al Governo Italiano di  Romano Prodi, a Giulio Santagata, al Ministro dell’Interno Giuliano Amato)

Basta col rifiuto degl’immigrati

 

La politica per gl’immigrati della Commissione, così come espressa dal Commissario Frattini  (e in Italia dal Ministro Amato) si presenta tutta e soltanto in termini di rifiuto. Ora egli sta persino organizzando una flottiglia di guardacoste per difendere l’Europa da quello che ritiene un flagello; e chiede aerei per rimpatriare subito quei poveri disgraziati che hanno affrontato un viaggio anche mortale, oltre che estremamente faticoso e dispendioso, per approdare da noi.

Una politica tutta dimentica della grande tradizione spirituale ed etica europea, della tradizione cristiana del fratello bisognoso; la tradizione  dell’accoglienza. Espressa anche da Kant nel principio che la terra è di tutti, e non di alcuno in particolare, sia egli individuo o popolo.

Una politica di cui dobbiamo solo vergognarci noi, che abbiamo occupato le loro terre con guerre e stragi per farle nostre senza nessun diritto, per sfruttarle, per farne motivo di potenza attraverso l’oppressione. E dobbiamo loro una riparazione e restituzione, che in qualche misura ci chiedono venendo da noi.

Chiediamo al Presidente Barroso che queste vergognose decisioni siano sospese.

Che s’imposti seriamente una politica europea dell’immigrazione, che ancora sempre manca.

Nella quale il freno sia concepito e posto in ben altro modo da quello rozzo e inumano del blocco e dell’espulsione, e cioè con interventi presso i popoli e governi – cominciando dall’Africa – per sviluppare iniziative economiche e culturali che rispondano al bisogno della gente; consapevoli che l’emigrazione è per quei popoli una grande perdita, di forze giovanili anzitutto.

Quest’interventi possono cominciare subito, attraverso l’invio di missioni anche modeste; ma dovranno in seguito svilupparsi in un istituto che presieda a tutta questa materia, elaborando progetti e sviluppando interventi concreti e fattivi; non fondi ai governi, che finiscono poi nello spreco e nella corruzione.

 

Chiediamo tre cose, che abbiamo già chiesto inutilmente in passato:

1. Un centro di monitoraggio dell’immigrazione in Europa, in modo da potervi adeguatamente provvedere.

2. Un istituto d’intervento nei paesi dell’emigrazione che elabori progetti e realizzi misure di sostegno e sviluppo della loro economia e cultura.

3. Un centro di studi e progettazione per l’integrazione economica, sociale, politica degl’immigrati nei paesi europei (si pensi ai ghetti francesi e alla tremenda rivolta dello scorso anno).

L’Europa deve uscire dall’inazione e dallo scoordinamento attuale; deve attuare una reale politica dell’immigrazione basata sul principio dell’accoglienza e sul principio fraterno.

Lecce, il 2 agosto 2006

 

 

                                   (Al Ministro per le pari opportunità  Barbara Pollastrini, Al Governo di Romano Prodi, a Francesco Rutelli, a Giulio Santagata, a Piero Fassino)

Risolvere il problema omosessuale

 

Il Movimento ringrazia il Ministro per le pari opportunità per la sua partecipazione al Gay Pride di Torino; partecipazione importante in quanto rappresentava tutta la nazione.

Il problema omosessuale è particolarmente forte in Italia per l’atteggiamento di condanna del Vaticano, che considera il rapporto omosessuale come un atto contro natura, che non può mai essere consentito; e chiede quindi all’omosessuale l’astinenza come unica soluzione.

Questa posizione non è condivisa dai maggiori teologi. Importante, in particolare, è il documento dell’Associazione dei teologi cattolici americani, documento che ha carattere di ufficialità, e che abbraccia tutti i problemi della sessualità (trad. it. La sessualità umana, Brescia, Queriniana, 1978).

Per il quale l’omosessualità costitutiva è una condizione connaturata analoga all’eterosessualità e che ha gli stessi diritti: all’amore, all’intimità, all’integrazione che questi comportano; così come ha gli stessi diritti sociali, a cominciare dal rispetto e dalla solidarietà; ed è soggetta alle stesse norme morali, le stesse che regolano ogni attività sessuale. In particolare le unioni omosessuali devono essere favorite per evitare il pericolo della promiscuità, su cui altri pericoli possono insediarsi; e il documento non esclude, in proposito, la possibilità di una celebrazione rituale comunitaria analoga al rito nuziale.

La posizione vaticana è al riguardo arretrata, ingiustamente repressiva, offensiva per la dignità della persona; e assume il carattere di una vera persecuzione, come già fu per gli ebrei. Essendo poi la gerarchia molto forte in Italia per la presenza del papato, la sua pressione sui cattolici, e sui politici di matrice cattolica, crea un grosso ostacolo ad una soluzione equa del problema.   

 

Una iniziativa potrebbe essere quella di ricavare dal testo americano un opuscolo da diffondere tra i politici e gl’intellettuali cattolici.

Opportuno sarebbe anche avviare colloqui con la gerarchia sia per discutere il punto di vista progressista; sia per discutere l’altro punto, e cioè che anche in casi d’illecito morale – come la prostituzione o l’aborto – lo stato può, e spesso deve, seguire la via della non repressione, per la complessità delle situazioni o per l’aiuto che deve a tutti i cittadini.

In tal senso potrebbe risolversi anche il problema del patto sociale.

Il Movimento chiede al Ministro e al Governo un particolare impegno per conferire all’omosessualità in Italia quella dignità e quella solidarietà cui ha diritto.

Lecce, il 21 giugno 2006

 

 

                           (Al Ministro delle infrastrutture Antonio Di Pietro, al Presidente Fausto Bertinotti, al Governo di Romano Prodi, a Giulio Santagata, a Piero Fassino)

Revocare la concessione ad Autostrade per l’Italia

 

La vicenda di Autostrade per l’Italia è fin troppo chiara. La famiglia Benetton, che ha ottenuto la concessione, ne ha fatto un puro strumento di speculazione; ha profittato per anni degl’introiti, ma non ha realizzato quegl’interventi di miglioria e sviluppo che si era impegnata a realizzare; né l’Anas ha controllato il tutto, come era suo dovere controllare.

Ha poi avviato la fusione con la spagnola Abertis per scaricarsene. Così noi ci troveremo con

le nostre autostrade nelle mani di una società straniera, anche se europea.

 A questo punto ci sono le condizioni per revocare la concessione. Ed è quello che si deve fare.

Dare le autostrade in concessione a privati è stato un errore; e se ne vedono e pagano ora le conseguenze.

I servizi essenziali devono restare nelle mani dello stato. Per il loro carattere  strategico. Perché necessitano di un forte e continuo impegno economico che solo lo stato può sostenere, mentre il privato mira solo al profitto. Così le nostre autostrade si rivelano oggi largamente insufficienti, con continui ingorghi e code che provocano ai cittadini enormi perdite di tempo, denaro, fatica, nervi; e con un numero eccessivo d’incidenti.

 Il Movimento chiede che le autostrade ritornino nelle mani dello stato; che la concessione ai Benetton sia revocata in quanto inadempienti; che le altre concessioni siano recuperate quanto prima, e in ogni caso alla scadenza.

 

Il Movimento chiede all’Unione che nessuna forma di privatizzazione sia introdotta per i servizi essenziali alla nazione: scuola, sanità, strade e autostrade, ferrovie, trasporto aereo ecc. Che i servizi essenziali non diventino preda del capitale privato che mira solo al profitto.

 Lecce, il 19 giugno 2006

 

 

                                        (Al Ministro dell’università e della ricerca Fabio Mussi, al governo di Romano Prodi, Francesco Rutelli, Giulio Santagata, a Piero Fassino)

I pregiudizi etici sull’embrione

 

Il Movimento ringrazia il Ministro Mussi per il suo intervento in sede europea contro la pregiudiziale avversa alla sperimentazione sull’embrione.

Anche nella chiesa cattolica lo statuto dell’embrione non è così definito come si vuol far credere.

I maggiori teologi del 900 – ad esempio Karl Rahner il maggior teologo teoretico, Bernhardt Häring il maggior moralista – non riconoscono all’embrione il carattere di persona umana; almeno fino al 14° giorno, il suo sviluppo essendo in tutto quel tempo indifferenziato. Essi partono dal principio, presente in tutta la tradizione classica, che lo spirito non può animare una base fisica qualunque, ma solo quella che gli corrisponde, che presenta almeno un minimo di articolazione corporea. Il corredo genetico non è tale, non essendo una specie di corpo in piccolo, come si pensava nel ‘700 (il cosiddetto “preformismo”), ma piuttosto una serie di istruzioni che presiedono alla sviluppo.

 La posizione del Vaticano è, come al solito, rigorista e autoritaria, poco rispettosa del pensiero dei teologi; legata in particolare ad una Istruzione preparata nel 1978 dall’allora Card. Ratzinger,

Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.  E col Vaticano si allinea il clero, a cominciare dalla Conferenza Episcopale, per il forte autoritarismo e conformismo che regna nella chiesa cattolica. Mentre dovrebbe essere aperta alla ricerca e alla discussione, in particolare coi teologi, oltre che con gli scienziati, che sono gli esperti in questo campo.

 Quanto agli embrioni congelati, poi, che sono in Europa centinaia di migliaia (30.000 in Italia, più di 60.000 in Francia), il Vaticano, con la sua posizione rigorista, si trova di fronte all’impasse di utilizzarli per la vita o lasciarli morire. La decisione di altri stati europei per l’impiego sperimentale, ad esempio del governo inglese, si colloca proprio nell’ambito dei primi 14 giorni; e in tal senso dovrebbe procedere anche il governo italiano, nella sua autonomia dal potere ecclesiastico.

In tal senso dovrebb’essere corretta anche la legge 40 sulla procreazione assistita.

 

I partiti di governo devono procedere a queste decisioni, sottraendosi all’azione esercitata dalla chiesa, alla sua pressione sui politici cattolici. Come hanno fatto in passato con le leggi sul divorzio e sull’aborto.

Lecce, il 12 giugno 2006

 

 

                                            (A Paolo Gentiloni ministro delle comunicazioni, al governo di Romano Prodi, a Francesco Rutelli, a Giulio Santagata , a Piero Fassino)

Urge riformare la RAI

 

1. Il Movimento era già intervenuto presso la Fabbrica del Programma con un progetto di riforma della RAI, e ha accolto con pieno consenso la proposta Gentiloni di una fondazione per rendere il servizio radio-televisivo nazionale indipendente dall’esecutivo e dalla classe politica in genere. Questo servizio deve diventare totalmente autonomo, in modo analogo alla magistratura;  con strutture adeguate, da studiarsi, che ne rendano possibile un’autogestione autonoma ed efficace.

Il potere mediatico deve infatti considerarsi – ed è stato di fatto considerato – come un potere analogo ai tre classici poteri della democrazia; il suo influsso sulla coscienza popolare è fortissimo; la possibilità di abusarne per manipolare questa coscienza è fin troppo evidente e noi ne abbiamo fatto un’amara esperienza.

2. Perciò la RAI, lungi dall’essere smantellata e privatizzata – come prevedeva il berlusconismo, a tutto suo vantaggio economico – dev’essere potenziata e diventare un grande servizio nazionale di informazione e formazione popolare. Deve perciò essere diversa dalle altre:

a. innanzitutto in quanto non commerciale (via la pubblicità, e possibilmente anche il canone);

b. in secondo luogo per il suo carattere formativo della coscienza e del costume;

c. in terzo luogo in quanto diversamente strutturata: un canale può essere dedicato interamente all’informazione (come nella CNN) e alla sua analisi e discussione; un secondo alla cultura; un terzo a sport e spettacolo. Questa struttura potrebbe essere poi sviluppata col subentrare del digitale terrestre ecc.

Si pensa che debbano scomparire i programmi trash, quelli in cui piovono milioni dall’alto, i reality-show, l’inutile esibizione della nudità femminile. Il livello dev’essere alto in ogni senso. Oggi è molto degradato.

3. Urge un intervento sui personaggi del berlusconismo che hanno causato il degrado, che tuttora mantengono il trash, mantengono tuttora un atteggiamento partigiano (così Vespa solo con Berlusconi che parla e sparla di tutto da padrone).

4. Bisognerà riflettere sul problema del potere televisivo in una democrazia e sugli effetti deformanti e devastanti che può produrre; sui potentati che con quel potere possono impadronirsi della democrazia, deformandola a piacere, abusando del parlamento e della legge.

Bisognerà varare una legge saggia, difensiva della libertà e dignità della nazione; che limiti la possibilità di televisioni private: non più di una, allo stato attuale; e analogamente in seguito.

 

Il Movimento si attende dal governo dell’Unione, e dal Ministro, le decisioni necessarie a regolare il potere mediatico, a difendere e salvaguardare la democrazia in questo paese.

Lecce, 29 maggio 2006

 

 

                                     (Al Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano, ai Presidenti Prodi, Marini, Bertinotti, al Ministro Amato, al Sindaco Veltroni)

Basta con la parata militare, vogliamo una parata civile

 

La decisione del Presidente Ciampi, di reintrodurre la grande parata del 2 giugno, per la ricorrenza e celebrazione della Repubblica Italiana, aveva certo un suo senso, nell’ambito dello sforzo da lui compiuto per rafforzare la coscienza e l’identità nazionale, che in Italia non è particolarmente viva.

Il Movimento per la società di giustizia e per la speranza, e con lui molti altri, ha condiviso l’intento del Presidente, ma non questa particolare decisione. La parata militare, infatti, non era la soluzione giusta; visto che era stata abolita proprio perché militare, per una più forte e visibile volontà di pace; volontà che in questi anni si va diffondendo nel mondo, si va affermando anzitutto in Europa, con l’abolizione della leva, l’istituzione di eserciti professionali con lo scopo di compiere soprattutto missioni di pace nel mondo. C’era in noi la fierezza di aver abolito la parata militare, mentre altri paesi – come la Francia il 14 luglio – continuavano a praticarla con convinzione e con sfarzo.  Perché celebrare l’avvento della repubblica, cioè di una libertà nuova, di una acquisita più ampia sovranità e volontà popolare, volontà pacifica, con lo spiegamento di strumenti di guerra, strumenti di morte? che restano tali, anche se destinati a missione di pace?

 Il Movimento pensa che la soluzione più giusta e più significativa sarebbe una parata civile; dove sfilassero tutte le forze della nazione, i corpi del suo vivere e operare, del suo operoso pacifico costruire, le arti, le professioni; raccolte attraverso le loro organizzazioni; fors’anche le regioni con i costumi della tradizione, la loro memoria storica;  l’intera società civile; e con essa anche i militari, ma come parte di quella stessa società, come il corpo ch’essa deputa alla sua difesa e pace, alla pace nel mondo.

Qualcosa di simile a ciò che avviene nelle Olimpiadi, dove sfilano corpi di pace, che sono insieme  espressione della forza e abilità e impegno umano, di tutte le nazioni; con una magnifica dimostrazione di presenza e di solidarietà, pur nell’emulazione, con un impatto profondo sulla coscienza. Costituirebbe un esempio per tutte le genti che ancora dispiegano, talora sfoggiano, forze di guerra e di morte; e raccoglierebbe il più ampio consenso di tutta la nazione.

 

I nostri interventi presso Ciampi hanno riscosso attenzione, ma non sono riusciti a produrre il cambiamento. Speriamo di riuscirci col nuovo Presidente, con la sua particolare sensibilità. Sappiamo che è tardi, e però confidiamo.

Lecce, il 22 maggio 2006

 

 

                                       (Al Ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu, al Presidente dell’ANCI  Leonardo Domenici, al Sindaco  di Como Stefano Bruni, ai Sindaci G. Albertini, S. Cofferati, W. Veltroni e a tutti i Sindaci italiani)

La polizia urbana non dev’essere armata

 

Ci riferiamo al grave fatto accaduto a Como la scorsa settimana, quando un giovane cingalese è stato colpito con un colpo di pistola alla testa da un vigile o membro della polizia urbana. La stampa ha riferito che il vigile ha puntato la pistola alla testa del ragazzo – sì, proprio alla testa –; una pistola col colpo in canna e la sicura abbassata. E il colpo è partito, non si sa se intenzionalmente o casualmente. Ma se pur fosse casualità, c’era anche una causa, ed era il comportamento insensato, inutilmente violento del vigile.  

Questo fatto deve far riflettere tutti noi: i vigili non devono essere armati. Si prenda l’esempio da una grande città come Londra – cui certo Como non è comparabile – dove i vigili non sono armati se non di un bastone di gomma. I vigili non devono essere armati: questo è il principio che si deve imporre. Non si devono moltiplicare le persone armate, e che si sentono poi autorizzate ad usare le armi anche quando non sono necessarie, e diventano inutilmente e dolorosamente distruttive. I vigili devono essere un corpo pacifico, che asseconda e non turba la pace della città.

Per la criminalità ci sono i corpi della polizia di stato: tocca a loro intervenire là dove opera il crimine e il pericolo delle armi è reale (a Como si trattava di graffitari, che imbrattano forse la città, ma con questo non commettono crimini); e però sempre con quel senso di misura, quell’autocontrollo, quel rispetto della persona e della sua dignità e diritto, che il Movimento ha richiamato in altri casi, in cui i corpi di polizia hanno abusato della loro forza.

Il Movimento si rivolge in particolare all’ANCI, quindi a tutti i sindaci italiani, affinché si giunga ad una decisione comune e le armi siano bandite dai corpi di polizia urbana.

 Lecce, il 3 aprile 2006

 

 

                    (Al Ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu, al Comandante dell’Arma dei carabinieri Gen. Luciano Gottardo, al Comandante della Polizia Giovanni De Gennaro )

 Le forze di polizia devono rispettare la persona umana

 

Il recente fatto dell’immigrato gravemente percosso e persino calpestato dai carabinieri a Sassuolo  dev’essere recisamente condannato. La circostanza che l’immigrato fosse ubriaco o che avesse reagito all’intervento, non giustifica affatto tale rude comportamento aggressivo. Le forze di polizia dovevano solo ammanettarlo e arrestarlo, nulla di più; e in tutto questo dovevano rispettare la sua dignità e il suo diritto di persona. Non era loro lecito disprezzare e percuotere l’immigrato quasi fosse un essere inferiore; e la circostanza che fosse ubriaco, doveva semmai costituire un motivo di maggiore comprensione e commiserazione.

Questi comportamenti aggressivi delle forze di polizia si ripresentano di tempo in tempo. Non potremo mai dimenticare i gravissimi fatti di Genova, in occasione del G8. In questo caso c’era la ripresa compiuta da un altro immigrato, che  costituiva una testimonianza insuperabile; ma c’è motivo di pensare che tali fatti non sempre emergano e siano anche più frequenti.

 Questi comportamenti non sono tollerabili. Le forze di polizia devono intervenire sulla persona che è causa di reato o di disordine sociale, sia essa un cittadino o un immigrato ospite o comunque; ma lo devono rispettare, devono riconosce re la sua dignità e diritto di persona umana.

Questi comportamenti ci fanno temere che ci siano delle lacune nella loro formazione. La quale non dev’essere soltanto una formazione professionale o tecnica; ma anzitutto una formazione umana: formazione psicologica, capacità di autodominio anche nella provocazione, esclusione di ogni reazione vendicativa; capacità di comprensione e di commiserazione della persona che delinque; formazione etica, consapevolezza di doveri insuperabili. Il primo dei quali è proprio il rispetto della persona nella sua costitutiva dignità, nel suo costitutivo diritto ad essere trattato sempre come uomo, come essere umano.

Se le forze di polizia impareranno l’umanità e il rispetto, saranno anche più apprezzate dai cittadini, saranno più rispettate e amate.

Lecce, 13 marzo 2006

 

 

                                             (Al segretario dei DS Piero Fassino, al presidente Massimo D’Alema, a tutti i membri e aderenti al partito)

Il Partito Democratico non sembra opportuno

 

La fusione dei Democratici di Sinistra e della Margherita in un solo Partito Democratico, promossa in questa fase da Prodi, il cui principio e la cui azione unificatrice è peraltro benefica, non è in realtà fattibile, e in ogni caso sarebbe dannosa.

 

La fusione è difficile perché i due partiti hanno una forte ascendenza storica e una forte identità, essendo gli eredi dei due maggiori partiti politici della Prima Repubblica. C’è tra i due un rapporto di sospetto e di timore; in particolare  la Margherita, partito di minore consistenza, teme l’aggregazione, la sopraffazione, la perdita di consenso e di voti. La storia dell’ultimo anno è piena dei sobbalzi di orgoglio e di sfiducia della Margherita.

La fusione è dannosa perché porterebbe alla fine del progetto socialista, o socialdemocratico, il progetto di una società di giustizia. Sembrerà strano, in quanto la Margherita è un partito cristiano, che teoricamente ha alla sua base il progetto evangelico, e ancor prima messianico; il progetto di una società di giustizia non solo, ma di una società fraterna. In realtà è un partito di “moderati”, di moderatamente riformisti. Che rifiuta la lotta contro il capitale, causa prima delle ingiustizie del nostro tempo – sfruttamento, disoccupazione, precarietà, povertà –; rifiuta il concetto stesso di condivisione e comunione dei beni; non sa distinguere tra il progetto comunista e il modello sovietico che l’ha assunto distorcendolo e negandolo, in una disastrosa tragedia umana.

Inoltre la Margherita è legata alla gerarchia cattolica e a certe sue obsolete posizioni; ne teme il potere elettorale; e quindi ostacola persino riforme ormai ovvie, come la procreazione assistita, il Pacs, le unioni omosessuali. Riforme che hanno una buona base etica, che persino i maggiori teologi cattolici approvano, e che in Europa si stanno generalizzando.

La fusione coi moderati della Margherita sarebbe deleteria per i DS, che già troppo inclinano al moderatismo e hanno molto annacquato la loro socialdemocrazia, il progetto di una società di giustizia.. Se c’è un obiettivo che devono perseguire seriamente è l’unità delle Sinistre. La fusione non è per ora possibile; ma è possibile cambiare atteggiamento verso i “transfughi” della Bolognina, avviare un contatto, una collaborazione, una progettazione comune. Con Rifondazione, col Pdci, coi Verdi. Intanto, con la Margherita, come con gli altri partiti, dev’essere rinsaldata, e mantenuta saldamente, la federazione cioè l’Ulivo.

Lecce, 13 febbraio 2006