1
Di quando i soldati passavano nelle strade, passavano
marciavano con passo pesante, perfetta la cadenza
il ritmo la danza agile oscena, leggero quasi il passo
risuona sul selciato, il ritmo, il canto dei passi sicuro
spavaldo risuona rimbomba tra i muri delle case
vecchie povere, case umili vecchie, donne
che dalla finestra l’orecchio tendono, l’occhio,
dalla finestra spiano nell’occhio l’angoscia, nell’orecchio
il passo il tonfo risuona sicuro spavaldo, il canto,
la canzone sicura spavalda il coro saldo perfetto
quasi
una voce un cuore saldo canta la canzone oscena
ibrida – oscena la guerra – perfetta oscena la canzone
s’alza, il canto del cuore, la preghiera ibrida oscena
del cuore – Dio con noi – s’alza si leva alta sul paese,
si distende il lenzuolo nero di canto e danza
copre la terra il cielo, l’uomo danza, l’insetto
ibrido osceno nel cielo danza
2
Di quando giunsero improvvisi, entrarono nel cortile
grande la casa grande antica spersa nella campagna
entrarono per aria spararono gridarono
gli spari le grida risuonano rimbombano si perdono
nella campagna, il padre i fratelli nella campagna al lavoro
trasalgono, le donne alle finestre l’orecchio tendono l’occhio
dalle finestre chiuse spiano, l’angoscia nell’occhio nell’animo,
i soldati in piedi sicuri spavaldi nel giorno grigio cupo
nel pulviscolo di nebbia grigio sparano gridano,
parole ibride oscene di una lingua che nessuno conosce
nessuno sa, nella casa irrompono gridando sparando
urtando le donne i bambini – terrore è il loro nome –
cercando, sfasciando le cose amate cose semplici povere
memoria di una vita di molte vite
Il camion s’è mosso, lento
sobbalza sul viottolo sassoso erboso nel giorno grigio cupo
di nebbia e pulviscolo, cupo grigio il cielo il lenzuolo nero
del cielo, sul camion i due vecchi piangono, già vicini
a morire più vicini ora, piangon le donne dietro le finestre
chiuse, i soldati gridano sparano cantano, lo sparo
osceno, il canto osceno ibrido, l’uomo canta, l’insetto
ibrido osceno nel cielo grigio canta
3
Di quando il treno era lì fermo da poco nella stazione piccola
del paese, stazione minuscola paese piccolo povero
e la gente saliva scendeva
e improvvisi spuntarono
dall’orlo della valle subito sopra improvvisi irruppero,
dall’alto piombarono come falchi, come corvi gracchiando
mitragliando, dritti sopra il binario passarono
il marciapiede il treno minuscolo, sulla stazione minuscola
qualcosa come un pacco cadde e scoppiò, la stazione scoppiò
crollò s’afflosciò a terra, un piccolo mucchio di macerie
Immobile il treno la gente per terra distesa, riversa
sui sedili, immobile silenziosa, non un lamento un grido
una parola, silenziosi immobili tutti, le madri i bambini
nessuno parla, nessuno, silenzio nella stazione
nella valle, il treno immobile attende, silenzio osceno
pietoso dopo che l’uomo è passato l’insetto ibrido
osceno è passato nel cielo
4
Di quando le sirene chiamavano dal sonno
dal letto il canto il grido chiamava, l’urlo, tremava
sobbalzava il corpo nel letto
nella notte il cielo
il lenzuolo del cielo nero si stendeva cupo
terso splendente di luci sospese, lampade
grandi lucenti sparse nel cielo, le stelle pallide
fioche, le lampade lucenti grandi immobili
scendevano lente, cascate di luce scendevano coriandoli
luminosi scendevano brillavano nella festa splendente
oscena, festa degli occhi, del cuore
un rumore sordo
rumore cupo pauroso pervadeva il cielo, dall’alto
incombeva dal lenzuolo nero cupo
lame di luce
salivano dritte coni di luce a ventaglio salivano
s’incrociavano quasi cercando frugando
nel lenzuolo cupo ostile, la ricerca disperata,
girandole luminose sull’orizzonte roteavano e a tratti
squarci di luce scoppi di luce vivida intensa
attimi brevi intensissimi ferivano gli occhi, la festa
al suo vertice infuriava splendente oscena, ubriaca
di luce e scoppi e strazio, la danza oscena, danza l’uomo
l’insetto ibrido osceno nel cielo danza
5
Di quando al mattino la città si destava dopo
la notte insonne notte orrida oscena notte di paura
e sbadigli e storie paurose e scoppi e grida nei rifugi
notte di ricerca tra le macerie ricerca disperata vana
la notte il mattino, le case crollate scomparse
le cose disintegrate, nulla è rimasto, solo un cencio rosso
un pezzo d’abito tra le macerie, le cose amate le case
la memoria di una vita un pezzo di vita un cencio,
una scarpa di vernice nera sulle macerie in alto
reliquia orrida oscena
un pulviscolo grigio
nero cupo, pulviscolo cupo grava sulle cose
le case la città grande superba crollata
scomparsa, città orrida oscena nel mattino cupo
orrida oscena sempre, crollata scomparsa nel pulviscolo
cupo nero, il lenzuolo nero copre il cielo la terra
le spoglie della città l’opera d’uomo, l’insetto
ibrido osceno ha compiuto la sua opera il suo cuore esulta
6
Di quando svoltando l’angolo della strada
nel viale di là dal ponte apparivano in alto i corpi
la corda legata in alto dove i lampioni s’incurvano
scendeva e il nodo stringeva il collo stringeva strozzava,
il capo piegato gli occhi fieri, occhi angosciati disperati
occhi imploranti fieri fissi lontano in un cielo
di speranza disperata
pendevano i corpi il peso del corpo
senza vita ormai, pendevano oscillavano nel vento nella sera
ventosa d’ottobre nel vento che dalla valle uscendo correndo
li investiva di raffiche impietose raffiche orride oscene,
oscillavano tremolavano di freddo e disperazione
gli eroi cacciati sulla montagna catturati come belve
impiccati, pendevano oscillavano fantocci di legno spento
l’ardore dell’anima, gli ardenti spenti – la loro memoria
non passerà mai – pendevano oscillavano nella sera orrida oscena,
danzava l’uomo l’insetto ibrido osceno, danzava esultava
il cuore gonfio di gioia