OMAGGIO A CLAUDIA RUGGERI

Cioè ad un'amica e compagna che ci ha lasciati.

Compagna di lavoro, di ricerca ne! nostro Laboratorio di poesia presso l'Università, di

recitazione e canto negli spettacoli di poesia, la sua recitazione singolarissima,

altissima, canto oltre il canto.

Ci ha lasciati per sempre all'improvviso in una decisa volontà di morte-vita, morire per

vivere, quando il dolore di vivere s'era fatto troppo duro e straziante. Ventinove anni la

sua giovane vita terrena.

Questo è uno dei due poemetti da lei composti; la sua poesia forte nutrita densa,

nutrita di cultura (qui Dante, l'inferno "minore" rispetto al "maggiore" dantesco, il

modello incomparabile), ermetico-allusiva, ombra-luce.

Cosi resta tra noi, con noi. Resta il suo canto nel mondo.

Claudia Ruggeri

INFERNO MINORE

                                           a Franco Fortini

In tre parti:

il Matto

interludio 

inferno minore

Note

inferno minore è poesia di difficile lettura; per il linguaggio allusivo, fortemente ermetico;

richiede attenzione, concentrazione, immaginazione, per poter compiere il passaggio dall'allusione all'alluso.

È questo lo stile di Claudia.

 

 

il Matto (prosette)

Sebbene in diversi stati d'animo l'uomo si compiaccia di simboleggiare col bianco tante cose delicate o grandiose, nessuno può negare che nel suo profondo ideale significato la bianchezza evochi nell'anima come uno strano fantasma…

                                                                                                                              H. Melville, Moby Dick

 

il Matto I (del buco in figura)

Beatrice

vidi la donna che pria m'appario

                                                                              velata sotto l'angelica festa...

Pg. XXX, 64s

 

come se avesse un male a disperdersi

a volte torna, a tratti

ridiscende a mostra, dalla caverna risorge

dal settentrion, e scaccia

per la capienza d’ogni nome (e più distratto

ché sempre più semplice si segna ai teatri,

che tace per rima certe parole...)1.

Ma è soprattutto a vetta, quando buca,

dove mette la tenda2 e la veglia

tra noi e l'accusa, se ci rende la rosa

quando ormai tutto è diverso che fu

il naso amato o l'intenzione, che era

la pazienza delle stazioni e la rivolta... e la beccaccia

sta e sta sforma il destino desta l'attacco l’ingresso disserra

la Donna che entra e fa divino ed una luce forsennata

e nuda, e la mente s’ammuta ne la cima

e la distanza è sette volte semplice e il diavolo

dell’apertura; ecco, chiediti, come il pensiero sia colpa

ma cammina cammina il Matto sceglie voce

da voce, e sempre più semplice chiama, dove l'immagine

si plachi sul tappeto, se dura, se pure trattiene

stranieri nuovi e quanto altro

s’inoltrerà nella carta fughe falaschi lussi

Ordine innanzi tutto o la necessaria Evidenza che si di

verte nella memoria al margine ambulante alla soglia

acrobata, che si consuma; ché infine

veramente il Carro

avanza, che la sua sponda manca3 porge

il volto antico, che si commette       (non la cosa

è mutata ma il suo chiarore; ma a voi che vale, come si conclude la Figura

dove pare e non usa parole né gesti né impulsi;

come, smisurata, passa, dove l’altro richiamo

nel viluppo della palude festina; e come

per tutto si slarga si frastorna e nulla è mite

(ma voi li turereste mai li nostri fori?)

 

il Matto II (morte in allegoria)

Ninive

Tu ti dai pena per quella pianta di ricino (...) che in una

notte è cresciuta e in una notte è perita: ed io non dovrei

 aver pietà di Ninive quella grande città...

                                                                       Giona 4, 10

ormai la carta si fa tutta parlare,

ora che è senza meta e pare un caso

la sacca così premuta e fra i colori

così per forza dèsta4, bianca; bianca

da respirare profondo in tanta fissazione

di contorni      ò spensierato ò grande

inaugurato, amo la festa che porti lontano

amo la tua continua consegna mondana amo

l’idem perduto, la tua destinazione

umana; amo le tue cadute

ben che siano finte, passeggere

e fino che tu saprai dentro i castelli, i giardini5

fiorire, altro splendore sai, altra memoria,

altro si splende si strega si ride, si tira

la tenda e libero si mescola alle carte; ma

i giardini si nascondono con precisione

dove cerchi la larva del tuo femminino e l’arresto

l’appartenenza inevitabile

all’Immagine all’inevitabile distensione

delle terre trascorse delle altre ancora

da nominare chiamarle una poi l’altra tutte

le terre perfette alla mente afferrata

di nomi che smodano scadono che portano

alla memoria o la stravagano.

 

(crescono ricini presso ninive

ecco, vedi,       come sviene)

 

 

il Matto III (dell’interruzione in favola)

Romeo di Villanova

Non si seppe onde si fosse né dove andasse ma

avvisossi per molti che fosse santa l'anima sua

                                     Villani

 

qual cosa per tutto trucca appigli stucca

croci muta tempeste di torri dentro foreste sgretolii

contee, alla provenza dà quattro regine; quale

Sicura sicura andatura;       quale percorso per entro

sonno multo contraffarà l’ingorgo        -pur che si schiodi

sbandi e altrove s’addipani, mentre al disegno

scatta un nuovo fermo mentre si stringe un nuovo

evo al telo, ai nodi di che è alluso- Volto Bandito, ed un’altezza

nera lo serri alle altre carte e intimamente      s’immargini,

prima della parola o Autore la parola

che lo erra e che lo erra e che lo adora; prima

della smazzata che lo mette nella legge e tutto

inizia a muoversi, la mano di chi legge tutto

apre e     Ordine ordine tra chiostro e chiostro, perché

ogni favola s’aduni il proprio bosco e So stay there

my  art6 e questo libro senza controllo e quanto da me

si scampa quanto finalement si parte    Romeo7

che urlò agli ingressi  a stanze a spose

ed ora desta e quale levità alla lotta e lieve

è l’igghiu8, si placa alle terre viaggiate ormai si placa

il viaggio,     ahi quale dulcedine avvelena

per l’incidente di tutte le partenze, rimaglia il taglio e

meraviglia memorie, e se poi avanza il Fuoco e piglia

per interstizi  cori  celle, tu non lo sapere,

e come si sconcerta là dove l’illuse

una non so qual strasse, dove s’adira quale mai delusa...

a mano a mano che ognuna piano carta alza l’oriente

in òccaso; non che ne l’emergenza del romanzo; e fra i colori

vòlti (pure se a festa si riapposta franco) il Matto

non può avere che risposte dell’Evidenza il tosco

 

 

il Matto IV (ode agli inizi)

Orione

Se per te d'Ippocrene alla bell'onda

 trovai la via, se tu mi fusti scorta,

 se de’ pimplei recessi a me la porta

 apristi...9

Ciro di Pers

non son non son castelli ma qui ma qui ti specchia,

se la soglia ti vince, e più e più ti sofferma.

non ti salva dall’esodo nelle guerre vagate

trasparirti; qual sia la galleria, benché tutti

i decori cerchino tutti i varchi le vette delle volte

le lotte illustrate e quante,

chissà, Distrazioni       e il biancore il biancore che spossa10

la ruota in volgare che sfonda in un posto

avvenire avvenire pieno di tronchi pieni

di rami per coprire       ahi strappo l’abbraccio

a soggetto la Tempesta Ordinata

l’agone, perché la ruota ormai è roto

lata attossecata questa tua fata rima se già la rinserra

il Nocchiero, se arde la piscia che di giove ruscella11

al Toro al Bue al mio Miglior Tradito; o sia smarrita

Orione; o sarà che rinselva a un nuovo affetto meravigliosamente

un amor la distringe12: uno splendore che marcia

di Masca in un bosco che esiste persino

acuto.  A nozze verso i castelli a volo persino

ha dato il suolo al passo

perperderlo     perdonartelo     ahi cose perché cadete

 

 

 

il Matto capovolto

Palestina

Y  no echaré de meno ni de mas

no  l’importancia si la circumstancia

                                    Pablo Neruda

questa che ora interroga, t’arrovescia

l’inizio; t’avviva a questo Inverso

cui un dio non corrispose; tu sei

l’oggetto in ritardo, l’infanzia persa

su tutte le piste, l’incrocio rinviato; sei l’amnistia

dell’idioma viaggiato; ma Salve, la primavera

ti rassegna, di vòlta in vòlta carta

sveste percòte per cose fitte fitte

afflitte da memorie; t’installa nella voce

con un esercito a mille aste, e così

fortemente tu chiami e così ti legava

il tuo passo recente; dimmi se di uno Stagno

snidi l’Imperfezione, oppure le maiuscole

rimangono incredibili: sono le ‘nulle’

degli alfabeti in cifre, il segno

che non scatta, un ariele distratto...

oppure sul tuo capo la Torre13

capovolge; e con un salto dal basso

ti drizza: ma sei in un balzo (ma appena)

o nella capriola prima che t’agganciò

di passi; o c’è chi ti dà un Regno -una parola

d’Ordine almeno- insomma un esito una ribalta, come

si dice, un tuffo; e forse una Città

dove rivolge l’ennesimo esodo

dove s’apre per dita bendate per gli esuli

grandi, o per la fase nuova del terreno:

(leviamole la femmina, diamo l’idiota a questa lesione.

oppure ‘cosa’ resta; vecchia insensazione)

 

 

lettera al Matto sul senso dei nostri incontri

il logoro14    (mode d'emploi)

E tu non prendi ch’io t’adori a sdegno

 in un volto che fésti a tua sembianza

 più che in tela dipinto o sculto legno

                                Ciro di Pers

se ti dico cammina non è perché presuma

di parlarti: alla montagna15, alla malìa

di milioni di lame, arrivarono a migliaia

cose nude si sparirono bestie, alla neve

al malozio della trappola, tutto

s’esiliava a quel richiamo disanimale.

ma chi nega che in tanta sepoltura

sia avvenuto al pendio un biancore vero

o lo strano brillio che ti destina se la passi,

e pur e pur non sfondi

alla tagliola che non scatta, e più

non si stravolge l’inerzia della lettera, ne anche

tiene lo sporco della suola; si noda

tutta al Trucco che l’immàcola, s’allenta,

a tratti s’allaccia cose che muoiono,

solo scali, cose già sganciate...

 a te a te altro ti tiene, non la parola,

 per te s’alleva una tortura dentro la bara

 della Figura, una condanna alla molla

 maligna, al Carnevale abominevole, alla cantina

 cattiva di finisterrae violenta

 dove s’aduna, al molo, ogni bestiario

 qualunque personaggio, alcun oggetto, per una muta

 buia dell’attore, per un aumento in male, per l’alta

 fantasia che mi ritorna di tanta cerimonia

 incorreggibile, per una benvenuta dismisura, per

 me che fui per te senz’anima

 e feci un patto al malto

 sul seme di un’estate

 dove esplose la leva che divina;

che sbotola che lima, per te seppi, se sia l’afrore

o la Macchia del logoro, che cova sul monte

il fondo lo scatto l’inverno del falco

 

 

 

Interludio

 

Tragedie, sogni e misteri

 

Non mi rammento. lo son la creatura

 che trovasti seduta sulla pietra

 che veniva chissà da quali strade.16

                                            Gabriele D'Annunzio

donna del piano porta stati nere

per tutte strade per aligi annotta,

per l’angelo perso illanguidito steso

dentro al ceppo e torno torno mila

grana incenso dice parole, e per la

còscina delle barbe e per la làmpana, l’insensata

affretta: perdila mila pallida

la viatora magata l'ammantata

sperimenta il monte come sempre

e la proibita sembianza; si porta

sulle péste l'annottata, ma i piedi

legati ha ne’ nocchi, o piagati. suora

sbandita, mila coricata; mila fattura:

 

 

Tragedie, sogni e misteri II

Voi non potreste mai smarrirvi...17

Gabriele D'Annunzio

(dimenami con ordine la sillaba

(prestami la parola che si addica: aulika; che sia forte o poeta che ti copio come capita ora che il mio racconto è andato a male come credo che succeda a un certo punto che sfugga la pagina esatta il rigo la parola giusta da riscrivere in cima al verso o da rimare con quella appresso;   per imparare a scrivere a macchina una buona volta con due dita e spaginare così a caso dannunzio tragico per rubargli il rigo esatto la parola così per massacrarla con due dita una buona volta IMPARARE

segue: Inferno minore e Note

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

il Matto capo


 

V no echaré de


 

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