Celebrazione della poesia - quando s'istituì la "giornata mondiale della poesia" il 21 marzo
di Arrigo Colombo
Qualcosa di nuovo succede, d’insolito, di strano diremmo. La poesia ottiene una celebrazione, addirittura una “giornata mondiale”, proclamata dall’Unesco al mondo intero per quello ch’è certo uno dei giorni più significativi dell’anno, giorno tra i più belli, che gioiosamente risuona nell’animo, risplende di luce gioiosa, l’inizio di primavera, il 21 di marzo.
Giornata mondiale della poesia, da celebrarsi ovunque, la poesia da celebrare e cantare ovunque, al vertice dell’attenzione umana in quel giorno, quella settimana quel mese; poi che così accade, che la gente si è mobilitata, i poeti, gli artisti, e le celebrazioni riempiono la settimana e il mese intero.
La poesia, l’umile ancella, che nessuno stima per niente, pensa non serva a niente; che nessuno legge, nessuno compra per leggere; o solo pochi, pochissimi. A scuola sì, dov’è d’obbligo, che noia, quei poemi interminabili, Omero Dante (tesori dell’umanità che nei secoli nulla hanno perso del loro splendore), quel noioso lamento di Leopardi (e però chi non sente la bellezza del “naufragar m’è dolce in questo mare”, del “dolce e chiara è la notte e senza vento/ e queta sovra i tetti e in mezzo agli orti/ posa la luna e di lontan rivela/ serena ogni montagna”?). Obliata, disprezzata.
Uno dei momenti più alti della creazione umana. Dove un potenziale intenso di pensiero sentimento emozione passione, potenziale di umanità, si concentra e prorompe poi, e si accoglie in un discorso in cui la parola si compone in musicalità e ritmo, e forza di metafora e simbolo, e figure molteplici. E raggiunge un potenziamento di senso, e una forza espressiva, e un incanto in cui l’animo è preso, e l’intero d’uomo è preso, e portato verso l’alto; là dove la forza del pensiero e l’intensità del sentire lo liberano lo purificano lo rinnovano. “Catarsi” la chiamò Aristotele, nel suo tentativo di capire la tragedia greca, la sua singolare intuizione; nella quale aveva dischiuso ciò che la poesia come tale, e l’arte, compie sull’animo umano; o almeno il suo effetto globale, e però altissimo, che opera e trasforma nel profondo.
Perciò l’umanità ha bisogno di poesia; ognuno di noi ne abbisogna, per riscattare la quotidianità e la routine, il banalizzarsi del pensiero e del sentire; riscattare la fatica, il dolore, la pena di vivere. Ricomporre ogni volta l’animo, ricondurvi armonia, riacquistare pace, gioia di vivere. A ciò è necessario certo un complesso lavoro interiore, che costituisce poi la vera arte di vivere; e però la poesia vi ha un importante ruolo, forse più della musica, perché più ricca di pensiero. Qui ognuno deve trovare la sua via, non facile, deve cercarla con coraggio e costanza.