Di Adamo il ricordo. Frammento

 

 

 

 

Questo è il canto di un’età remota

di quando nacque il tempo

dove torna ogni sera il desiderio

e si smarrisce, e piange Adamo

 

 

1

                            Nella foresta era ogni cosa intatta

pura, l’aria fredda tersa il silenzio

non rotto ancora in cui risuona  l’eco

del cosmo, dritto ogni albero si alzava

saldo scolpita la corteccia d’immagini scabre

dove la vita scorre intensa e a pena

si contiene

                  ed era la neve sui rami

un fulgido scialle una sciarpa di freddo

candido splendore

                              e sul prato l’innocenza

fioriva limpida ancora, il fiore non visto

più mai che il rimpianto insegue e il sospiro

plasmato in pura luce in scintillio

di diamanti in veste azzurra e verde,

l’anima che al momento primo

si plasmò d’alito terso e splendente luce di grazia

 

Mentre il mondo è intatto, calmo

tra i rami il sole si filtra

in raggiere in fili esili e gocciole

e il bosco splende e a tratti dai rami

la neve si stacca in tonfi caldi morbidi

 

 

2

E uscì Adamo e sul margine una gloria lo avvolse

di accecante luce travolto in un turbine

di luce immenso che i cieli solcava

ed erano cielo e terra confusi

                                               e cieco

barcollava le braccia tese nell’aria

il cuore in subbuglio

                                  Ché più non era quella

dei campi di neve la sconfinata distesa

il pendio che al meriggio il sole illumina

                            di candore

                   ma l’ora incomparabile

del «principio» quando l’essere

era una solitudine colma

che in sé di sé traboccava ed era

l’erompere di un’immobile fiamma

di un vortice di tempesta calmo immenso

l’ora indicibile

                         prima della colpa

quando dal calice oltre misura ripeno

la gocciola si staccò si franse in un pulviscolo

di cose e il fiume apparve che sicuro scorre

nella pianura del mondo e risplende

come lamina d’oro

                               poiché Egli disse «sia luce»

poiché la terra e il cielo chiamò nell’istante

nel silenzio risuonò la Parola

 

                            E fu quell’ora di gloria, l’estasi

delle cose su cui si aprì di Adamo l’occhio

e di amore pianse e dolcezza

in quel giorno

                       prima della colpa

 

 

3

Là i giganti s’alzavano alti nel cielo

dai boschi dai morbidi freddi pendii,

di pietra gli austeri esseri incantevoli

si alzavano

                   in forme difformi

dal capriccio sublime scolpiti

dall’arbitrio in cui nacque il mondo

Intagliato il profilo da una mano

estrosa irreale troppo ove smarrito

erra dell’uomo l’intuito e geme

dolore del nulla, strazio alto di grida

nel giardino di delizie

 

E splendon nel giorno rosse fiamme di pietra

di luce ardono tizzoni in cui balugina

palpita di un’anima di fuoco l’impronta

Di candore aureolati, in fulgida seta

avvolti e gemme, di bellezza sconvolti

tremanti, di grazia soverchiati

E il sole li ama li circonda di calde braccia

li fascia d’oro e tenerezza

                                           Là i cieli

sono limpidi cristalli tersi

per giorni e giorni, è caldo il sole

e i cieli sovrastano puri sempre

nel diamante scavati, nitidi

forti inviolati abissi

                               

                                 In cui risuona

il giorno la notte il grido «Adamo!»

e i passi s’odono nel giardino

«dove sei?» risuona la voce

e di spavento ancora trema e vergogna

                            colui che nell’orrida foresta innaturale

vive sperduto, nei boschi grigi oscuri

e il verme che striscia nudo nell’erba

arrossisce, in spire s’arrotola

si cuce una veste di foglie

 

 

4

È tardi e indugia la luce ancora

sui campi di neve e ancora resiste

immota nell’alto, e ha voglia

di canto il corvo in quest’ora

di un estremo saluto  alla luce

mentre la notte attende un cenno appena

l’attimo della catastrofe

 

O gloria gelosa

potenza solitaria

o artefice sdegnoso

gelosia essenziale

o effondersi che non s’espande

albero che in sé i rami racchiude

in sé racchiude i suoi fiori

disegno impenetrabile

filo irreperibile

 

È meschino forse chiedersi perché

cadde Adamo? fu forse sconvolto

il disegno sublime?

 

E il suo ruvido canto dispiegò il corvo

il nero uccello e ruotava nell’aria

come un falco, un’aquila quasi

«Della mia voce sgraziata

ridicola nulla proprio m’importa

dell’anima nera della triste sorte,

del mondo la fine che ci sovrasta

ci schiaccia del tempo che inesorabile

ci consuma delle cose dell’uomo

                            il nulla sempre»