Oberon
Dedicata da "
lylyrm "
a
Marcello
Finii la
lettera per Oberon con la solita frase..la frase di sempre che
lui avrebbe capita…”Mi manchi …..non sai quanto..un bacio!”
Piegai la
pagina e la misi in una busta azzurra poi spensi la luce e
restai lì a pensare a quanto tempo era passato da quando avevo
conosciuto Oberon e di come le nostre vite si fosse incrociate
per non perdersi più.Fu Chicca a svegliarmi da quel torpore che
tanto spesso mi rapiva dalla realtà ricordandomi che voleva
uscire.Mi alzai ,le stanze erano al buio solo la luce del
vecchio lampione le illuminava parzialmente,presi il guinzaglio
e uscii nella notte.
Erano
anni che vivevo in quel quartiere al confine tra salario e
parioli,ne conoscevo i rumori e gli abitanti,perfino gli odori
quando cambia la stagione.I miei passi risuonavano nel silenzio
della notte,davanti al parco un vecchio barbone finiva la sua
bottiglia di vino mentre dalla nastroteca all’angolo proveniva
musica .
Misi la
mano in tasca cercando l’ultima sigaretta e trovai la lettera,
la accarezzai con tenerezza,ed ebbi la sensazione che Oberon
fosse lì,come tante volte passate.
Entrai
nel Parco, tolsi il guinzaglio a Chicca che prese la rincorsa
verso il suo posto preferito:un angolo verde vicino alla
fontanella dove da cucciola si bagnava per farmi dispetto. La
vidi sparire nel buio della notte.
Avevo
voglia di fumare ma avevo dimenticato le sigarette sulla
scrivania,mi accorsi,con stupore, di avere ancora la lettera in
mano:” Ecco qualcosa di te che mi scalda il cuore….”
La busta
era sgualcita: ”la vita- pensai- è strana e incomprensibile,ma
forse, come sempre, tutto alla fine ha un senso e una giusta
conclusione”
Sedetti
sul muretto come tante volte avevo fatto da ragazza e da adulta
e mi rilessi:
“Caro
Oberon,
è un po’
che non ti scrivo, in verità avevo deciso di non farlo più ma mi
manchi troppo,mi mancano le tue parole, i tuoi gesti e perfino
la tua risata stridula che rompeva i timpani…Qui fa caldo,ormai,
e come sempre di questi tempi Roma si riempie di turisti,sai,tu
ti divertiresti a guardarli ,
naso in
su ammirare Piazza San Pietro o il Pantheon,loro guardano e io
mi chiedo se davvero riescono a “vedere” il senso di ciò che gli
appare…ma ho le mie riserve in merito.
Tu
conosci poco Roma o meglio la conosci per i miei racconti,per
quello che sono riuscita a trasmetterti quando ci siamo visti.Ricordo
con nostalgia quel giorno dove tutto ma ,davvero tutto,era
perfetto anche…io.”
Sussultai
sulla panchina,non ero sola,mi voltai e mi trovai difronte una
donna malamente vestita che parlava.Non riuscivo a comprendere
le poche parole che diceva,ma capii che aveva letto il tuo nome.
“ Che
vuole?” dissi con voce aspra,non volevo dividere con nessuno
quel momento con te,lei disse solo una parola :”Oberon…” si alzò
e sparì nella notte.
Forse
anche lei conosceva la tua storia burlona e allo stesso tempo
magica e come me era incantata dal tuo nome..
Oberon
che tanto dà e tutto toglie,Oberon persona di un attimo durato
una follia..
I tuoi
occhi nei miei ed ecco…che tutto si confonde,svanisce per
materializzarsi ancora nell’attimo successivo che dura quell’attimo
di più di una vita…Di quanti attimi è composta la mia vita? La
tua? Sapessi quante volte ho avuto la paura di perderti in
quell’ attimo,in quel batter di ciglia che, dura un
secolo,talmente breve,da non riuscire viverlo a comprenderne il
senso,il fine e mentre pensavo a questo mi rendevo conto di
quanto la mia vita fosse breve…neanche un attimo per noi..Avevo
maledetto il mio destino e il tuo…i nostri visi vicini e
lontanti, tutto per noi era un immane contrasto al quale non
potevamo porre rimedio.
“…Sai la
mia vita non và, o meglio,non và come vorrei,per come avrei
voluto che fosse e per come oggi vedo le mie mani..vuote! Ma tu
dove eri oh re delle fate …dove eri quando mi disperavo nella
mia solitudine,nel mio rammarico di esistere??”
Chiedevo
a lui ma in verità domandavo a me stessa e non riuscendo mai a
definire il mio”vivere” chiedevo a Oberon di darmi delle
risposte…
La
follia forse è questa questa lettera scritta più per me stessa
che per te,per dare un senso,una dimensione, al mio vivere.E
mentre cerco di vivere una vita non mia, mi accorgo che essa è
già passata,non c’è ,forse non c’è mai stata e mi dico…eppure
sono vissuta….eppure ho dato ..eppure ..ho cercato..eppure ..eppure…ma
non trovo niente né per me né per te…due vite diverse incrociate
ma distanti che si sovrappongo ma non si uniscono in un gioco
perverso che si chiama.. vita….
“Sapessi-scrivevo-le volte che ho immaginato di essere al tuo
fianco,di vincere le tue battaglie come fossero le mie e le
troppe volte che mi sono trovata a vivere,da sola,i miei
fallimenti..è giusto che tu ora mi chieda..”ma tu che volevi da
me??.quali erano i tuoi sogni,le tue aspettative ..Sono umano
fin troppo,sono un re dell’immaginario non della vita..le fate
non esistono,come non esiste il mio mondo!”
La
carta,ormai nelle mie mani era logora,stropicciata ..mi accorsi
che della mia lettera era rimasto poco come poco era il senso,il
mio senso,della vita…
La notte
era stellata e nel guardare il cielo,nella mia follia, mi
ritrovai negli occhi,o meglio,nello sgurdo di Oberon che
sembrava supplicarmi di farlo vivere ancora ma entrambi sapevamo
che non avrei mai spedito quella lettera che tutto sarebbe
rimasto così,sospeso,come in un imbo, nel quale l’unica
certezza, è l’attesa di qualcosa che mai avverrà
La luna
venne coperta da nuvole nere che oscurarono il cielo,mi strisi
nella giacca infreddolita,le mia parole scolorivano con le mie
lacrime e mentre facevo coriandoli della mia lettera chiamai il
mio cane:” Dai Chicca torniamo a casa…!”
Mentre
ascoltavo i miei passi nella notte guardai ancora il cielo non
c’erano stelle ma solo nuvole…
“Domani
pioverà Oberon –pensai- ma,infondo domani è un altro giorno”
Roberta
Questo
racconto è dedicato al mio amico Marcello
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