Riflessi sull'acqua

Dicono che in due casi non bisogna tornare sui propri passi: nei luoghi in cui si è commesso un delitto e in quelli in cui si è stati felici.

Io non rispettai questa regola e tornai…

Mi accolse un paesaggio noto eppure sempre nuovo e sorprendente.La campagna arida e brulla era lasciata riposare in attesa della nuova semina,filari di uva e di alberi da frutta si succedevano a uliveti dove piante secolari erano già cariche di olive.La strada era un rettilineo che portava direttamente in paese, il classico paese del Sud con case bianche e vicoli nei quali si doveva procedere a piedi.Il Castello,in cima alla montagna, troneggiava sfidando la valle,sembrava dire:

“Sono io a dominare,a carpire lo sguardo del viaggiatore e farlo mio…io,io soltanto”

Sorrisi ripensando alle volte,credo infinite,che lo avevo esplorato inventando storie di giovani dame prigioniere nella torre e di cavalieri pronti all’estremo sacrificio in nome di Dio.Trascorrevo li i miei pomeriggi solitari,sognando e ammirando la vallata che si stendeva sotto di me.Nelle giornate terse e limpide si vedeva una lieve striscia azzurra all’orizzonte:il mare.La vecchia chiesa era stata restaurata, adesso l’orologio funzionava regolarmente ,i vecchi trascorrevano intere giornate davanti ad essa ricordando i “ bei tempi “ quando era tutto facile e semplice,quando ci si accontentava di poco e si viveva di lavoro e rinunce .Conoscevo bene questi discorsi,erano sempre gli stessi,ripetuti da persone diverse e in tempi diversi ma sempre uguali.Appena fuori il paese,parallela alla tangenziale, c’era Villa Milano,c’era la mia casa,c’era parte di me,c’era la mia infanzia e la mia giovinezza,c’era… la felicità. I mandorli,posti ai lati del vecchio cancello di ferro,facevano ombra ai due leoni di pietra bianca che troneggiavano fieri a difesa della casa.Il tempo aveva modificato i loro profili addolcendoli,le piogge invernali avevano corroso le code che apparivano appiattite e bucherellate.Ricordai la vecchia gatta Birba che spesso si accovacciava davanti ad essi guardandoli curiosa, pronta alla fuga al loro minimo movimento.Il cancello era chiuso con un vecchio lucchetto,non avevo la chiave e dovetti scavalcare il muretto di cinta per entrare nel giardino.Il sole era alto nel cielo, la luce penetrava attraverso le cime degli alberi tenue e per niente abbagliante.La vecchia fontana posta al centro del giardino era piena di acqua piovana e di aghi di pino.

Gli angioletti che la adornavano avevano le ali spezzate ed erano coperti di muschio, anche il casotto, nel quale il fido Caio passava le notti, era quasi completamente diroccato. Caio, amico di mille giochi ,di tante avventure,di giornate passate in campagna a correre nel grano maturo con le mani colme di frutti saporiti da mangiare all’ombra di un castagno.Il mio sguardo vagò distrattamente poi,finì nella fontana,dove l’acqua,mossa dal vento aveva creato un gioco: riflesse nell’acqua apparvero immagini di un vissuto lontano  ed ecco che,per magia, i leoni tornano ad essere fieri e feroci,la vecchia gatta li guarda chiamandoli per un gioco nuovo. Il cancello si apre e io mi incammino nel vialetto, sotto ai miei piedi la ghiaia bianca e fina scricchiola, c’è il nonno sotto il porticato,legge il giornale e si dondola sulla sua vecchia sedia,mi vede e sorride facendomi un cenno di saluto. I miei fratelli giocano con le barchette presso la fontana, il vecchio Domenico pulisce il giardino mentre sua moglie sforna il pane. Respiro profondamente,ho sempre amato l’odore del pane sa di buono,di pulito,sa di vita. Da noi si faceva tutti i giorni perché la mamma odiava il pane rifatto diceva sempre che le rammentava la guerra quando trovare un pezzo di pane nero,duro come il marmo,era una fortuna.Le finestre della casa sono sempre aperte, spesse tende bianche riparano gli ambienti dal sole ,la vita  si svolge nella grande cucina e nel giardino, spesso mio nonno e la mamma discutono su cosa piantare e quasi mai si trovavano d’accordo e così,in poco tempo a Villa Milano fiorirono le piante più disparate dal semplice glicine all’aloe. Quest’ultimo fu un desiderio del nonno gli rammentava l’Africa diceva con tristezza.Quando il nonno raccontava la sua vita in Africa gli occhi si velavano di lacrime e la voce tremava…dolcemente allora narrava delle  notti africane trascorse nella savana ad osservare il cielo cercando le costellazioni o quando,seduto ai margini di un grande lago, attendeva che centinaia di cicogne rosa si alzassero, tutte insieme, in volo,oppure descriveva  il leone africano  accovacciato sulla collina circondato dal suo branco.Io ascoltavo, silenziosa sognatrice, e fantasticavo su quel  mondo che ai miei occhi appariva come un posto incantato e lontano. L’acqua nella fontana,ora, si muove sempre più velocemente, il vento si è fatto forte e le immagini si succedono rapidamente.La vita passa velocemente a Villa Milano e fatti e persone si riflettono nell’acqua sempre vive e care. Ecco l’inverno,ecco la primavera,ecco che sono grande e non corro più nei campi di grano e non rubo più la frutta.Mi accorgo che nella fontana ora l’acqua è  immobile e riflette  solo  la  mia immagine.

Con lo sguardo cerco la pianta di aloe tanto amata dal nonno.E’ li sotto la statua della Madonnina,è in fiore …la guardo con tenerezza,so che trascorreranno cento anni prima che rifiorisca di nuovo e che quindi non la rivedrò fiorita  ma, i mandorli posti ai lati del cancello a far ombra ai due leoni, in primavera saranno di nuovo in fiore.

Roberta